Fabbisogno pubblico dimezzato rispetto al 2011

 A parlare sono i dati del Ministero dell’Economia e delle Finanze che confermano il trend di quest’anno per quanto riguarda i conti pubblici: nei primi 11 mesi del 2012 il fabbisogno pubblico scende a 62,9 miliardi di euro, contro i 69,4 miliardi di euro necessari per il 2011.

Questi i dati annuali, che sono ribaditi anche da quelli mensili. A novembre del 2012 i dati mostrano un fabbisogno dimezzato rispetto a quello dello stesso mese dell’anno precedente: il fabbisogno statale di questo mese si è attestato, infatti, a circa 4,3 miliardi, poco più della metà del novembre 2011, quando il disavanzo ammontò a 8,5 miliardi di euro.

Nella nota del Ministero dell’Economia e della Finanza si legge:

il risultato del mese di novembre, rispetto allo stesso mese del 2011, registra un ulteriore miglioramento complessivo delle entrate fiscali. Il fabbisogno del mese tiene conto del riversamento in tesoreria unica delle risorse detenute dalle istituzioni scolastiche ed educative statali.

Si tratta di un ottimo risultato che è coerente con il trend ipotizzato per il raggiungimento dell’obiettivo annuo.

 

Uno sguardo alle borse di ieri

 La giornata di ieri è stata molto interessante per le borse e soprattutto per Piazza Affari che ha assistito ad un incoraggiante calo dello spread sotto i 300 punti. La borsa di Milano ha poi chiuso la giornata di contrattazioni con in leggero rialzo, al +0,43% trainata dalle performance dei titoli bancari. Andiamo con ordine.

Partiamo dalla borsa di Wall Street che ha chiuso in negativo e non è riuscita ad approfittare dei dati sul PMI cinese e della decisione di Atene di avviare il buy-back sui titoli. Il Dow Jones, dunque, dopo aver aperto in rialzo ha iniziato la sua caduta che lo ho portato a fine giornata in territorio negativo con il -0,46%.

Il fatto che Wall Street abbia comunque aperto la seduca in modo entusiasmante, ha infuso una buona dose di coraggio alle borse europee che – con la sola eccezione di Madrid – hanno chiuso tutte in positivo. I dati sulla lenta ripresa cinese fanno piacere agli indici ma sono controbilanciati dalla preoccupazione per l’America che nel Congresso non è riuscita ancora a trovare un accordo sul fiscal cliff. 

Interessante anche l’effetto ottenuto da Angela Merkel con la sua dichiarazione riguardo la possibilità di estinguere in futuro il debito greco. 

A Piazza Affari vanno molto bene le azioni di Mediaset, Mediobanca e va bene anche Telecom Italia anche se il margine di guadagno è contenuto.

Mercato dell’auto in picchiata

 La contrazione del mercato dell’automobile in Italia che si è verificato in questo 2012 è il più pesante dal dopoguerra: si è tornati a livelli analoghi a quelli del 1979 con un calo del 44% rispetto al periodo prima della crisi.

La caduta delle immatricolazioni e delle consegne è stata costante per tutto l’anno: le immatricolazioni, a novembre, sono state 106.491, con una flessione del 20,1%. Il 2012 si chiuderà con sole 1,4 milioni di auto immatricolate.

Tra i primi rinunciatari all’acquisto di una nuova autovettura sono le famiglie, che, dopo cinque anni di contrazione continua del potere d’acquisto, non solo non possono permettersi di fare un nuovo acquisto, ma hanno delle difficoltà anche a sostenere i sempre crescenti costi di gestione dell’automobile (assicurazioni, bollo, carburante, etc).

Sul mercato regge bene il Lingotto: il gruppo Fiat a novembre ha consegnato 31.666 vetture riuscendo a contener la flessione al 16,60%, con Fiat e Jeep che perdono meno del mercato, mentre Lancia-Chrysler, Alfa Romeo e Ferrari registrano flessioni superiori al 20% e la Maserati arriva fino ad un -83%.

Le stime per il prossimo anno non lasciano ben sperare: infatti,  a meno di interventi mirati e concreti a sostegno della capacità di spesa delle famiglie e del rilancio dei consumi, le immatricolazioni rischiano di scendere sotto i valori di quest’anno (circa 1.360.000).

Francia: Londra non è una “piazza” UE

 Il mercato azionario non è al riparo dalla politica e questo sembra scontato visto che le decisioni prese dai Governi e dai Parlamenti, in genere, incidono sulla politica monetaria e sulle scelte economiche di un paese, con riflessi sulle quotazioni azionarie.

Il mercato, però, non sembra al riparo nemmeno dalle polemiche che generalmente sono racchiuse nella cornice della politica. Stavolta il fattore scatenante è stata una dichiarazione del governatore della Banca di Francia, Christian Noyer che è anche membro del direttivo della BCE.

Noyer ha chiesto che la Gran Bretagna rinunci allo status di “prima piazza finanziaria europea”, non tanto per il fatto che non ha meriti in questo senso, ma perché la Gran Bretagna non fa parte della zona Euro. Questo vuol dire che deve esserci una corrispondenza, secondo Noyer, tra Europa ed Eurozona.

Noyer, nello spiegare la questione al Financial Times, ha spiegato che il grosso degli affari della zona euro, sono fatti in euro quindi non è logico inglobare la City in questo meccanismo. Tutti i traffici, poi, sono monitorati dalla BCE quindi Noyer parla con cognizione di causa.

Oggi, a livello statistico, si rileva che il 40 per cento degli affari finanziari europei si concentra a Londra. In tutti gli altri paesi dell’area euro, presi insieme, non si raggiunge la stessa quota. Questo particolare marginalizza il monitoraggio e la supervisione della BCE.

Il FMI dice addio alla libera circolazione dei capitali?

 Christine Lagarde, pur mantenendo blandi i termini della sua dichiarazione, ha dato il via a quella che potrebbe essere la svolta epocale per il Fondo Monetario Internazionale:

Non è scontato che una liberalizzazione totale sia un obiettivo appropriato per tutti i paesi e in tutti i tempi. I flussi di capitale possono avere benefici importanti per singole nazioni tra i membri del Fondo e nell’economia globale, ma comportano anche rischi, perché possono essere volatili e vasti in rapporto alle dimensioni dei mercati domestici.

Con queste parole il Fondo Monetario Internazionale si dota di una nuova arma: il capital controls al fine di difendere la stabilità di economia e mercati globali. Il documento che è stato presentato ieri ha fatto scalpore nel mondo dell’economia, soprattutto perché segna il passaggio del FMI da un liberismo spinto a posizioni meno aperte, sullo spunto di ciò che si verifica nelle economie emergenti, paesi come il Brasile, l’Islanda, la Corea Sud etc, in cui i governi hanno adottato misure che limitano i movimenti di capitali.

Nel documento, infatti, si sottolinea come la libera circolazione dei capitali più di una volta è stata seguita da destabilizzazioni finanziarie (il Messico nel 1994-95, la Turchia nel 1994 …) e come, per contro, economie “meno aperte” hanno reagito meglio alla crisi attuale.

La ripresa del settore immobiliare americano

 L’America si sta riprendendo o comunque sta facendo tutti gli sforzi necessari per evitare il fiscal cliff e per mettersi nelle condizioni di uscire dalla crisi. Se fossero sufficienti i dati del settore immobiliare per avere un quadro sulla situazione a stelle e strisce, allora potremmo dire che tutto va per il meglio.

Nell’ultimo rapporto Re/Max, infatti, l’immobiliare americano risulta in ripresa. Il rapporto prende in esame 52 aree metropolitane e per tutte ha verificato sia l’aumento dei prezzi, sia l’aumento delle transazionali. Una tendenza che ha preso corpo dal secondo trimestre dell’anno.

Entriamo nel dettaglio. Le vendite di immobili ed edifici sono cresciute del 17,8 per cento ad ottobre, rispetto allo stesso mese del 2011 e i prezzi medi della spesa si sono cristallizzati attorno ai 158 mila dollari che rappresentano un dato in crescita del 2,1 per cento rispetto all’anno scorso, anche se poi si parla di calo dei prezzi, del 3,7% se si confrontano i dati di ottobre 2012 con i dati di settembre dello stesso anno.

Il trend non riduce la preoccupazione degli operatori del settore immobiliare che devono assecondare le esigenze degli aspiranti padroni di casa che hanno sempre più difficoltà ad ottenere un credito dalle banche e che non hanno ancora smesso di subire gli effetti della crisi degli anni scorsi.

All’Europa questa situazione interessa nella misura in cui una ripresa del settore immobiliare americano è in grado di rassicurare i mercati omologhi nel Vecchio Continente.

Eurogruppo dice sì al prestito per la Spagna

 Dopo che la Commissione Europea ha approvato la legge per la ristrutturazione delle banche spagnole, si è giunti piuttosto in fretta alla decisione sulle modalità del prestito: 39,5 miliardi di euro che saranno erogati a partire dalla prossima settimana.

I quattro istituti di credito coinvolti nella ricapitalizzazione sono Bankia, Novagalicia, Catalunyacaixa e Banco de Valencia, alle quali si è aggiunta Sareb, la bad bank spagnola a cui andrà un finanziamento con 2,5 miliardi di euro. Questa operazione dovrebbe portare ad una riduzione del 60% del bilancio entro il 2017, attraverso il ricollocamento delle attività sul business al dettaglio e i prestiti alle Pmi.

Nonostante questa manovre e queste iniezioni di fiducia e di denaro la situazione del paese iberico resta particolarmente difficile: il numero dei disoccupati è continuato ad aumentare per tutto il mese di novembre, toccando i 4,91 milioni di unità, ossia un aumento dell’1,54% rispetto al mese precedente.

Ma non solo Spagna in questa riunione dell’Eurogruppo. I rappresentanti hanno anche parlato di Grecia, dopo l’avvio ieri del buy back dei titoli di stato, e di Cipro, altro paese in cui la situazione è difficile, per il quale le decisioni sono rimandate al 13 dicembre.

Il taglio dei tassi australiano

 Anche la Reserve Bank of Australia, la Rba, si è decisa per il taglio dei tassi d’interesse. Oggi dovrebbe arrivare la decisione definitiva cui sottosta sicuramente anche una politica monetaria di riferimento per il paese. Come investire su questo evento? Se lo chiedono gli analisti e soprattutto coloro che si occupano di opzioni binarie.

Il comunicato dell’Rba sul taglio dei tassi è stato cruciale perché ha orientato la domanda di valuta australiana. L’effetto sui prezzi è sempre immediato. Non si tratta comunque di un annuncio spiazzante visto che la Reserve Bank of Australia, ogni anno, per 11 volte, annuncia le decisioni sui tassi. L’appuntamento con i media e con gli investitori è il primo martedì del mese.

Dopo l’annuncio, il mercato è in attesa di conoscere il taglio effettivo dei tassi. S’ipotizza un taglio dello 0,25% con il conseguente passaggio del cash care al 3 per cento, un livello che è il più basso dal 2009 ad oggi.

L’obiettivo della politica australiana è quello di salvaguardare la propria economia e dare un nuovo impulso alla crescita visto che al di fuori dell’industria mineraria, gli altri settori produttivi non hanno restituito report entusiasmanti.

L’espansione sembra rallentata e questo particolare scoraggia gli investitori decisi a trovare terreni sicuri d’approdo.

Il futuro della portabilità è sul web

 Un mutuatario che voglia spostare il proprio finanziamento da una banca all’altra per motivi di convenienza, ad esempio, è costretto a chiedere l’intervento di numerosi professionisti. In una pratica di portabilità, così si chiama nel linguaggio bancario, intervengono il cliente dell’istituto di credito, il notaio, il rappresentante della vecchia banca e il il rappresentante della nuova banca.

Se la gran parte di questa operazione potesse essere fatta online, si otterrebbe un risparmio in termini di tempi e costi della procedura. Ecco dunque definita la base per l’accordo che chiama in causa l’ABI e il Consiglio Nazionale del Notariato, resa pubblica durante la terza edizione di Credito al Credito 2012.

In futuro, dunque, sarà creato un nuovo sistema d’interfacciamento elettronico tra banche e notai che dovrebbe semplificare ed accelerare alcune procedure.

In progetto, in realtà, è già arrivato ad un discreto stato di avanzamento visto che è stata realizzata una prima applicazione per sperimentare il rapporto tra le parti in causa. Si tratta di Mutui Connect e serve per gestire lo scambio di flussi informativi e di documenti secondo una procedura condivisa dagli attori del processo.

Le pratiche di portabilità, gestite in un regime di “massima sicurezza” sono completate in modo rapido ed hanno la piena validità giuridica.

Cosa ha fatto scendere lo spread

 Nella giornata di ieri gli analisti e soprattutto chi fa investimenti mirati con le opzioni binarie su tempi ridotti, si è accorto del crollo dello spread. Il differenziale è calato sotto i 300 punti, un risultato che non si otteneva da diversi mesi. La stessa cosa è successa anche al rendimento dei Btp decennali che hanno raggiunto i livelli minimi da due anni a questa parte.

Le borse si sono entusiasmate dunque e lo spread è sceso sotto i 300 punti oscillando tra i 295 e i 292 punti base. Il rendimento dei Btp a 10 anni, invece, è scivolato al 4,38 per cento. Questa situazione è stata determinata soprattutto dalle notizie arrivate dalla Cina e dalla Grecia.

In Cina, a novembre, l’attività manifatturiera è stata caratterizzata da una leggerissima espansione. Niente di ragguardevole ma un segnale del genere non si percepiva ormai da 13 mesi. Con i dati raccolti la Cina è finalmente passata dal recinto dei paesi classificati in recessione a quello dei paesi che possono dirsi avviati verso una nuova fase espansiva.

La Grecia ha risollevato i mercati, invece, annunciato una nuova operazione di buy-back, vale a dire che ha deciso di ricomprare i bond in circolazione per avere più garanzie nella richiesta di aiuti all’Europa.