Pensioni, Governo lancia turnover tra senior e giovani

 Il governo Letta si è posto due importantissimi obiettivi. Il primo è quello di creare in poco tempo centomiila nuovi posti di lavoro per i giovani.

Il secondo è quello di rendere un po’ più flessibile la contestatissima riforma delle pensioni, ideata verso la fine del 2011 dall’ex-ministro del Welfare, Elsa Fornero.

L’asso nella manica

Ora, al posto della Fornero c’è Enrico Giovannini, che è pronto al ‘colpaccio’. Giovannini la chiama staffetta generazionale ed è la progressiva e graduale sostituzione, negli organici delle aziende, dei lavoratori più anziani con giovani neo-assunti.

Nello specifico, ai dipendenti ai quali restano ormai pochi anni di carriera prima della pensione, verrà offerta la possibilità di lavorare part-time, ovvero con orari e stipendi ridotti. Contestualmente, tuttavia, l’azienda proseguirà a versare la stessa quantità di contributi prevista per chi fa orario full time, in maniera tale da evitare un taglio dell’assegno pensionistico maturato dal lavoratore.

I dettagli della proposta Giovannini

Nello specifico, se l’impresa deciderà di assumere un giovane (con un contratto stabile o con l’apprendistato) e lo assocerà al dipendente più anziano in un percorso di training professionale, riceverà un sostegno pubblico: la cifra di contributi del lavoratore anziano verrà infatti pagata (almeno parzialmente) dallo Stato.

 

L’INPS fa il punto della situazione sugli esodati

 Alla giornata di ieri, 9 Maggio, risale la notizia che l’ INPS ha ufficialmente accolto le richieste di salvaguardia presentate dai primi 62 mila esodati,  su un totale di 65 mila casi previsti, di cui più di 7 mila sono già stati formalmente “liquidati”.

> Sono 62 mila i primi esodati “salvaguardati”

A seguito di questa operazione, che era stata presentata come della massima urgenza anche dal neo Governo Letta, ha fatto quindi seguito, da parte dell’ INPS, la pubblicazione dei dati ufficiali e di una circolare, la Circolare Inps n. 76/2013, che ha fatto il punto generale sulla situazione e ha riepilogato le condizioni delle operazioni di salvaguardia che, a mezzo di una serie di appositi decreti, saranno messe in atto nel prossimo futuro.

Per Saccomanni le priorità sono gli esodati e la Cig

Il primo decreto di salvaguardia, quello appena attuato, riguarda dunque un totale di 65 mila lavoratori, oltre i 62 già salvaguardati, tra i quali ancora 3 mila dovranno essere sottoposti ad accertamenti dei requisiti.

Il secondo decreto, invece, prevede la reintegrazione di un secondo contingente da 55 mila lavoratori, che dovranno però presentare istanza di accesso al beneficio della salvaguardia entro il 21 Maggio 2013.

Il terzo decreto di salvaguardia riguarderà, infine, 10.130 ulteriori lavoratori, che dovranno aspettare però la futura pubblicazione dello stesso per l’ inoltro delle domande entro 120 giorni.

Sono 62 mila i primi esodati “salvaguardati”

 Sul sito dell’ INPS sono stati oggi pubblicati i dati ufficiali relativi alla prima operazione di salvaguardia messa in atto per risolvere l’ increscioso problema degli esodati, ovvero di coloro che si sono ritrovati a non avere né lavoro, né pensione.

> Per Saccomanni le priorità sono gli esodati e la Cig

E sono dunque risultate essere 62 mila le domande di salvaguardia ritenute formalmente valide, cioè contemplanti tutti i requisiti previsti dalla legge, anche se attraverso il primo decreto sul problema degli esodati il target era stato quantificato in circa 65 mila lavoratori.

Ulteriori chiarimenti per il primo e il secondo decreto esodati

Questo significa che il 4,6% delle persone individuate in precedenza come aventi diritto sono rimaste fuori dagli attuali conteggi – ora, tra l’ altro, che sono scaduti i termini per la presentazione delle domande di accesso – ma l’ INPS assicura che si procederà presto anche ad un riesame dei profili scartati.

Le domande ricevute dall’ Istituto, tuttavia, sono state più di 65.ooo e al momento sono già state liquidate le pensioni di oltre 7 mila persone.

Il Ministro del Lavoro Enrico Giovannini ha infine assicurato che entro la fine della prossima settimana saranno disponibili i dati definitivi, dal momento che il problema esodati rappresenta una delle priorità del Governo.

Ulteriori chiarimenti per il primo e il secondo decreto esodati

 Il messaggio che l’Inps ha diramato a proposito dei due decreti sugli esodati, con i quali sono state garantite le coperture per 120.000 lavoratori, è il nr. 6645 del 22 aprile 2013. Con questo messaggio l’Istituto vuole chiarire alcuni punti delle condizioni di accesso alla salvaguardia.

► Firmato il terzo decreto esodati: lista dei salvaguardati

Ciò che in sostanza l’Inps vuole comunicare con questa nuova nota è che per accedere al pensionamento con le regole previgenti la legge n. 214 del 2011 (la legge di stabilità che contiene la riforma delle pensioni a causa della quale tutti questi lavoratori si sono trovati senza impiego e senza pensione) devono permanere fino al momento di decorrenza della pensione, compreso il periodo necessario per l’apertura della cosiddetta finestra mobile.

Inoltre, l’Inps chiarisce che i lavoratori cessati dal rapporto di lavoro per accordi individuali o collettivi, le cui domande di accesso fossero state accettate dalle Commissioni delle Direzioni territoriali del lavoro competenti ma che fossero rimasti esclusi dal beneficio, devono presentare nuova istanza per l’accesso al benefici alle stesse DTL entro il 21 maggio 2013.

► Terzo decreto esodati: criteri di assegnazione e adempimenti

Anche tutti i lavoratori cessati per accordi individuali o collettivi di incentivo all’esodo che non hanno presentato domanda di salvaguardia per la prima tranche di copertura, ossia quella relativa ai primi 65.000 esodati, possono – sempre se in possesso dei requisiti necessari – fare istanza di salvaguardia entro e non oltre il 21 maggio 2013 alla Direzione territoriale del lavoro competente.

Terzo decreto esodati: criteri di assegnazione e adempimenti

 Nella tarda serata di ieri è arrivata la notizia che il Ministro del Welfare Elsa Fornero ha firmato il terzo decreto esodati che garantisce la copertura, ossia la possibilità di andare in pensione con le vecchie regole, ad altre 10.000 persone.

► Firmato il terzo decreto esodati: lista dei salvaguardati

Per l’esattezza saranno 10.130 i lavoratori che potranno beneficiare di questa copertura – contando anche i primi due decreti il totale degli esodati salvaguardati sale a 130 mila persone – ai quali lo Stato assegnerà l’assegno pensionistico secondo alcuni criteri di precedenza.

Criteri di assegnazione della pensione

1. per i lavoratori in mobilità il criterio di assegnazione è la data di cessazione del rapporto di lavoro;

2. per i lavoratori che sono stati autorizzati alla prosecuzione volontaria  del pagamento dei contributi, la pensione sarà assegnata in base alla data di cessazione del rapporto di lavoro precedente all’autorizzazione ai versamenti volontari;

3. i lavoratori cessati in base a rapporti collettivi o individuali vale la data di cessazione del rapporto di lavoro, data che deve risultare da documenti attendibili.

Cosa è necessario fare per richiedere la copertura stabilita dal terzo decreto esodati

1. I lavoratori in mobilità devono fare istanza alla Direzione Territoriale del Lavoro di competenza allegando l’accordo di mobilità;

2. i lavoratori cessati per accordi individuali presentano istanza alla Dtl di competenza per residenza, mentre i cessati per rapporti collettivi la presentano alla Dtl dove hanno sottoscritto l’accordo.

3. IN tutti gli altri casi la domanda va presentata all’Inps.

Firmato il terzo decreto esodati: lista dei salvaguardati

 E’ da tempo che si aspettava che il Ministro del Welfare Elsa Fornero apponesse la sua firma anche sul terzo decreto di salvaguardia per gli esodati. Dopo i primi due provvedimenti di salvaguardia, infatti, mancavano all’appello ancora un discreto numero di persone che si stava legittimamente chiedendo se, anche per loro, sarebbero arrivate le coperture che permettessero di andare in pensione secondo le vecchie leggi.

Il decreto è stato firmato a fronte del parere delle commissioni parlamentari competenti e d’intesa con il ministro dell’Economia.

► Guida alla richiesta di tutela per gli esodati all’Inps

Il provvedimento rientra nella Legge di Stabilità 2013 (legge 228/2012, articolo 1, commi 231-235) e prevede che altri 10.130 lavoratori possano andare in pensione in base ai criteri anagrafici e contributivi in vigore prima della riforma del ministro stesso. In questo modo il numero delle persone che potrà accedere alla pensione sale a 130mila.

Per l’operatività del provvedimento di salvaguardia sarà comunque necessario attendere la registrazione presso la Corte dei Conti e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Chi sono i salvaguardati del terzo decreto di salvaguardia

1. i 2.560 lavoratori che sono stati collocati in mobilità (ordinaria o in deroga) entro il 31 dicembre 2011 e cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012, che matureranno i requisti per la pensione entro la fine della mobilità, o comunque entro il termine ultimo del 31 dicembre 2014.

2. i 1.590 autorizzati al proseguimento volontario dei contributi entro il 4 dicembre 2011, che al momento dell’entrata in vigore della riforma  (28 dicembre 2011) avevano già versato almeno un contributo. Possono accedere anche se hanno continuato a lavorare, solo se non con contratto dipendente a tempo indeterminato e senza aver guadagnato, alla data del 4 dicembre 2011, una cifra superiore ai 7.500 euro annui lordi. In questo caso il requisito per la pensione deve essere maturato entro il 36esimo mese successivo all’entrata in vigore della Riforma (entro il dicembre 2014).

3. 850 autorizzati alla prosecuzione volontaria dei contributi e collocati in mobilità alla data del 4 dicembre 2011. In questo caso si dovrà attendere fino al termine della mobilità prima di effettuare il versamento volontario, ma solo se i requisiti per l’accesso alla pensione vengano maturati entro fine dicembre 2014.

5. 5.130 lavoratori che hanno concluso il rapporto di lavoro per accordi individuali o collettivi stipulati entro il 31 dicembre 2011 (il rapporto deve essere stato cessato entro il 30 giugno 2012). Anche nel caso abbiano continuato a lavorare, hanno diritto alla salvaguardia se, al 30 giugno, non hanno guadagnato più di 7.500 annui lordi e se hanno perfezionato i requisiti richiesti entro fine dicembre 2014.

Inps al collasso: secondo Mastrapasqua nel 2015 non ci saranno soldi per pagare le pensioni

 La notizia è arrivata direttamente dal presidente dell’Inps, anzi, della SuperInps, il nuovo grande istituto di previdenza sociale che si è venuto a creare dopo che il decreto Salva Italia ha stabilito la fusione tra Inps, Inpdap e Enpals. Mastrapasqua ha inviato ieri una lettera nella quale scrive chiaramente che l’Inps potrebbe non avere pi sufficienti risorse per garantire il pagamento delle pensioni già dal 2015.

► Basta ai pignoramenti delle pensioni e degli stipendi in banca

La fusione tra i diversi istituti previdenziali, ognuno dei quali aveva in carico un determinato tipo di lavoratori, non sembra assolutamente aver creato benefici alle casse del grande carrozzone che si è venuto a creare. Il discorso è semplice e quanto mai paradossale: lo scorso anno l’Istituto di Previdenza Nazionale ha chiuso con una perdita di circa 10 miliardi di euro, il che ha fatto crollare il suo patrimonio, che è ciò di cui l’Inps si serve per l’erogazione delle pensioni, da 41 a 15,4 miliardi di euro.

A questa perdita si è aggiunto il buco che già esisteva nelle casse dell’Indpad – Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (lo Stato non è sempre stato puntuale nel pagamento dei contributi per i suoi dipendenti) che ha creato, quindi, alla grave situazione della quale Mastrapasqua sta cercando di trovare una soluzione.

► Nessun assegno pensionistico integrativo per i giovani di oggi

Il problema, ora, è nelle mani del prossimo esecutivo di governo, se e quando si formerà, con la possibilità, molto concreta, che si predisponga l’ennesima riforma del sistema pensionistico italiano.

 

 

Nessun assegno pensionistico integrativo per i giovani di oggi

 A lanciare questo drammatico monito è Alberto Brambilla, docente dell’Università Cattolica e fino al dicembre 2011 presidente del Nucleo di valutazione della spesa previdenziale del ministero del Lavoro, che cerca di mettere in guardia i giovani sulle prospettive che si aprono loro a fine carriera.

► L’italia è un paese per vecchi

Con l’entrata in vigore della riforma pensionistico voluta dal Ministro Fornero, infatti, l’Istituto di Previdenza Nazionale non potrà più emettere gli assegni pensionistici integrativi che finora erano elargiti a coloro che andavano in pensione senza aver raggiunto i requisiti necessari.

Ad oggi lo Stato integra circa il 40% degli assegni pensionistici erogati, ma è un beneficio del quale tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 non potranno più godere.

Dal 1996 sono entrate nel mondo del lavoro circa 7 milioni di persone. Secondo i dati relativi al 2011, 6,9 milioni di pensionati ricevono un’integrazione, su un totale di 16,7 milioni di pensionati.

Per questo il docente invita tutti i giovani a provvedere al più presto a costruirsi la propria pensione: se la percentuale di coloro che avrebbe necessità di una integrazione dovesse mantenersi simile o uguale a quella attuale, sarà il 40% dei giovani di oggi a trovarsi senza una pensione adeguata per sopravvivere e non potranno neanche contare sull’aiuto dello Stato. Secondo Brambilla i potenziali bisognosi di integrazione saranno circa 3 milioni.

► Calcolo delle pensione fai da te possibile dal 2013

Quello che preoccupa è l’accesso alle forme di pensione integrativa: ad oggi meno di un terzo di questi potenziali poveri ha iniziato a costruirsi la propria pensione.

 

 

L’italia è un paese per vecchi

 L’Italia è un paese per vecchi. Anzi, senza volontà di offendere nessuno, si può dire che l’Italia è un paese di vecchi. Questo, almeno, è quanto emerge dai dati pubblicati dal’Istat – dati che si riferiscono al 2011 – che mettono in relazione il numero delle persone che percepiscono una pensione con il numero delle persone occupate.

► Sale la spesa per le pensioni che però sono sempre più povere

Nel 2011 in Italia c’erano 71 pensionati ogni 100 lavoratori. Un rapporto che fa capire come mai il sistema del welfare in Italia sia così tanto sofferente.

Ma il numero dei pensionati non è uguale in tutta la penisola: nelle regioni del Sud, infatti, sia ha la media più alta di pensionati rispetto ai lavoratori, con un rapporto di 82 pensionati ogni 100 occupati, mentre la media si abbassa salendo verso il nord, regioni nelle quali il rapporto di dipendenza è di 66 a 100.

► Come cambia la pensione anticipata con la Riforma Fornero

Anche l’andamento su base annuale dal rapporto di dipendenza tra pensionati e lavoratori non segue un andamento regolare nel corso degli anni: a livello nazionale, infatti, nel periodo compreso tra il 2001 e il 2006 il rapporto di dipendenza è diminuito, passando da 74 pensionati ogni 100 occupati nel 2001 a 70 ogni 100 occupati registrato nel 2006. I successivi due anni hanno visto mantenersi stabile questa media nazionale, mentre si è rilevato un altro picco nel’ultimo triennio, arrivando al dato odierno di 71 pensionati ogni 100 occupati.

Sale la spesa per le pensioni che però sono sempre più povere

 Secondo i dati previdenziali resi noti dall’Istat nel 2011 lo stato ha visto aumentare il suo esborso per le pensioni del 2,9% rispetto all’anno precedente, pari a 265,963 miliardi di euro divisi tra i 16,7 milioni di pensionati presenti in Italia. L’aumento della spesa si traduce anche in una maggiore incidenza di questa voce sul Pil (in aumento dello 0,2%, dal 16,66% del 2010 al 16,85% del 2011).
► Conguaglio fiscale 2012 – CUD 2013 per i pensionati della Gestione Dipendenti Pubblici

Altro dato che mette in evidenza questa contraddizione è il fatto che il numero dei pensionati è sceso di 38 mila unità dal 2010 al 2011.

Questo aumento di spesa per lo Stato non si traduce, almeno nella maggiori parte dei casi, in un assegno pensionistico più alto per coloro che vivono di questo tipo di reddito. Analizzando i dati dell’Istat, infatti, quasi la metà degli italiani percepisce un assegno mensile che non arriva ai 1000 euro.

Nello specifico: il 13,3% dei pensionati italiani meno di 500 euro, il 23,1% riceve tra 1.000 e 1.500 euro al mese e il 32,8% ne incassa di più. La media del rateo pensionistico mensile è di 15.957 euro all’anno, in aumento di 486 euro rispetto al 2010.

► Come cambia la pensione anticipata con la Riforma Fornero

Analizzando i dati ancora più a fondo emerge che le donne sono svantaggiate rispetto agli uomini: per loro il reddito medio da pensione per un anno è pari a 13.228 euro, contro i 19.022 euro degli uomini, e più della metà delle donne percepisce una pensione inferiore ai 1000 euro mensili, contro il 33,6% degli uomini.