Pensioni, rimane ancora aperta la possibilità di un’uscita flessibile

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 In materia di pensioni, ritorna in discussione l’ipotesi di uscita flessibile e anticipata dal lavoro rispetto all’attuale soglia dei 66 anni fissata dalla legge Fornero. Dopo il silenzio tenuto dal premier Renzi in merito, sia nel suo primo discorso programmatico, sia nella presentazione del piano lavoro e casa, torna ora sull’argomento il nuovo ministro del Lavoro, Giuliano Poletti.Il nuovo ministro apre all’uscita anticipata dal lavoro e, sebbene il tema non sia una priorità del governo, cambiamenti nelle pensioni, inerenti soprattutto all’introduzione di maggiore flessibilità nel sistema previdenziale, è una necessità abbastanza palese.

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L’obiettivo è di dare la possibilità a determinate categorie di uscire prima dal lavoro, principalmente precoci e usuranti, e tentare di risolvere la questione esodati. E al centro delle discussioni torna l’ eventualità di uscita flessibile, metodo proposto tempo fa dal presidente della commissione Lavoro, Cesare Damiano, che dovrebbe consentire al lavoratore, su base volontaria, di andare in pensione tra i 62 e i 70 anni, con almeno 35 anni di contributi, ma accettando penalizzazione se decide di lasciare tra i 62 e i 65 anni, e incentivi tra i 67 e i 70 anni.

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Quindi secondo il modello di incentivi e disincentivi, si  prevede nel caso di pensionamento effettivo a 62 anni l’applicazione della percentuale di riduzione pari all’8%. A 63 quella del -6%, a 64 anni del -4%, a 65 del 2%. A 66 anni, invece, non sono previsti bonus o malus. Dopodiché scatterebbero gli incentivi: a 67 anni +2%, a 68 anni +4%, a 69 anni +6%, a 70 anni +8%.

 

 

 

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