La crisi in Ucraina e la politica monetaria della Bce

 La produzione di energia è il più grande rischio economico dalla crisi in Ucraina, ma ci sono anche altre implicazioni. I mercati azionari di tutto il mondo probabilmente apriranno in ribasso in questi giorni con gli investitori che temono che le problematiche geopolitiche inibiscano l’attività economica. Tali timori portano anche gli investitori in fuga verso attività più sicure, con un basso rischio di default, come quelle del Tesoro Usa. Questo potrebbe portare a tassi di interesse più bassi e perturbare i mercati azionari nelle economie emergenti.

 

Le ricadute economiche della crisi in Ucraina

 

La Banca centrale europea si riunisce Giovedi per impostare la politica monetaria. La Banca centrale europea (Bce) ha cercato di fermare la deflazione che sta prendendo piede in tutta l’area euro. Nel mese di novembre, ha inaspettatamente tagliato i tassi di interesse allo 0,25% e li ha tenuto così a febbraio. La crisi in Ucraina potrebbe influenzare il processo decisionale della Bce, ma potrebbe dare loro un incentivo in più per allentare ulteriormente la politica monetaria al fine di combattere eventuali crescenti timori degli investitori.

Infine, l’eventuale congelamento dei beni o sanzioni economiche  alla Russia avrebbero anche un impatto più significativo sulle economie europee e americane, soprattutto se Putin risponde con le forniture di petrolio greggio e gas. Ma data la volatilità di tutta la situazione, è difficile prevedere come tutti gli eventi influenzeranno l’economia globale con certezza.

Se l’Europa è in parte dipendennte dal petrolio e dal gas russo, la Russia ha bisogno degli introiti che ne derivano per avere una stabilità economica adeguata. La situazione potrebbe quindi trovare un equilibrio ma le possibilità che precipiti sono ancora attuali.

Le ricadute economiche della crisi in Ucraina

 La crisi ucraina continua a preoccupare il mondo. Il conflitto in Crimea potrebbe trasformarsi in guerra con la Russia di Putin che dichiara di volere difendere la popolazione russa che vi risiede e che è la maggioranza. La Russia ha inviato i suoi soldati in Crimea e si sta preparando all’eventualità di un intervento, mentre Obama chiede a Putin di non scatenare la guerra e i Paesi occidentali sono in apprensione.

Russia, Ucraina e Crimea sono i Paesi del gas che attraverso queste strade arriva anche in Europa. L’importanza geopolitica di questo conflitto e quindi particolarmente monitorata dai Paesi europei e dagli Stati Uniti. Le ricadute sull’economia riguardano per prima l’Ucraina, ma anche l’Unione Europea. Il gigante russo Gazprom ha affermato che l’Ucraina ha un debito molto grande di 1,55 miliardi di dollari per le forniture arretrate di gas.

 

La crisi in Ucraina e il rischio di costi più alti per i consumatori

 

Inoltre, dopo le ultime vicende politiche, Gazprom potrebbe rimettere in discussione il prezzo preferenziale accordato a Kiev.

Un aspetto importante è che buona parte del gas che arriva in Europa e anche in Italia passa attraverso l’Ucraina e questa crisi potrebbe quindi condizionare la fornitura di cui molti Paesi hanno bisogno. Proprio Gazprom ha detto che le ultime situazioni politiche potrebbero influenzare la fornitura di gas ai Paesi europei, tra cui l’Italia che ne ha un grande bisogno. Anche per questi motivi il conflitto è particolarmente rilevante e le diplomazie provano a evitare che la situazione diventi più complessa.

Il nostro Paese ha una particolare dipendenza dal gas che arriva soprattutto dalla siberia visto che questa risorsa naturale è scarsa nel territorio.

La crisi in Ucraina e il rischio di costi più alti per i consumatori

 Con le truppe russe in Crimea, la possibilità di un conflitto armato in Ucraina sta crescendo di ora in ora. Se ciò accade, ci sarebbero delle conseguenze economiche che riguarderebbero i costi e che inluenzerebbero l’economia globale provocando prezzi del gas più elevati e tariffe aeree più alte in Europa e negli Stati Uniti.

In generale, gli Stati Uniti e l’economia ucraina non sono collegati in maniera profonda. Il rischio maggiore è per l’Europa considerata la sua dipendenza dal petrolio greggio e dal gas naturale della Russia. Nel 2010, il 34,5% delle importazioni di petrolio dell’Unione Europea e il 31,8% delle importazioni di gas naturale sono arrivate dalla Russia.

 

I giochi economici e politici tra Ucraina e Russia

 

Quelle del gas naturale e del petrolio sono entrambe industrie statali in Russia. Se la crisi continua a crescere, il rischio è che il presidente russo Vladimir Putin potrebbe rispondere a qualsiasi azione da parte della comunità internazionale tagliando le esportazioni di petrolio e gas naturale della Russia verso l’Unione europea.

Gli Stati Uniti non sono legati alla Russia per il petrolio greggio (meno del 5% delle importazioni di petrolio degli Stati Uniti provengono dalla Russia) o per il gas naturale, ma i prezzi sono fissati dal mercato globale e la crisi in Ucraina potrebbe avere ripercussioni a livello globale. Gli eventuali aumenti dei prezzi avranno un effetto domino che porterebbe alla crescita dei prezzi del gas in Europa e negli Stati Uniti. Le compagnie aeree e le industrie che dipendono dal petrolio sarebbero più colpite dal rincaro dei prezzi e questo porterà all’aumento di tariffe e prezzi che peseranno sui consumatori danneggiando l’intera economia.

La Russia ha dimostrato in passato che userà le sue esportazioni di energia per fini politici, ma tagliare le esportazioni di gas naturale e di petrolio greggio per l’intera Unione europea sarebbe un passo drastico per il Cremlino, che si basa sui ricavi da tali esportazioni per finanziare il governo. Nel 2012, l’84% delle esportazioni di petrolio della Russia e quasi l’80% delle  esportazioni di gas naturale sono andati verso l’Unione europea. La chiusura delle condotte per la maggior parte d’Europa avrebbe lasciato un buco enorme nel bilancio del Paese.

La crisi delle banche russe e la Crimea

 Un numero davvero troppo alto di banche russe sarebbe sull’orlo del fallimento dal momento che sono piene di debiti ucraini. Il tutto mentre Putin muove i suoi blindati in Crimea e l’ex presidente Victor Yanukovych è introvabile ricercato per aver massacrato i cittadini.

I giochi economici e politici tra Ucraina e Russia

 Le proteste antigovernative nella capitale ucraina Kiev stanno ottenendo risultati. Il primo ministro si è dimesso, e il presidente Viktor Yanukovich, che ha innescato le proteste rifiutandosi di firmare un trattato commerciale con l’Unione europea , ha 60 giorni di tempo per formare un nuovo governo.

Eppure i manifestanti a Piazza Indipendenza hanno affermato che non si muoveranno fino a quando Yanukovich non chiederà nuove elezioni, che i sondaggi vedono perdente con un ampio margine.

Anche se i manifestanti otterranno tutto quello che chiedono, il Paese probabilmente rimarrà profondamente diviso sui rapporti con i suoi vicini, e non ci sono soluzioni semplici per i suoi problemi economici. Un sondaggio da parte dell’Istituto Internazionale di Sociologia di Kiev ha rilevato che il 39% degli ucraini vuole aderire all’Unione europea , mentre il 37% preferisce legami più stretti con la Russia.

Dopo la caduta dell’Unione Sovietica , il reddito pro capite in Ucraina è stato più o meno come in Lettonia e Polonia. Ora i redditi in quei Paesi sono più del doppio di quelli in Ucraina, secondo il Fondo Monetario Internazionale. La debolezza dell’Ucraina ha dato al presidente russo Vladimir Putin maggiori possibilità per fare crescere a livello economico e politico la Russia. L’Ucraina è la strada fondamentale per la spedizione del gas russo verso l’Europa.

 

La povertà contribuisce agli scontri in Ucraina

 

Il presidente russo nel mese di dicembre si è impegnato a prestare all’Ucraina 15 miliardi di dollari, di cui 3 milioni di dollari sono già stati spesi per l’acquisto del debito del governo ucraino. La Russia ha anche offerto al Paese un grande sconto sul gas naturale. Putin ha parlato di ripercussioni nel caso in cui l’Ucraina accetterà il patto commerciale dell’Ue.

La povertà contribuisce agli scontri in Ukraina

 Gli attivisti dell’opposizione in Russia sono stati a guardare la spirale di violenza politica in Ucraina con una certa sorpresa, a volte chiedendosi perché i loro vicini si sono dimostrati di essere attivisti più tenaci di quelli visti nelle proteste a Mosca nel 2011 e nel 2012.

Una teoria comunemente citata è quella economica. In Ucraina nel corso degli ultimi 25 anni i cittadini hanno vissuto una situazione più disperata dei russi, che hanno goduto di anni di crescita alimentata  dall’energia.

 

► I miliardari russi alla conquista dell’ovest

 

Il prodotto interno lordo dell’Ucraina è a 97 miliardi di dollari lo scorso anno rispetto ai 113.000 milioni dollari nel 1992. L’andamento sembra è impressionante se confrontato con quello della vicina Russia, il cui Pil è cresciuto a 1.000 miliardi di dollari l’anno scorso ed era a 684 miliardi di dollari nel primo anno post sovietico.

In Russia il PIL è cresciuto del 125% e il Pil pro capite è cresciuto del 137%, più del doppio che in Ucraina.

L’Ucraina non ha la fortuna di avere gas e petrolio, che ha alimentato la crescita in Russia e nei Paesi dell’Asia centrale. Manca anche la vicinanza con l’Unione europea e gli scambi preferenziali sono con Mosca. L’Ukraina deve sopravvivere con i prezzi elevati del gas naturale che arriva dalla Russia, dal quale è altamente dipendente.

Ma gli svantaggi naturali e geopolitici dell’Ucraina non sono sufficienti a spiegare tutta la sua sottoperformance, come hanno affermato gli economisti occidentali e le istituzioni finanziarie, che per decenni hanno richiamato il Paese a fare riforme più audaci.

In diversi governi ucraini è mancata la volontà politica e la visione chiara degli economisti per lanciare le riforme economiche e le privatizzazioni simili a quelli fatti in Russia o in Europa centrale.

Italia e Russia firmano diversi accordi commerciali

 Produttiva visita in Italia del Presidente della Russia Vladimir Putin. Il vertice Italia-Russia di Trieste ha portato a diversi accordi. Gli accordi commerciali siglati sono 28 e poi ci sono 7 accordi governativi e un protocollo di intesa. Soddisfatto il Presidente del Consiglio Enrico Letta che ha parlato della necessità di trasformare questi accordi in fatti concreti utili alle imprese, all’aumento dei posti di lavoro e ai settori della ricerca, della cultura e della salute.

I miliardari russi alla conquista dell’ovest

Sono trascorsi più di venti anni dalla fine dell’Urss e dalla caduta del comunismo. In questi anni la Russia ha cercato di superare i precetti del capitalismo per rimettere in modo l’economia. Oggi, possiamo dire che gli uomini di affari ci sono riusciti bene.

Si contano numerosi miliardari provenienti dai Paesi che un tempo erano in forza all’Urss e che oggi hanno sviluppato nuove metodologie e nuove ideologie per conquistare il pianeta industria e il pianeta finanza nel terzo millennio.

Le classifiche degli uomini più ricchi, una delle più famose è quella stilata dalla rivista statunitense Forbes, contemplano oggi molti nomi provenienti dai territori russi. Sono ad oggi cento i magnati russi che hanno un patrimonio personale superiore al miliardo di dollari. A costoro devono essere aggiunti dieci magnati ucraini, cinque kazaki e un georgiano. Non male, no?

Oltre a Forbes, anche Bloomberg ha stilato la classifica dei cento conti correnti più ricchi del mondo, contandone undici in Russia e uno in Ucraina.

Parliamo, naturalmente, di numeri indicativi. Ma siamo comunque dinanzi a cifre importanti. I dati confermano che gli ex-capitalisti sono sempre più inseriti nel sistema economico d’occidente. In quali settori? I magnati si riuniscono in holding che oggi possono vantare asset che vanno dagli idrocarburi al settore bancario.

Ottimo risultato per l’Ipo della Borsa di Mosca

Il Moscow Times, il quotidiano in lingua inglese, ha parlato della raccolta dell’operazione di quotazione lanciata nei giorni scorsi dalla Borsa di Mosca. L’Ipo, Initial public offering è la più grande offerta pubblica lanciata in Russia dal 2008, cioè dopo la crisi . La raccolta è stata di 500 milioni di Dollari con il prezzo delle azioni di 55 Rubli. Questa operazione mostra come il valore della capitalizzazione della Borsa russa è di circa 4 miliardi di Dollari.

Ocse paradisi fiscali

Le domande raccolte sono il doppio delle offerte e gli investitori sono soprattutto stranieri, su tutti Germania, Paesi scandinavi, Stati Uniti e paesi asiatici. Il più grande acquirente è stato comunque  il fondo russo per gli investimenti diretti con un investimento di 80 milioni di dollari.

C’è anche la Cina tra i grandi investitori. Una controllata Fondo sovrano cinese, la Chengdong Investment Corporation, ha investito molti fondi. Gli investitori privati sono circa mille.

Per Dmitri Pankin, capo del servizio federale per i mercati finanziari, questo “E’ l’inizio di un lungo viaggio, e ci sono molti obiettivi che la Borsa deve completare. Ma ci sarà una vera competizione con Londra, Francoforte e New York”.

Putin: giro di vite contro l’offshore

 Putin ha parlato nella sala San Giorgio del Cremlino per la prima volta dopo la sua rielezione. Un discorso che è stato accolto con favore e calore dai deputati delle due Camere e dalle massime autorità del Paese presenti.

Putin inizia il suo discorso parlando della legge che obbligherà i funzionari di Stato – presidente compreso – a dichiarare le proprietà all’estero e la provenienza dei redditi che ne hanno permesso l’acquisto. Una legge che prevede anche dei limiti su conti bancari e titoli detenuti fuori dalla Russia.

Il presidente russo l’ha chiamata “de-offshorizzazione“, un’operazione che dovrebbe riportare mille miliardi di dollari nelle casse dello Stato, l’unico modo possibile per ridare capitali e investimenti ad un’economia i cui margini di crescita, a causa della concentrazione nel settore energetico, sono molto ristretti.

Le buone intenzioni di Putin, il cui discorso non fa che aumentare i sospetti per una sua ulteriore candidatura nel 2018, passano anche per la lotta alla corruzione – il decreto legge è pronto anche se ci sono dei seri dubbi sulla sua efficacia – per le privatizzazioni e per una maggiore indipendenza della Russia dagli altri paesi, il che dovrebbe portare il Pil del paese a un tasso di crescita tra il 5 e il 6%, lontano dal 3,5% stimato per quest’anno.