Per le banche centrali l’uscita dalla crisi è un’illusione

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Per capire i movimenti della finanza di tutto il pianeta occorre dare un’occhiata a Tokyo e Washington, alla Banca del Giappone e alla Federal reserve. Sono questi i due punti nevralgici per un’analisi più chiara e approfondita.

Intanto, l’Europa dell’euro ha fatto le sue azioni, con la Banca centrale europea nel ruolo di garante della stabilità del sistema, ed aspetta che le elezioni tedesche di settembre permettano alla cancelliera Angela Merkel un ruolo più attivo.

Ma l’uscita definitiva dalla crisi resta un’illusione.

Da Washington, infatti, fanno sapere che dopo la politica di iperespansione monetaria, tassi a zero più quantitative easing – acquisto di titoli sul mercato per immettere liquidità – occorre attendere l’inizio della fase declinante. Wall Street ha reagito male, confermando quanto in molti hanno sempre dichiarato, e cioè che la serie recentissima di record degli indici Dow Jones e S&P è stata più un risultato della grande liquidità fornita dalla Banca centrale che non un segnale di forte ripresa. Come a dire che si tratta di un fatto di natura finanziaria e non di un andamento positivo dell’economia reale.

Piedi per terra, dunque. Dalla crisi, dicono alla Fed, si potrà effettivamente uscire ma i tempi sono lunghi. Molto lunghi. Una dichiarazione, quest’ultima, fatta più per placare gli animi che per una convinzione interna.

 

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