Dati europei del manifatturiero e dei servizi

 Chi investe in opzioni binarie ha sempre in mente l’oscillazione degli indici e cerca di scoprire in anticipo, con la lettura di numerosi documenti, come crescerà o come decrescerà un paese, quali saranno i nuovi trend sul mercato.

Markit, in questo caso, è diventata nelle ore scorse una fonte molto interessante dopo la pubblicazione dei dati sugli indici PMI della zona Euro, sia per quel che riguarda il settore manifatturiero, sia per quel che riguarda il settore dei servizi.

In generale si assiste ad un bel miglioramento dell’Europa che sembra aver imparato dal rischio contagio finanziario che bisogna mantenere circoscritte le zone di contrazione. Ecco la panoramica offerta sul Vecchio Continente.

In primo luogo la Grecia dove la situazione è tranquilla e questo determina un’oscillazione lieve dell’Euro rispetto al Dollaro. Lo scambio è sempre nel range 1,2864-1,2880. Passiamo quindi alla considerazione dell’indice PMI manifatturiero di Francia e Germania. 

In Francia l’indice PMI manifatturiero è cresciuto dal 43,7 al 44,7 andando anche al di sopra delle aspettative che bloccavano l’indice a 44,1 punti.  Il settore dei servizi ha subito anche aumenti più sostanziosi. Ci si attendeva un assestamento sul 45,3 mentre si è passati dal 44,6 al 46,1.

Anche la Germania è al di sopra delle aspettative: il PMI manifatturiero atteso al 45,9 arriva fino al 46,8, mentre i servizi subiscono un lieve calo. Si sperava in un miglioramento dell’indice atteso sul 48,5 mentre si è preso atto di un calo dal 48,4 al 48.

Jacques Attali parla di Francia ed Europa

 L’investimento in opzioni binarie dipende molto dalla capacità degli investitori di prevedere un trend e le buone previsioni, a loro volta, dipendono dall’individuazione delle fonti informative più affidabili. Per capire come scommettere sull’Europa riportiamo l’opinione di Jacques Attali intervistato dall’Economist.

Questa rivista, nell’ultimo periodo, ha dimostrato di saper anticipare i trend, facciamo l’esempio della Francia, definita prima una bomba ad orologeria dall’Economist e poi declassata da Moody’s. Jacques Attali prova a ribaltare il punto di vista sulla Francia.

Il declassamento di Parigi, infatti, non è così preponderante se si pensa alla patata bollente rappresentata dalla Grecia. Sicuramente Moody’s ha dato un’indicazione importante a François Hollande invitando il neo Presidente e il suo staff ad intraprendere la via delle riforme.

Questo però, secondo Attali, non vuol dire che la Francia stia sbagliando strategia, anzi, Hollande sembra muoversi nella direzione corretta, quella dell’applicazione delle raccomandazioni arrivate dall’UE.

E’ facile quindi arrivare ad una considerazione finale, proposta sempre da questo economista, che addita la Germania come vera bomba ad orologeria del Vecchio Continente. Sembra infatti che il paese guidato da Angela Merkel abbia due grandi problemi da risolvere: la composizione demografica del paese ed un sistema bancario a pezzi.

Gli attacchi che arrivano dall’esterno all’Europa, secondo Attali, non mettono in luce i reali problemi dell’economia internazionale dove anche America e Regno Unito arrancano come non mai.

La Germania non vuole aiutare la Grecia

Fondi Salva – Grecia? “Nein!”. La risposta della Germania alla richiesta del parlamento greco può riassumersi in questa negazione tradotta in tedesco.

La riunione dell’Eurogruppo (assemblea che coordinamento i ministri dell’Economia dell’Eurozona), terminata all’alba dopo 12 ore di trattative non ha sortito alcun effetto positivo. Questo summit aveva lo scopo di sbloccare gli aiuti alla Grecia.

Non è stato possibile, però, arrivare a un accordo definitivo. A dirlo è il presidente dell’Eurogruppo, Juncker, il quale ha annunciato ufficialmente che per lunedì 26 novembre vi sarà una nuova riunione per dare la possibilità di approfondire dettagli tecnici del pacchetto di misure per diminuire il debito greco.

Ma cosa ha fatto saltare per aria gli accordi? Secondo fonti certe sarebbero state le resistenze della Germania, unitamente alle pressioni del Fondo Monetario Internazionale.

Il Cancelliere tedesco Angela Merkel, però, in occasione di un discorso al Parlamento tedesco, pur evidenziando che i problemi del’Europa non possono essere risolti da un giorno all’altro, ha voluto lasciare una chance al popolo ellenico:

“C’è la possibilità che si trovi una soluzione lunedì, ha detto In caso di emergenza, «se non si trova un accordo fra venerdì e sabato al vertice di Bruxelles è possibile un nuovo summit europeo sul bilancio all’inizio del 2013”.

 

Il Pil dell’Eurozona mette in dubbio le strategie anticrisi

 Il declassamento della Francia da parte di Moody’s, anche se i mercati hanno reagito particolarmente bene, è un chiaro segnale del grande problema che ancora imperversa su tutti i paesi dell’Eurozona che, per la seconda dal 2009, tornano in recessione.

Il 2013 sarà un anno di stagnazione economica, con la Germania che sta perdendo il suo ruolo di traino dell’economia, la Francia alle prese con in tagli del rating, Spagna e Italia che sono ormai in recessione conclamata e il Portogallo e la Grecia per i quali ormai si attende la caduta.

Si tratta, secondo Reuters, di una normale recessione tecnica dell’euro che però, data l’interazione di altri fattori, rilancia al ribasso le prospettive di ripresa attese per il prossimo anno.

La Germania potrebbe riprendersi abbastanza facilmente già dall’inizio dell’estate del 2013, la Francia dovrà scontare, nonostante la leggera crescita del Pil, le conseguenze del deterioramento dei bilanci bancari e la diminuzione del potere d’acquisto delle famiglie.

L’Italia ha avuto una performance migliore di quanto stimato, ma è necessario continuare ad agire con cautela. Discorso diverso per la Spagna, dove l’unica soluzione sembra il ricorso al salvataggio europeo.

Sorprende l’Olanda, che va male (con una caduta del Pil dell’1,1% contro il -0,2% atteso) e l’Austria che prova a tenere (-0,1%). Nulla da fare per  Grecia e Portogallo che, dopo anni di recessione, non hanno avuto nessun miglioramento e mettono in discussione le strategie di salvataggio europeo.

L’economia tedesca sempre più a rischio, gli Usa sono la nuova speranza

 La Germania, fino a questo momento, è stata considerata il motore dell’Europa, ma la crisi sta facendo sentire i suoi effetti e l’economia del paese della lady di ferro rallenterà la sua crescita. La tendenza è stata confermata dal rapporto di novembre della Bundesbank.

Ancora, grazie ai frutti degli investimenti passati, la situazione è controllabile ma il presidente Weidmann avverte: se non si prenderanno provvedimenti adeguati, entro fine anno lo scenario potrebbe irrimediabilmente cambiare.

Dalla Bundesbank arrivano avvertimenti ben precisi: l’unione bancaria per il salvataggio delle banche in difficoltà non può essere una soluzione per la crisi.

Se fatta in modo corretto, l’unione bancaria può essere un pilastro importante, perfino per sostenere un’unione monetaria stabile. Ma non è la chiave per risolvere la crisi e non dovremmo pretendere che lo sia.

A dare la possibilità ai mercati finanziari stanno subentrando, al posto della Germania, gli Stati Uniti. Sono le decisioni che il presidente Obama ha preso e prenderà sul Fiscal Cliff, e la possibilità, sempre più concreta, di un accordo al Congresso, a dare nuova linfa vitale ai mercati.

Reputiamo che il sentiment positivo sui mercati sia legato all’aumento delle attese degli investitori su un esito favorevole delle trattative tra democratici e repubblicani al Congresso per risolvere il problema del fiscal cliff, il precipizio fiscale, tagli alla spesa automatici e aumento dell’imposizione fiscale per un ammontare complessivo di 607 miliardi di dollari ovvero il 4% del pil del Paese a stelle e strisce.

afferma Filippo Diodovich, market strategist di IG.

Monti bacchetta la rigidità delle Germania

Il presidente del Consiglio Mario Monti ha parlato alla platea dell’auditorium dell’università parigina di Sciences Po per la presentazione de “La democrazia in Europa“, il libro scritto insieme a Sylvie Goulard, eurodeputata francese. Tanto pubblico, sia studenti che personalità della politica, che hanno ascoltato Monti parlare dell’Europa, della democrazia e delle prospettive future, sia politiche che economiche, della zona Euro.

Le parole che tutti aspettavano sono poi arrivate e, sulla questione economica e del direttorio franco-tedesco, Mario Monti ha tenuto a precisare, riferendosi principalmente alla Germania:

E’ opportuno che i Paesi più forti, come è oggi la Germania, facciano uno sforzo per meglio apprezzare i vantaggi del mercato unico e della moneta unica per l’economia tedesca. Vorrei un’Europa in cui i Paesi più deboli abbiano meno bisogno di invocare il tema della solidarietà, perché i più forti si rendono conto da soli che questa va nel loro interesse.

Parole che non lasciano spazio ad interpretazioni e che si inseriscono a pieno nella visione politica ed economica che il Presidente del Consiglio italiano cerca di trasmettere sia a livello europeo che a livello nazionale:

L’Europa ci protegge dagli eccessi delle classi politiche nazionali. Bisogna accrescere l’esistenza e la percezione della democrazia in Europa, e non credere che si parta da zero. Oggi possiamo avere un sistema di governance meno monomaniacale. E lo dico io che sono considerato germanista… possiamo permetterci di concentrarci su una crescita non inflazionistica e su una maggiore integrazione europea.

Studio OCSE: Pil italiano a rilento per almeno 50 anni

 Secondo uno studio dell’OCSE che ha preso come parametro di riferimento il potere d’acquisto della moneta, i paesi dell’Europa sono ancora lontani dalla ripresa economica. Il PIL, infatti, crescerà ad un ritmo  molto lento per almeno altri 50 anni.

Nello specifico, il PIL italiano crescerà mediamente dell’1,4% ogni anno. Una crescita sicuramente molto bassa, ma migliore di quella di alcuni paesi insospettabili, come la Germania e il Giappone  (+1,1% e +1,3% rispettivamente), nazioni dove la produttività è sempre stata molto elevata.

Secondo gli esperti dell’OCSE la causa principale è da rintracciare nell’invecchiamento della popolazione che eserciterà una pressione al ribasso sull’input di lavoro e sulla produttività. In Italia si prevede che nel 2030 gli ultra 65enni saranno il 40% della popolazione e nel 2060 saranno il 60%, il doppio rispetto ad oggi. In Giappone gli over 65 sfioreranno il 70% tra cinquant’anni e in Germania saranno il 60%.

Più precisamente, in Italia è prevista una crescita del dell’1,3% l’anno tra il 2011 e il 2030, che arriverà all’1,5% dal 2030 al 2050: mezzo punto percentuale in meno rispetto alla media dei paesi dell’OCSE. In base a questi dati anche il peso del PIL totale dell’Italia sarà sempre meno sentito nel mondo, scendendo dal 2,8% del 2008 all’1,8% nel 2020 e all’1,4% nel 2060.

Lo stesso accadrà anche in altri paesi, come il Portogallo, la Grecia e l’Austria.