Europa alla battaglia finale tra austerità e crescita

 L’austerità ha fatto il suo corso? E’ ora di voltare pagina?

Secondo le ultime analisi della Commissione Europea sembrerebbe arrivato il momento che il rigore dei conti lasci spazio a manovre e interventi di più ampio respiro che diano la possibilità all’Europa di ricominciare a crescere.

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Questa battaglia tra rigore e crescita si sta protraendo da troppo tempo e la rigidità sui conti non è certo il miglior modo per far nuovamente girare l’economia. Ma sembra che il momento della svolta sia arrivato e potrebbe concretizzarsi già a giugno, con il prossimo vertice dell’Unione Europea.

I segnali di questa svolta stanno già arrivando: un esempio sono i due anni in più concessi a Francia e Spagna per risanare i conti, un altro potrebbe essere l’uscita dell’Italia dalla procedura di deficit eccessivo (la decisione definitiva arriverà solo a fine maggio).

La parola più importante, come al solito, spetta alla cancelliera Merkel che ha molta voce in capitolo sulle decisioni dell’Unione, ma, visto che ha dato il suo assenso per la Francia e per la Spagna si spera che sarà altrettanto magnanima nei confronti del suo vicino tricolore.

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Oltre questo, anche Olli Rehn ha parlato oggi della necessità di un allentamento di questo rigore che non permette la crescita, ma sempre e solo se i paesi che hanno manifestato i maggiori problemi saranno capaci di mettere in pratica le riforme strutturali richieste.

 

 

Madrid rinvia la questione deficit

 I conti di Madrid sono in rosso e non è certo una novità visto che già da diverso tempo di vocifera che Madrid non sarà in grado di rispettare gli impegni presi con il resto dell’UE.

La Spagna, in questo momento, vista la situazione economica contingente, messa sotto la lente d’ingrandimento anche dalla BCE nel suo report sulle PMI europee, è costretta a rimandare al 2016 il raggiungimento dell’obiettivo sul deficit. La Spagna si era impegnata a fare in modo che il deficit non superasse il 3 per cento del PIL. 

La Spagna non centra gli obiettivi nel 2013

Adesso le stime sull’economia spagnola puntano al ribasso e la maggior parte della situazione è legata all’aumento del tasso di disoccupazione che ha raggiunto livelli record. Il problema occupazionale è condiviso anche dalla Francia, mentre la Germania e il Regno Unito confermano di essere in una fase di ripresa.

Gli opzionaristi analizzano la Spagna prima della crisi

Il fatto di condividere il problema “lavoro” con la Francia, non alleggerisce la situazione spagnola ed evidenzia in modo ancora più netto che c’è una divisione profonda tra il sud e il centro-nord Europa. L’obiettivo del deficit al 3 per cento doveva essere raggiunto nel 2014 e sarà raggiunto invece nel 2016. Per il 2013, invece, il bilancio si chiuderà con un disavanzo del 6,3 per cento.

L’UE divisa sulla questione spagnola e non solo

 L‘Unione Europea soffre in questo periodo delle differenti situazioni economiche in cui versano molti stati che la costituiscono.

Agli occhi degli osservatori internazionali, infatti, non può passare inosservato come si vada sempre di più delineando quella Europa “a due velocità” in cui una parte dei Paesi sono ormai quasi schiacciati dalle politiche di austerity e ne auspicano un rallentamento, mentre dall’ altra vi siano realtà come quelle della Germania e della Gran Bretagna che consolidano la ripresa.

Angela Merkel sul problema dei tassi della Bce

E’ la situazione della Spagna, in particolare, che preoccupa gli osservatori europei, poiché nel corso di quest’ anno ci si aspetta un ulteriore calo del PIL dell’ 1,3% , che si associa anche ad un rinvio, ormai al 2016, della riduzione del deficit al 3% del Pil.

Il quadro della Spagna, dunque, sebbene accettato dall’ Ue, che ha apprezzato i tentativi di riforma e il programma di stabilità, è comunque quello di una situazione difficile, in cui bisogna fare i conti con 6 milioni di disoccupati, recessione economica in atto e sofferente mercato del lavoro.

Rehn e Constancio aprono a un rallentamento dell’austerity

La Spagna, tuttavia, non è l’unica nazione ad aver chiesto delle proroghe sulla riequilibrazione dei conti pubblici: Portogallo e Francia versano in simili situazioni.

Due anni di tempo in più per aggiustare i conti spagnoli

 La Spagna avrà due anni di tempo in più per raggiungere il pareggio di bilancio. Lo fanno sapere da Bruxelles dove i programmi di riforma e di stabilità messi a punto dal governo spagnolo per il paese sono stati accolti con favore. Dal centro nevralgico dell’Unione Europea fanno sapere, inoltre, che il termine ultimo per raggiungere l’obiettivo di rientro del deficit al 3% è spostato di due anni, dal 2014 al 2016.

► Record di disoccupati in Spagna

La richiesta era arrivata dalla governo spagnolo stesso e gli analisti europei hanno deciso di concedere altro tempo al paese onde evitare  misure troppo drastiche che avrebbero potuto, almeno nel breve periodo, creare ulteriori scompensi al paese, che già sta vivendo una situazione al limite del collasso.

Ma il tempo in più concesso dovrà essere fatto fruttare: il paese necessita di portare avanti

un percorso fiscale nel programma di stabilita si basi su ipotesi macroeconomiche prudenti e un numero sufficiente di interventi strutturali e di alta qualità.

► La Spagna non centra gli obiettivi nel 2013

Secondo Bruxelles la Spagna ha le carte in regola per raggiungere l’obiettivo, ma l’ultima parola ora spetta all’Ecofin, il Consiglio dei ministri di Economia e finanze dei Paesi membri.

Record di disoccupati in Spagna

 La Spagna il 25 aprile non festeggia la Liberazione come in Italia, anzi, questo 25 aprile, per i nostri vicini, è stato un giorno tutt’altro che festaiolo visto che sono stati diffusi i nuovi dati sulla disoccupazione. Qualche investitore più malizioso, allora, ha parlato di giorno della disperazione, più che di giorno della liberazione.

Tutti i pareri sull’austerità

I dati diffusi relativi alla disoccupazione, parlando di un nuovo record al quale la popolazione non ha reagito bene, tanto che il parlamento è stato di nuovo assediato. I dati sono riferiti al primo trimestre dell’anno. Il tasso di disoccupazione, in questo ultimo periodo, è passato dal 26,5 al 27,2 per cento.

La Spagna non centra gli obiettivi nel 2013

I dati sono stati raccolti dall’istituto nazionale di statistica del paese. Sembra dunque che più di 6 milioni di spagnoli, oggi, siano alla ricerca di un’occupazione. Quello che sta succedendo in Spagna, è già successo in Grecia e il fatto che si tratti di scenari simili, preoccupa gli investitori e i cittadini, tanto che in molti hanno assediato il parlamento madrileno.

Il problema, infatti, non è soltanto nell’aggravarsi della situazione, ma nelle prospettive che questo paese riesce a dare ai cittadini. Fino alla fine di marzo i dati raccolti sono addirittura sconcertanti. Il governo, tuttavia, si dichiara pronto ad affrontare la situazione, senza sosta.

Cosa non va in Spagna e come uscire dal tunnel

 La crisi spagnola e il punto del FT hanno dimostrato che la Spagna è un paese cruciale per l’Europa eppure è proprio la moneta unica e il far parte di questa realtà sovranazionale a penalizzare il paese a livello economico e finanziario.

Record di disoccupati in Spagna

La situazione del paese è molto critica con il tasso di disoccupazione giovanile prossimo al 50 per cento, le banche in crisi e una serie di decisioni prese dal governo che non convincono affatto gli investitori. infatti il deficit fiscale resta fisso al 6,6 per cento del PIç e il debito nazionale è arrivato al 90% del PIL. La crisi è stata debilitante per il paese che non si trovava davanti ad un’emergenza di pari livello dagli anni Settanta.

La crisi spagnola e il punto del FT

L’ottimismo postfanchista, però, ha lasciato oggi spazio alla riflessione e sembra che gli spagnoli non siano più così sicuri di uscire facilmente dal tunnel. Le banche non riescono a sostenere la ripresa economica e il credit crunch ha messo in ginocchio le famiglie. La protesta della popolazione è stata sintetizzata dalle urla degli indignados che si sono scagliati soprattutto contro la classe politica.

Gli scandali finanziari del premier hanno gettato benzina sul fuoco ma adesso in molti si chiedono se si possa archiviare l’espressione di Ortega “La Spagna è il problema, l’Europa la soluzione” per considerare gli effetti negativi dell’adesione all’euro.

Patto anti-evasione di cinque paesi dell’UE

 Lotta all’evasione. E’ questo il motto di diversi paesi dell’Unione Europea che stanno cercando delle soluzioni per combattere questa piaghe che toglie risorse all’economia reale: da una parte c’è il Lussemburgo che si è detto pronto a rinunciare al segreto bancario, dall’altro l’iniziativa di cinque paesi dell’Unione – Italia, Francia, Germania, Spagna e Gran Bretagna – per la formulazione di un patto per mettere in comune i dati riguardanti le banche dati fiscali.

Il progetto è stato illustrato in una lettera che i ministri dell’economia dei cinque paesi hanno inviato alla Commissione Europea. L’obiettivo del progetto pilota è quello di combattere l’evasione fiscale grazie al rafforzamento dello scambio automatico delle informazioni.

Nella lettera si spiega che l’esempio da seguire è quello degli Stati Uniti, nello specifico del Facta, la legge, risalente al 2010, che permette al governo Usa di accedere alle informazioni su conti bancari, investimenti e redditi all’estero dei contribuenti americani.

L’Europa in questo è ancora indietro rispetto agli Stati Uniti. Da noi è possibile accedere a questa tipologia di informazioni solo su richiesta: quindi i tempi sono lunghi e non è possibile provvedere ad analisi incrociate dei dati atte a scoprire eventuali evasioni o frodi al fisco.

Come si legge nella lettera, i cinque paesi che stanno lavorando al progetto hanno anche intenzione di estenderlo a tutti gli altri membri dell’UE:

Invitiamo gli altri Stati ad unirsi e auspichiamo che la Ue possa diventare leader nel promuovere un sistema globale di scambio automatico di informazioni, rimuovendo i nascondigli per chi cerca di evadere.

La Commissione Europea non poteva che plaudere a questa iniziativa:

L’iniziativa è un chiaro segnale che lo scambio automatico d’informazioni, da lungo tempo lo standard Ue, è l’unica strada da percorrere.

La BCe acquista 103 miliardi di bond

 Per l’esattezza si tratta di una cifra pari a 103 miliardi di euro. Metà, o quasi, di quanto la Banca Centrale Europea ha deciso di elargire a sostegno dei Paesi periferici dell’Eurozona colpiti dalla crisi del debito. Il totale messo a disposizione dall’Smp –Securities Markets Programme– che prevede l’acquisto dei titoli di stato sul mercato secondario da parte della BCE, era di 218 miliardi di euro.

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Alla Spagna sono stati riconosciuti 44,3 miliardi, alla Grecia 33,9, al Portogallo 22,8 e all’Irlanda 14,2. Per quanto riguarda la durata media residua dei debiti dei paesi nei confronti della Banca Centrale Europea, l’Italia rientra nella media con i suoi quattro anni e mezzo, la Grecia è invece il paese  con la durata residua media più breve con tre anni e mezzo.

Tutti i fondi utilizzati per l’acquisto dei titoli di stato provengono dall’Smp, programma iniziato nel 2010 come mezzo di emergenza per il risanamento degli Stati appena dopo l’emergere della gravità dei problemi della Grecia. Il programma sarebbe dovuto terminare nel settembre del 2012, quando sarebbe dovuto essere sostituito dall’Omt, che però non è mai stato avviato.

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Forse un bene per i paesi in difficoltà, dato che l’Omt prevede che i paesi che ricevono aiuto dalla BCE debbano sottoporsi alle condizioni di aggiustamento strutturale fissate dal fondo europeo salva-Stati.

 

La Spagna di oggi preoccupa tutti

 Gli opzionaristi analizzano la Spagna prima della crisi, ma quel che preoccupa è soprattutto il futuro. La disoccupazione che è stata il risultato di una crisi importante del settore creditizio prima e dell’economia in generale poi, preoccupa molto il management, a corto d’idee per la risoluzione del problema.

In Spagna hanno provato a proporre un accordo tra i sindacati che risultava a danno dei lavoratori: molte aziende, infatti, proponevano di lavorare di più, mantenendo immutata la retribuzione, e volevano che questo accordo fosse rispettato per almeno tre anni. Cancellati tutti gli extra festivi, congelamento degli stipendi e 26 ore di lavoro in più in un anno: questo, ad esempio, il diktat del mondo della distribuzione.

 La debolezza dell’Italia, della Spagna e dell’UE

Intanto la disoccupazione cresce e a gennaio c’erano almeno 132.055 persone in più alla ricerca di un lavoro. Il tasso di disoccupazione, in termini percentuali, è aumentato del 2,72 per cento e si è arrivati a contare 5 milioni di disoccupati.

Di fronte a questa situazione è quasi automatico che si possa parlare di impoverimento della popolazione e la Croce Rossa lo conferma. Gli spagnoli, un po’ come gli italiani, non rinunciano alla pizza fuori casa e si scopre così che anche in questo settore il calo dei “viveur” è del 15 per cento circa.

 Questioni insolute e prospettive future dell’UE

Per il futuro le prospettive sono poche visto che il governo, attualmente, deve risolvere i problemi interni legati allo scandalo Rajoy.