Licenziamenti disciplinari, quando è previsto il reintegro?

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Oltre alla nuova normativa relativa al contratto a tutele crescenti, il Dlgs modifica anche il regime sanzionatorio nei licenziamenti disciplinari.

Dopo un lungo dibattito all’interno del fronte di maggioranza, si è giunti a un compromesso: esso fa rimanere la tutela reale del reintegro quando è direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore.

Oggi la legge Fornero, nei licenziamenti disciplinari, contempla la reintegra in due fattispecie:

  • Se è insussistente il fatto contestato;
  • Se il medesimo fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi di lavoro o dei codici disciplinari applicabili.

Le modifiche operate dal Governo operano dunque in due direzioni. Da un lato viene meno il riferimento alle tipizzazioni preenti nei Ccnl. Da un lato si limita l’insussistenza del fatto al solo caso materiale, con esclusione del caso in cui il giudice accerta il fatto materiale ma esclude la sussistenza del fatto giuridico per carenza dell’elemento psicologico. In altri termini, ora, il presupposto per la reintegrazione è costituito dal fatto che sia raggiunta una piena prova dell’insussistenza del fatto contestato. E soprattutto non basta più che la decisione del giudice si fondi sull’insufficienza della prova circa il fatto acquisita per documenti o per testimoni, ovvero sulla possibile sussistenza di una ragionevole forma di dubbio sulla colpevolezza del lavoratore.

Quando di questo si tratta, il lavoratore avrà diritto solamente all’indennizzo.

Il Dlgs specifica inoltre come rispetto all’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore resta estranea ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento. Anche in questo caso l’intenzione del Legislatore è delimitare in maniera più netta l’area del reintegro.

 

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