Mercato dell’auto in picchiata

 La contrazione del mercato dell’automobile in Italia che si è verificato in questo 2012 è il più pesante dal dopoguerra: si è tornati a livelli analoghi a quelli del 1979 con un calo del 44% rispetto al periodo prima della crisi.

La caduta delle immatricolazioni e delle consegne è stata costante per tutto l’anno: le immatricolazioni, a novembre, sono state 106.491, con una flessione del 20,1%. Il 2012 si chiuderà con sole 1,4 milioni di auto immatricolate.

Tra i primi rinunciatari all’acquisto di una nuova autovettura sono le famiglie, che, dopo cinque anni di contrazione continua del potere d’acquisto, non solo non possono permettersi di fare un nuovo acquisto, ma hanno delle difficoltà anche a sostenere i sempre crescenti costi di gestione dell’automobile (assicurazioni, bollo, carburante, etc).

Sul mercato regge bene il Lingotto: il gruppo Fiat a novembre ha consegnato 31.666 vetture riuscendo a contener la flessione al 16,60%, con Fiat e Jeep che perdono meno del mercato, mentre Lancia-Chrysler, Alfa Romeo e Ferrari registrano flessioni superiori al 20% e la Maserati arriva fino ad un -83%.

Le stime per il prossimo anno non lasciano ben sperare: infatti,  a meno di interventi mirati e concreti a sostegno della capacità di spesa delle famiglie e del rilancio dei consumi, le immatricolazioni rischiano di scendere sotto i valori di quest’anno (circa 1.360.000).

La trappola del bollettino Imu

Il saldo dell’Imu continua a tenere visibilmente banco. La decisione dei comuni di aumentare le aliquote fa si che l’Imposta municipale unica costerà agli italiani 5 miliardi in più. A dirlo è il Sole 24 ore, il quale afferma:

“Il conto finale della nuova imposta, il cui saldo dovrà essere versato entro il 17 dicembre, sale a 23 miliardi rispetto ai 18 previsti se si fossero applicate le aliquote nazionali utilizzate per l’acconto. Nel passaggio dall’acconto al saldo  i rincari più pesanti riguardano le città del Centro e del Sud dove per 100 euro sborsati a giugno se ne dovranno sborsare 160 al saldo. La fetta più grossa del gettito arriverà comunque dal Nord dove si trova il maggior numero di immobili e di contribuenti”.

Ecco come si è svolta l’Analisi del quotidiano:

“L’elaborazione del Sole 24 Ore è stata effettuata partendo dai dati dell’Agenzia del Territorio e di quelli del dipartimento delle Finanze. Se i comuni avessero lasciato le aliquote invariate il totale dell’Imu sui fabbricati sarebbe arrivato a poco piu’ di 18 miliardi, il doppio dell’acconto. La realtà, però, è che quasi tutte le città hanno alzato l’asticella del prelievo portandola ben al di sopra dello 0,4% previsto per l’abitazione principale e dello 0,76% per gli altri immobili. Ed è proprio partendo dalle aliquote medie decise dai comuni e applicandole agli edifici che risultano iscritti in catasto che si puo’ ricostruire la stime totale del gettito”.

Cosa ne viene fuori?

“Dalla tabella del Sole 24 Ore emerge che dalle abitazioni principali e dalle pertinenze l’acconto ha fruttato 1.680 milioni mentre il saldo richiedera’ 2.660 milioni, 980 in piu’ (+58,3%). Il conto sulle seconde case e’ ancora piu’ salato: si passa dai 2.330 milioni dell’acconto ai 3.860 del saldo, con un incremento di 1.530 milioni (+65,7%)”.

 

 

A Gennaio la riforma delle pensioni

Sarà attiva tra un mese la riforma delle pensioni. Chiesta dall’Unione europea nel 2011, la riforma entrerà in vigore all’inizio del prossimo anno, sulla base dei miglioramenti già avvenuti negli ultimi mesi.

In virtù della riforma lo Stato italiano risparmierà una cifra che si aggira intorno ai 22 miliardi di Euro dal 2013 al 2020. Un ottimo presupposto per alleggerire la crisi.

Gli esperti spiegano così le principali modifiche in seno alla legge:

“Alla base della riforma, che porta quindi molti soldi allo Stato, ci sono l’allungamento dell’età pensionabile e il passaggio al sistema contributivo, mentre prima c’era quello retributivo. Dal 2013, quindi, i lavoratori andranno in pensione con le nuove regole, a parte gli autonomi che hanno aspettato 18 mesi per la finestra mobile. Dal 2013 si andrà in pensione a 66 anni e 3 mesi per gli uomini e a 63 anni e 3 mesi per le donne, che diventano 63 anni e 9 mesi nel caso di lavoratrici donne. Per la pensione anticipata ci vogliono 42 anni e 5 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 5 mesi per le donne”.

Lo Stato tira dunque un sospiro di sollievo, gli  italiani no, come si legge dall’analisi degli esperti:

“Per le donne l’età pensionabile crescerà fino al 2018 per arrivare a essere uguale a quella degli uomini. Per il futuro è previsto anche l’adeguamento della pensione alle statistiche della vita media”.

Gas e Luce, bollette sempre più care

Il trend negativo italiano in merito al carovita delle bollette di luce è gas prosegue. L’Italia è prima in Europa per quanto concerne il costo pro-capite dell’energia. La tassazione elevata contribuisce a mettere in scacco aziende e famiglie.

Gli imprenditori italiani, infatti, pagano a un prezzo salato l’elettricità: intorno al 36,4% in più rispetto alla media dell’Ue. Sborsano inoltre 5,8% in più rispetto ai colleghi europei. Le famiglie spendono tra carburanti, luce e gas, il 5,6% rispetto alla media del resto dell’Eurozona.

I dati provengono da Confartigianato. Il costo dell’energia elettrica per uso industriale è cresciuto del 12,7% per gli imprenditori tra l’anno scorso e l’anno in corso. Rispetto ai rincari del 5,2% registrati nell’Eurozona, l’intensità è più che doppia.

Le tariffe energetiche a carico delle imprese hanno subito negli ultimi dodici mesi un aumento del 30,4%. Nella zona dell’Ue, invece, l’aumento si è fermato a 12 punti di percentuale. Per quanto concerne le imprese il rincaro complessivo tra l’ottobre dello scorso anno e quello in corso è del 13,6%. Nel resto d’Europa si è fermato all’otto per cento.

Rileva Confartigianato:

“Nell’ultimo anno, la bolletta dell’elettricità per usi domestici è cresciuta del 15,9% (a fronte di un rincaro del 5,9% nell’Eurozona), il gas utilizzato dalle famiglie è rincarato del 9,1% (+6,4% nella Ue) e i prezzi dei carburanti sono aumentati del 16,1% (+8,7% nell’Eurozona)”.

 

Monti vuole la riduzione delle Tasse

 Mario Monti vuole ridurre le tasse. Lo ha detto intervenendo presso la riunione degli Stati Generali del Centro-Nord a Verona:

“Non c’è dubbio che occorrerà ridurre la pressione fiscale ma ci sono dei limiti e una dinamica temporale attraverso cui questa cosa sarà possibile. La lotta all’evasione va affinata, migliorata vanno evitati eccessi ma è una guerra che deve proseguire e vorrei che la classe politica avesse un senso di urgenza in questo senso così come per la legge elettorale”.

Monti si è soffermato sulle prospettive economiche e sull’occupazione. Argomento caldo, visto che in Italia c’è una grossa zona di disagio che contempla 8 milioni e mezzo di italiani con il futuro incerto:

“Il mio desiderio è che il 2013 possa essere l’anno di uno straordinario investimento in capitale umano, da parte di tutte le forze del paese, soprattutto per sostenere i giovani. Se lo Stato da solo non ce la fa, non vuol dire che non ce la facciano gli italiani insieme. Proprio sul tema dell’occupazione Monti ha tenuto a precisare che le politiche economiche del governo non sono la causa dei fenomeni negativi che vogliamo rimuovere come la recessione e la disoccupazione. Io sono molto sensibile al problema disoccupazione ma non ritengo che il governo potesse fare diversamente da quello che ha fatto”.

 

8,5 milioni di italiani in difficoltà

Sono più di otto milioni gli italiani in difficoltà. A dirlo è Unimpresa, la quale afferma che

“Ai semplici disoccupati vanno aggiunte infatti, secondo l’associazione, ampie fasce di lavoratori, ma con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi. Si tratta di un’enorme area di disagio viene sottolineato: ai 2,87 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (687mila persone) sia quelli a orario pieno (1,76 milioni); vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time (766mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,39 milioni)”.

5,6 milioni di persone, dunque, sono occupate ma hanno il futuro in dubbio in termini di impiego stabile e retribuzione continua nel tempo. Una zona di disagio ampia, che il Centro Studi Unimpresa ha individuato per effetto dei dati Istat e che in totale ammonta a 8,47 milioni di italiani:

“Il deterioramento del mercato del lavoro non ha come conseguenza la sola espulsione degli occupati, ma anche la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari e il crescere dei contratti atipici. Di qui l’estendersi del bacino dei ‘deboli’.

Il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, ha dichiarato:

“Sono questi i numeri e gli argomenti su cui ragionare per capire quanto sono profonde la crisi e la recessione nel nostro Paese. Serve maggiore attenzione proprio alla famiglia da parte del Governo, soprattutto per chi dopo il voto del 2013 avrà la responsabilità di guidare il Paese. Vorremmo vedere la parola famiglia in cima a tutti i programmi elettorali, ma non solo come slogan per aumentare il consenso”.

 

Imu nuova stangata per le seconde case

 Le tredicesime degli italiani, quei pochi che ancora continuano a percepirle, quest’anno non saranno utilizzate per i regali di Natale o per concedersi una vacanza, ma saranno impiegate, per la maggior parte, per pagare la terza e ultima rata dell’Imu. Secondo un recente studio della UIL, infatti, il saldo dell’imposta sulla seconda casa potrà raggiungere i 1.209 euro, mentre quella per la prima abitazione mediamente sarà di 136 euro, ma si avranno dei picchi fino a 470.

Secondo lo studio, realizzato dalla Uil Servizio Politiche Territoriali con l’analisi delle delibere comunali pubblicate sul sito del ministero dell’Economia, il gettito che arriverà nelle casse dello stato dall’Imu supera di ben due miliardi di euro quanto previsto con il decreto Salva-Italia che l’ha istituita, grazie all’aumento delle aliquote fatto da molti comuni italiani.

Quello in cui il saldo dell’Imu sulla prima casa peserà di più sulle tredicesime è Roma, dove si toccheranno punte di 639 euro, seguita da Milano con 427 euro, Rimini con 414 euro, Bologna a quota 409 euro e Torino, che si ferma a 323 euro.

Per la seconda casa la classifica delle città più care non cambia di molto, con Roma sempre al primo posto con punte di 1.885 euro, 1.793 euro a Milano 1.747 euro a Bologna e 1.526 euro a Firenze.

 

Draghi, cautela su uscita dalla Crisi

 Mario Draghi lo dice chiaramente. L’Europa non è ancora estranea alla crisi. Una piccola ripresa c’è, ma non è sufficiente. La ripresa vera potrebbe iniziare durante la seconda metà del prossimo anno. Il Governatore della Banca Centrale europea ha dichiarato quanto segue a Radio Europe 1:

“Il consolidamento di bilancio a medio termine è inevitabile. E’ vero che il consolidamento di bilancio produce a breve termine una contrazione dell’economia, ma è inevitabile. Riguardo alla decisione delle agenzie di rating di togliere la tripla A a Parigi, Draghi nota che, sebbene non abbia avuto un grande impatto sui costi di finanziamento, si tratta di segnali che “vanno presi in modo serio. C’è di più. Alcuni paesi dell’Eurozona hanno vissuto in un mondo di favola, sottostimando gli squilibri come il deficit e il debito che in alcuni Paesi sono stati ritenuti sostenibili per anni per poi rivelarsi insostenibili”.

A chi si riferisce Draghi?

Quello che è certo che in una tale cornice la Bce dovrà impegnarsi molto:

“La Banca centrale europea farà tutto il necessario per preservare l’euro perché è pronta ad intervenire con lo scudo antispread se necessario e se i Paesi sottoscrivono le condizioni. I paesi dell’Eurozona, però, devono imparare a condividere la sovranità, a partire dall’unione bancaria, la quale deve essere applicata a tutte le banche per evitare una frammentazione del settore bancario”.

In merito a Italia e Francia, Draghi si concentra sulla necessità di riforme che rendano meno duro il mercato del lavoro:

“Sono fondamentali. Squilibri macroeconomici su larga scala tra i Paesi membri possono diventare una seria minaccia alla stabilità dell’Eurozona”.

Stangata sugli enti privatizzati

 Restano nell’elenco dell’Istat relativo alle amministrazioni pubbliche, le Casse di previdenza dei professionisti contemplate nel conto economico consolidato dello Stato.

Così ha stabilito la sesta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza 6014, che è stata rilasciata mercoledì e che ha ribaltato di fatto le disposizioni del Tar del Lazio. La legittimità dell’inserimento nell’elenco anche della società Coni Servizi e le Autorità amministrative indipendenti è stata confermata:

Così il Consiglio di Stato:

“La privatizzazione degli enti avvenuta nel 1994 ha lasciato immutato il carattere pubblicistico dell’attività istituzionale di previdenza ed assistenza svolta dalle casse che conservano una funzione strettamente correlata all’interesse pubblico, costituendo la privatizzazione una innovazione di carattere essenzialmente organizzativo”.

I giudici giungono a questa conclusione tenendo presente e notando che gli enti previdenziali conservano:

– l’obbligatorietà dell’iscrizione e della contribuzione;

– la natura di pubblico servizio;

– il potere di ingerenza e di vigilanza ministeriale;

– il controllo della Corte dei conti.

Inoltre, prosegue il Consiglio di Stato

“Il finanziamento connesso con gli sgravi e la fiscalizzazione degli oneri sociali, insieme alla obbligatorietà della iscrizione e della contribuzione previsti dal Dlgs 509/1994 valgono a configurare un sistema di finanziamento pubblico, sia pure indiretto e mediato attraverso risorse comunque distolte dal cumulo di quelle destinate a fini generali”.

Passi in avanti sulla Delega Fiscale

In questi giorni si discute a spron battuto di Delega Fiscale. Lo fanno Squinzi, Grilli, Befera e tutti coloro che provano a migliorare la legge in questione. Nello specifico il Ministro Vittorio Grilli, durante la presentazione al Cnel del libro ‘Il salasso’ di Dino Pesole, ha dichiarato:

“Il salasso c’é, ma c’é anche l’altra faccia della medaglia, quella di una spesa pubblica importante. E fino a che non decidiamo veramente il percorso della spesa pubblica strutturale, finché non ci si mette mano in maniera decisa, parlare di riduzione del carico fiscale é una illusione”.

Grilli si sofferma anche su deduzioni e detrazioni:

«Sono parte della spesa pubblica, come sussidi, parte dell’erosione. Man mano si restringe la base imponibile ed é difficile poter pensare di abbassare le tasse. Sarebbe meglio gestirle attraverso il sistema del welfare come trasferimenti diretti dallo Stato e si semplificherebbe anche il sistema».

L’obiettivo è dunque quello di semplificare il sistema. Grilli parla della delega fiscale, fiducioso del fatto che supererà l’esame del Senato. Il Ministro auspica che venga approvata rapidamente perché crea un le seguenti condizioni lavorative:

«Si tratterebbe di un modello più semplice, ex ante, e rafforza i controlli senza essere oppressiva ex post».