La carta di credito per pagare le bollette

 A far partire questa rivoluzione relativa al pagamento delle tasse tramite la carta di credito ci ha pensato Lottomatica che ha deciso di dare la possibilità di pagare utenze e tasse, nei punti vendita, tramite le carte. Un modo come un altro per rateizzare il pagamento dei servizi di cui si è usufruito.

L’inghippo delle carte revolving

Chi possiede una carta di credito, da oggi, può pagare con questa sia le bollette sia le tasse, nonché pagare i contributi previdenziali. La notizia è a dir poco rivoluzionaria ed è stata annunciata da Lottomatica che gestisce un gran numero di punti vendita per il pagamento delle utenze e non solo.

Sparsi per l’Italia ci sono circa 50 mila punti vendita LIS Paga di Lottomatica Italia Servizi in cui è possibile pagare i bollettini senza limiti legati agli importi. Un discorso che è partito con riferimento alle imposte ma è valido anche per i tributi. Il pagamento può avvenire con carta di credito, carta di debito o carta prepagato a patto che siano inserite nel circuito Visa oppure in quello Mastercard.

Meno truffe per le carte di credito

Tutto è stato pensato con l’obiettivo di rendere più semplici i pagamenti dei cittadini e allo stesso tempo ampliare la clientela dei punti vendita. Al momento è già possibile pagare con contanti, bancomat e carte prepagate Lottomaticard.

Usare le carte di credito in Italia è sempre più sicuro

 L’ Italia sta diventando un Paese in cui è sempre più sicuro utilizzare le carte di credito per i propri pagamenti. Il Ministero dell’ Economia e delle Finanze ha infatti recentemente pubblicato un rapporto che dimostra che le frodi relative a questi strumenti di pagamento, nel corso del 2012, sono state pari solo allo 0,019% sul totale dei pagamenti e hanno fatto quindi segnare un calo del 2,8% rispetto al 2011. 

Come difendersi dalle carte di credito revolving

 Le carte di credito revolving sono uno strumento di pagamento che sta trovando sempre una maggiore diffusione in Italia, ma che, a causa delle sue caratteristiche, sta producendo non pochi problemi ai suoi utilizzatori.

Le carte revolving si caratterizzano spesso, infatti, per poggiare su contratti di prestito poco trasparenti e sull’ applicazione di tassi di interesse molto alti, che rasentano il limite dell’ usura (25,2%). 

Carte di credito in co-branding

 Il termine ‘carte di credito co-branding’ è teso all’identificazione di quegli strumenti di pagamento erogati da una banca o da una finanziaria, in collaborazione con un partner commerciale dotato di un proprio sistema di distribuzione e di un marchio affermato e riconosciuto in uno specifico settore.

Le carte di credito co-branded hanno una duplice funzione:

– permettono all’emittente di ampliare il numero dei clienti;

– rappresentano per il partner un efficace mezzo di marketing per la fidelizzazione degli utenti.

Tali carte possono essere sia classiche che revolving: mentre con le classiche la spesa effettuata è addebitata sul conto corrente collegato nella mensilità successiva, con le seconde si ha accesso a dei veri e propri servizi di finanziamento, mediante i quali, è possibile dilazionare a rate il saldo di fine mese.

Quali sono i vantaggi?

Il titolare, in genere, usufruisce di molti vantaggi:

Sconti sul merchandising;

Programmi di fidelizzazione, come ad esempio quelli che prevedono l’accumulo punti per vincere premi;

Sovvenzioni con il partner dell’azienda che sponsorizza il prodotto;

Commissioni e tassi vantaggiosi.

Esempi di carte co-branding

 

Tra le più diffuse sul mercato, evidenziamo quelle emesse in collaborazione con le società calcistiche. Si tratta di carte che, oltre a garantire le agevolazioni sopra elencate, sono prodotte con un design accattivante e, solitamente, sono erogate in edizione limitata, così da aumentare l’appeal sul mercato.

Altro esempio di carte cobranding, sono quelle erogate in collaborazione con famosi marchi commerciali: una delle più diffuse è quella Euronics, che offre particolari agevolazioni sugli acquisti nei negozi collegati a questa catena. In particolare, consente di ottenere tassi agevolati sulla spesa effettuata in tali esercizi commerciali.

Chiudere il conto corrente evitando le brutte sorprese

Si può cambiare conto corrente stracciando il contratto stipulato con la propria banca dopo aver inviato la comunicazione all’istituto di credito che emette il servizio. Fino a qui, ci siamo.

A tal proposito, però, spesso e volentieri si incorre nel rischio di finire in spiacevoli inconvenienti connessi ai costi di gestione che restano il più delle volte sconosciuti al cliente.

Cosa si intende per costi di gestione? Quali sono? Come possiamo evitare le brutte sorprese alla chiusura del conto?

I costi di gestione sono molteplici. Quelli principali, tuttavia, sono:

– Redazione e invio di estratti conto.

– Costi per bonifici, gestione Titoli, uso del Bancomat.

– Commissioni di Massimo Scoperto (interessi passivi).

– Spese per pagamenti e ricariche.

Il pagamento delle spese in questione, addebitate mensilmente o trimestralmente, in base all’istituto di credito vengono sempre calcolate al momento della chiusura e il loro importo non è mai standardizzabile.

Può succedere che la banca stabilisca un forfait di spese gonfiate che vanno a danno del cliente.

Per queste ragioni è altamente consigliato chiedere un aiuto da un consulente competente.

La cosa certa è che tutti i titolari di c/c per estinguere il conto dovranno sborsare:

– Spese inerenti alla gestione del conto per l’ultimo trimestre (o periodo calcolato).

– Bollo per l’invio dell’ultimo estratto conto.In questo caso il consiglio e’ quello di farsi seguire da un consulente di fiducia.

Il presidente Napolitano chiede misure urgenti per sbloccare i pagamenti delle PA

 Dopo l’incontro con il presidente di Confindustria, Giorgio Napolitano ha fatto suo l’appello di Squinzi e ha voluto lanciare un forte messaggio al Governo: la situazione dell’economia italiana è in una fase molto critica ed è necessario prendere dei provvedimenti immediati e mirati per le aziende e le imprese che stanno ancora aspettando i pagamenti delle pubbliche amministrazioni.

► Ancora fermi i pagamenti della PA alle aziende

Quello dei pagamenti delle PA alle imprese è una nota dolente del sistema, come evidenziato spesso negli ultimi tempi da Giorgio Squinzi, maggiormente preoccupato, ora a causa della possibilità, sempre più concreta, di un rinnovato acutizzarsi della crisi delle attività produttive e dell’occupazione.

Una preoccupazione che il Capo dello Stato ha fatto immediatamente sua, tanto da lanciare, poco dopo la fine della riunione, un appello alla politica italiana perché l’economia reale venga posta nuovamente al centro dell’attenzione e, soprattutto, per sbloccare immediatamente i pagamenti delle pubbliche amministrazioni.

► Mancati pagamenti delle imprese italiane a quota 40 miliardi di euro

Considerata l’urgenza di sollevare le imprese da una pesante condizione anche sul piano delle disponibilità finanziarie – dice il presidente della Repubblica in una nota – risultano urgenti misure come quelle volte a rendere possibile lo sbocco dei pagamenti dovuti dalle Pubbliche amministrazioni a una vasta platea di aziende. Queste ed altre misure dovranno essere definite rapidamente attraverso le necessarie intese in sede europea, sollecitate dall’Italia e divenute ormai improcrastinabili.

Pagamenti: un “aiuto” alle imprese

 Un nuovo decreto ufficiale è stato pubblicato in Gazzetta ed interessa tutte le aziende italiane perché legifera sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Il decreto non fa altro che recepire una direttiva comunitaria del 2011.

Cosa succederà dunque a partire dal primo gennaio 2013? Tutti i nuovi contratti tra le aziende e tra le aziende e le PA dovranno rispettare i nuovi termini di pagamento per evitare more, risarcimenti o nullità delle clausole. 

Il pagamento di merci e servizi dovrà essere effettuato entro 30 giorni se non sono stati previsti altri termini, oppure entro 60 giorni se esiste un termine definito nel contratto. Se del contratto fanno parte beni e servizi forniti da un’impresa pubblica o partecipata da Stato, Regioni, province ed altri enti locali, o se fanno parte del contratto enti che forniscono assistenza sanitaria, il termine di pagamento è automaticamente di 60 giorni.

Nel caso di ritardo di pagamento, sono previsti degli interessi sulla somma da versare, calcolati giornalmente, equivalente all’8 per cento della somma da versare, ma le imprese possono anche concordare un diverso tasso d’interesse.

In più, chi fa credito ottiene anche 40 euro come risarcimento forfettario del danno e un rimborso dei costi eventualmente sostenuti per il recupero crediti. Regole specifiche sono state definite per le Pubbliche Amministrazioni. Il riferimento normativo è il decreto legislativo 192/2012.