Quando si presume che il contratto sia fittizio

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 L’Agenzia delle Entrate ha di recente ribadito che esistono dei casi in cui un contratto di compravendita può essere ritenuto fittizio e quindi passibile di giudizio. In effetti capita molto spesso, anche nel nostro paese, che invece di effettuare un passaggio di proprietà, magari di un immobile, ci sia una vendita dello stesso ai parenti. In questo caso, la relazione di consanguineità ed eventuali “prezzi di favore”, fanno pensare che il passaggio di mano sia stato concordano al riparo dalla legge. Entriamo nei dettagli.

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L’Amministrazione, davanti ad un’operazione finanziaria che non sembra del tutto lineare o chiara, ha l’onere di provare che si tratta di un contratto fittizio. Il primo elemento che fa pensare che si tratti di un contratto fittizio è quello economico. Per esempio se è stata registrata un’operazione ad un costo fittizio e non c’è un reale trasferimento di denaro, se l’operazione commerciale è stata fatta tra persone legate da un vincolo di parentela, anche nel caso di dichiarazioni di prestazioni reciproche e simili, si può pensare di essere di fronte ad una frode.

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Lo ha spiegato per filo e per segno la Corte di Cassazione nella riforma della decisione dei giudici di merito, con la sentenza numero 16857 del 5 luglio 2013.

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