Obama spinge per il raggiungimento di un mini-accordo anti Fiscal Cliff

 Il Fiscal Cliff americano è sempre più vicino e tutti i membri del Congresso ne sono consapevoli, ma questo non ha impedito ai repubblicani di rimandare al mittente il piano di emergenza redatto dallo speaker repubblicano della camera  John Boehner.

Obama, in partenza per le Hawaai dove passerà il Natale, chiede di raggiungere un mini accordo che possa salvaguardare il popolo americano da un aumento delle tasse di circa 2.200 dollari pro-capite, che andrebbe a influire sui consumi e sull’economia che si sta lentamente riprendendo.

Non c’è alcuna ragione per non tutelare gli americani. Almeno accordiamoci ora su quanto siamo tutti d’accordo.

Dal momento che, almeno sul fatto che gli americano non debbano subire un aumento generalizzato delle tasse solo perché gli eletti non riescono ad accordarsi sulla soglia minima alla quale applicare l’aumento delle aliquote, sia i democratici che i repubblicano la pensano allo stesso modo, Obama chiede che, in questi dieci giorni che mancano alla scadenza per il Fiscal Cliff, si riesca a raggiungere un accordo, seppur minimo.

Una manovra di emergenza che consentirebbe di poter prendere tempo per ulteriori dibattiti e proposte. Anche se il fallimento del piano di Bohemer ha allungato un’ombra scura sulle possibilità di dialogo tra le due fazioni opposte.

 

L’America cresce ma il futuro è incerto

 Il fiscal cliff ha messo sotto la lente d’ingrandimento un’America molto diversa da quella che abbiamo sempre associato al cosiddetto sogno americano. Oggi il Paese, alla guida del quale che è stato confermato Barack Obama per un secondo mandato, cresce ma le prospettive future sono molto incerte.

L’economia a stelle e strisce ha fatto registrare un incremento del business del 3 per cento nel terzo trimestre, mentre gli analisti prevedevano che non si sarebbe andati oltre il +2,7 per cento. Il ritmo di crescita lievemente aumentato è stato trainato verso l’alto dall’aumento delle esportazioni e della spesa pubblica.

Un po’ quello che vorrebbero fare molti paesi in Europa. Una crescita, quella americana, che nasconde sotto il tappeto ogni incertezza finanziaria legata al mancato accordo sul fiscal cliff. Il piano B legato al nome del senatore repubblicano Boehner, non vedrà la luce nel giro di poche settimane.

Vuol dire che dal 3 gennaio ci sarà un aumento di tutte le aliquote riferite sia ai redditi personali, sia ai redditi d’impresa e poi sarà operato un taglio alla  spesa pubblica di circa 600 miliardi dollari. Se così fosse, il fiscal cliff non sarebbe risolto e per l’anno prossimo ci sarebbe una crescita negativa dell’America, al -0,5 per cento.

Come cambia la borsa americana

 Sempre più concentrati sugli scambi, i nostri mercati fanno fatica a riconoscere in alcuni eventi dei cambiamenti epocali. Quel che sta succedendo alla borsa di New York, in realtà, è molto interessante ed ha una valenza storica.

Wall Street è nata il 17 maggio del 1792, quando 24 agenti di compravendita di titoli di borsa si sono riuniti davanti al civico 68 di Wall Street per firmare l’accordo per la nascita del The New York Stock Exchange and Board. Da quel momento l’evoluzione della borsa di New York, l’evoluzione di Wall Street, è stata molto lenta.

Firmato l’accordo, in un secondo momento ci si dedicò alla ricerca dei locali per svolgere l’attività di scambio dei titoli. Dopo circa 70 anni si procedette con il cambio del nome e si arrivò al NYSE, poi dopo un secolo, gli analisti, hanno iniziato a parlare d’incremento importante del volume d’affari. Gli scambi erano sei volte più consistenti che in passato, era il 1901 e si doveva cercare una sede più grande per la borsa, quella che fu inaugurata nel 1903.

Più di un secolo dopo, la borsa emblema del capitalismo americano, ha iniziato a cedere qualche pezzo: il crollo del 2008 è stato emblematico ma ha lasciato dei segni anche il caso Madoff.

Il cambiamento più epocale è sicuramente la capacità dell’ICE, nato appena 12 anni fa, di comprare la storica Wall Street. Tutto è dipeso dal cambiamento del mercato dove le materie prime hanno avuto performance più interessanti rispetto alle azioni.

Il rischio Fiscal Cliff è sempre più vicino

 Il progetto dello speaker della Camera John Boehner, che prevedeva, nel caso l’accordo sul Fiscal Cliff non fosse stato raggiunto entro i termini previsti, un aumento delle tasse solo per coloro i cui redditi superano il milione di dollari, non ha raggiunto i voti necessari.

Nulla di fatto, quindi, e l’incombenza di trovare una nuova soluzione ora passa di nuovo nelle mani del presidente Obama che deve stringere i tempi. Infatti, se si vuole evitare il Fiscal Cliff, l’accordo deve arrivare entro il primo gennaio 2013.

Obama è già al lavoro insieme a Harry Reid, leader della maggioranza democratica al Senato, e il suo obiettivo è quello di riuscire a trovare un compromesso per non scontentare nessuna delle due ali del Congresso, la democratica e la repubblicana, e che, in modo particolare, tenga conto delle esigenze della classe media e delle piccole e medie imprese (se il Fiscal Cliff non sarà evitato, per queste due categorie l’aumento delle tasse sarà del 98%).

Il presidente è disposto a trattare ma il problema, ormai, non è più di natura economica, ma è diventato soprattutto politico e il fallimento del piano di emergenza di Boehner mette in serio pericolo la volontà di trattativa da parte dei repubblicani: se non hanno accettato un aumento delle tasse per redditi superiori al milione di dollari, saranno ancor meno disposti ad accettare il piano del presidente Obama che prevede gli aumenti già per i redditi di 400 mila dollari annui.

 

L’economia USA cresce più di quanto sperato

Gli analisti americani avevano previsto che l’economia americana sarebbe cresciuta del 2,7% nel terzo trimestre del 2012, con un possibilità di revisione al 2,8%, ma, dati alla mano, si sono dovuti ricredere e rivedere al rialzo le stime fatte.

Il PIL degli Stati Uniti, infatti, ha fatto registrare un aumento del 3,1%, l’incremento più forte dal quarto trimestre 2011.

Il merito di questa crescita del Pil tra luglio e settembre è stato dell’export, che è cresciuto dell’1,9%, quasi un punto percentuale in più di quanto si aspettassero gli analisti.

Di contro, però, va segnalato anche un forte calo dell’import, che,  diminuisce per la prima volta dopo il 2009. Chiaro indicatore del fatto che è il mercato interno ad essersi indebolito. Revisioni al rialzo anche per la spesa pubblica, che è stata rivista dal +3,5% a +3,9%, comunque stimata in calo per i prossimi trimestri, soprattutto a causa del Fiscal Cliff.

Infatti, nel caso in cui non si dovesse raggiungere un accordo, e le ultime notizie vanno in questa direzione, all’inizio del 2013 sull’economia americana potrebbe abbattere un costo di circa 600 miliardi di dollari tra tagli alla spesa pubblica e l’aumento delle tasse.

Lite Obama-Boehner, lontano il compromesso sul Fiscal Cliff

Fiscal Cliff, ancora nulla di fatto. Nuove nuvole si addensano sui cieli d’America e l’accordo per raggiungere un compromesso funzionale ad evitare il precipizio fiscale è lontano. Il Presidente Usa Barack Obama non ha accettato il piano proposto dai Repubblicani. Un piano che, secondo Obama, prevede aumenti soltanto per coloro che guadagnano più di un milione di dollari all’anno.

La situazione di stallo, dunque, non sembra avere fine. Oggi verrà presentato il piano ma sembra non corrispondere all’obiettivo di raggiungere il compromesso fiscale promesso da Obama prima della sua rielezione. Obama vorrebbe innalzare le aliquote sui redditi più elevati. Una strategia, quella del Presidente Usa, necessaria per risanare il deficit.

Dalla Casa Bianca fanno sapere che vorrebbero che l’aumento delle tasse scatti a partire dai 400mila dollari annui, e non a partire dal milione di dollari. Anche se ieri in conferenza stampa Obama ha dichiarato che democratici e repubblicani sono più vicini, i conservatori sono visti dal Presidente come degli opportunisti. Il loro demerito è quello di voler rinviare l’intesa, senza pensare al bene degli Usa.

Quello dei Repubblicani è stato ribattezzato da Obama e dai suoi come un ‘Piano B’. Il Piano B, però, sarebbe per Obama una trappola atta ad evitare il Fiscal Cliff senza cambiare di fatto le cose. Si profilano, dunque, scontri sul bilancio del prossimo anno.

Successivamente a queste dichiarazioni, sono partite le schermaglie a distanza tra Obama e John Boehner. Quest’ultimo ha affermato alla Camera che se Obama dovesse rifiutare la proposta repubblicana sarebbe il responsabile del più grande aumento delle tasse della storia degli Usa.

 

Dalle borse arriva l’ottimismo

 E’ iniziato il rally di Natale? Sembra di sì a considerare soltanto le oscillazioni della borsa nei primi due giorni della settimana. L’inizio è stato assolutamente negativo. Quasi tutti gli indici hanno aperto in ribasso e anzi, in Europa, è stata notata la performance di Piazza Affari.

Martedì, invece, per le borse è stata una giornata molto interessante con un volume di scambi adeguato alle aspettative degli investitori. Insomma tutte le borse si sono rimesse in piedi dopo la caduta in basso dell’avvio della settimana che precede il Natale.

A far bene agli indici, soprattutto quelli americani, è stata l’intesa che sembra essere stata raggiunta tra la Casa Bianca e il Congresso americano che fanno sperare per una soluzione molto veloce del tanto vituperato fiscal cliff.

Wall Street ha apprezzato molto questa distensione politica ed ha infuso una nuova linfa ai mercati, trainandoli in territorio positivo.

Sul versante europeo il contraccolpo è stato praticamente immediato e Piazza Affari ha aperto in rialzo ed ha viaggiato in territorio positivo per tutta la giornata, anche se poi la miglior borsa europea è stata quella di Madrid. In Europa, a dire la verità, i rialzi molto contenuti sono dovuti allo spostamento della prospettiva di ripresa effettuato da Draghi: si ripartirà dal 2014 in poi.

L’avvio di settimana di Piazza Affari

 L’avvio di settimana delle borse è stato molto positivo in tutto il mondo. In America gli indici hanno reagito bene all’ennesimo mancato accordo sul fiscal cliff guadagnando anche più dell’1 per cento. Tokyo, reduce da una tornata elettorale che ha riportato al potere i liberaldemocratici, ha visto schizzare alle stelle in Nikkey con il conseguente indebolimento dello yen.

Giusto in Europa l’entusiasmo non è stato del tutto palese, nel senso che le maggiori piazze del Vecchi Continente hanno chiuso in modo debole e contrastato. In Europa il fiscal cliff fa ancora paura. Parigi perde lo 0,14%, Londra diminuisce dello 0,16 per cento. Madrid invece chiude in terreno positivo guadagnando lo 0,2 per cento e sale anche Francoforte che recupera lo 0,11%.

Maglia nera d’Europa di conferma Atene che brucia il 2,8% del suo valore. Sul versante opposto la migliore performance è quella di piazza Affari dove si riduce lo spread tra Btp e Bund decennali fino a raggiungere quota 320 punti.

Zoomando sui titoli si prende atto dell’ottima chiusura del titolo della Banca Monte dei Paschi di Siena che guadagna il 6,09 per cento. Vanno bene anche le altre banche come la Popolare dell’Emilia Romagna che guadagna il 3,22 per cento, come il Banco Popolare che è in rialzo del 2,60 per cento e come Mediobanca che recupera il 2,28 per cento. Bene anche FIAT mentre chiude in rosso con il -1,13 per cento il titolo Telecom Italia.

Obama negozia ancora sul Fiscal Cliff

 Barack Obama ha dovuto rivedere i suoi programmi per evitare il Fiscal Cliff. Le sue proposte iniziali non sono piaciute ai repubblicani che hanno fatto muro, costringendo il presidente a rivedere la soglia minima di tassazione sui gradi capitali.

Un piccolo passo, forse ancora troppo piccolo per essere sicuri che l’accordo verrà raggiunto, nella migliore delle ipotesi entro Natale o comunque entro la fine dell’anno, ma i quarantacinque minuti che Obama ha passato con lo speaker repubblicano della Camera dei rappresentanti, John Boehner, vanno nella giusta direzione, almeno nell’idea del Congresso.

Il nuovo programma presentato da Obama, infatti, abbassa il tiro e porta la soglia minima per la tassazione dai 250 mila dollari iniziali a 400 mila. Un bel salto che, però, secondo i repubblicani non è ancora abbastanza, ma che è il minimo per poter arrivare ad un aumento delle entrate dello stato di circa 1.200 miliardi di dollari in dieci anni e ad un taglio delle spese per lo stesso ammontare.

l’intesa si fa quindi più vicina e potrebbe passare al vaglio del Senato degli Stati Uniti il prossimo 26 dicembre, quando ormai i giorni rimanenti per scongiurare il Fiscal Cliff – che entrerà automaticamente in vigore e comporterà l’aumento delle tasse per il 98% degli americani – saranno davvero pochi.

L’avvio di settimana di Wall Street e Tokyo

 Com’è iniziata la settimana borsistica di New York? In rialzo ed è un’ottima notizia perché generalmente, prima della pausa natalizia, il mercato è caratterizzato da un’elevata volatilità. Piazza Affari, invece, ha incrementato i guadagni dopo che dopo l’avvio in grande forma delle contrattazioni di Wall Street e dopo aver registrato il rialzo della borsa di Tokyo.

Insomma l’entusiasmo delle borse asiatiche e di quella americana hanno traghettato piazza Affari in un terreno positivo.

Cos’ha inciso su Tokyo. La borsa giapponese è stata spinta al rialzo dal successo dei Liberaldemocratici di Shinzo Abe che è tornato al potere ed è stato nominato nuovo premier del Giappone. A livello pratico l’indice Nikkey è salito fino a quota 9.829 punti con un incremento dello 0,94%. Si tratta ad ogni modo del punto massimo raggiunto negli ultimi 8 mesi. In realtà l’incremento del Nikkey (+12%) delle ultime settimane, unito alla perdita di terreno dello yen (-5%), fanno immaginare che gli analisti avevano previsto il risultato delle elezioni.

Wall Street ancora stretta nella morsa del fiscal cliff.  Ancora una volta il mercato finanziario americano è chiamato a reagire con decisione al mancato accordo sul fiscal cliff e la reazione è sicuramente buona viso che l’indice Nasdaq e il Dow Jones stesso tengono il passo guadagnando rispettivamente l’1,04 e lo 0,67 per cento.