Esuberi Benetton

 In questi giorni si parla molto della crisi che ha colpito Electrolux, multinazionale svedese specializzata in elettrodomestici. Una situazione simile, se non altro per quanto concerne i tagli che verranno, interessa l’italiana Benetton. Per la prima volta, il progetto di trasformazione reso pubblico dall’azienda non è stato approvato dai sindacati, che lo hanno interpretato come una “mazzata senza precedenti”.

Il piano contempla ben 450 esuberi, 228 dei quali sono situabili nelle sedi di Ponzano Veneto e Castrette di Villorba. Gli altri 280 sono relativi ad assunzioni diffuse in tutta Italia nella rete vendita.

Crisi?

Il totale degli esuberi è decisamente maggiore rispetto alle indiscrezioni. Inizialmente si parlava di un centinaio di addetti interessati ai tagli. Oggi invece si scopre che l’azienda potrebbe usare le maniere forti, inaspettatamente. Il taglio dovrebbe andare a colpire più di cento di sviluppatori di prodotto. I rimanenti operatori sotto contratto che rischiano il posto sono invece tecnici e impiegati.

Un numero simile di lavoratori dovrebbe essere “tagliati” nelle varie filiali fuori dall’Italia. Benetton ha anche dichiarato apertamente che ha intenzione di rescindere i contratti di fornitura a fronte di 135 laboratori terzisti, soprattutto di quelli locati in Veneto.L’amministratore delegato  Biagio Chiarolanza, al quale è stata affidata la rimodulazione degli organici, ha dichiarato che la misura “non era più rimandabile” se si voleva provare ad effettuare un rilancio dell’azienda a lungo termine.

Le difficoltà del gruppo che ha segnato la storia dell’abbigliamento Made in Italy, nell’ultimo anno, sarebbero connesse in particolar modo alla flessione dei consumi in paesi come l’Italia e la Spagna. Due mercati importantissimi nel contesto del fatturato tradizionale di Benetton.

 

Crisi Electrolux

 Finiscono nel baratro della crisi anche due grosse aziende come Electrolux e Benetton, mettendo a repentaglio dunque il Nord. Si tratta, quasi, di una prima volta.

Per quanto concerne Electrolux, multinazionale svedese Electrolux, nella giornata di oggi sono stati annunciati dai sindacati a Mestre ben 1.129 esuberi in quattro filiali italiane del gruppo.

Esuberi

Nello specifico gli esuberi sono così suddivisi: sono 295 esuberi nello stabilimento friulano di Porcia (in provincia di Pordenone), 373 nello stabilimento di Susegana (in provincia Treviso), 200 nell’area produttiva di Forlì e 261 a Solaro (in provincia di Milano).

Il numero complessivo ingloba 597 esuberi che dovranno essere smaltiti. Succederà con l’attivazione del piano di ristrutturazione del 2012. Vi sono poi degli esuberi già individuati per il triennio 2013-2015, in virtù dei dati di vendita che fanno registrare una drastica riduzione sulle vendite all’interno del mercato europeo.

Prossimo aggiornamento

Il segretario Fim per il Friuli Venezia Giulia, Cristiano Pizzo, ha dato alle parti appuntamento al mercoledì 20 febbraio, per un ulteriore aggiornamento. In quella data si entrerà nel merito della gestione degli esuberi.

Intanto, Electrolux ha dichiarato che non farò ricorso ai licenziamenti. Nel contempo i sindacati vorrebbero proporre la soluzione dei contratti di solidarietà.

Crisi

L’annuncio della crisi in cui versa la multinazionale specializzata in elettrodomestici era stato già dato durante la settimana scorsa. A rilevare le difficoltà erano stati i dati mondiali sulle vendite.

Daiti

Electrolux ha fatto registrare un quarto trimestre 2012 da record, comprensivo di un tasso di crescita del 7,5% che si inserisce in un incremento totale annua del 5,5%, in virtù delle performance di Nord America e America Latina, le quali danno il 50% del fatturato. In aumento anche l’Asia e i mercati emergenti; ma sul conto finale pesava la nota stonata dell’Europa, con le vendite in decisa flessione.

Italia teme Bilancio Ue

 L’Italia ha paura. Potrebbe tornare a pezzi dal Parlamento europeo, dopo il meeting atto a fornire il bilancio Ue 2014-2020.

Appaiono ancora parecchio lontane le posizioni dei Paesi membri circa negoziato già andato male durante il novembre dello scorso anno.

Il premier uscente Mario Monti, mettendo in evidenza il fatto che l’Italia si configura come il primo contributore nel 2011, ha scelto un accordo più trasparente ed equo, ma dovrà scontrarsi coi leader dell’Unione, ruolo che di fatto spetta da qualche tempo a Germania e Gran Bretagna,. Sono queste le due Nazioni alla guida del fronte dei tagli.

L’accordo

Non sarà una passeggiata trovare la giusta intesa. L’Italia rischia dunque di gravare molto all’Unione. Porta un peso ingombrante il nostro Paese, se si pensa che siamo dinanzi a un saldo negativo di 22 miliardi di euro. E’ ciò che viene fuori contemplando impegni e spese negli ultimi cinque anni. Dal 2007 al 2011 l’Italia ha lasciato in Europa questa somma, che corrisponde più o meno al gettito atteso dall’Imu.

Il confronto con Francia e Regno Unito

Si tratta di 2 miliardi in meno della Francia, la quale però vanta un reddito nazionale superiore di un quarto al nostro. Si tratta inoltre di 5 miliardi in meno rispetto al Regno Unito, il quale ha però un Pil maggiore del 10% rispetto al Belpaese.

Così nel 2005

Otto anni fa l’Italia si salvò sul filo della sirena, strappando all’ultimo minuto 1,4 miliardi per i “Fondi strutturali” e ottenendo dunque la possibilità di effettuare investimenti nelle le aree più disagiate, nonché altri 500 milioni per lo sviluppo rurale.

Fusione American Airlines – Us Airways

 Prende corpo l’ipotesi di una fusione tra le compagnie American Airlines e Us Airways, che se andasse in porto rappresenterebbe la nascita della più grande compagnia aerea al mondo. Basti pensare che si raggiungerebbe una capitalizzazione di mercato di oltre 10 miliardi di dollari.

Il matrimonio tra i due colossi, sul tavolo delle trattative da diversi mesi,  sembra ormai prossimo. Manca veramente poco e c’è chi sostiene che l’accordo potrebbe concretizzarsi già la prossima settimana. Il giorno perfetto per questo amore? Beh, il 14 febbraio, naturalmente. Battute a parte, probabilmente tutto si farà proprio venerdì prossimo, in pieno stile San Valentino.

Dettagli

Il Wall Street Journal ha menzionato alcune fonti  illustri che parlano di un accordo interno per scambio titoli. A coloro che aspettano soldi da American Airlines, compagnia aerea attualmente in bancarotta, andrebbe il 72% della società che nascerà dall’unione. Agli azionisti di Us Airways rimarrebbe dunque il restante 28%.

La nuova compagnia avrebbe ancora il nome American e manterrebbe in Texas il suo quartier generale. I consigli di amministrazione delle due compagnie non sono ancora stati chiamati a rapporto per giudicare tutti i dettagli di questo matrimonio, ma in casa American Airlines si starebbe già sondando la disponibilità di tutti per scegliere il giorno del summit.

Trattative

Le trattative sembrano essere agli sgoccioli e sono portate avanti dall’amministratore delegato di American Airlines, Tom Horton, nonché dal numero uno di Us Airways, Doug Parker. Con loro si muove un esiguo numero di analisti che hanno il compito di valutare i dettagli finali prima che l’affare si concretizzi.

Germania aumenta contributo all’Ue

 La Germania vuole essere più utile all’Europa. Per questa ragione, Angela Merkel ha pensato di aumentare il contributo della Nazione al bilancio dell’Unione. La cancelliera federale ha preso questa decisione a qualche giorno di distanza dalla riunione con il presidente del Consiglio Mario Monti e con il leader del Pd Pierluigi Bersani tenutasi a Berlino.

Lo ha fatto inoltre nelle stesse ore in cui volava a Parigi per un vertice informale con il presidente francese, François Hollande.

Questo è un anno difficile per Italia e Germania, che si preparano alle elezioni. E’ inoltre un anno difficile per l’area dell’Euro, sempre più soggetta alla crisi.

L’alleanza con le sinistre

Così, colei che è considerata la donna più potente del mondò pare voler fornire segnali di concessioni all’esecutivo di sinistra francese e alle forze politiche italiane filo-europeiste che intendono camminare sul sentiero delle riforme, dei tagli e dei sacrifici in virtù della salvezza della moneta unica e dell’Ue stessa.

La conferma da Berlino

Fonti Governative fanno sapere direttamente da Berlino che “il contributo del Paese al bilancio europeo aumenterà, e questo è anche opportuno per ragioni di solidarietà”.

La prospettiva di un grande compromesso tra le principali forze politiche europee, indipendentemente dal loro colore, prende corpo sempre di più.

La BCE non cambia il costo del denaro

 Il presidente delle Banca Centrale Europea Mario Draghi ha parlato chiaro: le previsioni fatte dal suo istituto sulle condizioni dell’economia dell’Eurozona si stanno verificando e, quindi, non c’è alcun motivo per modificare la politica monetaria fin qui messa in atto.Una politica che resterà accomodante, in quanto le prospettive di crescita restano deboli e l’uscita dalla crisi presenta ancora dei rischi che rappresentano le priorità della BCE.

► Come Draghi ha cambiato la BCE

Secondo Draghi il tasso di inflazione scenderà sotto al 2% nei prossimi mesi ed è per questo che la BCE ha deciso di lasciare invariato allo 0,75% il costo del denaro, una decisione che lo scopo preciso di dare un ulteriore sostegno alla crescita, che farà vedere i primi risultati a partire dalla seconda metà dell’anno in corso.

A dare linfa vitale all’economia saranno l‘aumento della domanda interna e più in generale della domanda globale, il tutto a favore delle esportazioni, anche se resta ancora da vedere come agire nei confronti dell’apprezzamento dell’euro, che, se da un lato è un chiaro segno di fiducia da parte dei mercati, dall’altro potrebbe rendere sfavorevole il cambio.

► Una panoramica sull’andamento dell’euro

Draghi ha così risposto, anche se in maniera indiretta, alle osservazioni di Hollande che chiede una maggiore flessibilità della politica di cambio della BCE, ribadendo, inoltre, che la Banca centrale è un organismo indipendente.

Mutui prima casa per giovani coppie: le semplificazioni in arrivo

 I requisiti per ottenere un mutuo dalle banche, soprattutto nel caso in cui si tratti di giovani coppie, sono davvero stringenti e, di fatto, impediscono ai più di poter realizzare questo sogno. Troppi paletti nel Fondo per l’accesso al credito da parte delle giovani coppie, che il Governo sta cercando di eliminare con degli interventi mirati.

► In Italia la casa è il bene più tassato

Gli interventi sui quali si discuterà prendono atto delle maggiori difficoltà che incontrano i giovani soprattutto in un momenti di crisi economica come quello attuale. Il primo passo per rendere più facile l’accesso al credito per le coppie under 35 è l‘adeguamento dei tassi ai prezzi attuali di mercato, per cui i finanziamenti andranno sottoscritti con un tasso massimo non superiore al tasso effettivo globale medio sui mutui.

In secondo luogo si eliminerà il vincolo al possesso almeno per il 50% di un reddito da lavoro dipendente e a tempo indeterminato per poter accedere al mutuo. In questo modo il reddito complessivo ai fini Isee passa da 35.000 a 40mila euro e non ci sarà più la limitazione del 50% da lavoro dipendente. Si espandono anche i limiti sulla metratura della casa, che passano da 90 a 95 mq di superficie utile.

► Ipoteca, istruttoria e notaio nei contratti di mutuo

L’ultimo provvedimento che i Governo vorrebbe prendere per il Fondo per l’accesso al credito da parte delle giovani coppie è di impedire alle banche di chiedere ulteriori garanzie non assicurative ai giovani futuri mutuatari.

Atene mette in vendita i suoi immobili di lusso per pagare i suoi debiti

 La Grecia è stato il paese europeo che più ha risentito della crisi. Per risollevare le sorti della sua economia ha chiesto aiuto all’Unione Europea e al Fondo Monetario Internazionale, che hanno concesso, di comune accordo ma non senza polemiche- di concedere ben due tranche di aiuti al paese.

Nuova tranche di aiuti per la Grecia

Come tutti i prestiti anche questi devono essere restituiti e la Grecia, non essendo riuscita a raggiungere l’obiettivo restituzione con la privatizzazione di molte aziende nazionali -fruttate solo 1,8 miliardi di euro- sta ricorrendo alla vendita dei suoi immobili di lusso.

In totale Atene sta mettendo in vendita sei immobili di pregio detenuti all’estero in un’asta che si chiuderà il 19 marzo. Tra gli immobili messi in vendita ci sono una casa vittoriana a Londra (per la quale la base di partenza dell’asta è di 35 milioni di dollari), la residenza del console a Londra e altri immobili dello stesso livello detenuti a Bruxelles e Belgrado.

► Atene: la migliore borsa del 2012

Da questa asta la Grecia dovrebbe riuscire a ricavare almeno il 75% dei proventi previsti dalle privatizzazioni di beni dello stato, per far fronte alle richiesta che stanno avanzando sia BCE che FMI non contente di quanto ottenuto fino ad ora dal governo ellenico.

Dublino liquida Anglo Irish Bank

 Durante la scorsa notte i deputati del Dail (il parlamento irlandese) hanno approvato il progetto di legge per la liquidazione dell’Anglo Irish Bank, la banca che fu nazionalizzata nel 2009 per arginare le perdite dovute al suo crollo. I votanti si sono espressi con 113 voti a favore e 36 contrari.

► Perché l’Irlanda è in ripresa ma è fragile

A questo punto, quindi, partirà la riorganizzazione degli asset della banca che saranno trasferiti all’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni (Nama), agenzia creata appositamente dal governo di Dublino allo scopo di farsi carico -termine da leggere come farsi carico dei debiti contratti dalle banche di fronte alla Banca Centrale Europea- di tutti i prestiti che le banche irlandesi avevano elargito per il mercato immobiliare. Mercato che crollò, anche a causa di questi titoli tossici, nel 2007.

► Sfida Irlanda – Ue su debiti bancari

Con il crollo del mercato immobiliare l’Irlanda è sprofondata nella crisi e si è vista costretta a chiedere il salvataggio alla BCE e al FMI. Il fatto che gli asset della Anglo Irish Bank saranno trasferiti alla Nama è l’unico modo che ha il governo per cercare di rientrare del debito contratto con la BCE, che in questi giorni è sta valutando il piano proposto dal primo ministro irlandese Enda Kendy per il rifinanziamento del debito del paese, con l’intento di ottenere un piano di restituzione del prestito più graduale.

I ricavi di Vodafone in calo nel terzo trimestre

 La situazione di crisi economica in Italia e in Europa si riflette in molti ambiti. La crisi riguarda aziende giovani e anche grandi con utili che sono in perdita rispetto ai periodi precedenti. E mentre molte aziende storiche sono in crisi e licenziano molti lavoratori, e alcune chiudono, come nel caso di Elettrolux e Richard Ginori, altre aziende più stabilizzate nel mercato arrivano a perdite.

Vodafone è in rosso di 2,5 miliardi

Questo è il caso della Vodafone che nel terzo trimestre ha ricavi in diminuzione del 2%. Per Vodafone in particolare i ricavi sono in diminuzione in Italia e in Spagna, che sono Paesi che in Europa stanno sentendo particolarmente la crisi. I ricavi di Vodafone sono invece in aumento in India e in Turchia, che sono Paesi emergenti con una economia in crescita.

In una nota, Vodafone ha affermato che sono comunque confermati gli obiettivi di utile operativo adjusted e di “free cash flow”. Dall’azienda telefonica inglese si dice anche che i risultati riflettono le condizioni del mercato in Europa, che sono condizioni difficili, come ha affermato il ceo Vittorio Colao.

Vodafone ha chiuso il terzo trimestre con ricavi in diminuzione del 2%. I ricavi da servizi sono in calo del 2,2% e il flusso di cassa nel trimestre è pari a 1,2 miliardi con un -18%.