Google costretta alla liberalizzazione dei brevetti

 Giungono così al termine i due anni di indagine avviati dalla Federal trade commission (Ftc) – l’Antitrust americano – arrivando ad un intesa con il colosso dell’informatica di Mountain View. Google non avrà più l’esclusiva per alcuni brevetti ritenuti essenziali per apparecchi telefonici di società rivali (‘iPhone e iPad della Apple, BlackBerry di Research in Motion e tutti gli smartphone che utilizzano i software Windows di Microsoft).

Una decisione storica, che toglie a Big G molto del suo primato, rendendo la vita più facile alle aziende concorrenti. Google, infatti, non potrà più neanche fare ingiunzioni in tribunale sulla questione.

 

E’ una buona notizia anche per gli inserzionisti pubblicitari, che avranno un maggiore flessibilità per le loro campagne. Ad esempio, Google ha deciso di rimuovere tutte le restrizioni di AdWords, uno dei suoi più potenti strumenti, in modo da dare agli inserzionisti la possibilità di controllare l’andamento e i risultati delle loro campagne e confrontarle con quelle fatte su alte piattaforme.

L’intesa raggiunta da Google con la Federal trade commission chiude così un capitolo di trattative lungo due anni, che ha riguardato l’operato del colosso di Mountain View in tutto il mondo e ripristina, almeno nell’opinione dell’Antitrust americano, la libera concorrenza nel mercato dell’informatica mondiale, in quanto l’accordo ha valore in tutto il mondo.

Pompe “bianche” e GDO per rompere l’oligopolio dei carburanti

 Il prezzo dei carburanti aumenta costantemente e anche per il 2013 sono stati previsti dei nuovi aumenti a causa del prezzo elevato con cui questo bene viene scambiato nelle piazze internazionali. Prezzi sempre più alti che mettono in difficoltà i consumatori.

Ma la possibilità di risparmiare c’è, facendo rifornimento alle pompe bianche, cioè a quelle che non hanno nessun marchio che sono intorno alle 2000 sul territorio, o a quelle della Grande Distribuzione (86 punti vendita), che mettono a disposizione il carburante a prezzi molto più bassi, fino a 13 centesimi al litro. Per questo l’Antitrust ha avviato un’indagine per capire come rafforzare i meccanismi della libera concorrenza anche in questo mercato che da sempre è governato da un regime di oligopolio.

Sono due le compagnie petrolifere che hanno le quote di mercato più ampie e sono più efficienti (Eni ed Esso) e proprio su queste due, insieme alle altre cinque di maggior rilievo – 22.000 punti vendita sul territorio nazionale – si è concentrata l’attenzione del garante del mercato che ha evidenziato come la loro presenza sul mercato potrebbe essere nata da un accordo collusivo tra i diversi operatori teso a eliminare la concorrenza. Nella pratica non sono state trovate delle prove a sostegno di questa tesi, ma l’Antitrust chiede che siano emesse delle leggi più chiare ed efficaci per combattere questo regime di oligopolio.

Per ora la situazione italiana in merito al prezzo di vendita dei carburanti si presenta piuttosto diversificata in base alle zone di riferimento –  Sud con prezzi sempre più elevati, Nord Est ed il Nord Ovest con i prezzi più bassi e il Centro con prezzi intermedi – ma la situazione cambia se si prendono in considerazione i prezzi applicati dai singoli operatori presenti sul mercato: le pompe della Grande Distribuzione sono quelle che riescono a fare i prezzi più bassi solo se hanno il marchio esclusivamente il marchio del distributore, mentre se sono in co-branding hanno maggiori difficoltà a mantenere i prezzi bassi.

I distributori più economici, comunque, sono le pompe bianche, che riescono a praticare prezzi più bassi di almeno due centesimi per litro rispetto alla Grande Distribuzione. Il problema, però, di questi operatori, è la scarsa presenza sul territorio, che rende impossibile una situazione di concorrenza.

L’Antitrust evidenzia anche che la situazione potrebbe cambiare già nel breve termine, con alcuni operatori che non saranno più concorrenziali e usciranno dal mercato, mail processo è ancora lungo e, per giungere ad una situazione in cui i distributori di carburanti si contendano il mercato in regime di concorrenza reale, e non più di oligopolio, è necessario affrontare i seguenti step:

agevolare lo sviluppo di operatori indipendenti efficienti;
– per la grande distribuzione preferire il modello di vendita con il solo marchio dell’operatore e non il co-branding:
– incentivare lo sviluppo di infrastrutture logistiche e di raffinazione coerenti con una presenza uniforme sul territorio delle cosiddette pompe bianche:
ampliare i controlli sui distributori con la creazione di una banca dati dei prezzi praticati da ogni singolo distributore, che servirebbe anche per aumentare la percezione, da parte dei consumatori, di una reale opportunità di scelta tra prezzi diversificati;
– cercare maggiore spazio per le pompe bianche con lo sfruttamento del mercato all’ingrosso dei prodotti petroliferi liquidi;
– creare delle misure che favoriscano l’ingresso degli operatori indipendenti nel mercato dei carburanti per migliorare le condizioni di accesso ai servizi di stoccaggio e mantenere costante il grado di liquidità del mercato all’ingrosso dei prodotti petroliferi.

Con l’accordo tra Wall Street e l’ICe nascerà la prima Borsa mondiale

 La prima proposta dell’ICE (Intercontinental Exchange) per l’acquisto di Nyse Euronext è stato nel 2011, con un’offerta di 11,1 miliardi di dollari, ma l’accordo non fu raggiunto. La nuova proposta, invece, anche se più bassa – l’offerta per l’acquisto è di 8,2 miliardi di dollari – ha incontrato il favore di Wall Street.

Per ora si è giunti solo al consenso dei due consigli di amministrazione e il risultato finale dell’operazione si avrà solo entro la metà del 2013, se anche le autorità di regolamentazione dei mercati finanziari dell’Europa e degli Stati Uniti daranno il loro assenso. Nell’accordo si prevede il pagamento degli 8,2 miliardi di dollari per l’acquisto in contanti e in azioni della nuova società, di cui il 36% saranno date agli azionisti del Nyse.

Dal canto suo, l’ICE promette che sarà preservato il marchio Nyse Euronext e che la sede di Wall Street rimarrà quella tradizionale, come anche sarà mantenuto l’assetto dei vertici societari.

La vendita va a tutto vantaggio dell’ICE che, essendo specializzata nel trading di energia e commodity, con il controllo di Nyse può entrare nel mercato dei future di Londra, eliminando, di fatto, ogni possibili concorrenza.

Per questo si attende con trepidazione il giudizio delle varia autorità di vigilanza che, già nel 2011, furono contrarie alla fusione (all’epoca l’ICE si era alleata con il Nasdaq) proprio per il problema della tutela dell concorrenza sui mercati mondiali.

Multa pesante per il cartello delle TV

 Sono sei in totale i gruppi multinazionali entrati nel mirino della Commissione Europea, che saranno costretti a pagare 1,47 miliardi complessivi di multa per aver organizzato dei cartelli sulla produzione e la vendita di schermi televisivi e di tubi catodici.

I multati sono Chunghwa, Lg Electronics, Philips e Samsung, colpevoli di aver preso parte ad entrambe le imprese illegali e Panasonic, Toshiba, Mtpd e Technicolor, che invece sarebbero state coinvolte solo nell’affare sui tubi catodici.

Questi cartelli per i tubi sono cartelli da manuale: rappresentano tutte le peggiori caratteristiche di comportamento anticoncorrenziale che sono strettamente vietate alle compagnie che operano in Europa.Queste le parole di Joaquin Almunia, commissario Ue alla Concorrenza, che ha rilevato un’attività illegale nel periodo tra il il 1996 e il 2006, durante il quale le multinazionali citate avrebbero operato a diversi livelli per  fissare i prezzi, dividersi il mercato su scala mondiale, ripartire i clienti e limitare la produzione.Chunghwa è l’unica multinazionale ad esserne uscita indenne, in quanto è proprio grazie a lei che si è arrivati a questa conclusione. Per le altre aziende coinvolte l’esborso sarà, nel dettaglio, di 150,842 milioni per Samsung, 313,356 milioni per Philips, 295,597 milioni per LG, 38,631 milioni, per Technicolor e 157,478 milioni per Panasonic,

 

Assicurazioni nel mirino dell’Antitrust

 Generali, Ina, Fondiaria SaiUnipol. Questi i nomi delle compagnie assicurative che, secondo l’Antitrust, avrebbero concordato un’intesa restrittiva della concorrenza per le coperture Rc Auto del trasporto pubblico locale di diverse città.

L’istruttoria è iniziata il 14 novembre, dopo che diverse segnalazione e le successive indagini eseguite, hanno mostrato uno strano andamento delle gare per l’attribuzione dei servizi di trasporto pubblico.

Le gare pubbliche continuano ad essere disertate e l’aggiudicazione del servizio, in più di un’occasione, è avvenuto per trattativa privata, sempre alle stesse compagnie e , quindi, con un conseguente aumento, anche piuttosto sostanzioso, del premio annuo. Secondo l’Antitrust questa situazione si ripete, con ciclicità, almeno dal 2005.

Tra le aziende di trasporto pubblico coinvolte nella vicenda ci sono: Amtab Bari, Cstp Salerno, Aps Padova, Autoservizi Irpini Avellino, Società Trasporti Pubblici di Terra d’Otranto, Ctp Napoli, Gtt Torino e Amt Catania.

In totale, si hanno 35 procedure di affidamento disertate e almeno ulteriori 10 affidamenti per i quali l’unica offerta pervenuta proveniva dalla compagnia già erogatrice del servizio. Questo vuol dire che il confronto tra le varie compagnie non è stato assicurato, come prevedono le leggi della concorrenza , e si tratta di elementi che dimostrano un coordinamento tra le quattro società.