Trovate le coperture per altri 6.500 esodati: chi e come può fare richiesta

 Il Decreto 101 del 2013 sulla razionalizzazione delle spese della Pubblica Amministrazione e con il Decreto 103, quello che ha eliminato la rata dell’Imu, entrambi già pubblicati in Gazzetta Ufficiale (31 agosto 2013) sono entrate in vigore delle interessanti novità per i lavoratori esodati e per i dipendenti del settore pubblico.

 Pensioni dipendenti pubblici: le ultime novità di settembre 2013

I Decreti sono serviti, infatti, a trovare le coperture per altri 6.500 esodati, ossia i lavoratori che hanno lasciato il lavoro ma che sono stati privati della possibilità di andare in pensione con l’entrata in vigore della Riforma Fornero, cha ha innalzato i requisiti per l’accesso alla previdenza.

I requisiti per gli esodati

I lavoratori che sono usciti dal mondo del lavoro entro la fine del 2011 e che da allora non percepiscono né stipendio né pensione, potranno accedere al trattamento pensionistico dell’Inps, secondo i requisiti previsti prima della Riforma Fornero solo se:

1. in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi vigenti prima della riforma, avrebbero maturato il diritto ad avere la pensione entro il 2014;

2. l’uscita dal lavoro non è precedente al 1° gennaio 2009 e successiva al 31 dicembre 2011;

3. non sia stato percepito dopo il licenziamento un reddito annuo lordo complessivo per qualsiasi attività non riconducibile a rapporto di lavoro dipendente, superiore a 7.500 euro.

► Risorse in arrivo per gli esodati e per la CIG

Tempistiche e modalità di presentazione della domanda per gli esodati

Il termine ultimo fissato dal Governo per presentare la domanda di accesso al trattamento pensionistico per chi rientra nei requisiti sopra esposti è il 25 settembre 2013. Le informazioni necessarie, i documenti da presentare e anche maggiori dettagli sui requisiti sono reperibili sul sito del Ministero del Lavoro.

 

Pensioni Quota 96: cosa sono e le implicazioni di una nuova riforma

 Cosa sono le pensioni quota 96

Le pensioni Quota 96, che interessano una larga fetta degli insegnanti italiani, sono un particolare tipo di pensione che è stata istituita molto tempo fa per permettere a chi aveva maturato 61 anni di età e 35 di servizio, oppure 60 anni con 36 anni di anzianità contributiva, di andare in pensione.

 Aspetti fiscali delle pensioni integrative: aliquote, deduzioni e risparmio

Facendo la somma dei deu requisiti, in entrambi i casi si ottiene 96, da qui il nome della quota.

Potevano farlo tutti coloro che avrebbero raggiunto entrambi i requisiti (età e anzianità contributiva) prima del 31 dicembre 2011.

La riforma Fornero e le modifiche alle pensioni quota 96

Con l’entrata in vigore della Riforma Fornero, sono state abolite le quote che danno accesso alla pensione, ragion per cui circa 10.000 persone che avevano raggiunto i requisiti alla data richiesta, si sono visti sfuggire l’opportunità di mettersi a riposo.

Un problema, questo, meno grave di quello degli esodati, ma che mostra comunque quanto sia necessario provvedere alla riforma del sistema pensionistico italiano.

► Risorse in arrivo per gli esodati e per la CIG

Quale sarebbe la soluzione migliore in vista di una riforma delle pensioni?

La soluzione più semplice, e forse anche l’unica, è quella di ristabilire le quote e permettere così a questi 10.000 insegnati di andare in pensione. Il Governo vorrebbe farlo, ma, al momento, non ci sono le coperture finanziarie per farlo.

Aspetti fiscale delle pensioni integrative: aliquote, deduzioni e risparmio

 La previdenza complementare è l’unico strumento che hanno a disposizione la maggior parte dei lavoratori italiani in questo periodo di profonda crisi, che vede il destino dell’Inps e delle principali casse previdenziali a rischio.

 Fondo pensione aperto o PIP: alcuni aspetti da considerare per la scelta della pensione integrativa

I giovani di oggi, così come anche i professionisti e i lavoratori autonomi, non possono sperare su quanto restituirà l’Inps dei contributi versati, quindi non c’è altra soluzione che scegliere e versare mensilmente in un fondo integrativo, che permetterà, inoltre, anche di poter risparmiare sul fisco, grazie alla possibilità di dedurre, entro un certo limite, le quote versate ogni anno.

Le soluzioni a disposizione dei lavoratori italiani per la previdenza integrativa sono due: i fondi pensione aperti e i PIP (Piani Pensionistici Individuali) che comunque sono identici a livello fiscale, in quanto per entrambe le alternative è possibile dedurre dall’imponibile Irpef fino ad un massimo di 5.164,57 euro, con un risparmio fiscale che varia in base al reddito. Vediamo nel dettaglio.

► Possibile destinare il TFR ai fondi pensione

Incidenza sulla dichiarazione dei redditi dei Fondi pensione in base al reddito

Reddito fino a 15.000 euro

L’aliquota applicata per il calcolo dell’Irpef è del 23%, che comporta un risparmio fiscale di 1.187,85 euro.

Reddito fino a 28.000 euro

L’aliquota applicata per il calcolo dell’Irpef è del 27%, che comporta un risparmio fiscale di 1.394,43 euro.

Reddito fino a 55.000 euro

L’aliquota applicata per il calcolo dell’Irpef è del 38%, che comporta un risparmio fiscale di 1.962,53 euro.

Reddito fino a 75.000 euro

L’aliquota applicata per il calcolo dell’Irpef è del 41%, che comporta un risparmio fiscale di 2.117,47 euro.

Reddito fino a 85.000 euro

L’aliquota applicata per il calcolo dell’Irpef è del 43%, che comporta un risparmio fiscale di 2.220,76  euro.

Fondo pensione aperto o PIP: alcuni aspetti da considerare per la scelta della pensione integrativa

 Per chi non ha un contratto a tempo indeterminato, quindi la maggior parte dei giovani lavoratori, insieme a professionisti ed autonomi, ha scarsissime possibilità di riuscire ad ottenere una pensione che possa garantire un adeguato livello di vita in vecchiaia. L’unica soluzione per questi lavoratori, ma anche per tutti gli altri se hanno intenzione di rimpinguare quanto darà l’Inps, è quella di avere una posizione previdenziale alternativa, ossia aderire ad un fondo pensione.

► Aspetti fiscali delle pensioni integrative: aliquote, deduzioni e risparmio

I fondi pensione permettono, infatti, versando una quota variabile in base alla tipologia scelta, di avere un reddito garantito per il futuro. In Italia ci sono due soluzione principali: i fondi pensione aperti e i PIP, i Piani Pensionistici Individuali.

Due soluzioni che non hanno particolari differenze a livello fiscale, in quanto garantiscono entrambi uno soglia di deducibilità, ma che hanno delle caratteristiche strutturali molto diverse che li rendono adatti a diverse categorie di lavoratori.

Tra le principali differenze che si riscontrano è il destinatario dei versamenti effettuati dal futuro pensionato: i fondi pensione aperti sono gestiti da società di gestione del risparmio (SIM) che prevedono diversi piani e linee di gestione, mentre i PIP si possono equiparare a delle polizze assicurative definite in base alle esigenze di ogni singolo aderente.

► Possibile destinare il TFR ai fondi pensione

Altri elementi da considerare nella scelta della pensione integrativa sono i costi di gestione (più bassi nei fondi aperti che nei PIP) e la flessibilità dei versamenti (i fondi pensione aperti permettono di versare solo ciò che si vuole quando si vuole, mentre i PIP hanno un piano di versamenti ben definito).

Inoltre, con i fondi pensione aperti, viene anche data la possibilità di modificare nel tempo la linea di gestione scelta.

Pensioni d’oro: quante sono e quanto costano

 Le pensioni d’oro in Italia non si possono toccare. Lo ha deciso la Consulta: le pensioni d’oro non possono essere oggetto di prelievo di solidarietà, perché sarebbe un atto discriminatorio nei confronti di contribuenti italiani che non ha motivo di esistere.

► Nessun prelievo sulle pensioni d’oro, lo dice la Consulta

La sentenza è nel rispetto delle leggi della Costituzione Italiana, ma c’è da dire che di fronte ad una situazione che vede la maggior parte dei giovani senza un futuro lavorativo e tantomeno previdenziale, sarebbe da rimettere mano all’intero sistema e dargli un impianto più equo.

Il Governo Letta è a lavoro anche su questo, ma nel frattempo, fino a che i lavori di ristrutturazione del sistema pensionistico italiano non saranno terminati (e di tempo ce ne vorrà, visto che non sono ancora iniziati), i lavoratori di oggi continuano a pagare i contributi per il mantenimento delle pensioni d’oro.

Per capire meglio di cosa stiamo parlando, vediamo quanti sono gli italiani che hanno diritto ad una pensione da favola e quanto percepiscono ogni mese, riportando i dati presentati dall’Inps.

Numero totale dei pensionati in Italia: 16.533.152

Pensione media: 1.443 euro al mese (16.300 euro all’anno, comprensiva di tredicesima)

Pensionati d’oro: 882, che hanno una pensione mensile è di almeno 20mila euro al mese (41/42 volte il minimo). In questi 882 pensionati più fortunati, sono compresi anche 291 pensionati super-ricchi (quelli che percepiscono 50 volte il rateo minimo (394mila 900 euro all’anno).

► Gli stipendi d’oro dei dipendenti della Camera

Le altre pensioni superiori alla media nazionale

8.000 pensionati percepiscono più di 10.000 al mese (21 volte il minimo) ma meno di 20mila, con una pensione annua tra i 134mila e i 259mila euro all’anno.

179 mila pensionati hanno un rateo mensile compreso tra la media nazionale e i 10.000 euro (da 10 a venti volte il minimo), portando a casa tra i 65mila e i 134mila euro all’anno.

Quali lavoratori devono iscriversi alla Gestione Separata dell’Inps?

 Per i lavoratori autonomi che non hanno nessuna cassa di previdenza, perché per la loro professione non è previsto un albo o un ordine con la rispettiva cassa, l’Inps ne ha messa una a disposizione, la Gestione Separata.

Cos’è la Gestione Separata dell’Inps?

La Gestione separata è quindi un fondo pensionistico al quale si devono iscrivere i lavoratori autonomi e al quale loro stessi dovranno versare la quota per la copertura dei contributi previdenziali.

La nascita della Gestione Separata risale alla riforma pensionistica Dini (L. 335/95 (art. 2, c. 26) che prevedeva la possibilità anche per gli autonomi senza cassa previdenziale di avere le tutele necessarie.

Chi si deve iscrivere alla Gestione Separata?

In base alla Legge 335/95 e seguenti normative in materia di Gestione Separata, devono iscriversi questa a cassa previdenziale:

– lavoratori autonomi che non hanno una cassa previdenziale; compresi i professionisti con cassa previdenziale se la loro attività non è ascrivibile all’ordine (ingegnere che fa sia lavoro autonomo che da dipendente);

– lavoratori con contratti di collaborazione coordinata e continuativa (c.d. co-co-co);

– venditori a domicilio;

– spedizionieri doganali non dipendenti;

– assegni di ricerca;

– beneficiari di borse di studio per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca;

– amministratori locali;

– lavoratori autonomi occasionali;

associati in partecipazione con apporto di solo lavoro;

– medici con contratto di formazione specialistica (dall’anno accademico 2006/2007);

– Volontari del Servizio Civile Nazionale;

– prestatori di lavoro occasionale accessorio.

Guida alla Gestione Separata dell’Inps

Quali lavoratori devono iscriversi alla Gestione Separata dell’Inps?

I redditi esclusi ed esenti dalla Gestione Separata dell’Inps

Come si calcolano anzianità e contributi per la Gestione Separata

Le aliquote di finanziamento della Gestione Separata

Aliquote contributive e massimali per il 2013

Gestione Separata dell’Inps: aliquote contributive e massimali per il 2013

 L’Inps ha reso noti i dettagli per il calcolo dei contributi 2013 per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata dell’Inps, la cassa previdenziale creata dalla Riforma Dini del 1996 per i lavoratori autonomi e i professionisti per i quali non sono previsti albi e ordini e relative casse.

Aumentano le aliquote della Gestione Separata per il 2013

Quello che si nota dalla circolare dell’Inps è che, rispetto alla scorso, con l’entrata in vigore della Legge Fornero, sono state aumentante di 2 punti percentuali le aliquote ridotte, ossia quelle riservate ai lavoratori autonomi che hanno già un’altra copertura previdenziale e assicurativa.

Per loro un’aliquota al 20% (dal 18% dello scorso anno), mentre rimane invariata l’aliquota piena, pari al 27,72%.

Massimali e minimali di reddito per la Gestione Separata

Per chi è iscritto alla Gestione Separata il calcolo della contribuzione previdenziale si fa in base alle aliquote decise anno per anno dal Governo, che si applicano, però, fino ad una determinata soglia di reddito, che per il 2013 è stato fissato a 99.034,00.

Allo stesso modo, per avere l’accredito dei contributi, il reddito percepito nel 2013 per gli autonomi iscritti alla Gestione Separata è di 15.357,00.

Guida alla Gestione Separata dell’Inps

Quali lavoratori devono iscriversi alla Gestione Separata dell’Inps?

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Come si calcolano anzianità e contributi per la Gestione Separata

Le aliquote di finanziamento della Gestione Separata

Aliquote contributive e massimali per il 2013

 

Le aliquote di finanziamento della Gestione Separata

 La Gestione Separata è la cassa previdenziale dell’Inps dedicata ai professionisti senza un albo o un ordine e la relativa cassa. Destinata a questa particolare categoria di lavoratori, ha delle regole specifiche di funzionamento, soprattutto per quanto riguarda il calcolo del reddito imponibile e la relativa contribuzione all’Inps.

Non prevedendo un minimale di contribuzione – come accade invece per la Gestione degli Agricoltori e dei Commercianti – per gli iscritti alla Gestione Separata l’importo da versare all’Inps si calcola in base a determinate aliquote di finanziamento, che  variano a seconda delle categorie di assicurato, del reddito e della titolarità di ulteriori rapporti assicurativi o pensionistici.

Aliquote di finanziamento della Gestione Separata: piena e ridotta

Dal 2007 queste aliquote sono due (da applicare a qualunque livello di reddito fino a concorrenza del massimale previsto per l’anno di riferimento):

1. aliquota piena, applicata a tutti i soggetti privi di altra copertura previdenziale obbligatoria e non pensionati;

2. aliquota ridotta, applicata ai soggetti già iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria o già titolari di pensione (diretta o indiretta).

Nel caso in cui il lavoratore abbia avuto nell’arco di un anno solare diverse situazioni previdenziali e assicurative, tali da variare la tipologia di aliquota da applicare, il totale sarà la somma dei diversi importi ottenuti dall’applicazione dell’aliquota di riferimento per ogni porzione di reddito.

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Come si calcolano anzianità e contributi per la Gestione Separata

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Aliquote contributive e massimali per il 2013

Come si calcolano anzianità e contributi per la Gestione Separata

 I lavoratori autonomi che si iscrivono alla Gestione Separata dell’Inps, accettano di provvedere autonomamente al versamento periodico dei contributi per maturare la pensione, ma le modalità di calcolo e di accredito dei contributi, essendo la Gestione Separata una cassa previdenziale particolare, sono un po’ diverse da quelle dei lavoratori autonomi.

Reddito e minimale contributivo nella Gestione Separata

Diversamente dalla Gestione Artigiani e Commercianti, per la Gestione Separata non esiste un minimale Inps da pagare, ma a somme che periodicamente viene stimata come parametro per gli artigiani e i commercianti, qui viene assunta come misura di riferimento per la copertura contributiva.

Infatti, la Gestione Separata dell’Inps prevede che i contributi versati vengano accreditati per mesi sulla base dell’importo corrisposto all’Istituto (che si calcola con ad aliquote diverse per tipologia di lavoratore): i redditi che superano il minimale saranno in grado di coprire i 12 mesi di contribuzione, mentre quelli sotto soglia contribuiranno in proporzione al loro importo totale.

In questo secondo caso i contributi versati saranno accreditati a decorrere dal mese di gennaio, indipendentemente dal mese o dai mesi dell’anno in cui i compensi vengono percepiti, tranne che per il primo anno di iscrizione alla Gestione Separata, quando l’accredito contributivo parte con il mese di iscrizione.

Quindi, per la Gestione Separata, diversamente da quanto accade per Agricoltori e Commercianti, non esiste un contributo minimo fisso uguale per tutti ma solo un reddito minimo di riferimento su cui calcolarlo.

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Aliquote contributive e massimali per il 2013

 

I redditi esclusi ed esenti dalla Gestione Separata dell’Inps

 La Gestione Separata dell’Inps nasce per dare ai lavoratori autonomi che non appartengono a specifici albi o ordini di avere una cassa dove poter versare e far maturare i contributi per la pensione e l’assicurazione.

Ma non tutti i redditi possono concorrere alla determinazione dell’imponibile e al relativo calcolo dell’importo da versare all’Inps.

In base al principio di cassa e all’equivalenza tra imponibile fiscale e contributivo, sono esclusi dall’assicurazione nella Gestione Separata, le seguenti tipologie di redditi:

– redditi da lavoro dipendente e assimilati;

– redditi d’impresa;

– redditi diversi.

I redditi esenti dalla Gestione Separata

Dal momento che la Gestione Separata dell’Inps è una cassa assicurativa e previdenziale a carattere residuale, i redditi che hanno già una tale copertura sono esenti. Tra questi ci sono i redditi per i quali si è già contribuito presso altri enti o casse previdenziali o presso altre gestioni pensionistiche Inps.

Con la riforma Dini, inoltre, sono state create apposite casse professionali per professioni che ne erano sprovviste, mentre alcune sono state incluse in quelle già esistenti. Quindi, non devono iscriversi alla Gestione Separata i lavoratori che percepiscono compensi per attività autonome come chimici, agronomi e dottori forestali, geologi, attuari, infermieri professionali, assistenti sanitari, vigilatrici d’infanzia, psicologi, biologi, periti industriali, periti agrari ed agrotecnici, giornalisti professionisti e pubblicisti.

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Aliquote contributive e massimali per il 2013