Corte Costituzionale, apertura di un conto corrente “incostituzionale”

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 Emerge da una nota dell’Adusbef, che aveva portato in tribunale l’eccezione di costituzionalità sulla norma all’art.12 del decreto Salva Italia Monti-Fornero, che il Tribunale di Lecce, nella persona del Giudice Alessandro Maggiore, con ordinanza del 12 febbraio 2014, ha accolto l’eccezione di costituzionalità e rimandato il caso alla Corte Costituzionale.

Per l’Adusbef è una “vittoria contro governi maggiordomi dei banchieri”. “La norma impugnata prevede che stipendi, pensioni e altri emolumenti corrisposti dallo Stato, di importo superiore a mille euro debbano essere erogati con strumenti diversi dal denaro contante, ovvero conti correnti bancari o postali”.

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Adusbef, chiama il decreto salva-Italia del Governo Monti, un vero e proprio “salvabanche”, l’obbligo di aprire un conto corrente imposto a 6-7 milioni di cittadini e di pensionati confusi con evasori. Per l’Adusbef “si tratta di una congettura legislativa profondamente iniqua. Allo stato attuale si verifica, infatti, che il limite di pignorabilità pari ad un quinto operi solo quando il pignoramento avvenga direttamente alla fonte, ossia da parte dell’ente previdenziale o del datore di lavoro. Se invece il pignoramento è effettuato in un secondo momento, ovvero presso la banca dove il dipendente o pensionato percepisce le medesime somme, il limite di un quinto non opera più e viene prelevato l’intera somma.

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Con la conseguenza che il limite che era stato previsto all’art. 545 c.p.c. viene legalmente superato, con il risultato che l’accredito sul conto corrente bancario o postale dello stipendio mensile o della pensione superiore a 1.000,00 euro diventa interamente pignorabile. Si tratta, in sostanza, dell’ennesima beffa per dipendenti, disoccupati e pensionati gia’ piegati da continui balzelli imposti dalla crisi economica perdurante e da scelte governative sbagliate, che penalizzano le famiglie per favorire le banche”. “La Consulta sarà chiamata ad esprimersi sulla costituzionalità di tale norma, ritenuta incompatibile con gli artt. 38 (diritto all’assistenza sociale) e 3 (principio di ragionevolezza) della Costituzione”.

 

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