Addio all’anatocismo bancario

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La commissione Finanze della Camera ha detto sì all’emendamento presentato dal deputato del PD, Sergio Boccadutri, che pone fine alla pratica ormai ‘obsoleta’ dell’anatocismo bancario, allargando il divieto anche al calcolo degli interessi relativi ai finanziamenti concessi con le carte revolving.

Pertanto, a breve si chiude una stagione lunga quasi un ventennio, caratterizzata da battaglie legali tra clienti e banche sul calcolo degli interessi passivi. Ma cos’è l’anatocismo? Si tratta di un metodo per calcolare gli interessi sul capitale prestato, che in gergo vengono definiti “composti”. Facciamo un esempio per fare chiarezza: una banca presta a un cliente 100 euro al tasso del 5% all’anno. Dopo un anno, il cliente dovrà restituire alla banca 105 euro (100 + 0,05 x 100). Dopo il primo anno, però, gli interessi graveranno su 105 euro, ovvero sui 100 euro di capitale prestato e sui 5 euro di interessi già maturati per il primo esercizio. Dunque, il cliente dovrà restituire alla banca 110,25 euro.

Se la banca non avesse applicato il tasso anche sulla quota degli interessi precedentemente maturati, il cliente avrebbe dovuto restituire alla fine del secondo anno 110 euro e non 110,25 euro. In altri termini, l’anatocismo gli comporta un aggravio di 25 centesimi, nell’esempio appena mostrato, che per la banca si traduce in un maggiore guadagno.

L’emendamento della commissione Finanze vieta due aspetti:

che la banca possa capitalizzare gli interessi con scadenze infrannuali e che gli interessi possano produrre altri interessi. Questi dovranno essere contabilizzati al 31 dicembre e divenire esigibili a partire dal mese di marzo. A tale riguardo, si faccia presente che le banche accampavano sino ad oggi il diritto di capitalizzare gli interessi al termine di ciascun trimestre, sulla base di una pratica in voga sin dall’Ottocento e che, di conseguenza, rappresenterebbe un uso nel settore.

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