Iva al 22% sulla gestione individuale del portafogli

 Con l’emendamento fiscale a firma dei relatori Brunetta e Barnetta, a partire dal prossimo anno, i corrispettivi della gestione individuale del portafogli saranno soggetti all’Iva, che potrà potrà essere detratta sui costi concernenti i servizi se si sceglie la contabilità separata. Dal 1° luglio 2013, poi, scatterà anche l’aumento dell’aliquota, che passerà dal 21% al 22%.

L’emendamento mette in atto una sentenza della Corte di giustizia europea del 19 luglio 2012 ( causa C-44/11 della Deutsche Bank) nella quale si legge che la gestione di un portafogli di titoli non può essere esentato dal pagamento dell’Iva se l’istituto che lo gestisce, oltre a fornire la compravendita dei servizi finanziari, fornisce anche analisi e custodia del patrimonio, in quanto si tratta di una attività remunerata.

Secondo l’emendamento dell’articolo 10, primo comma, n. 4) del Dpr 633/1972, viene confermata l’esenzione dell’Iva

per le operazioni relative ad azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e a quote sociali, oltre che a valori mobiliari e a strumenti finanziari diversi dai titoli, incluse le negoziazioni e le opzioni.

Per quanto riguarda la contabilità separata per l’esenzione potrà essere effettuata per

i soggetti che svolgeranno sia il servizio di gestione individuale di portafogli, ovvero prestazioni di mandato, mediazione o intermediazione relative al predetto servizio, sia attività esenti da Iva.

Partita Iva, non ci sarà la ‘Stretta-Fornero’

Elsa Fornero, Ministro del Lavoro, parte piano. L’azione di contrasto delle false partite Iva partirà in maniera soft. I lavoratori che di fatto aprono una posizione Iva per fingere di essere lavoratori autonomi in contesti che in realtà sono di collaborazione coordinata e continuativa o di lavoro subordinato, per il momento non vengono puniti.

Il decreto del Ministero, unitamente alla circolare diramata dall’Ufficio ispettivo dello stesso Ministro Fornero, elenca i casi in cui non si applicherà la presunzione di ‘falsa partita Iva’.

– Qualora la prestazione è svolta da un iscritto a un Ordine professionale;

– Qualora il lavoratore è in possesso di una specifica “competenza”, che (secondo la circolare) può derivare anche dal possesso di una laurea o di un diploma di scuola superiore (liceo o istituto professionale).

I controlli partiranno comunque tra du anni, esattamente il 18 luglio 2014. Perché tutto questo tempo?

Devono per forza trascorrere ben due anni prima che la riforma del lavoro (la cosiddetta legge 92/2012) entri in vigore.

La Riforma ci mette due anni per controllare se sia presente una prestazione di eccessiva prevalenza da parte del lavoratore e resa a un committente soltanto, in esclusiva o in ampissima parte. Lo prevede l’articolo 69/bis. Per ora dunque non ci sarà alcuna Stretta Fornero.

F24, sanzioni e ravvedimento nell’acconto IVA

 L’acconto IVA è un momento molto importante per i contribuenti ma è bene sapere che non tutti sono tenuti al pagamento di quest’imposta, anzi, esistono numerose eccezioni, di cui abbiamo già parlato, approfondendo poi i tre metodi per il calcolo dell’acconto, quello storico, quello previsionale e quello analitico.

Anche per il pagamento dell’acconto IVA è necessario disporre un F24. Una volta fatti i calcoli è necessario versare il tributo in modalità telematica, anche perché si tratta dell’unico modo ammesso. La somma risultante non può essere rateizzata ma può essere compensata con i crediti d’imposta.

Diversamente rispetto alle liquidazioni periodiche, i contribuenti che pagano l’acconto non devono applicare alla stessa la maggiorazione dell’1 per cento. I codici tributo da inserire nell’F24 sono il 6013 per i contribuenti mensili e il 6035 per i contribuenti trimestrali.

Se per un motivo qualsiasi siete in ritardo nel pagamento dell’acconto dovete pensare già al fatto che vi sarà chiesto di pagare una sanzione amministrativa in genere pari al 30 per cento dell’acconto dovuto. La sanzione scende al 2 per cento nel momento in cui si corre ai ripari entro 15 giorni dalla scadenza del pagamento.

Uno sconto sulla penalità è pensato anche per chi corre ai ripari entro 30 giorni dal ricevimento dell’avviso dell’ufficio.

Il ravvedimento operoso, per l’acconto IVA, è previsto a patto che l’irregolarità non sia stata già accertata.

 

Tre modi per calcolare l’acconto IVA

 Per il calcolo dell’acconto IVA da versare oggi, si possono usare tre metodi di calcolo dell’importo da versare tramite il modello F24. Tutto dipende dalle scelte del contribuente che però, in prima battuta, deve capire se è tenuto ad effettuare il versamento o meno.

In un articolo precedente abbiamo preso in esame le eccezioni legate all’acconto IVA ma si può avere uno sguardo completo sull’argomento leggendo l’articolo di FiscoOggi in proposito.

Tornando ai metodi per il calcolo dell’acconto IVA sono tre: il metodo previsionale, quello analitico e quello storico. Partiamo dall’ultimo dei tre.

Il metodo storico. E’ il metodo maggiormente usato dai contribuenti perché si basa sugli importi determinati, desunti dai pagamenti precedenti. L’ammontare dell’acconto è pari all’88 per cento dell’imposta dovuta per l’anno precedente al lordo dell’acconto.

Il metodo previsionale. E’ quello che parte da una serie di supposizioni ovvero da quanto il contribuente pensa di realizzare complessivamente in un anno e la percentuale dell’anticipo è pari all’88 per cento del tributo totale. Sicuramente è indicato per chi pensa di avere un volume d’affari minore di quello realizzato nell’anno precedente.

Il metodo d calcolo analitico prevede che si paghi il 100 per cento dell’imposta e si basa sull’attività effettivamente svolta in un anno, sugli acquisti e le vendite registrati dal primo al 20 dicembre per i contribuenti mensili e dal primo ottobre al 20 dicembre per i trimestrali.

 

Acconto IVA: le eccezioni

 Il termine ultimo per pagare l’acconto IVA è oggi ma c’è sempre qualcuno che si prende qualche giorno in più ed è costretto a fare il ravvedimento, calcolando un interesse in più. Per tutti vogliamo fare chiarezza, con l’aiuto dell’Agenzia delle Entrate, riguardo le eccezioni e i criteri generali dell’acconto IVA.

L’acconto IVA deve essere versato dai contribuenti mensile e trimestrali che periodicamente devono liquidare l’imposta, che nel 2011 risultavano a debito e che nel 2012 sono stati attivi. L’acconto deve essere versato per evitare che poi si aggiungano sanzioni ed interessi.

Non sono esenti da questo appuntamento con l’erario nemmeno coloro che vogliono applicare l’IVA per cassa e che per la prima volta hanno scelto questo regime.

La prima eccezione riguarda l’importo, se non supera i 103,29 euro, non deve essere pagato. Non devono inoltre versare l’anticipo coloro che hanno aperto la partita IVA nel 2012, quelli che hanno cessato l’attività entro il 30 novembre 2012 se sono mensili ed entro il 30 settembre se sono trimestrali.

Non sono interessati dal pagamento dell’acconto nemmeno i soggetti che nella dichiarazione annuale IVA erano a credito, né i titolari di partita IVA che sanno di chiudere a credito anche il 2012. Non devono pagare nemmeno coloro che usufruiscono del regime agevolato, di quello semplificato o i vecchi minimi. Per tutte le altre eccezioni potete consultare il sito FiscoOggi.

L’IVA al 22% incide sulle spese di casa

 Nella legge di Stabilità è stato definito l’aumento dell’IVA dal 21 al 22 per cento a partire dal primo luglio del 2013. Questo provvedimento, che difficilmente sarà messo in cantina dal prossimo governo, mina alla base i consumi degli italiani.

Qualcuno ha parlato di consumi evidenziando che in questa situazione i nostro connazionali spenderanno meno per la spesa, per lo svago, per i beni di lusso. In realtà con un provvedimento come questo aumentano di molto anche le spese per la casa, eccezion fatta per i casi in cui si applicano comunque le aliquote ridotte al 10 e al 4 per cento.

Per tutti gli altri le tariffe saranno ritoccate all’insù. Basta pensare che tutti gli interventi di sistemazione di una casa che coinvolgano i professionisti, saranno sottoposti all’aumento dell’IVA. Per esempio la prestazione di geometri, architetti o ingegneri durante la ristrutturazione, ma anche i compensi corrisposti per l’ottenimento della certificazione energetica.

L’IVA al 22 per cento, che sarà inserita nella parcella di questi professionisti, riguarda anche l’acquisto di oggetti d’arredamento, mobili ed elettrodomestici. C’è invece un po’ di confusione riguardo i lavori veri e propri perché paradossalmente farseli da soli costa di più, visto che all’acquisto dei materiali è applicata l’IVA al 22 per cento mentre le ristrutturazioni rientrano nel campo dell’IVA agevolata al 10 per cento.

IVA, IRPEF E Tobin Tax: cosa cambia per l’Italia

 È stata firmata la legge di stabilità che regala agli italiani un bel pacchetto di aumenti, attivi già dal primo mese del 2013 con un alleggerimento delle buste paga dovuto agli incrementi degli addizionali locali. Ma qual è nel dettaglio la novità in materia di IVA, di IRPEF e tassa sulle rendite finanziarie?

Le prime due aliquote IRPEF, quelle associate ai redditi più bassi, non saranno tagliate come precedentemente promesso. Il fatto è che non ci sono i fondi per sostenere questo tipo d’intervento. Il Parlamento, in più, ha disposto l’aumento dell’IVA di un punto percentuale a partire dal primo luglio 2013.

Il Parlamento aveva intenzione di finanziare gli sconti IRPEF ma l’aumento dell’IVA non sarà sufficiente in tal senso e quindi sono stati approvati soltanto i bonus per le famiglie numerose. Cosa vuol dire? Che a partire dal primo gennaio 2013 per i figli ac carico, siano essi la prole naturale, i figli adottati, affiliati o affidati, ci saranno sconti di 950 euro, dagli 800 previsti l’anno scorso.

Sconti che salgono fino a 1350 euro in caso di portatori di handicap. Per quanto riguarda le regioni, non potranno rimodulare gli addizionali con sconti e detrazioni per il 2013, ma le manovre locali dovranno essere rinviate al 2014.

Per quanto riguarda la Tobin tax si apprende che sarà applicata un’aliquota dello 0,1 per cento per le operazioni sui mercati regolamentati e un’aliquota dello 0,2 per cento per le operazioni sui mercati Otc.

Ne bis in idem non vale nei procedimenti penali contestuali

 Un contribuente che abbiamo prodotto fatture false ed abbia reiterato il reato, può essere giudicato in procedimenti penali diversi per lo stesso reato, nel momento in cui le liti pendono “in diversi gradi del giudizio ed hanno come oggetto documenti differenti”.

L’Agenzia delle Entrate fa il caso di un contribuente per il quale, in due uffici giudiziari distinti, pendano procedimenti diversi per un reato identico di “emissione di fatture o di altri documenti per operazioni inesistenti”.

In genere, se per uno stesso cittadino sono in atto più processi per lo stesso reato, si applica il principio del ne bis in idem, contemplato dall’articolo 649 del codice di procedura penale. Per quanto riguarda il reato di falsa fatturazione, il principio non enunciato non si applica.

Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 47237 del 6 dicembre. Perciò un cittadino per lo stesso reato, se si fa rifermento a documenti diversi, può essere processato anche più volte. Il riepilogo dell’autorità giudiziaria parte dalla considerazione che un articolo del 2000 fa riferimento alla pena di reclusione fino a sei anni per chi evade le imposte sui redditi o l’imposta sul valore aggiunto, oppure rilascia fatture per operazioni inesistenti.

Con l’ampliamento della disciplina fiscale, a farne le spese sono soltanto i contribuenti malintenzionati.

 

Evasione fiscale, una voragine nelle casse dello Stato

 L’evasione fiscale è una delle peggiori piaghe italiane. Secondo il rapporto della Guardia di Finanza mancano all’appello ben 41 miliardi di euro, una cifra desinata a salire con il proseguire dei controlli. Di questi 28 miliardi soldi non denunciati e 13 quelli che, invece, sarebbero finiti in conti correnti esteri.

Per tutto l’anno la Guardia di finanza ha passato al setaccio le attività commerciali italiane riscontrando irregolarità nell’emissione di scontrini o fatture in un esercizio su tre. 7.500 gli evasori totali, ai quali si aggiungono ben 600 milioni di euro non pagati all’Iva.

10.000 denunce per reati tributari, 150 delle quali trasformate in arresto. 375 quelle per frode fiscale e riciclaggio e una segnalazione all’Agenzia delle Entrate di 170 milioni di euro di basi imponibili sottratte all’imposizione fiscale.

Numeri enormi a cui si aggiunge anche la difficoltà per le forze dell’ordine a recuperare il capitale: la GdF ha sequestrato beni per oltre 2 miliardi e 300 milioni di euro, ma ne sono stati incassati solo 900 milioni. I capitali più difficili da recuperare sono quelli che sono stati portati all’estero (per ora le indagini hanno portato ad individuare 2.180 violazioni per un valore pari a 102 milioni di euro, e di sequestrare denaro e titoli per circa 44 milioni di euro).

 

La fattura dice se l’acquisto è privato o per la ditta

 Il recepimento della direttiva europea che disciplina la fatturazione è avvenuto nel decreto salva infrazioni. Il recepimento doveva essere simultaneo in tutti gli stati membri dell’Unione ma l’Italia si è fatta attendere. Adesso le nuove regole dovranno essere rispettate a partire dal primo gennaio 2013.

Una parte della normativa è stata già assorbita ed è attiva dal primo dicembre 2012, giorno in cui sono entrate in vigore le nuove regole sull’IVA per cassa che comunque comportano modifiche sostanziali in relazione ai pagamenti e alla detrazione sugli acquisti del contribuente.

Abbiamo già parlato delle regole generali per l’IVA contenute nel decreto salva infrazioni, abbiamo anche approfondito il tema dei tempi della fatturazione e quello delle indicazioni obbligatorie da inserire. Adesso passiamo a considerare il tipo di operazione IVA.

Uno degli obiettivi della normativa europea, infatti, è quello di qualificare l’acquisto fatto dai clienti, classificandolo sulla base del loro reale utilizzo. Per esempio, in Italia, nel momento in cui un possessore di partita IVA agisce nell’esercizio di impresa, arte o professione, deve usare sempre e necessariamente la partita IVA. Nel caso in cui agisca per acquisti privati deve invece indicare soltanto il codice fiscale. La stessa cosa capita per gli enti non commerciali.

Tutti dovranno sempre indicare se si tratta di un acquisto personale o istituzionale.