Pressione fiscale e debito fiscale: cosa cambia?

 In Italia esiste un Fondo dove si accumula denaro da usare per ridurre la pressione fiscale sui contribuenti. Questo fondo è alimentato di volta in volta da una serie di manovre. Secondo le premesse alla Legge di Stabilità, il fondo in questione doveva nutrirsi dei risparmi di spesa per interessi sui titoli pubblici.

Poi si disse che il fondo doveva essere alimentato dal recupero dei contributi non precedentemente versati. L’ultima notizia legata all’approvazione della Legge di Stabilità, dice che i soldi del fondo daranno attinti dalle risorse che derivano dall’evasione fiscale e dalla riduzione delle spese fiscali.

Collaborando con il fisco nella lotta all’evasione, dunque, si ottiene sul lungo periodo uno sconto sulle tasse con il conseguente allentamento della pressione fiscale. Per questo dal 2013 il Documento di economia e finanza conterrà la valutazione delle entrate che derivano dal contrasto dell’evasione fiscale.

I soldi di questa attività che andranno a finire nel fondo saranno al netto delle spese utili a mantenere l’equilibrio di bilancio o a ridurre il rapporto tra debito e PIL.

Per alleggerire, inoltre, le attività dell’Erario ci sarà un azzeramento dei vecchi debiti con il fisco e si potrà ottenere l’annullamento delle cartelle “pazze” in modo più semplice: entro 90 giorni dalla notifica il contribuente deve presentare una dichiarazione in cui prova che gli atti emessi dal creditore sono invalidi e se l’amministrazione non risponde in 220 giorni le cartelle sono annullate di diritto.

Fitch conferma rating italiano: “A-“

 Giudizio negativo di Fitch per il debito italiano. Il rating del nostro paese rimane a “A-” con outlook negativo. Certo non una buona notizia, ma comunque una conferma che, nonostante le previsioni restino negative, l’agenzia di rating ha ben giudicato il processi di consolidamento fiscale messo in atto dal governo e le riforme strutturali di questi ultimi tempi.

Secondo Fitch il deficit del budget per quest’anno sarà sotto il 3% del Pil, un calo notevole rispetto al 5,9% del 2009.L’agenzia di rating ha fiducia soprattutto negli sviluppi futuri del paese, che potrebbero portare ad una stabilizzazione dell’outlook, sempre che le riforme strutturali di cui si è tanto parlato continuino ad essere messe in atto anche nel caso di un cambio al vertice dello stato. Fitch crede che, alla credibilità del potenziale di solvibilità al lungo termine per l’Italia, concorreranno soprattutto riforme strutturali per la competitività e il potenziale di crescita dell’Italia e i bassi rischi legati al settore bancario.L’outlook negativo è stato confermato in ragione della possibilità che il rapporto debito/Pil potrebbe non scendere a partire dal 2014 e del’instabilità politica italiana, la quale potrebbe portare ad una nuova sfiducia nei riguardi del debito sovrano italiano.

Sull’outlook pesa anche la situazione generale dell’Eurozona. La possibilità di un persistere della crisi, se non quella di un suo peggioramento, non possono dirsi completamente scongiurate.

 

 

Record del debito pubblico italiano

 Per l’esattezza l’ammontare del debito pubblico italiano è arrivato a 2.014 miliardi di euro. La cifra più alta di sempre che getta un’ombra scura sulla situazione italiana e sulle prospettive di risanamento.

Questi sono i dati emersi dal supplemento “Finanza pubblica” al bollettino statistico della Banca d’Italia. Il mese di ottobre ha segnato questo record negativo del debito pubblico italiano. Incrociando quest dati con quelli dell’Istat sulla popolazione, si rileva che ognuno dei 60,9 milioni di residenti in Italia a gennaio, un numero in cui sono compresi anche i nuovi nati, ha un debito di 33 mila euro.

Sono le amministrazione centrali ad essere sempre più indebitate, mentre gli enti locali hanno mostrato un generalizzato calo del passivo. La situazione peggiore è quella della sanità pubblica, per la quale è stato stimato un debito di 40 miliardi di euro verso i fornitori.

Dall’inizio dell’anno il debito pubblico italiano è cresciuto del 3,7% passando dai 1.943,455 miliardi di gennaio agli attuali 2.014 (71,238 miliardi di euro in più).

Aumentano anche i tributi che sono entrati nelle casse dello stato. Il bollettino rilasciato dalla Banca d’Italia ha registrato un aumento del gettito di del 2,9% rispetto allo stesso periodo del 2011.

 

Anche la Gran Bretagna rischia di perdere la tripla A

 Anche su Londra si potrebbe abbattere la scure delle agenzie di rating. La Gran Bretagna rischia di perdere la tripla A di valutazione sul debito, tanto da Moody’s quanto da Fitch. Il problema? La ripresa della crescita inglese potrebbe essere più lenta di quanto previsto.

Moody’s per prima ha lanciato l’allarme (era la metà di novembre quando gli analisti dell’agenzia hanno, per la prima volta, ventilato questa possibilità) e attende che venga pubblicato l’Autumn Statement, documento con il quale il premier Cameron potrà dimostrare il ritmo del risanamento dei conti e le prospettive di crescita.

Solo se Cameron dimostrerà che le misure di austerity prese fino ad ora stanno portando a dei risultati reali potrà evitare  il rischio di vedersi abbassare il rating del debito nei prossimi 18 mesi. Un periodo piuttosto lungo in cui il paese deve assolutamente rispettare le promesse fatte e dimostrare di essere riuscito a evitare una nuova recessione.

Il fatto che tutte e tre le agenzie di rating abbiano deciso di sottoporre a revisione il debito inglese è una chiara mossa preventiva. Come ha dichiarato George Osborne, cancelliere dello Scacchiere:

Questo di Moody’s deve suonare come un avvertimento: Gran Bretagna non spendere tanto e non accedere a troppi prestiti, altrimenti rischi di perdere la tua solidità.

Moody’s: società Emea a rischio anche nel 2013

 Moody’s investors service ha  pubblicato oggi il rapporto di valutazione “Emea corporates: 2013 outlook“, da cui emerge che la situazione delle società non finanziarie dell’Emea (Eurozona, Medio Oriente e Africa) non miglioreranno nel prossimo anno, anzi, i declassamenti saranno superiori alle promozioni.

A livello di emittenti, si prevede una persistente fragilità del credito, con un numero di declassamenti che probabilmente continuerà a superare quello delle promozioni per il 2013

E’ quanto affermato da Jean-Michel Carayon, senior vice president di Moody’s e co-autore del rapporto, secondo il quale la crescita prevista sarà limitata dalle costanti misure di austerità intraprese dai governi, le quali avranno come conseguenza smorzamento della spesa dei consumatori, che andrà a colpire telecomunicazioni, vendita al dettaglio e produzione automobilistica.

Il rapporto di valutazione di Moody’s parla anche di un possibile rischio di un contagio economico che parte dal sud dell’Europa e si sposta verso il nord, che si accompagna ad un rallentamento della crescita di alcune delle economie emergenti, in modo particolare di quella cinese, che potrebbe incidere sui profitti delle società europee che hanno concentrato gli investimenti in queste zone.

La liquidità delle società sarà ulteriormente erosa nel 2013 dal deterioramento dovuto alla crisi del debito sovrano, che risentirà, conclude il rapporto, della crescente difficoltà nella concessione dei crediti.

 

Argentina minacciata da Fitch

 Non abbiamo ancora dimenticato le scene di disperazione degli investitori italiani che avevano creduto nei titoli argentini e che all’epoca della prima grande crisi del paese, si sono trovati con un pugno di mosche tra le mani.

Oggi questo rischio sembra di nuovo alle porte dopo la decisione del dell’agenzia di rating Fitch, di effettuare il downgrade dei titoli argentini, facendoli passare dalla categoria B alla categoria CC.

Secondo molti analisti si tratta di un altro passo verso il default dei pagamenti del paese. Le avvisaglie sulla condizione critica del paese si erano già avuti in questi mesi. Il governo della Kirchner, rinnovata al secondo mandato, si è concentrato molto sul consolidamento del consenso.

Un’eterna campagna elettorale che ha insistito molto sulla spesa e sulle opere pubbliche. I conti argentini, però, non sono stati messi in ordine e dietro una ripresa di facciata, si è celato il default. Ecco perché tanti economisti non ritenevano che l’Argentina fosse un esempio per l’Europa in crisi.

L’accelerazione della situazione del paese latinoamericano si è avuta con la decisione di un giudice della corte federale di Manhattan di condannare l’Argentina al pagamento di 1,33 miliardi di dollari a coloro che possiedono titoli del debito del paese e avevano rifiutato nel 2001 lo scambio dei ditoli. 

L’Argentina rischia un nuovo default

 Inoltre, fino a che il governo argentino non riuscirà assolvere al debito contratto, non potrà neanche pagare gli interessi ai proprietari delle obbligazioni ristrutturate.

A deciderlo è stato Thomas Griesa, giudice distrettuale di Manhattan, che si occupa del caso già da più di dieci anni e che anche in una precedente sentenza aveva imposto all’Argentina di trattare i detentori di bond insolventi allo stesso modo di quelli che avevano accettato la ristrutturazione, decisione a cui Buenos Aires si oppose ricorrendo alla corte d’appello.

L’istanza di ricorso fu rigettata perché

meno tempo avrà l’Argentina per sottrarsi ai suoi doveri, meno probabilità ci saranno che lo faccia.

Gli investitori che si trovano in questa situazione sono coloro che, in seguito al default da 95 miliardi di dollari dell’Argentina, non accettarono la proposta del governo di nuovi bond con uno sconto del 70%, investitori che hanno fatto causa al governo di Buenos Aires.

Griesa ha imposto al paese l’apertura di un fondo di garanzia prima di continuare i rimborsi a coloro che hanno accettato la ristrutturazione dei bond, ma l’Argentina non accetta, nuovamente, la decisione e dichiara che farà ricorso, anche se dovesse trattarsi di arrivare alla  Corte Suprema. Con il paese, tutti coloro che hanno in mano bond ristrutturati e che, se la sentenza del giudice Griesa sarà convalidata, rischiano di perdere i loro soldi.

Il prossimo default è quello francese?

 C’è chi è pronto a scommettere che il prossimo paese a rischiare il default, in Europa, sia proprio la Francia che, insieme alla Germania è considerata uno degli assi portati dell’economia dell’UE. Questa ipotesi è stata sostenuta a motivata dall’Economist.

La rivista economica, le cui parole sono state riportare in Italia anche da Il Post, spiega che l’economia francese ha i minuti contati e sta per esplodere. Se questo dovesse accadere ci potrebbero essere delle serie ripercussioni su tutta l’economia europea.

All’argomento l’Economist ha dedicato la copertina della settimana, sembra infatti che i conti che si trova oggi a gestire Hollande con il suo staff, siano più preoccupanti di quelli della Grecia, del Portogallo, della Spagna e dell’Italia stessa.

Secondo l’Economist la Francia ha fatto un grande errore: battersi per il rafforzamento dell’euro e per l’istituzione del fondo Salva Stati permanente. Economicamente, infatti, non può permetterselo, almeno fino a quando non approverà le riforme strutturali che servono per ravvivare l’economia.

La prima manovra economica di Hollande è stata molto corposa, ben 30 miliardi di euro in due anni, di cui, due terzi sono estratti dalle nuove tasse e solo 10 miliardi dai tagli alla spesa pubblica. La previsione per l’ultima parte dell’anno è la recessione anche se per il 2013 si prevede una crescita dello 0,8 per cento e un rapporto debito/PIL vicino al 91,5 per cento.

Il caso dell’Islanda è emblematico?

 Chi investe in opzioni binarie deve sempre tener presente le interpretazioni che gli analisti forniscono della situazione di alcuni paesi. Sotto la lente d’ingrandimento, dopo il discorso del presidente dell’Ecuador Correa in un convegno a Milano, ci sono i casi dell’Ecuador, chiaramente, dell’Argentina e dell’Islanda.

Abbiamo visto la scelta dell’Ecuador di non pagare i debitori e poi di ricomprare i bond non giudicati irregolari. Abbiamo anche considerato il percorso molto diverso dell’Argentina che, preoccupata soprattutto di costruire il consenso elettorale, si è lanciata verso una spesa pubblica ormai fuori controllo.

L’Islanda, a livello “interpretativo” somiglia molto all’Ecuador e in qualche modo s’allontana dal caso argentino. Ecco qualche elemento utile ai fini interpretativi.

L’Islanda, per prima cosa, è considerata all’avanguardia dal punto di vista della democrazia elettronica dopo la scelta del nuovo governo di farsi aiutare dai cittadini a riscrivere la costituzione. Gli analisti dicono che è stata agevolata dal fatto che non ci sono poi così tanti abitanti nel paese ma ai fini interpretativi è marginale.

Quello che c’è da considerare è che in primo luogo la crisi dell’Islanda è riconducibile al fallimento delle banche del paese e, in secondo luogo, bisogna ricordare che i responsabili della crisi sono finiti sotto processo. Il virtuosismo islandese, dunque, è fuori discussione.

La situazione Argentina

 L’Argentina, come l’Ecuador e l’Islanda, è considerato un caso di studio in materia di risanamento del debito pubblico. In realtà il metodo scelto dai vari paesi non è proprio ortodosso e molti analisti restano scettici sulla validità del percorso definito.

Abbiamo visto cos’è successo in Ecuador dove il presidente Correa ha ben pensato di non pagare più i suoi debitori, poi ha comprato il 91 per cento dei bond giudicati irregolari ed ha iniziato una nuova vita. Correa è intervenuto in un convegno e le sue proposte sono state molto apprezzate da chi si occupa di opzioni binarie perché suggeriscono un punto di vista di verso per analizzare i trend di mercato.

Riguardo l’Argentina, ecco qualche elemento interessante per capire se ci sono casi analoghi in Europa. L’Argentina, più che usare metodi economicamente poco ortodossi come l’Ecuador, ha pensato invece di azzardare qualcosa, di rischiare ma oggi deve fare i conti con gli effetti devastanti delle sue scelte.

In pratica l’Argentina ha scelto di aumentare la spesa pubblica con agevolazioni, sussidi e aumenti sugli stipendi pubblici. Ogni mossa è stata finalizzata alla costruzione del consenso elettorale ma, diversamente rispetto all’Ecuador, l’Argentina non aveva più soldi in cassa.

Oggi l’inflazione è alle stelle e il paese, per gli investitori, si qualifica come inaffidabile.