Fattura semplificata: sempre il codice del cliente

 Il decreto salva infrazioni emanato dal Governo sta mettendo ordine nel settore IVA disciplinando in modo nuovo il ciclo di fatturazione e trasmissione della fattura. L’Italia ha impiegato circa due anni per adeguarsi ad una normativa europea che adesso chiede ai titolari di partita IVA di rispettare le nuove regole già dal primo gennaio 2013.

Abbiamo parlato delle modifiche generali e dei tempi di fatturazione che si sono leggermente allungati, adesso entriamo del dettaglio dell’indicazione dei clienti, visto che il decreto governativo ha praticamente riscritto l’articolo 21 del Dpr 633/72.

La prima cosa da tenere a mente che è diventato obbligatorio indicare il codice della partita IVA del cessionario o del committente. Fino ad oggi, invece, era necessaria l’indicazione soltanto per le cosiddette fatture in reverse charge, o per quelle emesse verso gli operatori comunitari.

Oltre al codice della partita IVA, deve essere indicato il codice fiscale nel caso in cui il destinatario della fattura non agisca nell’esercizio d’impresa, arti e professioni.

Nel decreto salva infrazioni sono state indicate anche le diciture da inserire nel caso in cui non ci sia il classico addebito d’imposta. Sarà infatti necessario indicare se l’operazione fatturata è, a seconda dei casi, non imponibile, non soggetta, esente o sottoposta a regime speciale.

Inversione contabile è invece la dicitura da usare nel caso delle operazioni extraterritoriali.

Ritoccata la normativa sulle fatture IVA

 Il nostro Governo ha varato il cosiddetto “decreto salva infrazioni” ed ha recepito una normativa comunitaria del 2010 che adesso impone di rivedere le regole generali dell’IVA e le regole che disciplinano gli scambi intracomunitari.

La materia è molto complessa e per adeguarsi l’Italia ci ha messo anche un bel po’, parliamo di ben due anni. Adesso è richiesto che ci si adatti alle nuove regole entro il primo gennaio 2013. La normativa introdotta vale per tutti i contribuenti che dovranno modificare il loro comportamento riguardo certificazione delle operazioni e registrazione.

Sulla base della direttiva europea sono introdotte delle regole per la fatturazione e s’inizia a parlare di fatturazione elettronica visto che in futuro tutto dovrà essere gestito elettronicamente.

Per quanto riguarda le operazioni attive, il decreto obbliga i contribuenti IVA ad emettere fattura anche in caso di cessioni o prestazioni non territoriali rese a soggetti passivi debitori dell’imposta in un altro Stato UE. La regola vale anche per le operazioni fatte fuori dall’Unione Europea, a prescindere dal luogo di stabilimento e dallo status del richiedente.

Il legislatore ha approfondito la pratica del ciclo passivo di fatturazione ed è intervenuto sugli aspetti cartolari della fattura, nonché sugli adempimenti collegati alla fatturazione. Per esempio è stata riformata la tempistica e le fatture devono essere emesse entro il 15 del mese successivo a quello dell’operazione.

Più tempo per la fattura IVA

 Il Consiglio dei Ministri del 6 dicembre ha definito le nuove regole sulla fatturazione che dovranno essere rispettate dal primo gennaio 2013 in poi. Tutto nasce dalla Direttiva UE 2010/45 adesso recepita anche dal nostro ordinamento.

Le novità che stiamo per enucleare riguardano sia dei comportamenti consolidati, sia alcune prassi che erano state introdotte tempo fa ma messe a regime solo nell’ultimo periodo.

I tre contenuti della nuova normativa sono la rivisitazione del contenuto della fattura, la nuova disciplina della fattura semplificata e la fatturazione differita per i servizi che deve comunque essere emessa entro il 15 dicembre del mese successivo per le prestazioni che sono riconoscibili con un’apposita documentazione e sono state erogate nei confronti del soggetto, nello stesse mese solare.

C’era stata una forte pressione sul legislatore affinché fosse regolamentate la relazione tra prestazioni rese e ricevute, ultimazione dei lavori e pagamento delle fatture stesse, fosse anche per un pagamento parziale del servizio reso.

Il tempo tra prestazione resa e fatturazione, dunque, si allunga e dal primo gennaio si parla del 15esimo giorno successivo a quello di prestazione del servizio. Una regola valida sia per le fatture, sia per i servizi generici, sia per le cosiddette autofatture.

Non cambia niente per le prestazioni diverse elencate nell’articolo 7-ter del Dpr 633/72.

La frode deve dimostrarla il Fisco

 L’Agenzia delle Entrate ha un bel da fare perché le spetta dimostrare che un contribuente non era a conoscenza della frode perpetrata da altri, davanti a fatture soggettivamente inesistenti.

Se il fisco non riesce a dimostrare questo particolare, se cioè mancano elementi probatori in grado di accusare in modo certo un contribuente di essere consapevole dell’esistenza di fatture false, allora non può nemmeno procedere con la tassazione delle cessioni di beni fatturate fuori campo IVA.

E’ intervenuta per la precisazione la Ctp di Reggio Emilia con la sentenza n. 168/4/2012.

Il fatto. Una società, con delle specifiche lettere d’intento, aveva venduto ad una cartiera dei beni ed emesso per questi delle fatture fuori campo Iva. La cartiera aveva poi venduto la merce ad una terza società con un corrispettivo scontato dell’importo Iva non versato su queste cessioni. La cartiera, secondo l’Erario, è stata coinvolta nella truffa ma da una prima analisi doveva esserlo anche la società venditrice.

Questa però, ha impugnato l’atto nella Commissione tributaria provinciale e i giudici hanno definito che spetta all’amministrazione, di dimostrare che, in assenza di elementi oggettivi, il contribuente fosse a conoscenza che l’operazione poi avviata dalla cartiera fosse un’evasione.

La decisione dei giudici si è inserita sulla scia tracciata dalla Corte di Giustizia dell’UE.

Se hai la partita IVA “risiedi in Italia”

 La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 21380 del 30 novembre 2013 ha ribadito che un soggetto straniero che abbia ottenuto la partita IVA, ha in Italia una sua stabile organizzazione. Il concetto, che sembra molto immediato, non era condiviso a livello normativo.

Il fatto che ha reso necessaria la precisazione è una notifica inviata dall’Agenzia delle Entrate ad una società non residente del nostro paese per negarle il rimborso dell’IVA nonostante la regolare richiesta inviata dall’azienda.

La negazione è stata giustificata dal possesso di un codice fiscale e di una partita IVA italiani. Questi particolari hanno consentito all’Erario prima e alla Corte di Cassazione poi di presumere l’esistenza di un’organizzazione stabile nel nostro paese.

Il che vuol dire che non sono posseduti i requisiti elencati nell’articolo 38-ter del Dpr numero 633 del 1972 che dà diritto ai soggetti non residenti di chiedere il rimborso IVA.

Il rimborso Iva è accordato a tutti i soggetti domiciliati e residenti negli stati membri della Comunità UE nel caso in cui non abbiamo un’organizzazione stabile nel nostro paese. La società coinvolta nella diatriba ha presentato ricorso e ottenuto l’avallo della Commissione tributaria provinciale.

L’Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza e il ricorso è stato accolto dalla Corte di Cassazione.

Aggiornati i quadri dei modelli IVA

 L’Agenzia delle Entrate, prima di archiviare l’anno, ha deciso di pubblicare una serie di bozze di documenti utili ai contribuenti. Nei giorni scorsi è comparsa sul sito la bozza del modello CUD 2013, insieme al “pacchetto IVA” che stiamo per analizzare.

Il pacchetto IVA comprende sia l’IVA 2013, sia l’IVA Base/2013, sia l’IVA 26LP/2013 riservato all’ente o società controllante del gruppo IVA, sia l’Iva 74-bis, sia la Comunicazione annuale dati IVA. Tutti questi modelli, come anche il CUD, non sono in forma definitiva ma possono essere usati già per comprendere le differenze che sussistono rispetto all’anno scorso.

Per esempio nel Rigo VE26 è stato inserito il campo 3 che è dedicato a tutte le operazioni realizzate con il regime dell’IVA per cassa, è stato inserito il campo 3 anche nel rigo VF19 per gli acquisti che i contribuenti che hanno optato per lo stesso regime, hanno effettuato nell’anno.

Se avete la necessità di comunicare l’opzione IVA per cassa, adesso è stato inserito il rigo VO15. Sempre nel quadro VO sono stati inseriti i campi VO33 e VO34 dedicati rispettivamente ai contribuenti che non vogliono avvalersi del regime fiscale di vantaggio riservato ai giovani imprenditori e ai lavoratori in mobilità.

Escluso il quadro VR, la richiesta di rimborso del credito annuale IVA deve essere presentata tramite il quadro VX oppure tramite il quadro RX presente nel modello UNICO per chi presenti la dichiarazione unificata.

20 e 27 dicembre: quali scadenze

 Il 20 e il 27 dicembre ci sono tre importanti appuntamenti con il fisco da ottemperare. Non siamo certo alla fine del mondo, ma sicuramente è molto vicina la fine dell’anno.

La prima scadenza, quella del 20 dicembre, interessa le imprese di assicurazione che devono versare l’imposta dovuta sui premi e sugli accessori incassati nel mese di novembre 2012, con gli eventuali conguagli dell’imposta dovuta sui premi ed accessori interessati nel mese di ottobre.

Il versamento va fatto in modalità telematica tramite il modello F24. I codici tributo da usare sono diversi. Il 3354 riguarda l’imposta sulle assicurazioni per l’Erario, poi dal 3356 al 3361 in modo progressivo si devono applicare i codici tributo per l’imposta sulle assicurazioni RC Auto Province, il contributo al SSN sui premi assicurazione RC auto, RC auto Friuli Venezia Giulia, RC Auto Trento, RC Auto Bolzano e il Fondo di solidarietà per le vittime delle richieste estorsive e dell’usura.

Il 27 dicembre chiama all’appello gli operatori intracomunitari con obbligo mensile per la presentazione degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti di beni intracomunitari e per prestazioni dello stesso tipo effettuate nel mese precedente.

In più devono versare l’acconto IVA relativo all’anno 2012 con il codice 6013 i contribuenti IVA mensili e con il codice 6035 i contribuenti IVA trimestrali.

 

Tutte le tasse del Governo Monti

Il Governo Monti ha spinto molto sulle entrate tributarie erariali, al punto da aumentare di 12.000 miliardi gli introiti nelle casse dello Stato. Le nuove imposte riguardano chi possiede una macchina aziendale, una seconda casa, chi investe i propri risparmi, nonché pensionati, dipendenti, liberi professionisti e imprenditori.

Mario Monti ha pensato a tutti. Le tasse istituite dal suo esecutivo saranno attive a partire dal gennaio del 2013 ed avranno effetto intorno al prossimo luglio. Il rischio è che le prestazioni sanitarie aumenteranno. Il Premier nei giorni scorsi ha lanciato l’allarme in merito.

Ecco, dunque, l’elenco di tutte le imposte previste dal Governo Monti, divise per settori:

TASSA SUI RIFIUTI

Iniziamo da una buona notizia. Non ci sarà più la Tarsu non ci sarà più, ma sarà sostituita da un’altra tassa: la  Tares. Come se non bastasse la Tares costerà molto di più. Va dunque in pensione la precedente imposta relativa ai rifiuti solidi urbani, rimpiazzata da una tassa che ingloba anche i “servizi indivisibili”: illuminazione, sicurezza, strade. La Tares sarà applicabile a tutti gli immobili in ragione di 30 centesimi a metro quadrato elevabili, se sarà il comune a deciderlo, a 40 centesimi. Tutti, dunque, pagheranno la Tares: aziende e proprietari di immobili. Per le aziende, secondo Confcommercio,la Tares rappresenta un aumento medio del 290 per cento rispetto a quanto pagavano precedentemente con la Tarsu.

Confcommercio da alcuni esempi per comprendere meglio i costi della Tares:

“Una pizzeria al taglio di 100 metri quadrati pagava 401 euro che nel 2013 diventeranno 3.038 euro. Un ristorante di 200 metri quadrati passerà da 802 euro a 4.734: quasi sei volte in più. Per quanto riguarda le abitazioni, il rincaro sarà come minimo di 32 euro l’anno, ma il conto finale dipende dall’esosità del comune”.

PENSIONI

Tagli alle pensioni: uno riguarda i poveri, uno i ricchi. Ecco la spiegazione degli esperti:

“Il decreto salva Italia stabilì il blocco della rivalutazione delle pensioni per la parte che supera di tre volte il minimo, cioè oltre i 1.440 euro lordi al mese. Il blocco ha riguardato il 2012 e si ripete nel 2013. E siccome nel 2013 è possibile (diciamo: probabile) che l’iva aumenti ancora, è possibile (diciamo: probabile) che aumenti anche l’inflazione rendendo più pesante la riduzione del potere d’acquisto. Il secondo intervento riguarda, invece, i ‘ricchi’. Chi riceve un assegno annuo superiore ai 90 mila euro pagherà una tassa di solidarietà del 5 per cento per la parte compresa fino ai 150 mila euro; del 10 per cento per la parte compresa tra i 150 mila e i 200 mila euro; del 15 per cento per chi incassa dai 200 mila euro l’anno in su. Certo, per i veri ricchi sarà più difficile gridare all’ingiustizia. L’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, per esempio, incassa ogni mese 31.411 euro, che fanno circa 376 mila euro l’anno, e pagherà un contributo di solidarietà di 26.500 euro circa. L’ex dirigente Telecom Mauro Sentinelli, che invece di euro ne incassa 90 mila al mese (avete letto bene: al mese), pagherà all’incirca 176 mila euro di contributo di solidarietà”.

IMMOBILI

Eccoci a parlare di Imu. Si pagherà lunedì 17 dicembre.

Ecco ci calcoli matematici da fare per capire quale saldo versare se si è proprietari di un secondo immobile:

“Su un’abitazione di categoria A2 e di 110 metri quadrati l’Imu da pagare, ha calcolato la Cgia di Mestre, è di 337 euro. Su una seconda casa dello stesso tipo l’imposta oscilla tra 798 e 1.113 euro. Mentre gli esercizi commerciali pagheranno in media 569 euro in più di quanto pagavano con la vecchia Ici. Gli uffici pagheranno 949 euro in più e le fabbriche addirittura 1.565 euro in più. E questo considerando l’ipotesi che i comuni applichino l’aliquota più bassa, perché se applicheranno quella più alta il proprietario di un capannone viene a pagare qualcosa come 3.844 euro. Inoltre nel 2013 cala il bonus fiscale sulle ristrutturazioni edilizie. A giugno di quest’anno il governo aveva aumentato dal 36 al 50 per cento la quota delle spese deducibile dalla dichiarazione dei redditi. Da giugno 2013 si torna al 36. Scende anche la quota detraibile per gli investimenti a favore del risparmio energetico (come, per esempio, i doppi vetri): dal 55 per cento attuale si passa, dal 1° gennaio, al 50 e poi, dal 30 giugno, al 36 per cento”

AFFITTI

Minori sconti per le case date in affitto. Perché? Perché su 1.000 euro degli euro incassati come canone d’affitto il proprietario precedentemente poteva dedurre dall’Irpef il 15 per cento (e quindi pagava le tasse sull’85 per cento del canone). Dal prossimo anno, però,  la quota deducibile scenderà al 5% e dunque le tasse si pagano sul 95 per cento di quanto si incassa.

TOBIN TAX

Discorso delicato, da affrontare leggendo il parere degli esperti e seguendo il filo del ragionamento:

“La tassa sulle transazioni finanziarie dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2013 (ma i tedeschi, dopo averla sponsorizzata, ora pensano di rinviarne l’applicazione al 2016). Contrariamente a quanto si crede, se venisse applicata anche ai titoli derivati (i titoli di stato ne restano esclusi, ma la discussione al Senato è ancora aperta), non servirà per fare pagare di più le banche e le istituzioni finanziarie, ma rischia di essere una rasoiata sui conti delle imprese. Se da una parte è vero che proprio questi titoli (ipersofisticati e di difficile lettura perfino per chi li vendeva, oltre che per chi li comprava) hanno amplificato la crisi finanziaria scoppiata in America nel 2008, dall’altra è anche vero che sono strumenti utili per le imprese. Facciamo un esempio pratico. Uno dei tanti derivati scambiati in Italia si chiama Schatz e il suo valore dipende dall’andamento di un paniere di titoli di stato tedeschi del valore totale di 110 mila euro e della durata media di 2 anni. Quando un imprenditore vuole proteggere dalle oscillazioni dei tassi d’interesse il proprio debito, che potrebbe aumentare o diminuire il valore proprio in virtù dei tassi di mercato, può andare in banca e comprare uno Schatz: spendendo 360 euro protegge 110 mila euro di debito. Una tassa dello 0,05 per mille sui derivati non verrebbe però calcolata su 360 euro spesi, ma su 110 mila. Quindi per ogni derivato si pagherebbero in tasse 55 euro più altri 55 euro quando lo si vende. Spesso questi derivati vengono comprati e venduti ogni 3 mesi e ciò significa, altro esempio, che se il debito da difendere è di 1 milione, l’imprenditore dovrebbe pagare una tassa annua di 4 mila euro. Risultato: l’impresa fa a meno dei derivati, correndo rischi altissimi, e contribuisce a rendere il mercato finanziario nazionale rachitico alimentando quello dei paesi che hanno regole diverse”.

AUTO

Quello del settore auto è un nodo che preoccupa il Governo e non poco. Monti ha varato ben tre manovre. Chi possiede una sola automobile pagherà di più la tassa sull’auto. Coloro che utilizzano l’auto aziendale ai fini lavorativi non dedurranno più il 40% dal costo del contratto di leasing. Dal gennaio del 2013, infatti, potranno dedurre soltanto il 20%.

In secondo luogo, le aziende che forniscono un’auto ai propri dipendenti non potranno più dedurre il 90 per cento del contratto di leasing. A partire dal prossimo anno potranno dedurre il 20% in meno. Non finisce qui, poiché le novità riguardano anche la dichiarazione dei redditi. Da essa si poteva dedurre il 100 per cento della tassa sulla salute che viene pagata nei contratti Rc. Ma ormai si sa, il  2013 è foriero di novità in tutti i sensi e a tal proposito ci sarà una franchigia di 40 euro sotto la quale non si dedurrà nulla.

IVA E BENZINA

La parola agli esperti:

“L’Italia si è impegnata con l’Europa a chiudere il bilancio del 2013 in pareggio. Come fare? Semplice: il prossimo governo, se non trova in altro modo 4,9 miliardi, dovrà utilizzare la possibilità lasciata aperta dal governo Monti di aumentare in luglio l’iva ordinaria al 22 per cento dall’attuale 21. Si tratta, appunto, di circa 4,9 miliardi prelevati dai consumi degli italiani che farà aumentare i prezzi dei servizi professionali, delle automobili e dei prodotti di elettronica. Ma, soprattutto, farà aumentare il prezzo della benzina, che è già stata tartassata da un aumento dell’accisa di 10 centesimi e da un precedente aumento dell’iva, dal 20 al 21 per cento, a settembre. Attenzione poi: il governo ha previsto di creare un megafondo da 4,9 miliardi per finanziare il trasporto pubblico locale alimentandolo anche con una quota di compartecipazione alle accise iva sui carburanti delle regioni. Tradotto: a ogni regione è stata confermata la facoltà di aumentare le accise sui carburanti”.

 

Si può detrarre l’IVA sui terreni “da costruire”

 Se avete acquistato un terreno che aveva inclusi dei fabbricati e poi li avete demoliti per costruire altri edifici che rientravano in un progetto immobiliare, potete ottenere la detrazione IVA sull’acquisto. Il dubbio che partiva da un’interpretazione erronea della direttiva comunitaria numero 12, è stato chiarito dalla Corte Europea.

La normativa. La legge europea che disciplina l’imposta sul valore aggiunto in merito ad una compravendita di terreni e fabbricati (con l’obiettivo di realizzare un progetto immobiliare) è racchiusa negli articoli 167, 168, 182 paragrafo 2 della direttiva 2006/112/CE.

Il fatto. Una società ha comprato un terreno con dei fabbricati annessi ed ha ottenuto il permesso per realizzarvi un complesso residenziale. A quel punto, interpretando la normativa sull’IVA, durante la dichiarazione annuale, ha chiesto il rimborso dell’IVA pagata per l’acquisto del terreno.

L’Amministrazione finanziaria ha giudicato questa operazione come detrazione d’imposta indebita ed ha inviato un avviso di accertamento. La società ha quindi chiesto l’annullamento dell’avviso e, sentendosi rispondere con un rifiuto ha fatto ricorso al giudice nazionale, il quale, sospeso il procedimento, ha rimandato la pratica alla Corte Europea.

Il pronunciamento. Senza entrare nel dettaglio delle valutazioni della Corte, arriviamo alla conclusione. Secondo i giudici europei, per l’acquisto di terreni con fabbricati annessi, da demolire per la costruzione di un complesso residenziale, si ha diritto alla detrazione d’imposta sull’IVA.

La Cassazione sulla simulazione del credito IVA

 La Corte di Cassazione è stata costretta ad intervenire su un caso di simulazione del credito IVA di una società. La sua decisione è stata perentoria: è un reato di pericolo e non di danno la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte tramite una simulazione di credito IVA prima dell’inizio della riscossione.

La sentenza che legifera in proposito è la numero 45730 del 22 novembre. Riepiloghiamo il fatto.

I rappresentanti legali di alcune società di capitali erano stati indagati per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Il Gip aveva quindi disposto il sequestro preventivo dei beni delle società degli indagati. Il tribunale del riesame ha confermato la sentenza.

La conferma è arrivata dopo aver considerato che la truffa ai danni dell’Erario era stata molto articolata ed erano stati simulati dei contratti di compravendita tra società collegate. Il bene scambiato era un complesso immobiliare, ma in realtà non è stato documentato alcun passaggio di denaro tale da giustificare il credito IVA.

In questo caso specifico era stata simulata anche la riorganizzazione aziendale delle varie aziende per rendere più gestibile la falsa operazione finanziaria ed evitare azioni esecutive dei giudici. Per questo gli indagati, pur colpevoli, hanno fatto ricorso.

La Cassazione lo ha respinto ribadendo la natura fraudolenta dell’operazione.