La Cina contro i dazi europei sui pannelli solari

 Il prossimo 5 Giugno la Commissione Europea approverà in via provvisoria l’ imposizione di forti dazi sui pannelli solari di importazione cinese – che faranno lievitare i loro prezzi dal 35 al 47% – reagendo in questo modo ad una specifica richiesta dei produttori europei danneggiati dalla sregolata concorrenza delle imprese del sol levante.

Dazi UE sui pannelli solari cinesi

Ma la produzione dei pannelli solari, per la Cina, è un business che vale almeno 20 miliardi di fatturato e circa 400 mila posti di lavoro: era quindi immaginabile che i produttori cinesi non avrebbero accettato di buon grado le penalizzanti contromisure europee.

L’Europa contro la Cina per i pannelli solari

Cosi la Cina si è recentemente gettata in una febbrile attività diplomatica, sguinzagliando per il Vecchio Continente i suoi uomini migliori: il ministro del commercio estero Gao Hucheng, il viceministro Zhong Shan, nonché il premier Li Keqiang, che dopo una visita ufficiale in Svizzera sono ora all’ opera in Germania.

Lo scopo della delegazione cinese è infatti quello di fare pressione sulla nazione tedesca al fine di evitare che il fatturato del settore dei pannelli solari venga in poco tempo dimezzato, così come è successo in passato per il settore delle ceramiche made in China.

Nei prossimi giorni si saprà dunque l’ esito delle trattative, ma alla Cina già arridono ottimistiche previsioni.

La Cina zavorra la borsa giapponese

 Sono state riposte molte speranze nella Cina, forse anche troppe e infatti è tutta colpa della Cina se adesso si parla di crollo della borsa di Tokyo. La notizia è arrivata alla quattro del pomeriggio: la borsa giapponese è crollata portandosi dietro tutti i mercati del Vecchio Continente.

Ben Bernanke aveva in qualche modo fatto un piacere agli indici europei  ma poi le pubblicazioni dei verbali del FOMC hanno determinato un passo indietro e quando parla il braccio operativo della banca centrale americana, non c’è molto da esser felici.

Integrazione e fallimento dell’euro per Saxo Bank

L’indice Nikkey, nel dettaglio, ha perso il 7,32 per cento e quello registrato oggi è il calo peggiore dopo il terremoto di Fukushima nel 2011. Quello che ha zavorrato la borsa giapponese sono i dati che arrivano dalla Cina. Sembra infatti che persistano delle tensioni sui titoli di stato ma, nello stesso tempo, la banca centrale ha messo sul mercato 2 mila miliardi di yen.

Il Nikkey, dopo tante settimane di andamento positivo, si è ritrovato impreparato davanti al crollo dell’indice che segue quello degli scambi, ormai pari soltanto a 7,65 miliardi di azioni. Mai, dalla nascita della borsa di Tokyo, erano stati registrati questi dati.

L’Europa contro la Cina per i pannelli solari

Piazza Affari, tanto per restare nel nostro terreno, ha perso il 2,6 per cento del suo valore.

Usa meglio dell’Arabia nel mercato del petrolio

 Arrivano grosse novità per quanto riguarda l’universo dell’oro nero. A quanto pare, da qui a breve, gli Usa saranno favoriti rispetto ad altre potenze. Merito dei grandi fiumi di petrolio che stanno scorrendo nei pressi delle rocce di argilla del Midwest degli Stati Uniti.

Il boom cinese che ha arroventato la domanda…

Questo ‘fenomeno’ innescherà a livello mondiale uno scossone di intensità simile all’impatto ottenuto negli ultimi anni dall’avvento Cina. Cina che, in pratica, ha fatto registrare un boom mai visto fino ad ora.

…Il boom statunitense ingigantisce l’offerta

Ma a differenza di quanto accaduto in quel caso, con l’insaziabile sete di energia dell’industria cinese che ha arroventato la domanda, elevando i prezzi del mercato a livelli inauditi, i barili statunitensi irrobustiranno l’offerta.

Calo di prezzi per benzina e petrolio

Grazie agli Usa, il prezzo del petrolio, così come quello della benzina, potrebbe nuovamente scendere ridando fiato alle asfittiche economie d’Occidente e ridisegnando più di uno dei postulati storici della geopolitica.

Questo è lo scenario che sembra profilarsi. Il problema è che non tutti sembrano essere d’accordo. E il paradosso è che i più scettici di tutti sulla svolta storica in incubazione in America sono proprio gli esperti del governo americano.

 

L’Europa contro la Cina per i pannelli solari

 Quello dei pannelli solari è un settore dell’economia molto proficuo anche se spesso, negli ultimi anni, la concorrenza cinese nel settore è stata esagerata. Adesso che la Suntech Power è stata annunciata sull’orlo del fallimento molte aziende europee sembravano aver ripreso fiato. Invece sembra che la concorrenza sia ancora spietata al punto che l’Europa prende le contromisure.

Suntech Power pronta a chiedere il fallimento

Sono arrivate in un momento di crisi ed è facile pensare che siano figlie delle difficoltà economiche, ma non è così. L’Europa ha sempre storto il naso davanti al predominio cinese nel settore dei pannelli solari.

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Adesso a mettere un punto sulla questione ci ha pensato la Commissione Europea che ha deciso di difendersi dall’invasione dei pannelli solari cinesi attraverso l’imposizione di dazi ancora più forti sulle importazioni di questo genere di prodotti. Le tasse d’importazione si assestano quindi sul 47 per cento.

La decisione è stata condivisa anche se in pratica la sua applicazione, dopo la ratifica formale, sarà rimandata a giugno. Nei prossimi giorni, quindi, Bruxelles si è riproposta di consultare tutti gli Stati membri dell’UE, le 27 nazioni che ne fanno parte, sull’argomento. Il loro parere, però, non sarà vincolante.

Dazi UE sui pannelli solari cinesi

 La Commissione europea ha finalmente reso ufficiale l’ introduzione di forti dazi sui pannelli solari di importazione cinese che era stata anticipata durante i mesi scorsi.

Il provvedimento è infatti il risultato di ben 8 mesi di indagini che hanno fatto seguito all’ apertura di uno specifico provvedimento europeo volto a contrastare lo sfrenato dumping esercitato dai produttori orientali.

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Il mercato europeo, dunque, d’ ora in avanti sarà riequilibrato, per volontà di Bruxelles, attraverso l’ imposizione di un onere medio aggiuntivo che sarà pari dal 35% al 47%  del prezzo finale dei prodotti, in base al grado di collaborazione che gli stessi produttori cinesi offriranno in sede di controllo.

Il protezionismo sta uccidendo l’export UE

La nuova misura per il momento entrerà in vigore il prossimo 5 giugno in via provvisoria, per poi arrivare ad una risoluzione definitiva nel mese di dicembre 2013, quando anche il  Consiglio europeo sarà chiamato ad esprimersi sulla questione.

Il provvedimento della Commissione europea in realtà viene  incontro ad una specifica richiesta dei produttori dell’ Eurozona, che da tempo accusavano i produttori cinesi di aver imposto un abbassamento dei prezzi tale non riuscire più coprire neanche i costi di produzione.

Sono state comunque immediate anche le reazioni da parte delle lobby che intrattengono interessi nella produzioni dei pannelli.

L’Europa crede nella BCE e nell’economia cinese

 Le borse, in questo  momento, navigano in territorio positivo e sperano che la cina faccia vedere un bel rimbalzo degli indici già nel secondo o nel terzo trimestre dell’anno. E le speranze degli analisti, in questo momento, bastano a Piazza Affari.

La ripresa è più lontana e le borse tremano

La borsa di Milano registra il miglior risultato di giornata, proprio quando anche Francoforte va in territorio negativo. Il Fondo Monetario, invece che parlare della Cina riporta i riflettori sul Vecchio Continente e spiega che la BCE ha tutti gli strumenti per tamponare la crisi e favorire dunque l’espansione europea. Wall Street, in tutto questo marasma, prova a rimbalzare.

Tagliato anche l’outlook della Cina

L’Europa in questo momento si augura una ripresa repentina dell’economia cinese e spera che con la ripresa della Cina, magari già nel secondo o nel terzo trimestre dell’anno, anche la BCE si decida a studiare un modo per combattere la crisi.

Nel nostro paese, poi, la situazione è più grave di quelle europea visto che l’instabilità politica sta zavvorando anche la politica. Lo stesso ministro Vittorio Grilli, presente agli incontri del FMI, spiega che nel nostro paese è necessario definire un governo, visto che non fare alcuna scelta è sintomo di deolezza e tutti vanno a guadagnarci, fuorché il nostro paese.

Piazza Affari, nonostante le notizie di Grilli, riesce a fare molto bene e guadagna l’1,81 per cento.

Tagliato anche l’outlook della Cina

 La Cina non poteva continuare a crescere al ritmo cui ci aveva abituato in passato. Anche la più banale delle teorie economiche sarebbe stata in grado di prevedere, ad un certo punto, la flessione dell’economia mandarina.

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Il problema è che quando si dice “ad un certo punto”, si dice “adesso”. La Cina ha smesso di crescere e la prospettiva spaventa soprattutto i suoi partner che attendono fiduciosi le scelte del governo. Una soluzione, un trampolino di lancio per la ripresa, potrebbe essere nell’incremento della spesa pubblica ma adesso la flessione, considerata parallelamente alla crescita più veloce del previsto delle grandi economie come quella americana, appare disastrosa.

L’economia cinese tira le briglie

Per questo gli analisti che fanno parte delle agenzie di rating hanno iniziato ad essere più pessimiste nei confronti della Cina. Il fatto è che la diffusione dei dati macroeconomici sul PIL del primo trimestre e i dati sulla produzione industriale, non lasciano scampo. Moody’s Investor Services, ha quindi bocciato i risultati della Cina ed ha modificato l’outlook sul rating del paese in questione che è stato portato da “stabile” a “negativo”, quindi al livello Aa3.

Moody’s spiega che a far pensare troppo c’è il debito delle amministrazioni locali. Fitch fa eco a Moody’s, infatti ha abbassato il giudizio di merito di credito fino ad A+ con outlook negativo. Sotto la lente d’ingrandimento il settore immobiliare.

L’economia cinese tira le briglie

 Sull’economia cinese e sul suo progresso inarrestabile si è fondata gran parte dell’economia nostrana e mondiale. In pratica se la Cina cresce c’è da mangiare per tutti. Il problema è che è finito il periodo delle vacche grasse e siamo passati alla carestia.

Suntech Power pronta a chiedere il fallimento

Un linguaggio biblico soltanto per dire che le avvisaglie sul rallentamento dell’economia cinese, registrate nel primo trimestre, saranno confermate anche per il periodo che va da aprile a giugno.

La Cina sarà il maggiore importatore di oro nero

Nel primo trimestre del 2013, infatti, il PIL cinese è crsciuto soltanto del 7,7 per cento su base annua anche se si pensava di arrivare ad un incremento dell’8 per cento. La spesa pubblica è passata dal 15,7 per cento del periodo gennaio febbraio al 7,5 per cento di marzo.

Tutti sintomi di un rallentamento che nemmeno gli analisi si aspettavano fosse così forte. La Cina sta inviando anche un altro messaggio: se nell’ultimo trimestre del 2012 si parlava di ripresa ed oggi si fanno i conti con il rallentamento della crescita, non vorrà mica dire che la ripresa è già in fase calante? In fondo gli Stati Uniti non possono certo parlare di exploit e il Vecchio Continente se la passa ancora peggio.

Entro il 2016 la Cina sarà la prima economia mondiale

 E’ quanto afferma l’Ocse, l’ Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel suo Economic Survey of China presentato a Pechino. Secondo lo studio il paese ha di fronte a sé un periodo particolarmente favorevole che lo porterà a diventare la prima economia al mondo nel giro di pochi anni, molto probabilmente entro il 2016.Per il 2013 si prevede che la ricchezza del paese crescerà dell’8,3% e che continuerà ad espandersi allo steso ritmo anche per gli anni successivi, stabilizzandosi su un tasso di crescita medio dell’8%.

► La Cina sarà il maggiore importatore di oro nero

A trainare l’economia saranno ancora gli investimenti nelle infrastrutture, soprattutto dopo che il governo di Pechino ha annunciato che la spesa pubblica sarà sostenuta da una nuova immissione di liquidità di 437,6 miliardi di yuan: continua quindi l‘intervento dello stato nell’economia, diversamente da quanto era stato previsto da molti analisti internazionali, che si concentrerà soprattutto sul settore immobiliare, sull’agricoltura, i trasporti e l’energia.

Per il governo cinese si tratta di un ottimo affare: dal momento che molte regioni della Cina sono ancora particolarmente arretrate per quanto riguarda le infrastrutture e, quindi, gli investimenti in questo settore sono particolarmente redditizi in termini di ritorno economico.

Il rapporto dell’Ocse mette in evidenza, però, anche le sfide che si presenteranno al paese del Dragone. Da un lato, infatti, la crescita della Cina si inserisce in un contesto economico globale particolarmente fragile e, inoltre, c’è sempre in agguato il problema dell’inquinamento.

► Crescono le esportazioni in Asia

Secondo l’Ocse:

Alcune forme di inquinamento stanno calando ma la qualità dell’aria e dell’acqua sono spesso carenti, e impongono costi considerevoli. E’ necessario portare avanti un ampio mix di politiche per contribuire al raggiungimento degli obiettivi ambientali in modo efficiente sul fronte dei costi, tra cui approcci di mercato ben implementati e migliore applicazione delle regole esistenti.

La Cina e la crisi del debito in arrivo

 I mercati asiatici accelerano la ripresa ma ad andar bene è soprattutto il Giappone che cresce tornando ai livelli precedenti al crack Lehman Brothers. Della Cina si dice soltanto che pur avendo rallentato la sua crescita è stata capace di moltiplicare le esportazioni.

I mercati asiatici accelerano la ripresa

La più grande economia del mondo, che per troppo tempo è stata trascurata dai mercati, adesso che è sulle prime pagine della cronaca finanziaria, rischia di finire nel mirino degli speculatori. Le prospettive sulla Cina, infatti, non sono buone. Il potenziale rallentamento fa prevedere una crisi del debito.

Sui bond giapponesi l’effetto-Kuroda

Contribuisce sicuramente a questo stato di cose anche il taglio alle spese operato dagli Stati Uniti. Gli ultimi dati disponibili per l’interpretazione della situazione, sono quelli che riguardano l’HSBC e i dati del PMI manifatturiero di febbraio.

Secondo gli analisti che hanno preso in esame il report, i risultati sono al di sotto delle aspettative. L’HSBC è sceso dal 52,3 al 50,4 mentre per l’indice della produzione manifatturiera, in un mese, è passato dal 50,4 al 50,1. Ci si aspettava invece un lieve incremento del valore.

I due elementi presentati, per analogia con gli altri paesi che hanno avuto problemi simili, dimostrano che siamo agli albori di una crisi del debito. Si tratterebbe di un vero disastro finanziario.