E se si tagliassero le pensioni d’oro?

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 Il Ministro Giovannini aveva solo accennato a questa possibilità, ma, dato che la ricerca delle risorse necessarie per il rilancio dell’occupazione e dell’economia italiana fanno fatica ad essere trovate, potrebbe anche succedere che davvero arrivi un taglio alle pensioni d’oro, ossia le pensioni erogate dall’Inps che superano i 3.000 euro al mese e che comportano un grave esborso per le sue casse.

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Le pensioni superiori ai 3.000 euro al mese erogate dall’Inps ogni mese sono circa 700 mila, il che equivale ad un esborso per l’ente di previdenza pari a circa 40 miliardi di euro all’anno.

Non è certo un’idea nuova, prima di Letta e Giovannini sono intervenuti sulle pensioni d’oro il Governo Berlusconi – contributo di solidarietà del 5% sulle rendite Inps superiori a 90mila euro e del 10% sulla quota che oltrepassa i 150mila euro – poi il Governo Monti, con il taglio del 15% degli assegni superiori a 200mila euro.

Ora, l’ipotesi ventilata di un possibile taglio agli assegni dell’Inps, potrebbe colpire anche le pensioni non proprio d’oro, ma quelle che vanno dai 3.000 euro in su. A fare qualche calcolo sono stati Tito Boeri e Tommaso Nannicini, economisti del sito LaVoce.info, che ipotizzano un risparmio per l’Inps di circa 1,5-2 miliardi di euro all’anno.

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I due economisti hanno pensato a questi possibili scenari: contributo del 2% su tutti gli assegni pensionistici che superano i 2mila euro; contributo dell’1% per gli assegni tra 2.000 e 2.500 euro, più un contributo del 2% per le pensioni tra 2.500 e 3.000 euro e un taglio del 3% per le rendite sopra i 3.000; o, ancora un contributo del 2% per gli assegni tra 2.000 e 3.000 euro e di un taglio del 3% per le rendite sopra i 3.000 euro.

 

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