Pensioni, le soluzioni proposte dal Ministro Poletti

 Nonostante l’abolizione dell’emendamento per il pensionamento dei 4mila di Quota 96 della scuola, per mancanza di risorse, il ministro del Lavoro Poletti ha comunicato innovazione pensioni per un’uscita anticipata e flessibile che vada bene per tutti, spiegando, in particolare, “Ci stiamo lavorando, consapevoli che si tratta di interventi onerosi dal punto di vista economico e finanziario.

Pensioni, Ocse richiede adeguamento parametri

 L’ex ministro del Lavo, Elsa Fornero ha tenuto a precisare che “Col senno di poi, potrei dire che cambierei la riforma, rendendo meno complessa la regolamentazione. Il rammarico più grande è di non aver portato a termine la delega sui servizi per l’impiego”.

Come si calcola la nuova età per la pensione

Qualsiasi lavoratore autonomo o dipendente desidera sapere quando potrà andare meritatamente in pensione e conoscere tutte le novità introdotte dalla legge Fornero. Appare dunque opportuno interrogarsi sul nuovo sistema pensionistico italiano, modificato a partire dal 1 gennaio 2012.

In quella data si è passati da un sistema retributivo, in cui l’ammontare della pensione era relativo alla media delle retribuzioni percepite, ad un sistema contributivo in cui l’ammontare della pensione è dato dalla somma dei contributi versati. Tale mutamento, tuttavia, non va a intaccare l’assegno di chi al primo gennaio 2012 era già in pensione.

Cambiamenti sull’età pensionabile

Inoltre la riforma Fornero ha introdotto un profondo cambiamento anche sull’età pensionabile. Infatti è stata eliminata la pensione per Anzianità, e cioè la pensione che si otteneva quando si raggiungeva un numero massimo di anni contributivi prima dell’età pensionabile.

Pensione di anzianità

La pensione di Anzianità è stata eliminata e sostituita dalla pensione Anticipata: quest’ultima prevede per gli uomini il raggiungimento della soglia di 42 anni contributivi più un mese nel 2012 fino ad arrivare a 42 anni più tre mesi nel 2014.

Per quanto riguarda le donne invece la soglia minima nel 2012 è di 41 anni più un mese fino ai 41 anni più 3 mesi nel 2014.

Oltre all’aumento della soglia contributiva la riforma contempla un disincentivo dell’1% se chiesta prima dei 62 anni di età e del 2% se chiesta prima dei 60 anni. Inoltre la riforma Fornero ha eliminato l’odiosa finestra, cioè l’attesa di altri 12 mesi al raggiungimento della finestra.

Pensione di vecchiaia

In questo caso, la riforma ha contemplato lo slittamento immediato di un anno per gli uomini che sono passati dai 65 anni di età del 2011 ai 66 anni nel 2012  Per le donne invece vi è un aumento dell’età pensionabile spalmato in sei anni passando dai 62 nel 2012 ai 66 anni di età nel 2018. Nel contempo, la riforma apre la possibilità di un adeguamento della soglia minima di età in base all’allungamento dell’età di vita media in base ai dati forniti dall’Istat  In ogni caso nel 2022 il limite per gli uomini e per le donne sarà di 67 anni.

Tassa licenziamento per finanziare l’Aspi: chi paga e chi no

 Attiva dal primo giorno di quest’anno (1 gennaio 2013) la tassa sul licenziamento è stata creata al fine di indennizzare i nuovi ammortizzatori sociali, l’Aspi e la mini Aspi che rimpiazzano i precedenti sussidi di disoccupazione. Quando il datore di lavoro desidera licenziare un dipendente deve pagare questa tassa. Nello specifico, il contributo Aspi è obbligatorio in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, escludendo però le ipotesi di perdita del lavoro per dimissioni e risoluzione consensuale.Scadenza

Per ciò che concerne il pagamento del ticket della tassa, la disciplina a regime contempla come scadenza il mese successivo al mese del licenziamento. In ogni caso per quanto concerne le risoluzioni dei rapporti di lavoro avvenute durante il primo trimestre del 2013 viene stabilita come data ultima per il versamento della tassa che finanzia la nuova indennità di disoccupazione, l’Aspi, un rinvio al 16 giugno che, ‘capitando’ di domenica, viene posticipato a lunedì 17.

Il pagamento della tassa sul licenziamento deve avvenire in una sola soluzione e per ciò che concerne il calcolo dell’imposto, il datore di lavoro è obbligato a versare 483,80 euro per ogni 12 mesi di anzianità aziendale, con un importo che non può superare i 1451 euro.

Contributo Aspi: chi non paga

Occorre infine tenere presente che in alcuni casi la tassa non è dovuta. Nello specifico non è dovuto il contributo di licenziamento, per il periodo 2013–2015, per ciò che riguara i casi di licenziamenti perfezionati successivamente a dei cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro, in applicazione di clausole sociali che garantiscano la continuità occupazionale prevista dai contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) ovvero nei casi di interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, nel settore delle costruzioni edili, per completamento delle attività e chiusura del cantiere, così come restano escluse dal ticket sul licenziamento le cessazioni intervenute successivamente ad accordi sindacali nell’ambito di processi di riduzione di personale dirigente, conclusi con accordo firmato dall’associazione sindacale stipulante il contratto collettivo di lavoro della categoria.

Pensioni, Governo lancia turnover tra senior e giovani

 Il governo Letta si è posto due importantissimi obiettivi. Il primo è quello di creare in poco tempo centomiila nuovi posti di lavoro per i giovani.

Il secondo è quello di rendere un po’ più flessibile la contestatissima riforma delle pensioni, ideata verso la fine del 2011 dall’ex-ministro del Welfare, Elsa Fornero.

L’asso nella manica

Ora, al posto della Fornero c’è Enrico Giovannini, che è pronto al ‘colpaccio’. Giovannini la chiama staffetta generazionale ed è la progressiva e graduale sostituzione, negli organici delle aziende, dei lavoratori più anziani con giovani neo-assunti.

Nello specifico, ai dipendenti ai quali restano ormai pochi anni di carriera prima della pensione, verrà offerta la possibilità di lavorare part-time, ovvero con orari e stipendi ridotti. Contestualmente, tuttavia, l’azienda proseguirà a versare la stessa quantità di contributi prevista per chi fa orario full time, in maniera tale da evitare un taglio dell’assegno pensionistico maturato dal lavoratore.

I dettagli della proposta Giovannini

Nello specifico, se l’impresa deciderà di assumere un giovane (con un contratto stabile o con l’apprendistato) e lo assocerà al dipendente più anziano in un percorso di training professionale, riceverà un sostegno pubblico: la cifra di contributi del lavoratore anziano verrà infatti pagata (almeno parzialmente) dallo Stato.

 

Le modifiche alla riforma Fornero

 Le dichiarazioni rilasciate negli ultimi  giorni dal neo Ministro del Welfare Enrico Giovannini e dal Presidente del Consiglio Enrico Letta tolgono ogni dubbio sulla volontà del nuovo esecutivo di apportare al più presto delle modifiche alla riforma del lavoro, la riforma Fornero, al fine di risolvere alcuni problemi relativi al mercato del lavoro italiano.

> Per Giovannini la riforma Fornero va cambiata

Letta annuncia modifiche alla riforma Fornero

Ma quali sono le modifiche che il Governo Letta ha intenzione di apportare alla Riforma Fornero? Ne ha parlato stamani Tiziano Treu, ex ministro del Lavoro, spiegando quali saranno i principali interventi in cantiere per alleggerire e semplificare la rigidità del sistema fino ad oggi previsto.

Le modifiche, dunque,  interesseranno quattro aspetti fondamentali:

1. la riduzione degli intervalli di tempo obbligatori tra la fine di un contratto e l’inizio di un altro

2. la revisione del cosiddetto “causalone” (ossia della specificazione delle ragioni tecniche – organizzative – produttive che giustificano il ricorso a contratti flessibili

3. il potenziamento dell’ istituto dell’ apprendistato

4. la riduzione dei contributi per i titolari di partita Iva, che a detta dell’ ex Ministro è il vero peso che grava sulle spalle dei giovani.

Andando più nello specifico, dunque, le misure su cui i fedelissimi di Letta sono già a lavoro e che interesseranno probabilmente voce per voce saranno le seguenti:

1. dal punto di vista della tempistica dei contratti, saranno ridotti quelli intervalli di tempo che la riforma Fornero aveva fissato in un minimo di 60 giorni per i contratti con durata fino a sei mesi, e di 90 giorni per contratti superiori ai sei mesi

2. per quanto riguarda il cosiddetto causalone, saranno rese più blande le motivazioni necessarie per l’ attivazione dei contratti a tempo determinato oppure verrà generalizzata l’ acausalità

3. per l’ apprendistato la parola d’ ordine del governo è invece semplificazione, con l’alleggerimento degli oneri per i datori di lavoro e la resa del contratto ancora più conveniente, in modo che le aziende siano incentivate alla sua sottoscrizione

4. per quanto riguarda, infine, le Partite Iva, l’idea è quella di ridurre il cuneo contributivo al di sotto dell’ attuale 33%, sulla base di proposte che anche in precedenza erano state avanzate in Parlamento e che proprio in questo momento sono nuovamente discusse, nell’ ottica del reperimento delle risorse.

L’ obiettivo, conclude infine Treu, non è certo quello di uno stravolgimento generale, ma dell’ apporto di semplici modifiche volte a rendere la riforma più adeguata alla situazione del Paese reale.

Letta annuncia modifiche alla riforma Fornero

 Il neo Presidente del Consiglio Enrico Letta si trova oggi a Parigi e, da qui, in conferenza stampa, alla presenza del Presidente francese Francois Hollande ha parlato della necessità di apportare delle future modifiche alla riforma Fornero, la riforma del mercato del lavoro, al fine di conferire maggiore flessibilità soprattutto ai contratti a termine.

> Cosa c’è in programma per la disoccupazione giovanile con il nuovo governo?

Quella che l’ Italia sta attraversando, infatti, è per Letta, almeno per quanto riguarda il mondo del lavoro, una fase piuttosto straordinaria in cui il Paese si trova a fare i conti con problemi di recessione.

> I cinque punti del programma economico di Letta

E’ probabile quindi che in questa situazione, in una situazione ancora di incertezza sulle prospettive di ripresa economica, le imprese siano piuttosto caute ad attuare assunzioni a tempo indeterminato. Per questo motivo, almeno fino a quando non troveranno consolidamento le attese prospettive di crescita, si potrebbe avvertire la necessità di rivedere i punti più rigidi della riforma Fornero.

Ora, quindi, bisognerà capire cosa modificare e dare maggiore stabilità alle norme del mercato del lavoro.

Ma la crescita stessa, ci ha tenuto a precisare infine il Presidente del Consiglio, non è una priorità e un problema solo italiano. Quello della crescita è un problema che riguarda l’Europa intera, che deve attuare su questo fonte politiche globali per far ripartire l’economia.

La Fornero non si ricandiderà

 Non ci sarà per l’Italia e per il  suo futuro governo un Fornero – bis, cioè una ricandidatura da parte dell’attuale, uscente, Ministro del Welfare Elsa Fornero.

E il motivo lo ha spiegato il Ministro stesso in occasione dell’apertura del Forum Lavoro 2013 organizzato dal Sole-24 Ore e dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro. Chi infatti realizza delle riforme così importanti nel mondo del lavoro e in quello pensionistico, come quelle firmate da lei stessa, non può che diventare un Ministro impopolare.

Anche la Fornero è preoccupata per la cassa integrazione

Due poi sono stati gli altri temi principali che il Ministro ha toccato nel corso del suo discorso: il problema degli esodati e la riforma del mercato del lavoro.

Come cambia la pensione anticipata con la Riforma Fornero

In merito alla prima questione Elsa Fornero si è dichiarata ancora una volta particolarmente rammaricata dal disagio e dalle preoccupazioni che stanno ancora interessando il popolo dei cosiddetti esodati, fetta pensionistica la cui effettiva ampiezza, a tutt’oggi, a detta del Ministro non resta affatto prevedibile.

Quanto al secondo tema, invece, quello della riforma del mercato del lavoro, il Ministro ha tenuto a spiegare nel suo discorso, la riforma ha rappresentato un impegno preso con l’Europa ma in Italia sono mancate le giuste riusorse economiche per vararla nella maniera più ottimale: il costo del lavoro, nel Paese, è e resta troppo elevato.