Crisi Regioni, chi ha pagato di più?

L’Italia ha faticosamente rialzato la china durante lo scorso anno. Nel 2015 infatti il Pil è tornato in positivo e la disoccupazione in rientro dopo sette anni, ma i lunghi anni della crisi hanno lasciato la loro pesante traccia nel Paese e nelle tasche dei cittadini.

Eurozona, ulteriore crescita

L’Eurozona cresce maggiormente rispetto alle aspettative. Il merito è da ascrivere al calo del prezzo del petrolio e agli stimoli monetari sostenuti dalla Bce con il Quantitative Easing.

Per vivere bene l’amore conta più dei soldi

Per vivere bene l’amore conta più dei soldi. Le relazioni personali supportano il livello di felicità degli italiani, mentre le tasche vuote suscitano più di una preoccupazione.

Eurostat: il meridione d’Italia è la regione più povera d’Europa

Arriva il primo rapporto Eurostat relativo al prodotto interno lordo pro capite delle regioni europee: lo studio è stato portato avanti con la nuova metodologia di calcolo della ricchezza che tiene in maggiore considerazione gli investimenti in ricerca e altre variabili economiche.

Eurostat: migliorano le vendite al dettaglio

A seguito di mesi difficili, in Europa le vendite al dettaglio fanno registrare un lieve progresso. Il dato, fornito dall’Eurostat, è positivo dopo luglio, periodo in cui il commercio mandava segnali preoccupanti.

Per Eurostat deficit migliora e debito peggiora

 I dati di Eurostat, l’Istituto statistico dell’Unione europea, mostrano una situazione in Europa caratterizzata da meno deficit e dall’aumento del debito pubblico. Nello scorso anno, il deficit è sceso sia nel blocco della zona euro a 18 nazioni sia nell’Ue. Il deficit nell’Eurozona è sceso al 3% lo scorso anno dal 3,7% del 2012. Nell’Ue è invece sceso lo scorso anno al 3,3% dal 3,9% del 2012.

In crescita  il debito pubblico. Nei Paesi della zona euro è passato dal 90,7% del 2012 al 92,6% dello scorso anno. Nei Paesi dell’Ue è passato invece dall’85,2% del 2012 all’87,1% dello scorso anno.

 

► La deflazione, il vero pericolo per i Paesi dell’Europa

 

I dati di Eurostat, dopo la prima notifica del 2014 dei governi, mostrano che per quanto concerne il deficit il Lussemburgo è in surplus a +0,1%. Il deficit più ampio si ha in Slovenia che è a -14,7%. per ciò che riguarda il debito pubblico, il più alto è in Grecia dove è al 175,1% mentre il più basso è in Estonia che è al 10%.

I dati di Eurostat sono quindi sia un motivo di ottimismo, con riferimento al deficit, sia di preoccupazione, relativamente al debito pubblico. L’Europa deve fare i conti sia con i sacrifici per rispettare i parametri in rapporto al deficit, sia con il problema dell’inflazione che si mantiene bassa anche se ancora non si parla di rischio di deflazione. La Banca centrale europea (Bce) monitora comunque la situazione e ha confermato attraverso il presidente Mario Draghi di essere pronta a intervenire con misure non convenzionali per sostenere l’economia e fare aumentare l’inflazione più vicino all’obiettivo del 2%.

Il costo del lavoro italiano in media Eurozona

 Secondo l’Ufficio Statistico Europeo (EUROSTAT) il costo del lavoro in Italia rientra pienamente nella media europea. L’anno scorso, il costo orario del lavoro, in ambito Eurozona, è stato pari a 28 euro contro i 23,4 euro per l’intera Unione Europea. Il costo orario del lavoro italiano, che lo scorso anno è stato di 28,1 euro (contro i 27,6 del 2012), si allinea perfettamente con quello dell’ ’Eurozona.

In altri Paesi dell’Unione il costo del lavoro risulta molto superiore alla media: la classifica vede al primo posto la Svezia (40,1 euro/ora), seguita da Danimarca (38,4), Belgio (38,0), Lussemburgo (35,7), Francia (34,3), Olanda (33,2),Germania(31,3). Il Paese europeo in cui il costo del lavoro è più elevato è la Norvegia (48,5 euro/ora) che non fa parte dell’Unione Europea.

 

Grazie alle semplificazioni, più facile ingresso nel mondo del lavoro

 

Su queste quotazioni incidono però in maniera variabile gli oneri sociali. In Italia la percentuale è stata del 28,1% nel 2013, superiore di alcuni punti rispetto alla media del 25,9% registrata in Eurozona e a quella del 23,7% dell’Unione Europea. La media italiana di incidenza degli oneri sociali sul salario è tra le più elevate, ma è preceduta dalle percentuali di Svezia (33,3), Francia (32,4) e Lituania (28,5). Seguono il Belgio e la Slovacchia (27,4), la Repubblica Ceca (26,8), l’Estonia e l’Austria (26,7), la Spagna (26,2) e l’Olanda (24,7).

Più in generale,dai dati Eurostat emerge, al di là delle medie, la realtà di grandi differenze di costo orario del lavoro fra le diverse macroaree del continente. Si parte da un costo orario del lavoro di 3,7 euro in Bulgaria fino ai 40,1 della già citata Svezia. Notevoli sopratutto le distanze tra i salari medi dei Paesi “forti” dell’Europa e quelli dell’Est: Estonia (9 euro/ora), Polonia (7,6), Ungheria (7,4), Croazia (8,8), Lettonia e Lituania (6,2), Romania (4,6).

Pil Eurozona in ripresa e meglio anche i consumi

 L’economia dell’ Eurozona è in lenta ma costante ripresa. La conferma del trend positivo è attestata dai dati diffusi da Eurostat, in base ai quali negli ultimi tre mesi dello scorso anno il Prodotto interno lordo (Pil) nell’area dell’euro è cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e dello 0,5% sullo stesso periodo del 2012. Segnali ancor più incoraggianti vengono dal complessivo dei paesi membri dell’Unione Europea: l’economia ha infatti registrato migliori risultati nella misura dello 0,4% rispetto al periodo giugno-settembre e dell’1,1% rispetto all’anno precedente.

Gli indici di Eurostat confermano anche per l’ Italia la medesima tendenza alla crescita, con valori pari ad un +0,1% congiunturale e ad un -0,8% tendenziale.

 

La ripresa in Europa con la Bce che aspetta un consolidamento

 

Sulla base dell’intero 2013, tuttavia, il dato resta negativo nell’ambito di Eurozona (-0,5%) mentre risale su numeri positivi nella UE a 28 paesi (+0,1%). Per quanto riguarda il Pil vanno segnalati i valori negativi di Cipro (-1%), Danimarca (-0,5%), Finlandia (-0,3%) ed Estonia (-0,1%) ed il miglior risultato (+1,7%) conseguito dalla Svezia.

In questo quadro tendenzialmente incoraggiante, il trend verso la ripresa viene confermato anche dai dati sulle vendite al dettaglio nel mese di gennaio 2014. Nell’Eurozona infatti esse sono cresciute dell’1,6% rispetto a dicembre, quando avevano fatto registrare il segno negativo di 1,3%. Nell’Unione Europea la progressione si è collocata a +0,9% dopo un calo dello 0,7%. Il segno positivo si evidenzia anche nel confronto con l’anno precedente: +1,3% e +1,9%.

Sul fronte dei consumi, i maggiori incrementi su base annua si evidenziano in paesi com il Lussemburgo (+12,2%), l’Estonia (8%) e il Portogallo (6,6%). Valori negativi invece per la Danimarca e Malta, entrambe a -0,7%.

Segno più per il turismo europeo e Italia in calo

 In (quasi) tutta Europa il business del turismo è attestato stabile. Secondo i dati diffusi da Eurostat, l’ente europeo di statistica, nel 2013 il turismo nell’ambito dei paesi membri dell’Unione ha segnato una crescita dell’1,6% rispetto ai dodici mesi precedenti. In termini assoluti i pernottamenti turistici sono stati 2,6 miliardi.

Dopo la repentina diminuzione dei flussi turistici dovuta all’effetto 11 settembre, la crescita del comparto ha registrato in Europa una lunga serie positiva, interrotta solo nel 2008 e nel 2009 dall’esordio della crisi finanziaria.

 

Il turismo italiano verso l’uscita dalla crisi economica

 

Tra gli stati membri dell’Unione, la Francia si colloca al vertice, con un record assoluto di pernottamenti pari a 405 milioni di notti, ed un incremento dell’ +1,1% rispetto al 2012.

Il trend positivo vale anche per la Spagna che, con un incremento dell’1% sul 2012, ha cumulato 387 milioni di pernottamenti.

Tra le nazioni che hanno registrato ottimi incrementi percentuali nel numero di turisti ospitati spicca la Grecia con un +11,7%, seguita dalle performance di Malta (+7,8%), Lettonia (+7,3%), Regno Unito (+6,5%), Bulgaria (+6,2%), Slovacchia (+5,5%) ed Ungheria (+5%).

In controtendenza rispetto all’andamento generale vanno i numeri registrati dall’Italia, che segnalano un calo di presenze del 4,6% per un totale di 363 milioni di pernottamenti. L’Italia non è comunque l’unico Paese a dovere registrare un decremento dei soggiorni: lo stesso fenomeno ha interessato Cipro (-3,7%), Repubblica Ceca (-1,2%), Finlandia (-0,7%) e Belgio (-0,5%). Certo per il nostro Paese il dato fa più specie vista la vocazione turistica e la bellezza consciuta in tutto il mondo che dovrebbe attirare sempre più persone.

Italia, Francia e Spagna, insieme alla Germania e al Regno Unito, hanno catalizzato complessivamente il 70% del numero totale di notti trascorse nelle strutture alberghiere dell’Europa dei 28.

Ue, il debito pubblico cala al 92,7%

 Nel terzo trimestre del 2013, il debito pubblico medio dei Paesi dell’Eurozona è diminuito rispetto ai tre mesi precedenti, e si è attestato  al 92,7% del Pil.

Alla fine di giugno del 2013 infatti, il debito era fissato a quota 93,4%. In termini meramente percentuali si tratta di un calo di 0,7 punti, ma è assai più significativo il fatto che questo è il primo ribasso che si registra a partire dalla fine del 2007.

In valori assoluti, rileva Eurostat, ciò implica una diminuzione del debito da 8.875,107 a 8.841,823 miliardi.

Tuttavia, sempre rispetto al terzo trimestre del 2012, il debito pubblico relativo ai 17 paesi della moneta unica è aumentato, sia in termini di valore assoluto (ammontava a 8.529,324 miliardi) sia in termini di punti percentuali sul Pil (era del 90,0%).

 

Nuovo record del debito pubblico

 

Sulla formazione del debito pubblico incidono i prestiti intergovernativi erogati principalmente a Grecia, Portogallo e Irlanda, che da soli gravano per il 2,4% del Pil, corrispondenti a 224,686 miliardi. Anche questi dati si segnalano in crescita sia rispetto ai dati del trimestre precedente (2,3%, 221,079 miliardi) sia a rispetto quelli del terzo trimestre 2012 (1,7%, 158,483 miliardi).

Per quanto riguarda l’Unione Europea dei 28 , invece, il debito pubblico è salito ancora raggiungendo il valore di 11.310,458 miliardi di euro, pari all’86,8% del Pil. Nel trimestre precedente erano 11.282,059 miliardi (86,7% del Pil) e nello stesso periodo del 2012 erano 10.959,398 miliardi (84,9% del Pil).

Il debito pubblico italiano rimane ancora il più alto, in termini percentuali, fra i Paesi dell’intera Unione , ma è comunque diminuito di 0,4 punti nel terzo trimestre 2013 (132,9%) rispetto al trimestre precedente (133,3%): si tratta della prima flessione a partire dal terzo trimestre del 2011.