Ocse, Pil in calo e consumi al minimo

Ci sono già diversi esperti che sottolineano che il prossimo anno sarà necessaria una nuova manovra per scongiurare un altro rischio per l’economia italiana. A giudicare dai dati sulla situazione attuale e conoscendo le previsioni per un futuro che non sembra roseo, la manovra sembrerebbe necessaria.

E’ l’Ocse a fornire le previsioni, le quali sono negative, con la stima del rapporto tra deficit e Pil che si attesta intorno al 3% del Pil per il 2012 e del 2,9% per il 2013. Per arrivare al raggiungimento dell’obiettivo della riduzione del debito al 119,9% del Pil nel 2015 è quindi auspicabile una nuova manovra economica.

I dati dellOcse sono tutt’altro che positivi anche per quanto concerne le previsioni del Pil. Nel 2013 ci dovrebbe essere una riduzione dell1% che è superiore alla previsione precedente dello 0,4%.

Un problema dell’Italia è, come tutti sanno, la disoccupazione. Il tasso di disoccupazione è dato in costante aumento per i prossimi anni, dalla stima del 10,6% del 2012 a quella dell’11,4% del 2013 e dell’11,8% del 2014.

La situazione in Italia fa emergere inoltre un particolare calo dei consumi, il più alto degli ultimi cinquanta anni. Le manovre del governo Monti hanno provveduto alla formazione di questa riduzione dei consumi anche se hanno concesso all’Italia di sperare in un futuro migliore.

Inflazione e salari crescono di pari passo

Aumentate dell’1,5 % le retribuzioni orarie nel mese di ottobre. Un’ottima notizia, confermata dall’Istat che ha messo a confronto il mese scorso con lo stesso periodo del 2011. In totale è una crescita (su base mensile) dello 0,2%.

Al crescere dei salari, tuttavia, corrisponde purtroppo la crescita dell’inflazione.

Il dato della retribuzione resta sotto il livello dell’inflazione, cresciuto del 2,6%.

Il dato rimane comunque sotto il livello dell’inflazione. Infatti, anche se c’è stato un rallentamento dei prezzi, il livello di inflazione nel confronto annuo è aumentato del +2,6%. Cio implica che l’aumento delle retribuzioni orarie non è ancora in sintonia con l’incremento dell’inflazione e quindi dei prezzi. Un aspetto che conduce alla diminuzione dei consumi e a maggiori problematiche di natura economica per le famiglie.

Per quanto concerne i settori, l’aumento delle retribuzioni orarie si attesta intorno al 2,1% nel settore privato, mentre nel settore pubblico non si registrano particolari variazioni.

Sempre l’Istat ha messo in evidenza che nel mese di Ottobre gli accordi contrattuali in attesa di rinnovo sono 36. 16 sono inerenti alla pubblica amministrazione e circa quattro milioni di dipendenti. In particolar modo, i dipendenti in attesa di rinnovo sono il 30,7% nel totale dell’economia. L’attesa media del rinnovo del contratto è di 32,2 mesi in generale, mentre nel settore privato è di 26,7 mesi.

A ottobre è stato raggiunto l’accordo per i dipendenti dell’industria chimica. Tra i contratti monitorati, quelli dell’industria alimentare e olearia sono invece scaduti.

Sostenibilità del servizio nazionale a rischio

Nel Nostro Paese il servizio sanitario nazionale è uno dei più efficienti e più evoluti del mondo. Non mancano, tuttavia, i casi di malasanità. Questi ultimi sono destinati a fare sempre notizia. Se li escludiamo il sistema italiano è uno dei migliori poiché si configura come universalistico. In altri termini è aperto a tutti e offre visite specialistiche.

La brutta notizia è che il sistema è a rischio. Lo ha dichiarato oggi il Premier Mario Monti, durante un intervento in videoconferenza alla presentazione del progetto del nuovo Centro per le biotecnologie e la ricerca biomedica della Fondazione Rimed.

Monti si è soffermato sulla sostenibilità del servizio sanitario nazionale che potrebbe non essere garantita in futuro. Ecco cosa ha detto:

“La crisi ha colpito tutti e ha impartito lezioni a tutti. È importante riflettere sulle lezioni impartite dalla crisi. Il campo medico non è un’eccezione, le proiezioni di crescita economica e quelle di invecchiamento della popolazione mostrano che la sostenibilità dei sistemi sanitari, incluso il nostro servizio sanitario nazionale, di cui andiamo fieri, potrebbe non essere garantita se non ci saranno nuove modalità di finanziamento e di organizzazione dei servizi e delle prestazioni”.

Un servizio sanitario nazionale in ogni caso nasce per rispondere di tutto punto alle esigenze della cittadinanza. Non sarebbe giusto che in caso contrario gli italiani pagassero le tasse per un sistema al quale non possono accedere.

Monti riconosce:

“La posta in palio è chiaramente altissima l’innovazione medico-scientifica, soprattutto nella fase di industrializzazione, deve partecipare attivamente alla sfida considerando il parametro costo-efficacia un parametro non più residuale”.

Nel 2013 prezzi degli appartamenti in discesa

Il mercato immobiliare sta attraversando un periodo di grossa crisi. Le numerose indagini portate a termine dagli addetti ai lavoro sottolineano che la maggior parte degli italiani considera quello attuale non di certo il miglior momento per acquistare e vendere casa. Nello specifico soltanto il 45% considera questo momento adatto per comprare casa. Lo dice un’indagine di Gruppo Immobiliare.it. l’Ad Carlo Giordano, a tal proposito, conferma:

“Lo scenario particolarmente critico in cui gli operatori del settore sono costretti a muoversi, tra contrazione dei volumi delle compravendite immobiliari e difficoltà conclamate per l’ottenimento di un mutuo condiziona anche la percezione dei cittadini, che reagiscono con l’attendismo.

Effettivamente, il dato che raccoglie la crescita più elevata è la percentuale di chi pensa che nel prossimo anno ci saranno tempi migliori per acquistare casa: in tre mesi la percentuale passa dal 21% al 35%. Cala solo di un punto percentuale, infine, la percentuale dei pessimisti, che ritengono questo sia un brutto momento per investire nel mattone: passiamo dal 16% di luglio ad un 15%, che conferma un trend in discesa da diverse rilevazioni”.

Ma allora perché nel 2013 la situazione potrebbe cambiare e i prezzi potrebbero essere nuovamente in discesa? Lo spiega ancora Giordano:

“Analizzando più nel dettaglio le ragioni per cui si valuta sia un buon momento per comprare è emerso in maniera chiara come questa opinione sia legata alla consapevolezza che, data la difficoltà del momento, sia possibile trovare occasioni dettate dalla necessità del venditore di realizzare”.

Ministeri, pronti nuovi tagli per 190 milioni

Nei mesi recenti dirigenti pubblici e magistrati, in occasione del famoso “prelievo di solidarietà” si erano visti colpire la propria busta paga in maniera accentuata, per via del decreto 78.

Nel mese di ottobre, però, con la sentenza 223/2012, la Corte costituzionale  ha rispedito al mittente il provvedimento e lo ha sostituito a tutti gli effetti con un decreto del presidente del Consiglio firmato da Mario Monti e dal Ministro dell’Economia Vittorio Grilli il 30 ottobre. Il testo del nuovo dpcm attualmente è nelle mani dei magistrati contabili che lo stanno esaminando.

La ragioneria di Stato lo illustra così:

Si tratta, nella pratica, dell’attuazione della ‘clausola di salvaguardia’ che era stata inserita nel decreto varato dal vecchio Governo per fronteggiare l’ipotesi che si verificassero minori risparmi del previsto con i tagli alle buste paga. Un’ipotesi che, per l’appunto, si è avverata con effetto pieno proprio con la sentenza della Corte costituzionale di un mese fa.

Per spiegare al meglio i nuovi tagli, dunque, è necessario rifarsi alle seguenti parole di alcuni esperti:

“In sostanza, per limitarci all’aspetto del provvedimento che forse più aveva fatto discutere, siccome il Governo non ha mai esteso il «prelievo di solidarietà» anche ai privati, la misura lasciata in vigore solo per i pubblici è risultata palesemente incostituzionale. Da qui il maxi-rimborso, che sarà coperto come detto con nuovi tagli lineari alle spese rimodulabili dei ministeri, mentre per le altre amministrazioni gli oneri finanziari restano a carico dei rispettivi bilanci”.

Diminuisce il potere d’acquisto delle famiglie

Si avvicina il Natale e, si sa, dovrebbe essere il periodo migliore per concedersi qualche sfizio. Mettere mano ai propri risparmi, oppure sfruttare la tredicesima, è un buon modo per farlo.

Sorge un problema: risparmi e tredicesima si riducono di anno in anno. Al pari del potere d’acquisto delle famiglie italiane, ulteriormente sceso di 5,2 punti in percentuale rispetto al 2011.

Ciò si evince dalle tabelle contemplate nel bilancio sociale dell’Inps. In base ai dati dell’Istituto, elaborati dall’Adnkronos, i redditi lordi primari del 2007 sono rimasti stabili rispetto al 2011. Il reddito complessivo, invece, ha fatto registrare un aumento del 3,3%, in virtù delle prestazioni sociali.

Soffermiamoci dunque sui redditi familiari, i quali ammontano nel complesso a 1.529 miliardi. Essi sono divisi in:

redditi primari (1.165 miliardi);

– prestazioni sociali Inps: pensioni, trattamenti temporanei etc. (219 miliardi);

– altre prestazioni sociali emesse da diversi soggetti (26 miliardi)

Fatti i dovuti conti, detratti ciò contributi ed imposte del caso, quanto resta in mano alle famiglie italiane1.053 miliardi, molto meno rispetto agli anni passati.

Osserva, dunque l’Inps:

“Il reddito delle famiglie consumatrici, senza considerare l’effetto dell’inflazione, dal 2008 al 2011 è aumentato di 5 miliardi di euro (+0,4%); il potere d’acquisto si è però ridotto di 38,6 miliardi (-3,7%). Il reddito primario lordo disponibile in tre anni è sceso di 23 miliardi, mentre in termini di potere d’acquisto si registra un crollo di 70,5 miliardi (-6,7%)”.

 

Al Sud la crisi riporta il Pil ai livelli del 2009

Il Sud sente la crisi più di ogni altra area d’Italia. Il Pil in volume è diminuito in ogni regione, ma nel meridione è tornato ai livelli del 2000. I dati sono stati forniti dall’Istat, la quale ha precisato che malgrado il recupero del 2011 (verificatosi ovunque tranne che al Sud) soltanto a Bolzano la situazione è tornata uguale ai livelli precedenti alla crisi.

Nel resto d’Italia il recupero è stato solo parziale. Al Nord ci sono ancora analogie di livello tra il 2005 e il 2011. Al Centro si è sulla stessa lunghezza d’onda del 2004. Al Sud no. Al Sud bisogna risalire al 2000 per trovare un Pil in volume identico.

Il Prodotto Interno Lordo pro-capite nel Nord – Ovest è il doppio rispetto a quello del Meridione. Lo rendono note le statistiche Istat riguardanti i conti economici regionali. In base a questi dati sappiamo che il Pil pro-capite cambia in base alle diverse regioni d’Italia:

Nord-ovest: 31.452 euro;

Nord-est: 30.847 euro;

Centro: 28.240 euro;

Dichiara l’Istat:

“Nel Mezzogiorno è stato invece pari a 17.689 euro, un valore più basso di quello del Nord-ovest del 43,8% e inferiore alla media nazionale del 32%. Al top la Provincia autonoma di Bolzano (oltre 36.600euro), all’ultimo posto la Campania (16.600 euro)”.

La crisi non si ferma per Natale

Tagli e crisi. Due parole che ormai da tempo viaggiano di pari passo. Eccezion fatta per le spese dei cenoni e dei pranzi con i parenti, sarà un Natale “magro”. Gli italiani tirano la cinghia, rinuncianso a regali e viaggi. Non rinunceranno, però, a cibi e bevande. In particolar modo privilegeranno cibi e bevande Made in Italy. Il potere d’acquisto per le famiglie scende, e si taglia quasi tutto:

Lo rivela Coldiretti, in un’analisi basata sull’indagine “Xmas Survey 2012” effettuata Deloitte.

Si evince che alimentari, vini e bevande rappresentino il 36% delle spese per le festività.

Coldiretti afferma che:

“Gli italiani spenderanno 197 euro per famiglia per imbandire le tavole della feste di fine anno 2012 con cibi e bevande, con una crescita del 2,1% rispetto allo scorso anno. Non si rinuncia a preparare pranzi e cenoni o a gratificare parenti e amici con gustosi omaggi ma si qualifica la spesa con una netta preferenza di prodotti del territorio locali e Made in Italy”.

Non è d’accordo Confcommercio, la quale afferma che le famiglie sono preoccupate.

7 italiani su 10 temono il Natale 2012 e mai come ora “percepiscono” la crisi. Confcommercio-Format ha stilato un’analisi in cui si evince quanto segue:

“Emerge l’aumento della quota di chi non farà acquisti per regali (dall’11,8% del 2011 al 13,7%), anche se oltre 8 italiani su 10 (86,3%) i regali continueranno a farli. Al primo posto tra i destinatari ci sono i familiari (50,2%), ma subito dopo, prima di amici e colleghi di lavoro, il 41,4% il regalo lo farà a se stesso”.

 

 

Evasione fiscale, gli italiani fuggono in Svizzera

Tasse troppo alte. Chi può fugge dall’Italia alla volta della Svizzera. Un posto sicuro per liberarsi dal peso delle tasse. I dati in nostro possesso dicono che due anni fa gli italiani che richiedevano la residenza nella vicina Lugano erano circa 700. Oggi sono 6.000. I motivi? La crisi, la gestione del Paese di Berlusconi e Monti e, ovviamente, il conseguente aumento delle tasse.

Il Canton Ticino, dunque, diventa una meta ambita per i più benestanti. Coloro che vogliono salvaguardare il proprio patrimonio e la sua gestione, scelgono la Svizzera per il management di denaro, partecipazioni e fondi. Non è un fenomeno migratorio con valigie di cartone, bensì le valigie sono griffate.

Ci si trasferisce alla ricerca del benessere, della volontà di mantenere uno stile di vita agiato, cosa che l’Italia non permette più.

Il Consolato di Lugano conferma i dati sulle richieste di domicilio in Svizzera:

“6.000 persone, e sempre persone famose, conosciute e benestanti. Da quando, nel 2009, la Confederazione Elvetica ha aderito al trattato di Schengen, entrare a Lugano è diventato più facile. Ci vogliono interessi legati al Paese elvetico e una casa in affitto o acquistata e si può fare richiesta per trasferire la propria residenza. Interessi e case fanno però la differenza. Infatti, in pochi si possono permettere di acquistare una casa a Lugano. Allora chi può ne approfitta, potendo contare su una tassazione generale del 20% e una buona qualità della vita”.

 

La crisi colpisce 4 milioni di lavoratori

Quattro milioni di lavoratori soffrono la crisi. Sono dipendenti a tempo determinato oppure stabilmente occupati in lavori part-time. Per scelta? No, per condizione. Perché “fuori”, sul mercato, non c’è di meglio.

Rispetto a quattro anni fa, come si evince dai dati messi a disposizione dall’Istat, l’occupazione è calata di 456mila unità. Sono in aumento di 718.000 unità (+ 21,4%) i lavoratori “instabili“. Un trend da non prendere in positivo.

In soldoni dunque, aumenta il numero delle persone in età di lavoro (di 500.000) unità, ma diminuisce il numero di coloro che possono “contare” sulla propria occupazione.

Le statistiche fornite dall’Istat sono state vagliate e studiate da Ires Cgil, che ha rilasciato uno studio su crisi e occupazione:

“Chi è occupato lavora meno di quanto vorrebbe ed a condizioni diverse da quelle auspicate. I dipendenti stabili a tempo pieno calano di 544mila unità (-4,2%) e gli autonomi full time dì 305mila (-6,1%). Se si aggiunge il calo dei part time stabili volontari (-215mila) si supera il milione di persone. Aumentano invece i lavori involontari, quelli che si è costretti ad accettare: nel 2012 solo il 17,2% delle nuove assunzioni è a tempo indeterminato. Meno lavoro, peggioramento delle condizioni e diminuzione delle ore lavorate sono la realtà che emerge dall’indagine”.