Confindustria critica duramente l’operato del governo tecnico

 Si è consumato in diretta radio il duello tra Vincenzo Boccia, vicepresidente di Confindustria e il ministro uscente del welfare Elsa Fornero, che ha preso le parti sia del suo operato su pensioni e mercato del lavoro che quello di tutto il resto dei suoi colleghi.

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Confindustria, dalla voce di Boccia, fa sapere che le condizioni del paese sono peggiorate rispetto al 2011, anno in cui il governo tecnico di Mario Monti è stato chiamato a rimettere in sesto la disastrosa situazione.

Lo stato dell’economia reale è molto peggio di quel novembre e proprio per questo occorre una grande consapevolezza e la corresponsabilità di tutti di prendere consapevolezza di un’emergenza economica che il Paese vive da troppo tempo.

Questo è il pensiero di Confindustria, secondo la quale l’Italia sarebbe in una economia di guerra con il reddito procapite che è arrivato ai livelli del 1996. I problemi sono sotto gli occhi di tutti e Boccia chiede al governo di prendersene carico subito evitando soprattutto di peggiorare la situazione con delle nuove elezioni.

Immediata e durissima la reazione di Elsa Fornero che difende strenuamente ciò che ha fatto:

Il governo Monti è arrivato con la prospettiva realistica, cioè con l’alta probabilità di una crisi finanziaria e il compito che gli era stato dato era di allontanare questa prospettiva tragica: questo il governo ha fatto. Siamo stati accusati di essere un governo di austerità: mi ci riconosco in una riforma delle pensioni che è stata severa, ma voglio difendere la riforma del lavoro che guarda al futuro e crea le premesse perché si possa parlare di ripresa.

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Quindi, in sostanza, il ministro dice di aver fatto, e con lei anche tutti gli altri, quello che si poteva fare in un paese ormai al limite del fallimento, e ribadisce anche che il problema degli esodati non è dipeso dalla sua riforma, ma da una mancanza di conoscenza della situazione reale del paese da parte del governo precedente dell’ammontare degli accordi aziendali stipulati.

Come cambia la pensione anticipata con la Riforma Fornero

 All’inizio del 2013 è entrata in vigore la riforma del sistema delle pensioni italiane. Una riforma strutturale molto importante, voluta del ministro del welfare uscente  Elsa Fornero, che ha creato molte polemiche e diversi problemi, soprattutto per coloro che erano in procinto di accedere alla pensione, che si sono visti all’improvviso allungare i requisiti contributivi necessari per ottenere la pensione.

► Vantaggi e svantaggi della totalizzazione nazionale della contribuzione

La riforma ha abolito, infatti, i vecchi requisiti di accesso alla pensione in favore di tempi di contribuzione più lunghi e di un adeguamento del requisito di età rapportato alla speranza di vita. Un calcolo, quello per accedere alla pensione, che diventa sempre più complesso, soprattutto per quanto riguarda le pensioni di anzianità che, con la riforma, si sono trasformate in pensioni anticipate,

Prima della riforma Fornero per ottenere la pensione di anzianità erano necessari 60-62 anni di età e 35-37 anni di contribuzione in base alle diverse categorie lavorative, adesso, invece, i requisiti sono molto più stretti.

I nuovi requisiti per accedere alla pensione anticipata (ex pensione di anzianità)

Per accedere alla pensione anticipata agli uomini saranno necessari almeno 42 anni e 5 mesi di carriera (per il 2013, nel 2014, per effetto dell’adeguamento alla speranza di vita, si sale a 42 anni e 6 mesi), stessa situazione per le donne che per ottenere l’assegno INPS di trattamento di anzianità dovranno raggiungere per il 2013 41 anni e 5 mesi di contribuzione e 41 anni e 6 mesi nel 2014.

Obbligatorietà del requisito anagrafico

Ulteriore cambiamento è quello che prevede, da qui a cinque anni, anche l’obbligatorietà del requisito anagrafico che è stato fissato a 62 anni. Al momento il regime è transitorio -si arriverà all’obbligatorietà gradualmente- ma, per chi volesse andare in pensione senza aver raggiunto i 62 anni, ci sarà un taglio dell’assegno pari all’1% del totale per ogni anno di età inferiore ai 62 anni, che diviene del 2% per tutti gli anni sotto alla soglia dei 60.

Questo, però, solo a partire dal 2017. Prima di quella data chi raggiunge il requisito contributivo non subirà alcun taglio dell’assegno, ma avrà delle limitazioni per quanto riguarda i periodi contributivi effettivamente conteggiati.

► Reintroduzione della pensione con 15 anni di contributi

Le donne in pensione a 57 anni

Fino alla fine del 2015 le donne possono accedere alla pensione anticipata con 57 anni di età e 35 anni di contributi, ma, chi fa questa scelta, avrà un assegno pensionistico più basso.

Infatti, l’assegno viene calcolato solo con il metodo contributivo, ossia in base ai contributi versati e non in base alla retribuzione percepita, con una decurtazione dell’assegno che può arrivare anche fino al 50% rispetto agli ultimi stipendi percepiti.

Incentivo per i datori di lavoro che assumono i licenziati delle PMI

 Il Ministro Elsa Fornero ha deciso di chiudere il suo mandato con un decreto che, anche se non apporta significativi cambiamenti alla disastrosa situazione lavorativa in cui versa l’Italia, può essere comunque uno stimolo per dare nuova speranza a chi ha perso il lavoro negli ultimi mesi.

Nello specifico il decreto voluto dal Ministro si rivolge ai datori di lavoro che vorranno assumere i licenziati delle Piccole e Medie Imprese per giustificato motivo oggettivo (GMO). Per giustificato motivo oggettivo si intende un licenziamento dovuto a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro.

Questi lavoratori, a patto che siano stati licenziati nei dodici mesi precedenti l’assunzione porteranno a chi li assume un incentivo di 190 euro in forma capitaria (cifra fissa mensile, riproporzionata per le assunzioni a tempo parziale), valido sia in caso di assunzione full time o part time, con contratto a tempo determinato o indeterminato.

L’incentivo sarà versato per tutto l’arco del durata del rapporto di lavoro, per un massimo di 12 mesi in caso di assunzione a tempo indeterminato e per un massimo di 6 per contratti a tempo determinato.

Le risorse stanziate per l’erogazione dell’incentivo -gestita dall’Inps con procedura informatizzata e automatica fino a capienza delle risorse stanziate- sono pari a 20 milioni di euro.

 

Ue contro la riforma del lavoro: è discriminante verso i precari

 La riforma del lavoro del ministro Fornero non smette di far discutere. Dopo le tante critiche arrivata in casa, arrivano anche quelle dell’Unione Europea, che accusa il ministro del Welfare di aver creato delle discriminazioni per i precari.
Ancora problemi per la copertura degli esodati

Nello specifico, la Commissione dell’UE prende di petto la questione sindacale: stando a quanto approntato dalla riforma, infatti,  i lavoratori a termine non vengono considerati nel calcolo dei dipendenti complessivi di un’azienda ai fini della creazione di una rappresentanza sindacale, computo in cui rientrano solo i dipendenti aziendali per un periodo maggiore di nove mesi. Questo non è un problema che tocca solo coloro che non rientrano nella garanzia -i precari- ma anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato che vedono, con questa esclusione, assottigliarsi le possibilità di stabilire una rappresentanza sindacale nelle aziende che non raggiungono il numero minimo fissato per legge.

10 cose da sapere sulla riforma del lavoro

Quindi, per la Commissione, la riforma non è in linea con quanto legiferato dall’Unione europea per le garanzie sindacali dei lavoratori precari. Una situazione, questa, che non è da attribuire solo alla riforma della Fornero, ma a lacune legislative pregresse che la riforma in questione non è riuscita a sanare.

Per domani si attende, stando a quanto rivelano le fonti, l’invio di un parere motivato contro l’Italia per la non corretta applicazione della direttiva Ue del 1999 che regola i diritti dei lavoratori a termine.

Ancora polemiche sulla copertura per gli esodati

 Una doccia fredda quella che si è abbattuta sul Ministro del Welafre Elsa Fornero, che, dopo aver annunciato che il problema degli esodati sta per essere completamente risolto, con le prime lettere di salvaguardia che garantiranno per 65 mila persone e con le successive che andranno a coprire altri 55 mila esodati, si trova a dover rifare i conti.

Scadenze per la copertura degli esodati per aziende e lavoratori

La faccenda, come spesso accade in Italia, è parecchio intricata e le varie forze in campo sembrano fare a scarica barile. Per l’Inps, nonostante le coperture garantite fono ad ora dal governo, rimarranno fuori dalla garanzia altre 150 mila persone, la stessa quantità, quindi, di quelle per cui sono state previste le misure del ministero.

A lanciare la bomba è stato Pier Luigi Bersani che, durante il collegio elettorale di Lazio 1, ha chiaramente fatto riferimento ai dati dell’Inps sulla mancanza di coperture. Ed ecco che scoppia il caso.

► Trovati i fondi per gli esodati

Già diverse fonti avevano parlato del problema, ma il ministro Fornero sembra non saperne nulla e, per qualsiasi chiarimento, rimanda all’Inps. Pronta la risposta dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, che, in una lettera indirizzata allo stesso ministro del Welfare chiarisce:

L’istituto non ha effettuato ulteriori elaborazioni statistiche sulla vicenda che non siano quelle già note ai competenti uffici del ministero del Lavoro e del ministero dell’Economia.

Innegabile, quindi, che la copertura degli esoadati, e il mercato del lavoro in generale, sarà uno degli argomenti su cui verteranno gran parte delle campagne elettorali. Primo tra tutti ad approfittarne sarà proprio Bersani.

Nessun cambiamento per le pensioni di invalidità

 La Circolare n. 149 del 28 dicembre 2012 rilasciata dall’Inps parlava molto chiaro: a partire da quest’anno il reddito per l’ottenimento della pensione di invalidità per gli invalidi civili al 100% sarebbe stato calcolato sul totale di quello famigliare e non più, come succedeva prima, sul reddito del singolo richiedente.

Cambiamenti pensioni di invalidità: è polemica

Appena la notizia si è diffusa si è scatenata una grande polemica, sia da parte dei diretti interessati che da parte dei sindacati, che ha portato all’apertura di un’istruttoria da parte del Ministero del Welfare.

Ora è arrivata la risposta del Direttore Generale dell’INPS, Mario Nori, che in una nota ha fatto sapere che

la liquidazione dell’assegno ordinario mensile di invalidità civile parziale, sia per la pensione di inabilità civile si continuerà a far riferimento al reddito personale dell’invalido.

Fornero blocca circolare Inps su pensioni invalidità

Dietrofront, quindi, da parte dell’Istituto di Previdenza sociale che ha ritenuto opportuno tornare al vecchio sistema di assegnazione, quindi il limite dei 16.127,30 euro annui rimarrà riferito solo al reddito del richiedente. 

La CGIL, il più grande sindacato nazionale, ha espresso molta soddisfazione per questa decisione, ritenuta fin dall’inizio vessatoria e iniqua nei confronti dei disabili, anche se dal Ministero fanno sapere che la questione non è completamente risolta e la circolare dell’INPS ha posto l’attenzione su un problema che deve essere comunque risolto in sede legislativa e che ricadrà inevitabilmente sul prossimo esecutivo che si troverà al governo.

 

 

Sondaggio Adecco su riforma del lavoro

 La tanto chiacchierata riforma Fornero è entrata in vigore con l’inizio del 2013 e a breve si potranno vedere i primi effetti. Sicuramente avrà un grande impatto, sia a livello economico che sociale, del quale le imprese italiane sembrano già essere molto coscienti.

Questo, almeno, è quanto emerge dal sondaggio realizzato da Adecco, azienda leader nella gestione delle risorse umane, che ha intervistato un campione di 120 imprese e 2.300 lavoratori o aspiranti tali.

Scadenza contratti precari: migliaia di lavoratori in allarme

Dai risultati emerge che la metà delle imprese vedono favorevolmente la riforma per quanto riguarda le restrizioni sui contratti atipici e, nell’80% dei casi hanno dichiarato che intendono procedere, nel minor tempo possibile, alla regolarizzazione dei dipendenti assunti con contratti a termine non rinnovabili (61%), contratti a progetto (21%) e sulle partite Iva (17%), cercando, ove possibile, di assumere con contratti a tempo indeterminato (45%) o di somministrazione e apprendistato (14%).

Proibiti alle aziende gli stage gratuiti

I dipendenti e gli aspiranti non conoscono i termini della riforma: il 50% ammette di non conoscere poco della riforma e nel 12% dei casi non la conoscono affatto, ma sono comunque concordi nel dire che la riforma del Ministro Fornero non possa in alcun modo favorire l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro (37%), o la ritiene poco efficace (48%).

Secondo Tremonti necessaria altra manovra

 L’ex Ministro dell’Economia Giulio Tremonti questa mattina è stato intervistato da RTL nella sua nuova veste di leader del movimento Lavoro e libertà. Secondo Tremonti i conti fatti dal governo tecnico non corrispondono a verità e molto presto si renderà necessaria una nuova manovra finanziaria dal valore di circa 14 miliardi di euro.

Quanto vale il redditometro?

Secondo l’ex ministro, la crisi non sta per finire, anzi, lo spettro della recessione incombe ancora sull’economia e, se non verranno fatti degli aggiustamenti di tiro sulle ultime riforme varate, il rischio sarà sempre maggiore. Tra le sue preoccupazioni anche il Redditometro, uno strumento

esteso a così vasto spettro, basato su statistiche di massa, di riflesso così intrusivo.

Monti vuole abolire il Redditometro

Il nuovo esecutivo non cancellerà la riforma del lavoro

Ma non solo. Secondo Tremonti, inoltre, il Redditometro non è nemmeno un’idea dell’attuale governo, in quanto la norma che ne è alla base – quella che ha sostituito i simboli di ricchezza precedenti, trasformandoli nelle odierne cento voci, risale al maggio 2010 e, oltretutto, il provvedimento ha preso forma giuridica solo con il dm del 24 dicembre 2012 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 4 gennaio 2013, con il Governo già dimissionario.

10 cose da sapere sulla riforma del lavoro

Parole dure anche per la riforma del lavoro messa in campo dal Ministro Fornero

che come avrete notato è scomparsa – dice Tremonti a Rtl – E’ una boiata pazzesca e contro i giovani, perché li lascia fuori dal lavoro.

 

Tempi di attesa per la pensione

 Saranno pochi i lavoratori che riusciranno ad andare in pensione i questi primi mesi del 2013. Con l’entrata in vigore, all’inizio dell’anno, delle nuove regole portate dalla riforma Fornero e dai nuovi criteri sull’aspettativa di vita, fino ad aprile saranno solo i lavoratori autonomi che hanno raggiunto i requisiti per la pensione nel 2011 e hanno usufruito dei 18 mesi di finestra mobile.

► Nuovi coefficienti di calcolo dei trattamenti contributivi

Per i restanti lavoratori in attesa di pensione ci sarà ancora da aspettare. Anche i lavoratori che hanno raggiunto l’età dei 66 anni – che avrebbero potuto andare in pensione con le regole della riforma Sacconi che prevedeva i 65 anni più uno di finestra mobile – grazie all’entrata in vigore dei coefficienti basati sull’aspettativa di vita dovranno lavorare per altri tre mesi.

► Elenco coefficienti di calcolo delle pensioni

Una sospiro di sollievo per l’Inps, che per questi mesi di inizio 2013, dovrà emettere davvero pochi nuovi assegni pensionistici. L’incognita, per l’Istituto di Previdenza, sono le norme che tra poco verranno comunicate dal Ministro del Welfare per gli esodati. (Al momento gli esodati che rientrano nella norme di salvaguardia sono solo 55.000).

Tutti gli altri dovranno aspettare. Le lavoratrici dipendenti dovranno raggiungere i 62 anni e tre mesi e, per l’inizio del 2013, quindi il numero delle pensioni rimarrà uguale a quello dello scorso anno. Stesso discorso per chi si vuole avvalere del prepensionamento: la riforma ha portato da 41 a 42 e 5 mesi gli anni di anzianità contributiva necessari per chi vuole andare in pensione senza il raggiungimento del requisito di età.

Fornero blocca circolare Inps su pensioni invalidità

 I cambiamenti delle pensioni di invalidità hanno suscitato una grande polemica. Il tutto nasce con la circolare n. 149 dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale in cui si comunicava che, a decorrere dal 1° gennaio del 2013, il reddito minimo di riferimento (che rimane di 16.127,30 euro annui) non sarà più quello personale (del richiedente la pensione di invalidità) ma sarà quello famigliare.

► Nuovi coefficienti di calcolo dei trattamenti contributivi

Dopo le polemiche e le dure reazioni scatenatisi all’indomani della comunicazione, il dicastero del welfare ha immediatamente stoppato la circolare. E’ stata avviata anche un’istruttoria per chiedere all’Inps di sospendere l’applicazione e valutare con più attenzione tutti gli aspetti, soprattutto quello di equità.

► Pensioni di anzianità: le novità dal 2013

Il Ministro Fornero ha spiegato che questo nuovo metodo rende più complicato l’accesso alla pensione di invalidità e il fatto che il nuovo parametro fosse entrato in vigore al 1° di gennaio, ha avuto la conseguenza di creare una grande preoccupazione sociale. Inoltre, sempre secondo i vertici del dicastero, questa circolare si pone in controtendenza rispetto a tutto ciò che è stato fatto negli ultimi trent’anni di previdenza sociale e rischia anche di andare contro le decisioni della Corte di Cassazione.

Tutto è rimandato alla settimana prossima, con l’incontro previsto per lunedì.