Trattative in corso per la ricapitalizzazione delle banche europee

 L’accordo sulla centralizzazione della vigilanze delle banche dei paesi della zona euro è stato raggiunto ieri e la nuova super BCE sarà operativa a partire dal marzo del 2014, ma non è solo il controllo degli istituti bancari a influire sulla sopravvivenza dell’Unione. Stanotte, infatti, i 27 leader si sono nuovamente riuniti per decidere le misure da adottare nel breve termine per l’integrazione bancaria, step necessario perché i paesi bisognosi possano accedere direttamente ai fondi dell’ESM.

I leader hanno anche chiesto al presidente del consiglio europeo Herman Van Rompuy di preparare un altro documento con le nuove misure da varare a partire dal prossimo anno, documento che si andrà ad aggiungere a quello già presentato dal presidente sulle tre tappe da seguire per la ricapitalizzazione delle banche, il quale non ha avuto molta influenza sull’andamento del vertice di questa notte.

I leader si sono concentrati soprattutto sul raggiungimento degli obiettivi a breve termine, ossia la necessità di trovare e adottare regole comuni per la risoluzione delle banche e la garanzia dei depositi, ma il nodo che ancora non si è riusciti a sciogliere è quello che riguardala ricapitalizzazione delle attività bancarie precedenti alla creazione del meccanismo unico di sorveglianza, eventualità a cui si oppongono fermamente Germania, Finlandia e Olanda.

 

 

La crisi dell’Euro frena l’economia tedesca

 Non poteva essere altrimenti. La moneta unica e l’economia comune non potevano non avere degli effetti anche sulla Germania, uno dei pochi paesi dell’Europa, a parte quelli del profondo nord, che ancora riusciva a tener testa alla crisi.

Le stime dell’istituto di ricerca tedesco IFO parlano chiaro: anche il paese della cancelliera di ferro ha subito gli effetti della crisi devastante che ha colpito l’Europa, il cui picco negativo sarebbe dovuto arrivare in estate e poi, invece, è stato spostato a questo inverno. Nell’ultimo trimestre del 2012 il Pil della Germania scenderà, secondo le previsioni, dello 0,3%: una percentuale bassa che non espone il paese al rischio della recessione, ma che comunque evidenzia come anche un paese stabile e forte come la Germania possa risentire delle problematiche dei paesi vicini.

Alla fine dell’anno si stima una crescita complessiva del Pil tedesco dello 0,7%, la stessa che è stata prevista anche per il 2013. L’IFO ha anche stimato che la disoccupazione è cresciuta del 6, 8% in questi dodici mesi e continuerà a crescere, anche se di pochissimo, anche nel prossimo anno.

Secondo il presidente dell’Ifo, Hans-Werner Sinn le stime di ripresa economica per il 2013 saranno attuabili solo

qualora la crisi dell’euro non si acutizzi e resti in linea con lo scenario di base, le forze rialziste domestiche e la crescente domanda di beni da esportazione tedeschi al di fuori della UE dovrebbero dare slancio all’economia.

Deutsche Bank, perquisizione e cinque arresti per evasione fiscale

 Giovedì nero per la Deutsche Bank e i sui vertici. Nelle sedi di Francoforte, Düsseldorf e Berlino e nelle residenze private dei dirigenti coinvolti sono state effettuate perquisizioni da parte di circa 500 agenti di polizia.

Secondo quanto riportato dallo Spiegel e da Reuters tra i nomi importanti su cui pendono le accuse di evasione fiscale ci sono il co-ceo Jürgen Fischen e lo chief financial officer, Stefan Krause. Il reato di evasione si riferisce alla dichiarazione fiscale della Deutsche Bank del 2009, in modo particolare si segnala una possibile evasione delle imposte relative al commercio di diritti sulle emissioni di CO2.

Secondo la Deutsche Bank  i dati sono stati corretti entro le date previste, ma il procuratore generale di Hessen che indaga dal 2010 sulle attività della banca sostiene i contrario.

I primi risultati delle indagini sono arrivati già nel 2011, quando il tribunale distrettuale di Francoforte ha condannato sei persone, ree dell’evasione di almeno 230 milioni di euro sul commercio di diritti sulle emissioni.

Per ora gli arrestati sono cinque e l’operazione è stata condotta in modo spettacolare: dispiegati un gran numero di agenti e di mezzi, come per ribadire che la campagna di comunicazione messa in atto in questi giorni dalla banca tedesca per ammortizzare l’impatto del coinvolgimento nello scandalo Libor e nella vendita di titoli tossici non può nulla contro l’evidenza legislativa.

Successo per il buy back della Grecia

 L’operazione di riacquisto dei titoli di debito da parte del governo ellenico ha avuto gli effetti sperati. Nelle casse dello stato ellenico erano disponibili solo 15 miliardi di euro per per acquistare un ammontare della sua esposizione pari a 45 miliardi e l’unica soluzione era quindi di proporre un acquisto dei titoli di stato ad un valore minore di quello facciale (tra il 30 e il 40%).

L’operazione è partita lunedì mattina e si è conclusa ieri nel pomeriggio e l’obiettivo è stato raggiunto. Ora che il buy back si è concluso bene, le tensioni sulla Grecia si stanno allentando e, nei prossimi giorni, si attende il vertice tra Fondo Monetario Internazionale e Unione Europea per decidere le modalità di aiuto per il paese. La riduzione del debito era la conditio sine qua nonper ottenere gli aiuti, ma rimane ancora da vedere se la Germania manterrà la sua promessa.Infatti, lo zoccolo duro per il rilascio degli aiuti internazionali alla Grecia è proprio la cancelliera tedesca, poco favorevole in quanto i costi di questa misura di emergenza potrebbero essere maggiori dei benefici per la Germania. E’ stato il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble in un’intervista a ‘Bild am Sonntag’ a rilanciare i dubbi sugli aiuti, dopo che Angela Merkel aveva dato un primo consenso.

Infatti sia nel caso che la Germania rinunci agli interessi o alla sua quota di partecipazione ai profitti della BCE, il costo per il paese sarebbe comunque alto (130 miliardi di euro nel primo caso e 2,7 nel secondo). Il ministro comunque ribadisce che

i vantaggi che abbiamo dalla moneta unica sono molto più grandi del costo di tutte le misure di aiuto.

La Bundesbank taglia le stime di crescita della Germania

 La Bundesbank ha rivisto al ribasso le stime di crescita della Germania nel 2012 e nel 2013 a causa degli effetti della crisi del debito: per il 2013 la crescita del Pil tedesco è stata abbassata da un + 1,6% al +0,4%. Ribassata anche la stima di crescita per l’anno in corso: il 2012 si chiuderà con un + 0,7%, più basso di 0,3 punti percentuali rispetto alle stime presentate nel corso dell’anno.

Sarà la disoccupazione a crescere: il tasso dei senza lavoro tedeschi salirà al 7,2% nel 2013 (a giugno era stata stimato che il tasso dei disoccupati si sarebbe arrestato sul 6,5%) per stabilizzarsi al 7% nel 2014.

Nonostante il ribasso delle stime di crescita da Berlino arrivano rassicurazioni. Jens Weidmann, presidente della Buba, ha evidenziato che l’economia tedesca rimane comunque solida e che questo rallentamento è solamente temporaneo. Già dal 2014 ci saranno i primi segnali di crescita.

Si tratta, infatti, di una stima al ribasso in linea con le previsioni fatte dalla Banca Centrale Europea: per il 2012 nella zona Euro si attende un decremento del pil tra lo 0,6% e lo 0,4%, mentre per il 2013 stima tra un -0,9% e un +0,3%. Anche la BCE ha previsto un miglioramento per il 2014, anno per cui è stata indicata una dinamica tra +0,2% e +2,2%.

Proposta di tassa su Google in Germania

 

 Anche se la proposta di legge riguarda la difesa del diritto d’autore, il tutto si risolve in una questione di tasse. In sostanza, la proposta fatta dalla maggioranza di governo di centrodestra guidata dalla cancelliera Angela Merkel, è una difesa sì dei diritti d’autore, ma anche degli interessi economici dei media cartacei e tradizionali.

Se la legge, che oggi sarà al vaglio del parlamento tedesco, dovesse passare sarà previsto l’obbligo per i motori di ricerca e per qualsiasi aggregatore di notizie on line di pagare diritti o royalties per ogni contenuto dei media cartacei o tradizionali che i motori o gli aggregatori stessi mettano in rete.

La situazione dei media tradizionali in Germania è abbastanza difficile: sono molte le testate, anche storiche e di qualità, che hanno dovuto chiudere a causa del calo delle vendite e della pubblicità sui media tradizionali, con la conseguenza che centinaia di giornalisti sono rimasti senza lavoro.

Ma Google non ci sta e lancia una campagna mediatica al motto “Difendi la tua rete“. Google sostiene che questa legge, ancora non conosciuta dai cittadini tedeschi, è una limitazione alla libertà di ricerca di informazioni e contenuti gratuiti sul web, che è una unzione informativa costitutiva e basilare di internet, e chiede ai navigatori e ai cittadini di mobilitarsi in difesa dei loro diritti.

Il mondo dell’informazione tutto sta a guardare e attende gli sviluppi della proposta: comunque vada sarà un precedente da tenere in considerazione che avrà delle conseguenze a livello mondiale.

Ancora incertezze per l’accordo con la Svizzera

 C’è un totale disaccordo tra il Ministro dell’Economia Grilli e il sottosegretario all’Economia Vieri Ceriani per quanto riguarda le tempistiche e le modalità di un accordo con la Svizzera  per la tassazione dei capitali italiani depositati nelle banche elvetiche.

Il primo parla di un accordo ormai in fase conclusiva, mentre il secondo, che segue molto da vicino il dossier della trattativa, afferma che

La trattativa non è in fase conclusiva: il governo deve essere sicuro che l’accordo non sia un condono e non favorisca il riciclaggio.

Anche il premier Monti è dello stesso avviso del sottosegretario:

Stiamo negoziando con la Svizzera ma ci stiamo ponendo dei paletti perché vogliamo ben vedere che non ci siano, o siano in modi ben delimitati, forme di condono.

La situazione si è fatta più complicata dal momento che in Germania l’accordo sulla tassazione dei fondi in Svizzera è saltato a causa dell’opposizione di Spd e Verdi alla proposta di un’imposta liberatoria ai capitali tedeschi in Svizzera garantendo però l’anonimato dei titolari dei conti.

Ceriani conferma che anche la questione dell’anonimato è parte integrante delle trattative, e ha garantito che la Svizzera, almeno per ora, non si è opposta al libero scambio di informazioni, come previsto in una una recente riunione ministeriale a livello Ocse. Oltre all’anonimato, comunque, ci sono ancora da sciogliere diversi nodi, quali la garanzia iniziale che le banche elvetiche devono versare al Fisco italiano, il periodo di durata per il calcolo dell’imposta “tombale”  e l’aliquota periodica per i rendimenti futuri.

Aumento del rateo per i pensionati tedeschi

 Era il 2005 quando c’è stata, in Germania, l’ultima riforma del sistema pensionistico. Ora, dopo tanta attesa, il governo della cancelliera Merkel ha deciso di aumentare il reddito di coloro che percepiscono solo la pensione minima pubblica.

Si tratta di circa 20 milioni di persone che, entro il 2016, vedranno aumentare il rateo delle loro pensioni dell’8,27% nell’Ovest della Repubblica federale e dell’11,01% nella ex Ddr, la zona meno ricca della repubblica tedesca.

L’aumento del rateo delle pensioni è dedicato a coloro che percepiscono la pensione minima di anzianità, coloro, cioè, che hanno aderito a fondi pensionistici aziendali integrativi o a polizze private (un numero di persone particolarmente esiguo, quindi, dato che in Germania, come in altri paesi dell’Europa, i fondi pensione integrativi sono una comune forma di previdenza).

A darne notizia il Bild online, il quale pubblica il rapporto governativo: già dal prossimo anno i pensionati dell’est avranno un aumento del 3,49 per cento, mentre i pensionati dell’est dovranno accontentarsi, per il 2013, di un aumento dell’1%, che diventerà del 2,55% nel 2015.

Grazie a questo nuovo aumento, le pensione pubblica media dopo 45 anni di lavoro e senza aver sottoscritto nessuna forma di integrazione pensionistica sarà di di 1276 euro, circa il 48% della retribuzione percepita in età lavorativa.

 

Niente accordo Svizzera Germania, a rischio anche trattative con l’Italia

 I socialdemocratici tedeschi voleva infliggere una sconfitta ad Angela Merkel e l’hanno fatto affossando la possibilità di un accordo fiscale con la Svizzera. La proposta di applicare un’imposta liberatoria tra il 21 ed il 41 per cento ai capitali tedeschi in Svizzera garantendo però l’anonimato dei titolari dei conti non è stato accettata, nonostante alla Camera dei Deputati il voto fosse stato favorevole.

La motivazione: la proposta così fatta si configura, per Spd e Verdiche alla camera dei Länder hanno la maggioranza, come un regalo agli evasori.I due governi in causa sperano quindi che la situazione possa risolversi entro il 14 dicembre, giorno in cui si riunirà la commissione di conciliazione, in modo che l’accordo fiscale possa entrare in vigore già dal primo gennaio del 2013.

Se la situazione non dovesse risolversi lo stesso problema si potrebbe presentare anche in Italia, dove la prossima data attesa per giungere ad un risultato è il 21 dicembre. Il governo Monti, per mezzo del ministro dell’economia Grilli, è a buon punto con le trattative ma se la Germania si tira indietro tutto potrebbe rivelarsi più difficile.

Anche in Italia, infatti, nel caso l’accordo dovesse slittare a quando ci sarà un nuovo esecutivo, potrebbero presentarsi le stesse rimostranze.

 

Crisi auto? Ci pensa Volkswagen

Volkswagen non ha paura della crisi dell’auto generata dall’euro e dai problemi economici internazionali. Il colosso di Wolfsburg prepara la contromossa. Come? Lanciando al mercato la sfida più grande. L’azienda tedesca ha pronti sul piatto 50,2 miliardi di euro da investire dilazionati nei prossimi tre anni.

Non solo. In Cina Vw investirà ulteriori 10 miliardi per confermare la sua leadership nel marketing. Una sorta di terapia d’urto che si spera offra i suoi risultati in breve tempo, coadiuvata dai miglioramenti in campo tecnico.

L’obiettivo principale per la casa di Wolfsburg è presto detto: rincorrere, eguagliare e superare due competitor che portano il nome di Toyota e General Motors, entro il 2018.

Entrambi i concorrenti sono due spauracchi, ma Volskwagen non ha paura. Vuole essere il primo marchio per quanto concerne fatturato, auto prodotte e vendute, capitalizzazione, utili. La casa tedesca vuole dominare il mondo delle quattro ruote.

Così, dopo aver investito 63 miliardi di euro durante il 2011, quest’anno Volkswagen raddoppia. Alza la posta e programma un futuro all’insegna del rinnovamento di un intero settore, che ha bisogno di linfa vitale per competere con gli altri segmenti che trainano l’economia.

Certo, il piano è ambizioso e i tempi rispetto a quello precedente (investimenti spalmati su 5 anni) si sono ridotti per portarlo a termine quanto prima. A parlarne è Martin Winterkorn, amministratore delegato di Vw:

“Malgrado le sfide della situazione economica attuale, noi abbiamo deciso di investire più di quanto non abbiamo mai fatto nella nostra storia, per raggiungere i nostri obiettivi di lungo termine”.