Il Portogallo riaccende i timori di una crisi Europea

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 Soltanto un’autosospensione per irregolarità contabili, e negli investitori europei è riapparso il ricordo dei mesi in cui moltissimi economisti predicevano la fine dell’euro. Il Portogallo è tornato a vivere l’incubo che l’ha portato, nel 2011, a dover far ricorso agli aiuti internazionali della Banca Centrale Europea, Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale, con un forte rialzo dei rendimenti dei titoli di Stato, mercato azionario a picco e sell-off di obbligazioni.

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La paura ha assalito immediatamente anche le cosiddette “periferie”, cioè Italia, Spagna e Grecia. Tutte le tensioni sono nate da Espírito Santo Financial Group, il Gruppo che detiene, tra le varie partecipazioni, il 25% di Banco Espirito Santo, maggior banca lusitana quotata per asset. Un audit chiesto a maggio dalla Banca Centrale portoghese aveva rilevato “gravi irregolarità contabili” nella Espirito Santo International, la holding di partecipazioni (tra queste c’è anche Espírito Santo Financial Group) non quotata e di base in Lussemburgo, di cui nel Consiglio di Amministrazione c’è anche Ricardo Salgado, Chief Executive del Banco Espirito Santo.

Di recente Espirito Santo International ha domandato ai creditori una maggiore dilatazione del debito, temendo un eventuale default. L’audit non aveva destato clamore finchè  Espírito Santo Financial Group ha detto di voler fermare le proprie quotazioni a causa “delle difficoltà materiali del primo azionista Espirito Santo International e della sua esposizione alla società controllante”. Gli investitori hanno paura che tali irregolarità possano aver “contaminato” tutto il sistema Espirito Santo, acclusa Rioforte, la holding non finanziaria che gestisce asset del turismo e della salute privata.

 

 

 

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