Fase 2 della riforma del lavoro al via

La riforma del lavoro si può dire conclusa e adesso parte la fase 2 che consiste nel monitoraggio e nella verifica delle modifiche e delle normative introdotte al fine da correggere i provvedimenti e le regole che risultano inefficaci. Ecco il commento di Poletti. 

Riforma del Lavoro – Nuove norme in vigore per disoccupazione e start up

 E’ entrata in vigore il 23 agosto 2013 la Riforma del Lavoro voluta dal Governo Letta (pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge n.99/2013) che apporta nuove modifiche alla legge 92/2012, la Riforma Fornero, per correggerne alcune imprecisioni e colmare le lagune al fine di creare una normativa per il rilancio dell’occupazione in Italia.

La Riforma del Lavoro è entrata in vigore: tutte le nuove norme

La Riforma del Lavoro aggiunge delle nuove norme e prevede ulteriori incentivi e facilitazioni all’assunzione dei disoccupati e per la stabilizzazione dei precari rispetto a quelle già contenute nel Decreto Occupazione, entrato in vigore il 28 giugno 2013 con la pubblicazione in Gazzetta del testo del decreto 76/2013.

Occupiamoci delle nuove norme per la disoccupazione e le start up.

Riforma del Lavoro 2013:  Disoccupazione

I disoccupati che lavorano ma non percepiscono redditi annui superiori a 8.000 euro in caso di lavoro subordinato e 4.800 in caso di lavoro autonomo, manterranno lo status di disoccupazione e i relativi ammortizzatori.

Riforma del Lavoro 2013:  Start Up

La Riforma del Lavoro prevede anche degli incentivi per l’autoimprenditorialità. A beneficiarne le star up, per le quali sono state allentate le maglie della burocrazia e delle restrizioni:  i soci non dovranno più essere obbligatoriamente persone fisiche e mantenere la maggioranza del capitale sociale per almeno 2 anni, mentre la percentuale di spesa in R&S diminuisce al 15% e i 2/3 degli impiegati possono avere una laurea magistrale.

Riforma del Lavoro 2013

Le nuove norme in vigore per contratti a tempo e intermittenti 

Nuove norme in vigore per contratti a progetto, apprendistato e associazione 

Nuove norme in vigore per disoccupazione e start up

 

Riforma del Lavoro – Nuove norme in vigore per contratti a progetto, apprendistato e associazione

 Il 23 agosto 2013 è entrata in vigore la Riforma del Lavoro voluta dal Governo Letta, voluta per incentivare la ripresa del mercato del lavoro in Italia con particolare attenzione alla disoccupazione giovanile.

La Riforma del Lavoro è entrata in vigore: tutte le nuove norme

Con questa legge, e con la precedente legge di conversione del Decreto Sviluppo (decreto n. 76/2013), sono state apportate delle piccole ma importanti modifiche al testo della tanto discussa Riforma Fornero (legge n.92/2012), che mirano a stimolare l’assunzione dei disoccupati e la stabilizzazione dei tanti lavoratori precari, sia con incentivi all’assunzione che all’imprenditorialità.

Vediamo nello specifico quali sono le nuove norme entrate in vigore con la Riforma del Lavoro 2013 in materia di contratti a progetto, di apprendistato e di partecipazione.

Riforma del Lavoro 2013: Contratti a progetto

I contratti a progetto non possono essere utilizzati in caso di lavori esecutivi e ripetitivi (nella precedente normativa si parlava di lavori esecutivi o ripetitivi) e le mansioni del lavoratore devono essere specificate per iscritto nel contratto di assunzione.

Riforma del Lavoro 2013: Contratti di apprendistato

Rimangono invariate le tipologie di apprendistato definite dalle precedenti normative ma con la possibilità di convertire, una volta conseguito, l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, in apprendistato professionalizzante e contratto di mestiere.

Riforma del Lavoro 2013:  Associazione in partecipazione

I datori di lavoro che hanno sul loro libro paga un associato in partecipazione ha la possibilità di assumerlo come apprendista o con contratto a tempo indeterminato con una serie di interessanti incentivi.

Riforma del Lavoro 2013

Le nuove norme in vigore per contratti a tempo e intermittenti 

Nuove norme in vigore per contratti a progetto, apprendistato e associazione 

Nuove norme in vigore per disoccupazione e start up

Riforma del Lavoro – Nuove norme in vigore per contratti a tempo e intermittenti

 Con l’entrata in vigore della Riforma del Lavoro (dopo la pubblicazione del testo della Legge n.99/2013 in Gazzetta Ufficiale il 23 agosto 2013), sono entrate in vigore nuove norme per la regolamentazione del mercato del lavoro italiano con lo scopo di incentivare l’occupazione nel paese, con misure atte all’assunzione e alla stabilizzazione dei giovani.

La Riforma del Lavoro è entrata in vigore: tutte le nuove norme

Poche le modifiche rispetto alla precedente normativa in vigore, la Riforma Fornero (legge n.92/2012), ma piccoli interventi mirati a facilitare l’assunzione dei disoccupati italiani.

Riforma del Lavoro 2013: Contratto a tempo determinato

Due le modifiche principali apportate dalla nuova normativa del lavoro in Italia:

1. il periodo di sospensione tra un contatto e l’altro è stato ridotto a 10 giorni (da 60) per i contratti a termine di durata inferiore ai 6 mesi e a 20 (da 90) per i contratti di durata superiore;

2. il contratto acausale diventa prorogabile fino ad una durata massima complessiva di 12 mesi.

Riforma del Lavoro 2013: Contratto intermittente

I contratti intermittenti possono avere una durata massima di 400 giornate lavorative presso lo stesso datore di lavoro in 3 anni. Sorpassato questo limite, il contratto intermittente diviene automaticamente un contratto a tempo indeterminato. Esclusi da questa norma i contratti di lavoro del settore turistico, dello spettacolo e dei pubblici esercizi.

Riforma del Lavoro 2013

Le nuove norme in vigore per contratti a tempo e intermittenti 

Nuove norme in vigore per contratti a progetto, apprendistato e associazione 

Nuove norme in vigore per disoccupazione e start up

La Riforma del Lavoro 2013 è entrata in vigore: tutte le nuove norme

 Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del testo della Legge n.99/2013 si sono aggiunte nuove norme per la regolamentazione del mercato del lavoro in Italia dopo quelle già entrate in vigore il 28 giugno 2013 con il Decreto Sviluppo (decreto n. 76/2013).

Le principali modifiche della Riforma del Lavoro riguardano quanto già modificato poco più di un anno fa dalla tanto discussa riforma Fornero, anche se le modifiche possono dirsi più formali che sostanziali. Vediamo, quindi, quali sono le nuove leggi che regolamenteranno il mercato del lavoro in Italia, volute dal Governo Italiano per aiutare in questo momento di grande crisi il rilancio dell’occupazione, soprattutto quella giovanile, con incentivi mirati all’assunzione dei precari e misure per a sostegno dell’imprenditoria.

Gli interventi fatti hanno lo scopo di rendere più flessibili i contratti a termine con la riduzione del periodo di pausa tra due contratti con lo stesso datore di lavoro e la Riforma del Lavoro prevede anche la sanatoria per gli associati in partecipazione, con bonus per chi li assume a tempo indeterminato.

Riforma del Lavoro 2013

Le nuove norme in vigore per contratti a tempo e intermittenti 

Nuove norme in vigore per contratti a progetto, apprendistato e associazione 

Nuove norme in vigore per disoccupazione e start up

Le proposte del governo per il rilancio dell’occupazione giovanile

 Giovani italiani sempre meno inclusi nel mondo del lavoro: la disoccupazione giovanile in Italia è alle stelle e il governo ha posto la sua risoluzione come priorità.

A doversene occupare in prima persona è il nuovo ministero del Lavoro Enrico Giovannini che, nella relazione che ha presentato al premier, punta molto in alto: 100 mila nuovi posti di lavoro per i giovani entro la fine del 2013. Ma non solo, nella sua relazione il ministro parla anche di incentivi alle assunzioni, credito di imposta per i salari bassi, politiche più efficaci per il mercato del lavoro e la creazione di un circolo virtuoso tra flessibilità e occupazione.

► Un patto europeo contro la disoccupazione

E’ possibile realizzare un piano così ambizioso in un paese, come l’Italia, che sta affrontando tutta una serie di problemi molto gravi?

Secondo il ministro Giovannini è possibile. Lo si può fare lavorando contemporaneamente su due fronti: da un lato sul fronte europeo e, dall’altro, sul fronte interno con le parti sociali.

Lavorare sul fronte europeo è necessario per ottenere il primo risultato, quello più importante, ossia il reperimento delle risorse necessarie per riuscire a mettere in piedi un progetto realistico per l’occupazione. Il momento cruciale sarà il prossimo Consiglio europeo, quando il governo italiano chiederà all’Unione di non conteggiare le risorse interne che dovranno essere utilizzate per le misure occupazionali nel rapporto deficit/pil che deve rimanere entro il 3%.

Se questo accadrà sarà possibile mettere in campo circa 7 miliardi di euro.

Il ministro Giovannini punta anche ad ottenere la collaborazione degli altri paesi europei che si trovano nelle stesse condizioni: Spagna e Francia. I due paesi, insieme all’Italia, inoltre, mireranno anche ad ottenere una parte del fondo Youth Guarentee –  6 miliardi in tutto da spalmare tra tutti i Paesi Ue dal 2014 al 2020 – con precedenza per quei paesi che hanno un tasso di disoccupazione giovanile pari o superiore al 25%.

Poi si guarda al paese, in cerca di una più proficua collaborazione tra il governo e le parti sociali per rimettere mano alla riforma Fornero. Le prime modifiche che si dovranno fare riguarderanno i contratti a termine e l’apprendistato, poi si dovrà necessariamente intervenire anche sulle pensioni.

► Pacchetto occupazione giovani entro giugno: quali possibili interventi?

In questo caso sarà il requisito anagrafico l’oggetto della discussione: la proposta sul tavolo, al momento, è di lasciarlo invariato ma flessibile. I lavoratori che vorranno andare in pensione potranno farlo anche prima, con penalizzazioni sull’ammontare del rateo mensile, oppure i lavoratori più vecchi potranno passare al part time e rimanere in azienda come tutor o, ultima strada, la possibilità di due assunzioni con contratti atipici per ogni pensionamento di un occupato anziano.

Pacchetto occupazione giovani entro giugno: quali possibili interventi?

 Termine ultimo giugno. E’ questa la scadenza che si è dato il Ministro Giovannini per presentare un nuovo pacchetto di misure per il mercato del lavoro che avrà una particolare attenzione all’occupazione giovanile.

► La proposta di Giovannini per le pensioni: uscita anticipata con penalizzazione

Gli strumenti per far migliorare una situazione sull’orlo della paralisi ci sono, anche se non sono moltissimi, ma il Governo ha a disposizione per intervenire le risorse comunitarie, ovvero i 400 milioni di euro destinati all’Italia dal piano europeo Garanzia giovani.

Il punto di partenza per Giovannini è la situazione attuale dei giovani in Italia: 2,1 milioni di “neet” (giovani che non studiano e non lavorano) e 650 mila giovani disoccupati. Ma il problema non è solo italiano, per questo il lavoro per cercare di trovare il pacchetto di interventi più adatto, che non sarà solo legislativo, sarà fatto di concerto con l’OCSE e con l’Unione Europea, alla quale si chiede di escludere le spese che i governi sosterranno per l’occupazione giovanile dai parametri del patto di stabilità o di deficit.

► Giovannini frena sulla Riforma del Lavoro

I primi interventi che sembra saranno presi in considerazione sono quelli sui centri per l’impiego, definiti come la principale debolezza del mercato del lavoro italiano, e l’allentamento di alcuni paletti che la Riforma del Lavoro del Ministro Fornero ha messo per i contratti a tempo determinato e l’apprendistato, in modo da rendere il ricorso a queste forme di contratto più flessibile e più facile, se non conveniente, per le aziende.

Giovannini frena sulla Riforma del Lavoro

 Il nuovo Ministro del Lavoro Enrico Giovannini frena gli entusiasmi di tutti coloro che si stavano già mettendo al lavoro per una revisione della Riforma Fornero: la Riforma deve, sì, essere modificata, ma occorre cautela nell’intervenire in un programma che solo ora inizia a dare i primi risultati.
► Le modifiche alla riforma Fornero

Quindi, nonostante nel programma del neo premier Letta ci fosse stata fin da subito una revisione della Legge 92, il nuovo capo del dicastero del Lavoro pensa ad un aggiustamento di quello che sembra non andare, ma in modo molto meno profondo rispetto a quanto ci si fosse aspettato.

Enrico Giovannini, dati alla mano, ha parlato di una riduzione della disoccupazione: dopo il grande record registrato nell’ultimo periodo del 2012, il trend disoccupazionale si è stabilizzato – con una sensibile ripresa dei contratti a tempo determinato – il che sarebbe il primo effetto della Riforma voluta dal suo predecessore.

► Letta annuncia modifiche alla riforma Fornero

Inutile, quindi, se non deleterio, pensare ad una revisione profonda della Riforma, soprattutto se queste sarà fatta con provvedimenti di normativa, fiscale o contributiva. Ciò che serve al paese, al momento, è centrare gli obiettivi di crescita, solo in questo modo si potrà pensare a creare nuova occupazione.

Quali sono gli incentivi fiscali per le aziende in caso di assunzione di personale?

 Parliamo ancora di Riforma del Lavoro. La famosa legge 92/2012 che, entrata in vigore dal luglio del 2012, prevede che a partire dal 1° gennaio del 2013 le aziende che assumono nuovo personale possano usufruire di sgravi fiscali e contributivi.

► Guida al contributo per il licenziamento

Sono proprio queste voci, infatti a pesare di più sulla ripresa dell’occupazione italiana in quanto, con il crollo dei consumi e, quindi, del fatturato aziendale, sono diventate un peso insostenibile.

La Riforma del Lavoro ha così previsto delle agevolazioni a carico delle aziende che assumono.

In particolare gli sgravi contributivi previsti sono ad appannaggio delle aziende che hanno assunto persone con più di 50 anni e disoccupate da almeno un anno dopo il 1° gennaio 2013, in misura pari al 50% del totale contributivo dovuto per ogni dipendente e per un massimo di 12 mesi.

Gli sgravi contributivi sono previsti sia per assunzioni a tempo determinato che per assunzioni a tempo indeterminato. Nel caso il lavoratore venga assunto prima con un contratto a tempo determinato e poi normalizzato a tempo indeterminato, l’azienda può usufruire degli incentivi per ulteriori sei mesi.

► Le modifiche alla riforma Fornero

Possono usufruire di questo incentivo anche le aziende che assumono donne (senza limiti di età) che siano disoccupate da almeno sei mesi e residenti nelle regioni del Mezzogiorno e quelle che assumono nelle aree in cui la sproporzione tra uomini e donne sia superiore al 25%.

Guida al contributo per il licenziamento

 Dal 1° gennaio 2013 è entrato in vigore il contributo di licenziamento. Prevista dalla Riforma del Lavoro voluta dal Ministro Elsa Fornero, va di pari passo con l’ASpI.

► Il dramma del lavoro in Italia: 1 milione di licenziati nel 2012

Si tratta, infatti, di una tassa a carico del datore di lavoro che ha lo scopo di finanziare l’ASpI – Assicurazione Sociale per l’Impiego, ossia il nuovo sussidio di disoccupazione che lo Stato versa a favore di tutti coloro che hanno perso il lavoro per motivi diversi dalle dimissioni volontarie del dipendente.

Per l’anno 2013 il contributo di licenziamento è pari a 483,80 euro per ogni 12 mesi di anzianità accumulati dal lavoratore subordinato. Vediamo nel dettaglio la normativa relativa al contributo di licenziamento.

In quali casi il datore di lavoro deve pagare il contributo di licenziamento?

In linea teorica il contributo di licenziamento deve essere versato in tutti i casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro rientri nei presupposti di specie che danno diritto al lavoratore di ricevere l’Aspi, il nuovo sussidio di disoccupazione, anche nel caso in cui, poi, il lavoratore non arrivi a percepirla (ad es. se trova un’altra occupazione).

Nello specifico i casi in cui il datore di lavoro deve versare il contributo per il licenziamento sono:

1. licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo;

2. dimissioni per giusta causa (ad esempio mancato pagamento delle retribuzioni, demansionamento, mobbing etc);

3. interruzione del rapporto di apprendistato se non derivate da dimissioni dell’apprendista;

4. risoluzioni consensuali intervenute nell’ambito del tentativo di conciliazione;

5. trasferimento ad altra sede della stessa azienda, nel caso in cui suddetta sede sia distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore o che comporti l’impiego di un tempo superiore agli 80 minuti, calcolati mediamente con l’utilizzo dei mezzi pubblici, per essere raggiunta dal lavoratore.

► Le modifiche alla Riforma Fornero

Quando, invece, il datore di lavoro non ha l’obbligo di versare il contributo di licenziamento?

Il datore di lavoro non ha l’obbligo di versare il contributo di licenziamento nel caso in cui il rapporto di lavoro venga cessato per:

1. dimissioni volontarie e documentate del dipendente;

2. risoluzione consensuale del rapporto di lavoro (escluse le risoluzioni derivanti da tentativi di conciliazione presso DTL);

3. decesso del lavoratore.

A quanto ammonta il contributo di licenziamento? 

La Riforma del Lavoro prevede che il contributo di licenziamento sia pari al 41% del massimale ASpI.

Per il 2013, questo massimale è di € 1.180,00, quindi l’importo che deve versare il datore di lavoro è di € 483,80 per ogni 12 mesi di anzianità aziendale maturati nell’ultimo triennio (36 mesi), con un massimo di € 1.451,00 per i dipendenti che possono vantare i 36 mesi di anzianità aziendale.

Il contributo viene ricalcolato sulla base dei mesi di effettivo servizio del lavoratore se non si raggiungono i 12 mesi di anzianità, mentre la percentuale da versare non cambia se il lavoratore era impiegato con contratto part-time.

► Vademecum sulla Riforma del Lavoro

Quali sono i termini per il pagamento del contributo di licenziamento?

Il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare il versamento del contributo di licenziamento entro il giorno 16 del mese successivo all’interruzione del rapporto di lavoro. Il contributo deve essere versato in un’unica soluzione.

Specifiche per le risoluzioni di rapporti di lavoro avvenuti nel primo trimestre del 2013

Questa scadenza non si applica alle risoluzioni di rapporti di lavoro intercorse nei primi tre mesi del 2013. In questo caso i datori di lavoro che, come specificato sopra, hanno l’obbligo del versamento del contributo, hanno tempo per farlo fino al 16 giugno 2013 senza rischio di incorrere in sanzioni o oneri accessori per il ritardo nella contribuzione.

Per le interruzioni di rapporti di lavoro intercorse nei primi tre mesi l’importo del contributo da versare sarà inserito nel modello F 24 del mese di maggio, che potrà essere pagato entro il 17 giugno 2013.