La vendita degli immobili pubblici non salva gli italiani dalle tasse

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 La vendita degli immobili pubblici – caserme, edifici, siti industriali, uffici – porterà nelle casse dello Stato una cifra irrisoria: si tratta di 3/5 miliardi di euro, su un totale potenziale di circa 400 miliardi.

Denaro che sarebbe dovuto essere utilizzato per la riduzione del debito pubblico italiano. Una risorsa enorme che lo Stato ha a disposizione per evitare l’aumento generalizzato della tassazione sul popolo ma che, invece, rimane inutilizzabile a causa di una resistenza da parte del governo e delle amministrazioni. E’ il ministro dell’Economia Grilli a gelare le belle speranza che si erano sollevate un anno fa, dicendo che gli immobili pubblici potranno essere venduti solo in parte e dilazionati nel tempo.Non è la prima volta che in Italia si prova a fare un censimento degli immobili pubblici e di capire quali e in che termini possono essere venduti, ma tutti gli esprimenti finora fatti si sono sempre arenati prima di giungere a qualche risultato. Il problema, non nuovo in Italia, è la resistenza di chi ha il diritto all’utilizzo di questo patrimonio pubblico, che viene utilizzato, secondo Gualtiero Tamburini, presidente di Federimmobiliare, per

fare favori (affitti regalati, prezzi di vendita ridicoli). Nessuno si priva di uno strumento di potere. Per spezzare questo circolo vizioso occorreva un coraggio e una lungimiranza che questo governo d’emergenza forse non poteva avere.

 

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