L’imprenditoria italiana è bloccata dal peso delle tasse

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 Il peso delle tasse continua a bloccare la possibilità italiana di fare impresa. A dirlo, questa volta, è la Banca Mondiale, che ha stilato la nuova classifica delle realtà nazionali più competitive e attive dal mondo sotto il profilo del fare impresa. E l’Italia, da questo confronto globale, ne esce piuttosto penalizzata. 

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Secondo il rapporto recentemente stilato dalla Banca Mondiale, infatti, intitolato Doing business 2014, l’Italia nella classifica generale si situa solo al 65 esimo posto su 189 paesi censiti in relazione all’esistenza di regolamentazioni che agevolano o limitano il “fare impresa”.

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La posizione dell’Italia negli ultimi anno è anche migliorata di due posizioni, ma si trova comunque molto lontana dagli altri stati europei. La Germania, ad esempio, nella classifica generale, si situa al 21 esimo posto, mentre ai vertici della lista trovano posizione Singapore, Hong Kong, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Danimarca, Malaysia, Corea, Georgia, Norvegia e Regno Unito.

Le compagne di lista dell’Italia, invece, quelle si attestano intorno al 60 esimo posto sono, per la parte superiore Samoa, Fiji e Bielorussia, e per la parte inferiore Trinidad, Tobago e Ghana.

L’Italia, dunque, fra i Paesi dell’Unione Europea si trova solo al quartultimo posto in merito alle speranze concrete del fare impresa. Le condizioni dell’imprenditoria sono più critiche di quelle dell’Italia solo in  Grecia, Romania e Repubblica Ceca.

L’indagine riporta poi anche una classifica interna relativa ai singoli ambiti connessi con il fare impresa. Sul fronte delle tasse sono 15 i pagamenti di un anno per le imprese, richiedono 269 ore di lavoro amministrativo ed inghiottono il 65,8% dei profitti.

 

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