Shinzo Abe approva bilancio record

 Il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha deciso di cambiare il Giappone e il suo futuro. Il paese, da tempo ormai in fase di regressione economica, ha necessità di un intervento deciso e decisivo per tornare ad essere la tigre di qualche tempo fa.

Così Abe, dopo aver deciso un piano di stimolo all’economia giapponese pari a 10.300 miliardi di yen (90 miliardi di euro) tra sgravi fiscali e progetti per la realizzazione di grandi infrastrutture, ha anche messo a punto e approvato un bilancio statale di previsione per l’anno fiscale 2013/2014 da record: 92.610 miliardi di yen (mille miliardi di dollari).

Le prospettive economiche del Giappone

Le misure previste sono riduzione delle spese del welfare e aumento, invece, di quelle per la difesa e un ulteriore piano di stimoli fiscali all’economia da 10.300 miliardi di yen. A questo si aggiungono altri 4.400 miliardi di yen per la ricostruzione delle zone distrutte dal terremoto e dallo tsunami del 2011.

Questa manovre porteranno il debito pubblico del Giappone a livelli record, ma Abe non sembra preoccupato, neanche di fronte alle raccomandazioni dell’Ocse.

Con Abe cambia il Giappone e il suo futuro

I finanziamenti per questo bilancio arriveranno in parte -46,3% del budget ordinario dello Stato- dall’emissione di nuovi titoli di Stato e il restante grazie alle maggiori entrate fiscali previste per l’anno in corso -stimati circa 750 miliardi di yen- grazie alla ripresa dell’economia.

Per realizzare tutto ciò, Abe ha anche rivisto la stima di crescita del paese, portandola, per l’anno fiscale in corso, da un +1,7 a +2,5%.

Le scelte della BoJ fanno arrabbiare la Germania

 Quella che sembra delinearsi nel mercato ForEX è una vera guerra valutaria, soprattutto in considerazioni delle reazioni tedesche alla scelta della Banca del Giappone di confermare la politica di allentamento monetario.

BoJ e governo discutono della crescita

La Bank of Japan, in realtà, ha scelto soltanto di allentare la pressione sull’inflazione, ma questa decisione è stata mal digerita dalla Germania e il direttore della Bundesbank è intervenuto in prima persona per annunciare che la svalutazione dello yen è da considerare una minaccia che potrebbe ridurre l’indipendenza e l’autonomia delle banche centrali di tutto il mondo. Insomma, la Germania sembra disposta a lottare per mantenere vivo più che mai l’euro.

Con Abe cambia il Giappone e il suo futuro

Tokyo ha deciso di deprezzare la moneta locale al fine di rilanciare l’economia e gli investimenti nel paese. Una cosa simile è già stata fatta dagli Stati Uniti per il dollaro della Cina per lo yuan. A questo punto è l’euro che sembra rimanere nel mezzo, è troppo forte e deve fare i conti con l’export dimezzato. 

La BCE, adesso, dovrà tenere in considerazione le scelte delle varie banche centrali, compresa la politica della Bank of Japan in merito allo yen. Secondo il direttore della Bundesbank ci sono tutti i presupposti per l’inizio di una vera guerra tra le valute, scandita dalla competizione tra le banche centrali, che potrebbe determinare una nuova crisi, anche più pesante di quella in atto.

Fondo Monetario Internazionale chiede taglio tassi BCE

 In cima alla lista dei paesi guardati a vista da Christine Lagarde e dal Fondo Monetario Internazionale c’è il Giappone. Ciò che desta maggiore preoccupazione è il maxi piano di stimolo all’economia messo in piedi dal primo ministro nipponico Shinzo Abe che prevede un pacchetto espansivo da 117 miliardi di dollari con l’intento di sconfiggere la deflazione.

Fmi su Usa Europa e politiche monetarie

Una manna per il paese, ma un grande pericolo per il resto delle economie, soprattutto perché la strategia di immissione di liquidità sta diventando una pratica comune anche negli Stati Uniti -la Fed continua ad immettere denaro nel mercato-  che, però, rischia di scatenare una guerra delle valute che non fa bene a nessuno, anzi.

Il piano di stimolo dell’economia giapponese

I primi segni di questa guerra si sono già manifestati nei mercati valutari. In questi giorni, infatti, yen e dollaro continuano a scendere nei confronti dell’euro. C’è il sospetto, che arriva da più parti, che alcuni paesi coinvolti in questa guerra tengano i loro tassi di cambio artificiosamente bassi, contravvenendo a quanto deciso al G20 per cui le valute e il loro valore devono riflettere l’andamento reale dell’economia.

Per questo la Lagarde chiede alla Banca Centrale Europea di prendere dei provvedimenti mirati, il primo dei quali deve essere il taglio dei tassi e il costo del denaro.

Il piano di stimolo dell’economia giapponese

 Il Giappone deve fare tutto il possibile per far ripartire la sua economia. Dopo anni di primato economico, il Paese del Sol levante, infatti,  sta attraversando una grave crisi, resa peggiore anche dalle catastrofi che l’hanno colpita negli ultimi tempi.

► Le prospettive economiche del Giappone

La soluzione, almeno per ora, l’ha proposta Shinzo Abe, il primo ministro giapponese, che ha deciso un piano di stimolo all’economia pari a 10.300 miliardi di yen (90 miliardi di euro) in cui sono compresi sgravi fiscali per favorire gli investimenti e una serie di progetti per la realizzazione di grandi infrastrutture (soprattutto nel Nord e nell’Est del Paese, le aree devastate dal terremoto e dallo tsunami dell’11 marzo 2011) che dovrebbero creare 600 mila posti di lavoro.

Abe è stato chiaro: è vero che il debito pubblico del paese è alle stelle, ma la necessità primaria è quella del rilancio dell’economia, e deve essere il Governo ad occuparsene

 Industria europea in allarme per l’accordo con il Giappone

E’ il Governo che deve prendere per primo l’iniziativa per creare domanda e dare impulso all’intera economia.

Il piano deciso dal Primo Ministro Abe dovrebbe portare ad una crescita del Pil pari al 2%, ma se il paese vuole davvero uscire dalla sua grave situazione i problemi da risolvere sono anche altri. I principali sono, da un lato, i rapporti con la Cina (le dispute territoriali tra i due paesi hanno fatto contrarre l’export nipponico verso questo paese) e, dall’altro, è necessaria una semplificazione delle regolamentazioni interne.

► Nel 2030 la Cina sarà la prima superpotenza mondiale

Industria europea in allarme per l’accordo con il Giappone

 

 Secondo l’Associazione europea dei costruttori Acea un accordo di tale portata con il Giappone mette in serio pericolo la ripresa del settore dei veicoli a motore in Europa, uno dei comparti economici che ha maggiormente risentito della crisi. Si stima che 35-73.000 persone potrebbero perdere il loro posto di lavoro.

Una prospettiva tutt’altro che rosea, che era stata già contestata dai produttori europei. Sergio Marchionne, in qualità di presidente Acea, aveva già chiesto il congelamento dei negoziati con Tokio, almeno fino a che la l’attuale fase di difficoltà del settore auto europeo non fosse stata superata.

Richiesta rigettata dalla Commissione Europea, in quanto i precedenti accordi con il paese del Sol Levante prevedono che nel caso in cui le barriere non tariffarie non vengano eliminate entro un anno, l’Unione Europea può, anche nell’eventualità di trattative già in corso, interrompere i rapporti in tal senso.

Clausola che è stata confermata dai ministri del commercio di tutti gli stati membri che rassicurano che la fine delle trattative potrebbe arrivare anche fra parecchi anni. Se le trattative andranno in porto per l’Eurozona  si prevede una crescita del PIL di almeno l’1%, con un aumento delle esportazioni europee di un terzo, il che porterebbe ad un incremento addizionale di 400mila posti di lavoro in Europa.

Studio OCSE: Pil italiano a rilento per almeno 50 anni

 Secondo uno studio dell’OCSE che ha preso come parametro di riferimento il potere d’acquisto della moneta, i paesi dell’Europa sono ancora lontani dalla ripresa economica. Il PIL, infatti, crescerà ad un ritmo  molto lento per almeno altri 50 anni.

Nello specifico, il PIL italiano crescerà mediamente dell’1,4% ogni anno. Una crescita sicuramente molto bassa, ma migliore di quella di alcuni paesi insospettabili, come la Germania e il Giappone  (+1,1% e +1,3% rispettivamente), nazioni dove la produttività è sempre stata molto elevata.

Secondo gli esperti dell’OCSE la causa principale è da rintracciare nell’invecchiamento della popolazione che eserciterà una pressione al ribasso sull’input di lavoro e sulla produttività. In Italia si prevede che nel 2030 gli ultra 65enni saranno il 40% della popolazione e nel 2060 saranno il 60%, il doppio rispetto ad oggi. In Giappone gli over 65 sfioreranno il 70% tra cinquant’anni e in Germania saranno il 60%.

Più precisamente, in Italia è prevista una crescita del dell’1,3% l’anno tra il 2011 e il 2030, che arriverà all’1,5% dal 2030 al 2050: mezzo punto percentuale in meno rispetto alla media dei paesi dell’OCSE. In base a questi dati anche il peso del PIL totale dell’Italia sarà sempre meno sentito nel mondo, scendendo dal 2,8% del 2008 all’1,8% nel 2020 e all’1,4% nel 2060.

Lo stesso accadrà anche in altri paesi, come il Portogallo, la Grecia e l’Austria.