Un cartello Apple sul mercato degli ebook?

 Continuano in questi giorni negli Stati Uniti le indagini sulla possibile formazione, nel lontano aprile 2010, di un cartello Apple, guidato e sottoscritto dal Steve Jobs, per tenere alto il mercato degli ebook in occasione del lancio del primo iPad. Sulla questione, venuta a galla già nel 2012, continua infatti ad indagare il Dipartimento di Giustizia statunitense (DoJ).

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Secondo gli inquirenti Jobs avrebbe cercato, ai danni di Amazon, a quel tempo leader di mercato nella vendita dei libri digitali, un accordo con cinque dei maggiori colossi editoriali americani, e cioè Harper Collins, Macmillan, Hachette, Penguin e Pearson, in modo da convincerli ad innalzare il prezzo di 9,99 dollari praticato dall’ Amazon Store.

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A quel tempo, infatti, Amazon riusciva a vendere le novità editoriali in formato digitale e in formato cartaceo, esattamente in contemporanea, oltretutto praticando per le prime un prezzo inferiore alle seconde – quello di 9,99 dollari appunto.

La giustizia americana accusa dunque Apple di aver manipolato ad arte il mercato, convincendo i cinque editori a sbarcare per primi sull’ iBookstore e tenendo alto il prezzo degli ebook. A testimonianza degli accordi con Jobs ci sarebbe anche una email chiarificatrice pubblicata dal New York Times. Ora, ad ogni modo, gli editori hanno già patteggiato, mentre Apple, che sostiene di non aver mai indotto accordi collettivi, si difenderà in tribunale.

Apple torna sul mercato con gli iBond

 E’ la prima volta dal 1997 ma non sembra che la Apple abbia dimenticato come si fa. Dopo tutti questi anni l’azienda di Cupertino si rimette in gioco sul mercato delle obbligazioni e si prepara all’emissione di una bella fetta di debito con i cosiddetti iBond, obbligazioni che alla Apple servono per pagare i dividendi degli azionisti.

► Come farà a sopravvivere Apple

Dati i termini dell’operazione, della quale si occupano Deutsche Bank e Goldman Sachs, l’interesse è molto alto e sono state già raccolte richieste per il collocamento del debito pari a circa 40 miliardi di dollari.

Il recupero atteso per la Apple si aggira intorno ai 15/18 miliardi di dollari che saranno poi redistribuiti tra gli azionisti delusi dal calo dei rendimenti della società che sono stati evidenziati nel primo trimestre del 2013.

Dall’altra parte, ossia dalla parte di coloro che vogliono comprare una parte di questo debito con gli iBond, non si prospettano, però, rendimenti entusiasmanti: secondo gli analisti, infatti, il rendimento atteso non dovrebbe essere superiore al 2,8%, quanto attualmente rendono i titoli azionari con le loro cedole.

► Calano gli utili di Apple

Grazie alla richiesta di questo prestito la Apple potrà provvedere alla restituzione dei 100 miliardi di dollari promessa ai soci entro il 2015: una mossa strategica che permetterà a Cupertino di lasciare dove sono i fondi depositati all’estero – stimati in circa 145 miliardi di dollari – e non pagare, così, le tasse per il rientro dovute al governo degli Stati Uniti.

L’iBond di Apple piace agli investitori

 La società di Cupertino, la famosa Apple, legata il suo successo non solo alla vendita dei prodotti della Mela morsicata ma anche alla capacità di presentare questi prodotti al pubblico, tipica di Steve Jobs. Non è un caso che alla morte di uno dei suoi leader più carismatici, sia la società che il titolo abbiano iniziato a perdere quota.

Adesso la Apple è costretta a lanciare la sua prima emissione di obbligazioni, la prima in assoluto dal 1997. Questo tipo di strumenti di finanziamento sono stati considerati migliori rispetto al rimpatrio dei capitali. Per Apple, portare circa 100 miliardi di dollari detenuti all’estero, in America, avrebbe voluto dire pagare moltissime tasse.

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Da qui l’intuizione: chiedere un prestito agli investitori per riacquistare i titoli Apple e pagare il dividendo agli azionisti. In genere, infatti, basta dire che è la Apple a lanciare dei bond per incuriosire chi opera in borsa. Questi iBond però, non devono essere considerati il simbolo della fine dell’azienda, infatti la solidità finanziaria del colosso di Cupertino non è in discussione.

Come farà a sopravvivere Apple

Deutsche Bank e Goldman Sachs si stanno occupando del collocamento del prestito e fino a questo momento hanno già raccolto richieste pari a 40 miliardi di dollari. L’obiettivo è raccogliere tra i 15 e i 18 miliardi di dollari.

Come farà a sopravvivere Apple

 Dalla morte di Steve Jobs in poi, il declino dell’azienda di Cupertino è stato praticamente “totale”. Adesso il nuovo management è costretto per la prima volta a fare i conti con un titolo che in borsa tende a non crescere. Per questo non sorprende che si cerchi affannosamente una soluzione. Nel tardo pomeriggio del 23 aprile, quindi appena qualche giorno fa, la Apple ha pubblicato i dati relativi al secondo trimestre fiscale ed ha annunciato di aver ricavi per 43,6 miliardi di dollari.

Apple pronta per le ultime novità

Questo risultato è stato al di sopra delle migliori attese degli analisti, però anche se può sembrare grandioso in un momento di crisi economica, in realtà copre la riduzione dell’utile netto che ha subito una flessione del 18 per cento. In pratica per la prima volta in 10 anni l’utile ha subito un calo sensibile e non è andato oltre i 9,5 miliardi di dollari.

Apple chiede aiuto agli executive

Lo scorso anno, tanto per fare un confronto, l’utile netto della Apple era di 11,6 miliari di dollari. I dati in questione, però, non hanno impensierito gli investitori e nemmeno gli azionisti perché finora le vendite dei dispositivi continuano a restare al di sopra della soglia di sicurezza.

In più per quanto riguarda l’ultimo trimestre, l’azienda di Cupertino annuncia di aver venduto 37,4 milioni di nuovi iPhone che sono 2,3 milioni in più rispetto al 2012. Lo smartphone della Mela morsicata continua a piacere.

Calano gli utili di Apple

La notizia che Apple potrebbe licenziare Tim Cook si poggia su solite fondamenta, visto come vanno le cose a Cupertino.

L’azienda macina utili, ma per la prima volta negli ultimi dieci anni della sua storia, l’utile netto è diminuito del 18%, a 9,5 miliardi di dollari. L’anno scorso si attestava intorno agli 11,6 miliardi.

La diminuzione degli utili non produce però una flessione dei guadagni, i quali si aggirano a 43,6 miliardi di dollari, in aumento dell’11% in confronto ai 39,2 miliardi di dollari dell’anno scorso.

Dati che paiono essere migliori rispetto alle attese degli esperti, i quali si aspettavano un utile di 9,97 dollari per azione e guadagni per 42,3 miliardi di dollari.

Dati che hanno fatto fare un passo in avanti al titolo nelle contrattazioni after hour a Wall Street di quasi il 5%.

Riacquisto delle proprie azioni

Oltre a ciò Apple ha dichiarato che riacquisterà azioni proprie per un totale di sessanta miliardi di dollari e aumenterà il dividendo del 15%, chiarendo che il piano di buyback sarà aumentato dagli attuali 10 miliardi a 60 miliardi di dollari. L’estate scorsa la compagnia aveva avviato il pagamento dei dividendi, cominciando riacquistare le proprie azioni.

Tim Cook, però, continua ad essere nel mirino per via dei risultati che continuano a deludere. La società non se la passa bene e titoli di Borsa soffrono di una forte pressione al ribasso.

Fiducia a Tim Cook?

Malgrado ciò, il Ceo di Cupertino ha affermato: “Siamo molto fortunati a essere nella posizione di poter raddoppiare l’ammontare del programma di ritorno del capitale annunciato lo scorso anno. Riteniamo che il riacquisto di nostre azioni si configuri come un buon modo per utilizzare il capitale”.

Basteranno queste frasi a calmierare le numerose critiche avanzate nei confronti di Cook?

 

Apple licenzia Tim Cook?

Apple starebbe pensando di licenziare colui che ha preso il posto di Steve Jobs, ovvero il nuovo amministratore delegato Tim Cook. Per ora, quelle che arrivano da Silicon Valley sono soltanto voci di corridoio, riportate da Forbes.

Forbes, nello specifico, fa riferimento a voci di corridoio molto vicine ai piani alti della azienda di Cupertino, California, derivanti da Wall Street. La decisione, anche se non c’è ancora nulla di ufficiale, potrebbe essere connessa al costante calo dei numeri della azienda creata dal genio di Steve Jobs.

I numeri in calo

Il gigante hi-tech, infatti, anche se nell’era Cook ha raggiunto il suo massimo storico in Borsa, toccando quota 702 dollari ad azione nel settembre 2012, da sei mesi sta crollando. Apple, piano piano, sta arrivando ai minimi di 390 dollari del 19 aprile. Per questo i vertici di Apple sarebbero pronti a sostituire l’amministratore delegato e rilanciare l’azienda. Prima di fare la fine di Hewlett-Packard e della catena di grandi magazzini JCPenney, fanno notare alcuni analisti menzionati da Forbes.

L’altro ostacolo che il gigante di Cupertino dovrà affrontare è la pubblicazione dei conti del secondo trimestre fiscale, attesa per domani, che potrebbe segnare il primo arresto alla crescita degli utili su base annua in oltre dieci anni. Un crollo connesso alle vendite in calo di iPhone e iPad e alla lotta con Samsung e Google.

Apple pronta per le ultime novità

 I tempi della crisi non sono finiti, anzi, gli Stati si stanno attrezzando per “sostenere” la debolezza economica sul lungo periodo. Gli stati come le aziende che cercano escamotage per non perdere competitività con i loro prodotti e per fare in modo che siano appetibili sul lungo periodo ad un gruppo di consumatori con sempre minore potere d’acquisto.

Apple chiede aiuto agli executive

La Apple ha intenzione di non lasciare nemmeno un punto percentuale di crescita sul terreno e da diversi mesi non fa che annunciare un iPhone economico. In realtà l’azienda di Cupertino non ha svelato le carte ma molti siti esperti delle strategie di Cupertino, parlano di “coincidenze” importanti.

Apple cede nel giorno in cui cresce Wall Street

Per esempio, il sito giapponese Macotakara ha ripreso il discorso sull’iPhone low cost, spendendo numerosi post sulle particolarità del prodotto: avrebbe uno chassis in policarbonato, sarebbe venduto ad un prezzo inferiore rispetto ai modelli ora in circolazione e potrebbe determinare uno slittamento nella presentazione dell’iPhone 5S.

Low cost, tanto per intenderci, vuol dire che il prodotto in questione sarà venduto a circa 330 dollari e avrà come obiettivo, quello di scardinare la concorrenza rappresentata dai prodotti che sfruttano il sistema operativo Android oppure Windows Phone.

I margini lordi dell’azienda dovrebbero così tenere il passo, senza sprofondare nella crisi, con un interessante tenuta del titolo di Cupertino che da poco ha provato a sensibilizzare i suoi manager sulla gestione finanziaria dell’azienda.

Apple chiede aiuto agli executive

 La gestione finanziaria di un’azienda è tanto importante quanto la gestione del ciclo di produzione, per questo Apple ha deciso di sensibilizzare il management pubblicando delle linee guida. In sostanza si chiede ai manager di tenere un tot di azioni Apple, commisurato allo stipendio percepito e per un minimo di 5 anni.

Apple pronta per le ultime novità

Le linee guida per il management sono entrate in vigore il 6 febbraio scorso e prevedono nel dettaglio che gli executive conservino per cinque anni le azioni di Cupertino per un valore pari a 3 volte il loro stipendio di base. L’unica eccezione possibile si fa per l’amministratore delegato, Tim Cook.

Apple cede nel giorno in cui cresce Wall Street

A lui è chiesto di tenere azioni per 10 volte il valore del suo stipendio di base, aumentato del 50% fino a 1,36 milioni di dollari, e per un numero di anni non inferiore a 10. Queste linee guida hanno il chiaro obiettivo di sensibilizzare il management di Cupertino riguardo la parte finanziaria dell’azienda, la gestione del patrimonio azionario e via dicendo.

La proposta era già stata fatta durante il meeting annuale degli azionisti, ma in prima battuta la proposta era stata bocciata. A far passare  le linee guida ci hanno poi pensato gli investitori istituzionali.

In pratica, preoccupati dell’andamento del titolo Apple, investitori come il Calpers, avevano promosso le linee guida protettive del titolo della Mela morsicata.

Apple paga 100 milioni di dollari per i Puffi

 Si è conclusa con un patteggiamento la causa intentata contro la Apple nel 2011 da cinque genitori californiani. I genitori in questione hanno portato in tribunale la casa di Cupertino a causa delle applicazioni freemium, ossia delle applicazioni scaricabili gratuitamente sull’iPhone e che non richiedono alcun inserimento di codici o pin per upgrade a pagamento.

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La colpa di Apple è stata di non aver adeguatamente informato i consumatori i quali, in alcuni casi, si sono trovati addebitate anche alcune migliaia di dollari sui loro conto correnti. L’app che ha creato maggiori problemi è una delle più diffuse anche da noi, il gioco Smurfs’ Village (i Puffi). Questo gioco, infatti, è scaricabile gratuitamente ma gli ulteriori upgrade, come l’acquisto delle “puffbacche“, sono a pagamento.

I ragazzi le hanno comprate senza dover inserire il codice della carta di credito di mamma o papà che poi si sono trovate addebitate le operazioni.

La proposta di patteggiamento fatta da Cupertino -un rimborso delle spese in buoni da spendere nei negozi Apple, ma solo per importi superiori ai trenta dollari– ha convinto gli accusanti che hanno accettato le condizioni. Si è stimato che gli utenti coinvolti nell’affare siano oltre venti milioni e la chiusura della causa potrebbe costare ad Apple la bellezza di 100 milioni di dollari.

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Ma on è così semplice ricevere il rimborso: Apple contatterà gli utenti coinvolti che dovranno dimostrare che l’acquisto è avvenuto incautamente ad opera di minori.

L’iPhone low cost esiste già?

 Tim Cook, amministratore delegato di Apple, è intervenuto alla Goldman Sachs Technology and Internet Conference e ha finalmente svelato il mistero del tanto chiacchierato iPhone low cost. 

► Novità dal mercato degli smartphone

La sua è stata una dichiarazione a sorpresa che ha lasciato i presenti sgomenti: nessun iPhone low cost sarà immesso nel mercato, perché esiste già ed è già possibile acquistarlo. Si tratta dell’iPhone 4 e dell’iPhone 4S.

Il perché è presto spiegato. Dopo il lancio dell’iPhone 5 i due modelli precedenti sono stati immediatamente deprezzati e sarebbero quindi divenuti i tanto attesi melfonini low cost. In effetti, credere che la casa di Cupertino avrebbe potuto ripiegare sul mercato del low cost era piuttosto difficile.

La Apple, fin dal lancio del suo primo prodotto, si è sempre distinta dalle concorrenti proprio per la qualità e l’esclusività dei suoi prodotti, caratteristiche che sono state e rimangono il tratto distintivo della casa della Mela. Un iPhone low cost potrebbe sì portare a un maggior guadagno, ma allo stesso tempo sarebbe anche un grave danno di immagine della Apple.

► Crollo vendite iPhone 5

A ben guardare, poi, un melafonino low cost potrebbe anche non essere così redditizio. La concorrenza su questo settore di mercato, infatti, è molto agguerrita (basta pensare alla diversificata offerta dei device Android) e, quindi, il prezzo degli iPhone, per essere davvero competitivo, dovrebbe scendere talmente tanto da assottigliare in maniera significativa i possibili guadagni.

In altre parole, si tratta di un’operazione che non porterebbe a nessun vantaggio per la casa di Cupertino.