Record del debito pubblico italiano, si sfiorano i due mila miliardi di euro

 La Banca D’Italia ha conteggiato il debito pubblico italiano e i risultati hanno riservato una brutta sorpresa: rispetto ad agosto nelle casse dello Stato risultano 19,5 miliardi in meno, per un totale di debito che ammonta a 1.995,1 miliardi. Questo vuol dire che, nonostante le tante manovre e gli aggiustamenti di rotta, le amministrazioni pubbliche gravano ancora pesantemente sul bilancio.

Sempre secondo le stime di Bankitalia, il debito pubblico italiano continuerà a salire e questa cifra presto si assesterà sui 2000 miliardi di euro.Le cause di questa costante crescita del debito pubblico sono molteplici e non vanno rilevate solo nelle spese che lo Stato deve quotidianamente affrontare per mandare aventi un apparato statale e parastatale vecchio e farraginoso. Ad incidere sulla spesa sono anche l’aumento degli esborsi necessari a coprire le manovre di solidarietà decise per il salvataggio di alcuni paesi della zona Euro (tra cui anche l’Italia, che beneficia del Fondo Salva Stati) e l’effetto collaterale della crisi sulle entrate provenienti dalle tasse.

Infatti, anche se la pressione fiscale sui cittadini e sulle imprese in questo periodo è andata va via via aumentando, non si ha un corrispondente aumento delle entrate a causa della diminuzione della base imponibile (le aziende in crisi hanno un fatturato sempre più basso) su cui calcolare le tasse da pagare.

Ultimi emendamenti al Piano Stabilità: Irpef e Irap

 Il piano di stabilità proposto dal governo è stato profondamente rivisto in queste ultime settimane. La versione definitiva, stilata dai due relatori (Brunetta e Baretta) insieme ai tecnici del governo dovrebbe arrivare oggi sul tavolo della Commissione Bilancio, che dovrà votare sulla sua fattibilità.

Gli ultimi emendamenti presentati riguardano Irpef e Irap. Per l’Irpef, a partire dal 2013, sono stati previsti degli incrementi per le detrazioni: 980 euro per ogni figlio, a cui si aggiungono altri 100 se i figli hanno meno di tre anni. Le detrazioni saranno poi equilibrate con il numero dei figli e con il reddito, in modo da favorire le famiglie più svantaggiate.

Gli sgravi sull’Irap per le imprese sono stati previsti a partire dal 2014, con un aumento delle detrazioni forfettarie in caso di assunzioni e per le imprese giovanili. L’importo totale delle detrazioni ammonta a 1,2 miliardi di euro.

Definiti anche i fondi con i quali il governo potrà tradurre in realtà queste detrazioni e l’alleggerimento della pressione fiscale generale su famiglia e imprese. Sono tre le risorse attualmente disponibili: lotta all’evasione fiscale, revisione delle attuali agevolazioni fiscali e l’abbassamento dei tassi di interesse.

Un secondo fondo sarà quello composto dalle risorse provenienti dalla revisione degli incentivi alle imprese, fondo che sarà specificatamente dedicato al credito d’imposta finalizzato alla ricerca ed alla riduzione del cuneo fiscale.

 

Nuova flessione della produzione industriale

 La notizia arriva dall’Istat, che, mettendo a confronto i dati della produzione stagionale e annuale dell’ultimo anno ha registrato un nuovo calo produttivo, che si è fatto sentire in modo particolare nella produzione industriale di autoveicoli. In questo comparto, che attualmente sta attraversando un momento piuttosto difficile, il calo della produzione ha superato il 13%, che si trasforma in un meno 9,5% se calcolato sugli ultimi nove mesi.

La flessione dell’indice è stata dello 0,1% nel periodo luglio-settembre rispetto al trimestre precedente. Nello specifico la produzione industriale italiana è scesa dell’1,5% a settembre (indice destagionalizzato a 83) e del 10,5% tendenziale (indice grezzo a 84,8). Negli ultimi nove il calo della produzione è stato del 6,5%.

Tutti i settori dell’industria hanno fatto registrare una tendenza alla flessione, con picchi molto alti nella produzione di energia (-7,8%), beni intermedi (-5,8%) e beni strumentali (-4,2%). Ma ci sono anche alcuni comparti industriali che sono in leggera crescita, come, ad esempio, la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici, computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (entrambi +3,6%) e fabbricazione di prodotti chimici (+0,9%).

L’Istat ha calcolato che, in ottica generale (ossia dopo l’aggiustamento delle diverse variabili ) in base all’indice grezzo la contrazione è stata del 21,2% su anno e del 19,7% nei 9 mesi.

Studio OCSE: Pil italiano a rilento per almeno 50 anni

 Secondo uno studio dell’OCSE che ha preso come parametro di riferimento il potere d’acquisto della moneta, i paesi dell’Europa sono ancora lontani dalla ripresa economica. Il PIL, infatti, crescerà ad un ritmo  molto lento per almeno altri 50 anni.

Nello specifico, il PIL italiano crescerà mediamente dell’1,4% ogni anno. Una crescita sicuramente molto bassa, ma migliore di quella di alcuni paesi insospettabili, come la Germania e il Giappone  (+1,1% e +1,3% rispettivamente), nazioni dove la produttività è sempre stata molto elevata.

Secondo gli esperti dell’OCSE la causa principale è da rintracciare nell’invecchiamento della popolazione che eserciterà una pressione al ribasso sull’input di lavoro e sulla produttività. In Italia si prevede che nel 2030 gli ultra 65enni saranno il 40% della popolazione e nel 2060 saranno il 60%, il doppio rispetto ad oggi. In Giappone gli over 65 sfioreranno il 70% tra cinquant’anni e in Germania saranno il 60%.

Più precisamente, in Italia è prevista una crescita del dell’1,3% l’anno tra il 2011 e il 2030, che arriverà all’1,5% dal 2030 al 2050: mezzo punto percentuale in meno rispetto alla media dei paesi dell’OCSE. In base a questi dati anche il peso del PIL totale dell’Italia sarà sempre meno sentito nel mondo, scendendo dal 2,8% del 2008 all’1,8% nel 2020 e all’1,4% nel 2060.

Lo stesso accadrà anche in altri paesi, come il Portogallo, la Grecia e l’Austria.

Rinviato lo sciopero di Metro e Autobus. Governo e Sindacati trattano

Lo sciopero di Metro e Autobus, inizialmente previsto per il venerdì 16 novembre è stato rinviato di circa un mese. La conferma è ufficiale. La protesta slitta al 14 dicembre. A deciderlo sono i sindacati, i quali hanno dimostrato di avere un grande senso di responsabilità nei confronti del trasporto pubblico. Ad annunciare lo slittamento dello sciopero è stato Michele Martone, il vice Ministro del Lavoro, Martone, inoltre, ha comunicato che il confronto continua e che la prossima puntata del tavolo delle trattative fra Governo e categoria è prevista per il 19 novembre.

I sindacati hanno dunque optato per il rinvio dello stop, che si terrà venerdì 14 dicembre, a distanza di 28 giorni dalla prima data annunciata. Le modalità dello sciopero rimangono comunque confermate: non vi saranno fasce di garanzia e la manifestazione nazionale si terrà come già previsto a Roma.

Intanto, tutti e cinque i sindacati, di comune accordo, danno fiducia al Governo. La scelta di rinviare lo sciopero è stata presa per avere più tempo a disposizione in attesa del confronto aperto da poco con il Ministero del Lavoro. La categoria vuole dunque valutare quali soluzioni troverà il Governo circa le risorse da mettere a disposizione del settore. Resta soprattutto in discussione il nodo del contratto di lavoro, scaduto ormai da cinque anni. Una grossa gatta da pelare.

Il ministero del Lavoro tira dunque un sospiro di sollievo, avendo ottenuto un primo risultato: il differimento dell’astensione, sollecitata anche dall’Autorità di garanzia sugli scioperi.

Martone e Ciaccia hanno peraltro scelto di stabilire un tempo limite, entro la fine dell’anno, per sciogliere i nodi, così da scongiurare anche lo sciopero e i conseguenti disagi per i cittadini. I 116.500 addetti del settore restano quindi in attesa di novità positive.