Befera sulla lotta all’evasione fiscale

 Gli strumenti messi in campo per la lotta all’evasione fiscale sono numerosi. In ultima istanza è stato anche varato il famoso Redditest che dovrebbe portare allo scoperto le situazioni incongrue. Secondo Attilio Befera, però, deve cambiare ancora l’approccio all’evasione fiscale.

Il direttore dell’Agenzia delle Entrate intervenuto in un convegno che si è tenuto a Palermo, nella direzione regionale siciliana dell’Erario, ha spiegato che occorre ripartire dal rapporto tra il Fisco e i contribuenti. Deve essere promosso e rinsaldato un rapporto di fiducia.

Non basta però ottenere il sostegno dei contribuenti. All’unanimità, le forze coinvolte nella lotta all’evasione come l’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, la Guardia di Finanza e il mondo accademico stesso per la parte d’analisi, dicono che deve essere modificato l’approccio al problema.

Ovvero la lotta all’evasione fiscale non può più fondarsi sulla repressione e sulla punizione degli evasori ma va affrontato come un problema di civiltà e per questo è molto importante consolidare anche le azioni preventive.

Le parole di Befera all’apertura del convegno, sono riassuntive:

“L’evasione fiscale non va vista sotto un aspetto meramente economico – ha sottolineato il numero uno delle Entrate – ma va affrontata per quello che è: un problema di civiltà. Parlare di fedeltà fiscale in Italia sembra quasi un’utopia; io, invece, credo che, considerato il lavoro che svolgiamo con tutti gli altri interlocutori qui presenti, sia una speranza. Ci stiamo impegnando perché il rapporto tra cittadini e Fisco sia un rapporto di trasparenza, professionale, un rapporto che per decenni è stato conflittuale. L’altra cosa a cui tengo molto come cittadino è che una parte di quanto viene recuperato sia restituito ai contribuenti virtuosi.”

Principio di cassa anche per gli amministratori

 La Corte di Cassazione, in una recente sentenza, ha legiferato in materia di principio di cassa allargato ad una serie di professioni tra cui rientra anche quella dell’amministratore.

Non esiste una norma particolare che assimila al reddito da lavoro dipendente, i compensi percepiti dagli amministratori, per questo, secondo il legislatore, è divenuta necessaria l’estensione del principio di cassa anche ai compensi degli amministratori.

Il riferimento normativo è il Dpr numero 917 del 1986 che assimila ai redditi di lavoro dipendente anche le somme e i valori che sono percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, nell’esercizio della funzione di amministratori, sindaci, revisori di società, associazione ed altri enti che possono avere o meno personalità giuridica.

Il riferimento normativo è stato riportato dalla Corte di Cassazione nella sentenza del 2012 numero 15241. Sotto la lente d’ingrandimento dei porporati ci sono finiti i compensi dei sindaci, i premi assicurativi, i compensi degli amministratori, ma anche la ricerca, l’addestramento e la formazione, nonché le operazioni di esportazione delle merci.

Non è una normativa “nuova”, ma è molto ben formulata e chiara, così che le conclusioni raggiunte possano essere condivise e messe in pratica fin da subito. Invece che legiferare ex novo, stavolta è stato preferito fare delle assimilazioni, tra l’altro molto pertinenti.

La Cassazione sulla simulazione del credito IVA

 La Corte di Cassazione è stata costretta ad intervenire su un caso di simulazione del credito IVA di una società. La sua decisione è stata perentoria: è un reato di pericolo e non di danno la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte tramite una simulazione di credito IVA prima dell’inizio della riscossione.

La sentenza che legifera in proposito è la numero 45730 del 22 novembre. Riepiloghiamo il fatto.

I rappresentanti legali di alcune società di capitali erano stati indagati per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Il Gip aveva quindi disposto il sequestro preventivo dei beni delle società degli indagati. Il tribunale del riesame ha confermato la sentenza.

La conferma è arrivata dopo aver considerato che la truffa ai danni dell’Erario era stata molto articolata ed erano stati simulati dei contratti di compravendita tra società collegate. Il bene scambiato era un complesso immobiliare, ma in realtà non è stato documentato alcun passaggio di denaro tale da giustificare il credito IVA.

In questo caso specifico era stata simulata anche la riorganizzazione aziendale delle varie aziende per rendere più gestibile la falsa operazione finanziaria ed evitare azioni esecutive dei giudici. Per questo gli indagati, pur colpevoli, hanno fatto ricorso.

La Cassazione lo ha respinto ribadendo la natura fraudolenta dell’operazione.

 

Ok agli acquisti in buona fede

 Molti cittadini, per risparmiare sull’acquisto di una casa o di un altro bene, in genere, prendono parte alle aste, ma in qualche caso questi strumenti si rivelano dei tranelli. O meglio, l’acquirente, in buona fede acquista un cespite pignorato e poi si trova con la famosa gatta da pelare.

Il fisco o meglio la giustizia, arrivano in soccorso dell’acquirente e viene premiata la buona fede espressa nell’atto d’acquisto. La storica decisione è stata presa dalle Sezioni unite civili della Corte di Cassazione attraverso la sentenza 21110/12, pubblicata il 28 novembre. 

L’acquisto di un cespite pignorato, effettuato da una terza persona in buona fede, proprio nell’ambio di un’asta, deve essere premiato e resta valido, nonostante il titolo che giustificata l’esercizio dell’asta, in realtà sia venuto meno.

La buona fede va dimostrata, nel senso che non devono venire fuori collusioni tra gli acquirenti e i creditori e l’asta deve essersi svolta secondo le regole.

L’esecutato, tra l’altro conserva il diritto di ottenere il ricavato dalla vendita ma poi ha la possibilità di chiedere un risarcimento del danno nei confronti del creditore.

Il ricavato della vendita spetta al contribuente che ha anche la possibilità di fare causa ad Equitalia per responsabilità processuale aggravata. Tutte le indicazioni sono state annunciate nei migliori siti dedicati al mondo delle aste immobiliari.

Saldo IMU anche alle Poste

 I contribuenti, in queste ore, hanno appreso che la dichiarazione IMU che doveva essere presentate entro 90 giorni dall’entrata in vigore della relativa normativa può essere presentata anche l’anno prossimo, fino al 4 febbraio 2013, prendono atto invece che il saldo dell’IMU è invariato.

Entro il 17 dicembre, dunque, tutti i contribuenti dovranno pagare la tassa. Per questo, molti giornali si affrettano a fornire ai proprietari di un immobile, le delucidazioni sulle modalità di pagamento. In primo luogo si specifica che dovrà avvenire dietro compilazione di un apposito modello F24.

Il modello è molto simile alla vecchia dichiarazione ICI ma spesso è necessario affidarsi ad un professionista per non sbagliare il conteggio. Nella compilazione dell’F24 è necessario inserire sicuramente i dati anagrafici del contribuente, cioè codice fiscale, nome, cognome, data e luogo di nascita. In più occorre fornire il codice catastale del Comune cui si versa l’IMU.

In ultima analisi occorre indicare la tipologia d’immobile per la quale deve essere pagata l’IMU, vale a dire l’abitazione principale, i fabbricati rurali, i terreni agricoli, le aree fabbricabili e gli altri fabbricati. I fabbricati rurali non erano stati presi in considerazione nel pagamento dell’ICI.

La novità sul pagamento è che si può fare telematicamente anche presso Poste Italiane. Il contribuente ottiene la conferma dell’avvenuto pagamento e tutte le prove vanno conservate in caso di accertamento.

Dichiarazione IMU rinviata a febbraio

 Nonostante i fraintendimenti sorti in questi ultimi giorni, ad essere rinviato non è stato il pagamento dell’Imu ma la consegna della dichiarazione, necessaria soltanto per alcuni tipi di immobili.

La dichiarazione IMU 2012 doveva essere consegnata entro dicembre ma secondo un comunicato del ministero dell’Economia e delle Finanze, questa scadenza è stata posticipata ed ora chi deve presentarla, secondo quanto riportato dall’articolo numero 9, comma 3, lettera b, del Dl 174/2012, ha tempo fino al 4 febbraio 2013.

Tutto rinviato al prossimo anno. La versione attuale della norma, infatti, stabilisce che la dichiarazione deve essere inviata entro 90 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto in cui era stato inserito il modello approvato. Questa pubblicazione è avvenuta il 5 novembre scorso e di conseguenza, la precedente scadenza che era quella del 30 novembre 2012, è stata superata. 

Questo rinvio, l’abbiamo anticipato, non interessa tutti i proprietari di un immobile, ma soltanto quelli che al primo gennaio 2012 dovevano inviare obbligatoriamente la dichiarazione. La rivista dell’Agenzia delle Entrate che tratta approfonditamente il tema della dichiarazione Imu, spiega che comunque i contribuenti possono inviare tutto anche rispettando i tempi ordinari.

Vuol dire che c’è tempo fino a febbraio ma se poi si vuole presentare la dichiarazione entro il 30 novembre, non è certo vietato. In una nota si ribadisce invece che il pagamento del saldo Imu deve avvenire entro il 17 dicembre.

Tassazione per la registrazione degli atti giudiziari

 Le sentenze, i decreti ingiuntivi, le esecuzioni immobiliari e tutti gli atti simili a questi appena citati, rientrano nel grande insieme dei provvedimenti giudiziari che l’Erario ha deciso di snellire. Adesso, quindi, attraverso una procedura telematica, è sufficiente inserire i dati dei provvedimenti giudiziari e si ottiene l’importo da pagare.

Leggi anche: tutto sulla compilazione del modello F23

L’Agenzia delle Entrate non lascia i cittadini soli nel momento della registrazioni dei provvedimenti giudiziari, anche se spesso, ad usufruire del servizio, sono soprattutto gli avvocati delle parti interessate che hanno già una certa confidenza con gli strumenti.

Nell’applicazione è necessario inserire i dati relativi all’ufficio dell’Agenzia delle Entrate competente per la registrazione, l’anno del provvedimento, l’ente emittente, il tipo e il numero del provvedimento. E’ possibile operare una scelta in base ad una lista di possibilità fornita dall’applicazione che però, non suggerisce il numero del provvedimento.

Una volta inseriti i dati il software indica se è stato individuato il provvedimento e quali sono i dati più importanti. Sul sito dell’Agenzia delle Entrate è possibile consultare le tipologie di provvedimenti giudiziari. Di seguito qualche informazione relativa al pagamento.

La registrazione degli atti giudiziari deve essere pagata tramite il modello F23 dove vanno inseriti i dati anagrafici, il codice dell’ufficio che l’utente ha indicato, la causale, gli estremi dell’atto, il codice tributo e l’importo dei tributi stessi.

Modificare l’IMU, forse si può

 Mancano poco più di due settimane alla scadenza del pagamento dell’IMU ma si discute ancora delle proprietà di questa imposta, di come incide sulla ricchezza degli italiani, sulla ripartizione delle quote tra Stato e Comuni e sugli obiettivi generali della tassa.

In un convegno molto interessante, quello di presentazione del quarto rapporto “Gli immobili in Italia”, non poteva essere trascurata la questione dell’IMU, una delle tasse peggio digerite dagli italiani dopo il canone RAI. Il rapporto è stato redatto dal Dipartimento delle Finanze, in collaborazione con l’Agenzia del Territorio.

Si è preso in esame, nel dettaglio, la caratteristica dell’imposizione fiscale sulla casa. A parlare è stata Fabrizia Iapecorella che dirige il Dipartimento delle Finanze ed ha provato a fare un quadro riepilogativo sull’IMU.

Il punto di partenza è la constatazione che prima della reintroduzione dell’IMU tra l’Italia e gli altri paesi dell’OCSE non c’era uniformità dal punto di vista fiscale. Adesso sembra si sia raggiunto un nuovo allineamento ma resta da chiarire l’obiettivo finale dell’imposta.

Se nelle intenzioni del legislatore c’è quella di fornire liquidità ai Comuni, occorre fare attenzione all’IMU che attualmente non finisce del tutto nelle mani degli amministratori locali. Si rende quindi opportuna una rimodulazione dell’imposta che tenga conto anche delle differenze di reddito dei proprietari degli immobili.

La detrazione di 200 euro è interessante ma ha un impatto scarso sulle famiglie con il reddito più basso. In più non è stata posta la questione degli anziani che non hanno figli al di sotto dei 26 anni e quindi non possono ottenere la relativa detrazione di 50 euro.

Le detrazioni IRPEF, un riepilogo

 In questi ultimi anni le detrazioni IRPEF introdotte e confermate sono state numerose e spesso, per un contribuente classico che non abbia un commercialista di riferimento, è molto complicato seguire tutte le novità in vigore.

Proviamo a riepilogare i contenuti delle detrazioni del 36, del 50 e del 55 per cento. A chi spettano, quali sono i requisiti per effettuare la richiesta e quando realmente si applicano?

La detrazione IRPEF può essere richiesta per gli interventi di manutenzione straordinaria degli immobili, per le opere di restauro e risanamento conservativo, per la ristrutturazione di case ed immobili condominiali, per alcuni tipi di manutenzione ordinaria, per l’eliminazione delle barriere architettoniche, per agevolare la mobilità dei portatori di handicap, per evitare gli incidenti domestici, per evitare atti illeciti da parte di terzi, per ricostruire o ristrutturare gli immobili danneggiati da una calamità.

La precedente detrazione del 36 per cento è stata portata al 50 per cento, ma questo aumento è valido soltanto dall’entrata in vigore del decreto e per i lavori fatti fino al 30 giugno 2013. Aumentata anche l’importo massimo delle spese cui si applica la detrazione che passano da 48 a 96 mila euro.

Per quanto riguarda la detrazione al 55 per cento per il risparmio energetico, questa vale ancora per i lavori fatti fino al 31 dicembre, poi è assorbita nella detrazione al 50 per cento per i lavori dal primo gennaio 2013 al 30 giugno dell’anno prossimo.

Le spese che possono essere detratte riguardano l’Iva sulle spese, la progettazione e l’esecuzione dei lavori, l’acquisto dei materiali, la relazione sugli impianti, la certificazione energetica, i sopralluoghi, i diritti per concessioni, autorizzazioni, DIA e permessi vari, i bolli per la documentazione, gli oneri di urbanizzazione e le tasse di occupazione degli spazi pubblici, ad esempio nel caso in cui si usino le impalcature.

Il marittimo che s’imbarca sulle navi straniere

 Capita spesso che un marittimo, iscritto alla gente di mare, che non sia un pescatore autonomo o un armatore, sia imbarcato per guadagnare su navi con bandiera straniera. I marittimi che si trovano in questa situazione, per il fisco, sono dei lavoratori estero-residenti.

L’Agenzia delle Entrate ha provato a chiarire la posizione fiscale di queste persone spiegando che – in linea generale, il reddito del lavoratore dipendente residente in Italia, prodotto all’estero, è regolato dall’articolo 51 del Tuir.

Come di determina il reddito di questi lavoratori? Se l’attività lavorativa è prestata all’estero, in modo continuativo ed esclusivo, per un tempo che deve essere almeno di 183 giorni  nell’arco di 12 mesi, il reddito è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite dal decreto del Ministero del Welfare, senza tenere tenere conto dei compensi effettivamente ottenuti. 

Per il 2012, le retribuzioni convenzionali da prendere come base per il calcolo dei contributi dovuti per le assicurazioni obbligatorie dei lavoratori italiani che operano all’estero si trovano pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 24 del 30 gennaio 2012.

In generale, ricorda FiscoOggi, nel nostro ordinamento è prevista un’esenzione fiscale dei redditi da lavoro prodotti, per l’attività dei lavoratori marittimi imbarcati su navi straniere. E per nave, s’intende qualsiasi costruzione destinata al trasporto per acqua, a scopo di rimorchio, pesca, diporto o altre finalità.