Guida al contributo per il licenziamento

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 Dal 1° gennaio 2013 è entrato in vigore il contributo di licenziamento. Prevista dalla Riforma del Lavoro voluta dal Ministro Elsa Fornero, va di pari passo con l’ASpI.

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Si tratta, infatti, di una tassa a carico del datore di lavoro che ha lo scopo di finanziare l’ASpI – Assicurazione Sociale per l’Impiego, ossia il nuovo sussidio di disoccupazione che lo Stato versa a favore di tutti coloro che hanno perso il lavoro per motivi diversi dalle dimissioni volontarie del dipendente.

Per l’anno 2013 il contributo di licenziamento è pari a 483,80 euro per ogni 12 mesi di anzianità accumulati dal lavoratore subordinato. Vediamo nel dettaglio la normativa relativa al contributo di licenziamento.

In quali casi il datore di lavoro deve pagare il contributo di licenziamento?

In linea teorica il contributo di licenziamento deve essere versato in tutti i casi in cui la cessazione del rapporto di lavoro rientri nei presupposti di specie che danno diritto al lavoratore di ricevere l’Aspi, il nuovo sussidio di disoccupazione, anche nel caso in cui, poi, il lavoratore non arrivi a percepirla (ad es. se trova un’altra occupazione).

Nello specifico i casi in cui il datore di lavoro deve versare il contributo per il licenziamento sono:

1. licenziamento per giustificato motivo oggettivo o soggettivo;

2. dimissioni per giusta causa (ad esempio mancato pagamento delle retribuzioni, demansionamento, mobbing etc);

3. interruzione del rapporto di apprendistato se non derivate da dimissioni dell’apprendista;

4. risoluzioni consensuali intervenute nell’ambito del tentativo di conciliazione;

5. trasferimento ad altra sede della stessa azienda, nel caso in cui suddetta sede sia distante più di 50 km dalla residenza del lavoratore o che comporti l’impiego di un tempo superiore agli 80 minuti, calcolati mediamente con l’utilizzo dei mezzi pubblici, per essere raggiunta dal lavoratore.

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Quando, invece, il datore di lavoro non ha l’obbligo di versare il contributo di licenziamento?

Il datore di lavoro non ha l’obbligo di versare il contributo di licenziamento nel caso in cui il rapporto di lavoro venga cessato per:

1. dimissioni volontarie e documentate del dipendente;

2. risoluzione consensuale del rapporto di lavoro (escluse le risoluzioni derivanti da tentativi di conciliazione presso DTL);

3. decesso del lavoratore.

A quanto ammonta il contributo di licenziamento? 

La Riforma del Lavoro prevede che il contributo di licenziamento sia pari al 41% del massimale ASpI.

Per il 2013, questo massimale è di € 1.180,00, quindi l’importo che deve versare il datore di lavoro è di € 483,80 per ogni 12 mesi di anzianità aziendale maturati nell’ultimo triennio (36 mesi), con un massimo di € 1.451,00 per i dipendenti che possono vantare i 36 mesi di anzianità aziendale.

Il contributo viene ricalcolato sulla base dei mesi di effettivo servizio del lavoratore se non si raggiungono i 12 mesi di anzianità, mentre la percentuale da versare non cambia se il lavoratore era impiegato con contratto part-time.

► Vademecum sulla Riforma del Lavoro

Quali sono i termini per il pagamento del contributo di licenziamento?

Il datore di lavoro ha l’obbligo di effettuare il versamento del contributo di licenziamento entro il giorno 16 del mese successivo all’interruzione del rapporto di lavoro. Il contributo deve essere versato in un’unica soluzione.

Specifiche per le risoluzioni di rapporti di lavoro avvenuti nel primo trimestre del 2013

Questa scadenza non si applica alle risoluzioni di rapporti di lavoro intercorse nei primi tre mesi del 2013. In questo caso i datori di lavoro che, come specificato sopra, hanno l’obbligo del versamento del contributo, hanno tempo per farlo fino al 16 giugno 2013 senza rischio di incorrere in sanzioni o oneri accessori per il ritardo nella contribuzione.

Per le interruzioni di rapporti di lavoro intercorse nei primi tre mesi l’importo del contributo da versare sarà inserito nel modello F 24 del mese di maggio, che potrà essere pagato entro il 17 giugno 2013.

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