Disoccupati di lunga data e donne, il problema vero dell’occupazione

Home > Lavoro > Mercato del Lavoro > Disoccupati di lunga data e donne, il problema vero dell’occupazione

Il quadro delineato di recente dell’OCSE rispetto alla situazione occupazionale del nostro Paese e rispetto alle difficoltà delle persone nella ricerca di un lavoro, è assolutamente sconcertante. Saranno necessarie in futuro delle politiche più mirate che tengano conto di alcune categorie di lavoratori particolari. 

Cos’è che non piace proprio dell’Italia? Sempre con riferimento al panorama lavorativo, quello che anche all’estero è mal digerito, è il difficile percorso di ricerca del lavoro che interessa i cittadini. Per questo in Italia ci sono tantissimi disoccupati di lungo periodo. E poi c’è da considerare la situazione delle donne che oltre ad avere una limitata possibilità di assistenza e sostegno economico post maternità, hanno delle difficoltà oggettive a coniugare il lavoro con la famiglia. Una sintesi di questi due aspetti potrebbe essere la seguente.

La disoccupazione è cresciuta del 108% in sette anni

I disoccupati di lunga data

L’Italia, nell’area dell’OCSE, occupa il quarto posto quanto a percentuale di disoccupati di lunga durata. Con questa espressione si fa riferimento alle persone che non lavorano da un anno o più. Dal 2007 al 2013 la quota di disoccupati di lunga durata sul totale dei disoccupati è salita nel nostro Paese dal 45% a quasi il 60%. Prima di noi in questa classifica negativa ci sono soltanto Irlanda, Grecia e Slovacchia. In Paesi come Corea del Sud il fenomeno della disoccupazione di lunga durata è quasi inesistente.

Le difficoltà delle donne

Le donne italiane secondo l’OCSE non riescono a conciliare famiglia e lavoro tanto che il 58% della popolazione italiana tra i 15 e i 64 anni ha un lavoro retribuito, dato inferiore alla media Ocse del 65% e gli uomini occupati sono circa il 68%, mentre le donne il 48%; questa differenza indica che le donne hanno difficoltà a conciliare il lavoro e la famiglia.

A queste due categorie di lavoratori dovranno essere necessariamente dedicate le politiche occupazionali del futuro.

Lascia un commento