Grecia: stop al buy back e protezione per le banche

 Scade oggi alle 17 (orario di Londra) l’offerta del governo greco di riacquisto dei titoli di stato. Poche ore ancora per gli istituti di credito ellenici che dovranno decidere se e in che misura aderire all’offerta di acquisto, poi l’operazione sarà conclusa.

Il governo ellenico non ha intenzione di portare avanti il buyback partito qualche giorno fa, a smentire quanto riportato dal giornale Kathimerini che aveva ventilato l’ipotesi di un possibile allungamento dei termini per la scadenza. La posizione del governo non è cambiata da quanto annunciato all’inizio dell’operazione, anzi, è molto probabile che al buyback si aggiungerà un ulteriore manovra per la salvaguardia delle banche da possibili richieste di risarcimento da parte di clienti scontenti per le perdite subite.

Infatti, i titoli di stato che sono oggetti del buyback saranno riacquistati per cifre comprese tra il 30 e il 40% del valore delle obbligazioni al momento del loro acquisto d parte degli investitori.

Se dovesse partire una richiesta di risarcimento di massa da parte di coloro che, attraverso questa operazione, rischiano di perdere una parte sostanziosa del capitale investito, le banche greche si troverebbero ad affrontare una situazioni molto difficile, che si va ad aggiungere al declassamento del debito di lungo termine della Grecia da parte dell’agenzia di rating Standard & Poor’s

Le tre tappe di Van Rompuy per la ricapitalizzazione delle banche

 In sostanza il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy chiede ai paesi dell’Unione Europea di delineare, entro e non oltre il mese di marzo, lo schema di funzionamento della ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del meccanismo di stabilità Esm, che dovrà lavorare in accordo con la super BCE (il controllo unico della BCE per le banche europee).

A Van Rompuy si uniscono anche le voci dei presidenti di Commissione Josè Manuel Barroso, della Bce Mario Draghi e dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker, che si riuniranno la prossima settimana per ridiscutere i termini degli accordi.

Nel rapporto presentato da Van Rompuy si propone un percorso per una maggiore integrazione dei conti pubblici nei 17 paesi dell’Eurozona, che dovrà essere seguito in tre tappe, il cui obiettivo è di frenare l’attuale crisi e di mettersi al riparo da quelle future.

Il primo passo da fare è la definizione del meccanismo di vigilanza unico per il settore bancario da parte della BCE, l’armonizzazione dei sistemi nazionali di risoluzione e dei meccanismi di garanzie sui depositi, e il sistema di ricapitalizzazione diretta delle banche da parte dell’Esm.

A seguire, sarà necessario creare un’autorità comune per la risoluzione e un meccanismo di coordinamento delle politiche di riforme. Dopo il 2014, la terza tappa: la creazione di una “risorsa indipendente e centrale” che sia in grado di “assorbire gli shock economici”

 

La Bundesbank taglia le stime di crescita della Germania

 La Bundesbank ha rivisto al ribasso le stime di crescita della Germania nel 2012 e nel 2013 a causa degli effetti della crisi del debito: per il 2013 la crescita del Pil tedesco è stata abbassata da un + 1,6% al +0,4%. Ribassata anche la stima di crescita per l’anno in corso: il 2012 si chiuderà con un + 0,7%, più basso di 0,3 punti percentuali rispetto alle stime presentate nel corso dell’anno.

Sarà la disoccupazione a crescere: il tasso dei senza lavoro tedeschi salirà al 7,2% nel 2013 (a giugno era stata stimato che il tasso dei disoccupati si sarebbe arrestato sul 6,5%) per stabilizzarsi al 7% nel 2014.

Nonostante il ribasso delle stime di crescita da Berlino arrivano rassicurazioni. Jens Weidmann, presidente della Buba, ha evidenziato che l’economia tedesca rimane comunque solida e che questo rallentamento è solamente temporaneo. Già dal 2014 ci saranno i primi segnali di crescita.

Si tratta, infatti, di una stima al ribasso in linea con le previsioni fatte dalla Banca Centrale Europea: per il 2012 nella zona Euro si attende un decremento del pil tra lo 0,6% e lo 0,4%, mentre per il 2013 stima tra un -0,9% e un +0,3%. Anche la BCE ha previsto un miglioramento per il 2014, anno per cui è stata indicata una dinamica tra +0,2% e +2,2%.

Pronto il piano d’azione della Commissione Europea contro l’evasione

 Algirdas Semeta, commissario europeo per la fiscalità e l’unione doganale, l’audit e la lotta antifrode, non ha dubbi:

Ogni anno nell’UE si perdono mille miliardi di euro a causa dell’evasione e dell’elusione fiscali. Non si tratta soltanto di una scandalosa perdita di entrate estremamente necessarie, ma di una minaccia per la giustizia fiscale. Sebbene gli Stati membri debbano potenziare le misure nazionali per la lotta all’evasione fiscale, le soluzioni unilaterali non saranno sufficienti. In un mercato unico, nel contesto di un’economia globalizzata, le incoerenze e le lacune nazionali diventano il terreno di gioco per chi cerca di eludere la tassazione. Una posizione forte e coesa dell’Unione nei confronti degli evasori fiscali, e di coloro che li agevolano, è quindi fondamentale.

Nel piano d’azione presentato oggi in Comissione Europea, si auspica che l’Unione Europea, per mezzo delle sue istituzioni e dell’operato delle singole unità nazionali, si schieri, in maniera forte e coesa, contro i paradisi fiscali, anche attraverso misure specifiche per convincere i paesi terzi ad applicare le norme di governance dell’Unione.

In secondo luogo Semeta ha ribadito la necessità di una pianificazione fiscale aggressiva, che vada a colmare le lacune legislative e a chiarire i tecnicismi che fino ad ora hanno permesso l’evasione e l’elusione fiscale, cercando di creare le condizioni per cui la tassazione si basi sulla reale possibilità economica di ogni azienda che opera nell’Unione.

Tra le altre misure suggerite dal piano d’azione contro l’evasione ci sono: un codice dei contribuenti, un codice di identificazione fiscale dell’UE, un riesame delle disposizioni antiabuso delle principali direttive comunitarie e gli orientamenti comuni per la tracciabilità dei flussi di denaro.

Anche la Gran Bretagna rischia di perdere la tripla A

 Anche su Londra si potrebbe abbattere la scure delle agenzie di rating. La Gran Bretagna rischia di perdere la tripla A di valutazione sul debito, tanto da Moody’s quanto da Fitch. Il problema? La ripresa della crescita inglese potrebbe essere più lenta di quanto previsto.

Moody’s per prima ha lanciato l’allarme (era la metà di novembre quando gli analisti dell’agenzia hanno, per la prima volta, ventilato questa possibilità) e attende che venga pubblicato l’Autumn Statement, documento con il quale il premier Cameron potrà dimostrare il ritmo del risanamento dei conti e le prospettive di crescita.

Solo se Cameron dimostrerà che le misure di austerity prese fino ad ora stanno portando a dei risultati reali potrà evitare  il rischio di vedersi abbassare il rating del debito nei prossimi 18 mesi. Un periodo piuttosto lungo in cui il paese deve assolutamente rispettare le promesse fatte e dimostrare di essere riuscito a evitare una nuova recessione.

Il fatto che tutte e tre le agenzie di rating abbiano deciso di sottoporre a revisione il debito inglese è una chiara mossa preventiva. Come ha dichiarato George Osborne, cancelliere dello Scacchiere:

Questo di Moody’s deve suonare come un avvertimento: Gran Bretagna non spendere tanto e non accedere a troppi prestiti, altrimenti rischi di perdere la tua solidità.

Moody’s: società Emea a rischio anche nel 2013

 Moody’s investors service ha  pubblicato oggi il rapporto di valutazione “Emea corporates: 2013 outlook“, da cui emerge che la situazione delle società non finanziarie dell’Emea (Eurozona, Medio Oriente e Africa) non miglioreranno nel prossimo anno, anzi, i declassamenti saranno superiori alle promozioni.

A livello di emittenti, si prevede una persistente fragilità del credito, con un numero di declassamenti che probabilmente continuerà a superare quello delle promozioni per il 2013

E’ quanto affermato da Jean-Michel Carayon, senior vice president di Moody’s e co-autore del rapporto, secondo il quale la crescita prevista sarà limitata dalle costanti misure di austerità intraprese dai governi, le quali avranno come conseguenza smorzamento della spesa dei consumatori, che andrà a colpire telecomunicazioni, vendita al dettaglio e produzione automobilistica.

Il rapporto di valutazione di Moody’s parla anche di un possibile rischio di un contagio economico che parte dal sud dell’Europa e si sposta verso il nord, che si accompagna ad un rallentamento della crescita di alcune delle economie emergenti, in modo particolare di quella cinese, che potrebbe incidere sui profitti delle società europee che hanno concentrato gli investimenti in queste zone.

La liquidità delle società sarà ulteriormente erosa nel 2013 dal deterioramento dovuto alla crisi del debito sovrano, che risentirà, conclude il rapporto, della crescente difficoltà nella concessione dei crediti.

 

S&P’s: defaul selettivo per la Grecia

 La comunicazione del declassamento del debito di lungo termine della Grecia da parte dell’agenzia di rating Standard & Poor’s è arrivato proprio nel pieno dell’operazione di buy back dei titoli ellenici, stroncando, in definitiva, molte delle speranze che il governo aveva riposto su questa manovra di emergenza.

Il merito del debito greco è stato abbassato a SD (selective default), cioè solo un gradino più in alto di un default vero e proprio. Prima di questo taglio il debito a lungo termine era classificato come CCC e quello a breve termine come C.

ella nota rilasciata da Standard & Poor’s si legge che l’abbassamento della valutazione è stato necessario in quanto sono venute a mancare delle garanzie su alcune obbligazioni: default selettivo, infatti, significa che i titoli giunti a scadenza non sono stati rimborsati, ma si tratta di di un default limitato solo ad alcuni titoli e che non si protrae nel tempo.

Gli analisti dell’agenzia fanno precisano, infatti, che quando l’operazione di buyback sarà conclusa (cioè fra una decina di giorni, il 17 dicembre 2012), è molto probabile che l’operazione abbia portato a dei risultati positivi e il rating sovrano della Grecia potrà ritornare a ‘CCC’, ossia il rating che meglio riflette la valutazione prospettica di S&P sul merito di credito della Grecia.

Multa pesante per il cartello delle TV

 Sono sei in totale i gruppi multinazionali entrati nel mirino della Commissione Europea, che saranno costretti a pagare 1,47 miliardi complessivi di multa per aver organizzato dei cartelli sulla produzione e la vendita di schermi televisivi e di tubi catodici.

I multati sono Chunghwa, Lg Electronics, Philips e Samsung, colpevoli di aver preso parte ad entrambe le imprese illegali e Panasonic, Toshiba, Mtpd e Technicolor, che invece sarebbero state coinvolte solo nell’affare sui tubi catodici.

Questi cartelli per i tubi sono cartelli da manuale: rappresentano tutte le peggiori caratteristiche di comportamento anticoncorrenziale che sono strettamente vietate alle compagnie che operano in Europa.Queste le parole di Joaquin Almunia, commissario Ue alla Concorrenza, che ha rilevato un’attività illegale nel periodo tra il il 1996 e il 2006, durante il quale le multinazionali citate avrebbero operato a diversi livelli per  fissare i prezzi, dividersi il mercato su scala mondiale, ripartire i clienti e limitare la produzione.Chunghwa è l’unica multinazionale ad esserne uscita indenne, in quanto è proprio grazie a lei che si è arrivati a questa conclusione. Per le altre aziende coinvolte l’esborso sarà, nel dettaglio, di 150,842 milioni per Samsung, 313,356 milioni per Philips, 295,597 milioni per LG, 38,631 milioni, per Technicolor e 157,478 milioni per Panasonic,

 

Multinazionali in fuga dall’Europa

Le multinazionali sono pronte a lasciare il meridione d’Europa e a volare verso altri lidi. Un esodo che sa di minaccia, che porterà a una mancanza di capitali e a un calo dell’innovazione.

I Paesi del Vecchio Continente provano a ribellarsi, manifestando il bisogno disperato di avere nelle proprie zone le grandi aziende mondiali per uscire dalla crisi e risolvere problemi annosi quali debito e recessione.

Il Wall Street Journal, intanto, lancia l’allarme e cita alcuni esempi di multinazionali in fuga. Tra queste figura Kimberly Clark, azienda leader nel settore dei pannolini per bambini.

Il calo delle nascite sta costringendo Kimberly Clark a chiudere le proprie sedi europee. Merck, Alcoa e Ppr la seguiranno presto. Ppr, peraltro, di recente ha annunciato che taglierà i posti di lavoro in Spagna, diminuendo il proprio quadro del 20%.

Sulle pagine del Wall Street Journal si legge:

“Dall’inizio dell’anno ci sono stati segnali di debolezza degli investimenti esteri diretti in Europa del Sud. Nei primi sei mesi dell’anno, il ritiro di investimenti in Italia è arrivato a 1,6 miliardi di dollari, al netto dei nuovi fondi affluiti. Dal 2007, gli investimenti esteri diretti sono calati del 38% in Portogallo, Spagna, Grecia e Italia, con gli investitori che spostano le proprie risorse verso i paesi emergenti”.

La burocrazia, soprattutto in Italia, scoraggia gli imprenditori. Uno dei casi lampanti e Decathlon, azienda francese ben radicata nel territorio, la quale ha rinunciato ad aprire una sede immensa nei pressi di Milano. Era un investimento da 25 milioni di dollari, che non si farà.

Unione bancaria sfumata a causa della Germania

 La riunione dell’Ecofin dei ministri delle finanze dei paesi dell’Eurozona non ha portato al risultato sperato. La Germania ha detto no alla creazione di una super BCE con il ruolo di vigilanza e supervisione di tutte le banche nazionali. Il prossimo vertice si terrà mercoledì 12 dicembre, a ridosso del Consiglio europeo, e sono in molti a nutrire delle speranze per il raggiungimento di un accordo, anche se i presupposti  non sono quelli migliori.

La proposta della Commissione Europea di un controllo delle banche da parte della BCE (sarebbero 6000 gli istituti che finirebbero sotto la sua supervisione) è un passaggio fondamentale perché il fondo di salvataggio permanente dell’Unione monetaria possa prestare direttamente soldi agli istituti di credito.

La proposta è stata accolta positivamente sia dal presidente della Bce Mario Draghi, sia dalla Francia e dall’Italia. Lo zoccolo duro è la Germania, la cui opinione è particolarmente sentita nell’Unione, che vorrebbe escludere da questo accordo le banche regionali tedesche, al massimo, da Berlino fanno sapere che potrebbe accettare un meccanismo di sorveglianza ma con una diversa ripartizione delle competenze tra la Bce e le autorità nazionali, le quali potranno continuare ad agire per proprio conto.

Questioni da risolvere anche sulle modalità e sui tempi dell’unione, problemi che, nonostante le note ottimistiche dei ministri che hanno partecipato al vertice, potrebbero pesare anche sulla conclusione della prossima riunione. Secondo i favorevoli all’unione, non riuscire a trovare un accordo entro, al massimo, la fine dell’anno porterebbe ad una ulteriore perdita di credibilità dei paesi dell’Unione Europea nei confronti dei mercati internazionali.