Valida la notifica se c’è una firma

 L’Agenzia delle Entrate, generalmente, manda degli avvisi di accertamento alle aziende tramite il servizio postale. Se questo avviso viene ritirato da una persona che è nella sede dell’azienda ed appone la sua firma anche illeggibile sul registro postale, l’avviso si deve riterene valido.

Per capire meglio questa sentenza della Cassazione partiamo dal fatto che ha originato il pronunciamento.

Il fatto. Una società aveva ricevuto una cartella di pagamento emanata dopo un accertamento diventato definitivo per omessa impugnazione. A questo punto la società aveva presentato il suo ricorso alla Ctr Puglia che ha rigettatto la richiesta definendo legittima la cartella di pagamento.

L’azienda ha fatto ricorso spiegando di non aver ricevuto alcuna notifica, ma il giudice ha accertato che la notifica era arrivata tramite il controllo della firma leggibile di una persona che ha ricevuto la posta. Si presuppone infatti che una persona che ritiri una raccomandata per l’azienda e firmi per la ricezione, sia deputata al ritiro della corrispondenza.

Da questo fatto è arrivata l’ordinanza n. 17939 del 19 ottobre 2012 della Cassazione che è tornata a parlare come ha fatto in passato, di notifiche degli atti d’accertamento. I principi addotti sono stati due: chi consegna la posta raccomandata pensa che chi firma la ricevuta sia deputato dall’azienda alla ricezione degli atti; anche se la firma è illegibile, il fatto che sia apposta sul registro dell’avviso di ricevimento suggerisce al giudice che la corrispondenza sia stata recapitata correttamente.

Riflessioni sull’incidenza dell’IMU

 L’impatto economico dell’Imu sulle tasche degli italiani sarà abbastanza corposo. All’avvicinarsi di questo appuntamento con l’Erario, si sono scatenate online una serie di riflessioni sull’Imposta Municipale.

Sicuramente l’approssimarsi dell’ultima scadenza per il saldo dell’Imu preoccupa molto le famiglie che devono fare i conti con un nuovo esborso di denaro che arriva alla fine di un anno molto difficile. L’Imu dipende molto dal tipo di casa posseduta, dalla localizzazione e dall’aliquota prevista dal comune di residenza, tuttavia è stata fatta una stima della spesa media.

Mediamente le famiglie italiane dovranno tirare fuori dal portafoglio 405 euro all’anno. Ma non è soltanto questo l’impatto dell’IMU sul bilancio degli italiani perché ci saranno anche degli effetti indiretti. In primo luogo si prevede l’aumento degli affitti, privati e commerciali.

Alcune categorie professionali che per l’attività che svolgono sono tenuti ad avere un magazzino, dovranno pagare di più per i locali adibiti alla gestione e alla giacenza delle merci. Vuol dire che indirettamente gli italiani saranno portati a pagare l’Imu ma anche a sostenere costi collaterali pari a 210 euro a famiglia.

L’aumento delle spese determinerà a stretto giro anche un aumento dello 0,7% del tasso d’inflazione. Questa stima è stata fornita dagli analisti dell’Osservatorio Nazionale di Federconsumatori.

Auto di grossa cilindrata nel redditometro

 Un contribuente che non abbia pagato di tasca propria un’autovettura di grossa cilindrata ma, poniamo il caso, l’abbia ricevuta in eredità, deve documentare che il possesso dell’auto non implica per lui una maggiore ricchezza.

Possedere una macchina di grossa cilindrata, non sempre, indica che il contribuente che si ha davanti ha un patrimonio adeguato a sostenere la spesa per l’autovettura. Nonostante questo presupposto, l’Agenzia delle Entrate presume che il contribuente abbia un maggiore reddito rispetto a quanto dichiarato.

Il presupposto dell’Erario deve quindi essere confutato dal contribuente stesso, provando che le entrate presunte, inserite nel redditometro, non esistono o se ci sono sono, sono di natura inferiore alle “previsioni” dell’Agenzia delle Entrate.

Ad affermare il tutto ci ha pensato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18604 del 29 ottobre 2012. I porporati hanno dovuto pronunciarsi in merito ad un fatto pratico: l’Agenzia delle Entrate ha dovuto quantificare ad un contribuente un reddito maggiore rispetto a quello dichiarato alla luce del fatto che dispondeva di tre autovettura di grossa cilindrata.

La Corte d’Appello ha quindi accolto il ricorso del contribuente contro l’avviso d’accertamento perché secondo i giudici la Commissione Tributaria Provinciale non era riuscata a dimostrare che per tenere quelle auto il contribuente sosteneva spese incompatibili con il reddito dichiarato.

Adesso però, l’ultimo pronunciamento della Cassazione, attribuisce al contribuente l’onere della dimostrazione.

Assicurazioni estere: un codice per l’imposta

 Novembre, periodo di pagamenti, per numerose imposte. Arriva anche quella sulle assicurazioni estere che è stata abbinata ad un particolare codice da inserire nell’F24 per completare il pagamento.

Entro il 16 novembre, tutti i soggetti chiamati ad applicare l’imposta al posto delle compagnie o del loro rappresentante legale, devono versare l’imposta sulle assicurazioni estere. Il codice da usera è il 1695.

Ad usarlo devono essere gli intermediari tramite i quali vengono generalmente riscossi i redditi maturati tramite le assicurazioni estere. Questi intermediari fanno le veci dei sostituti d’imposta ed operano nel nostro paese rispettando gli incarichi ricevuti dai contribuenti o dalle compagnie estere.

Questi intermediari devono inserire il codice 1695 per pagare l’imposta sostitutiva, a patto che non l’abbia già fatto la compangia che può provvedere in autonomia al pagamento, oppure affidarsi ad un rappresentante legatli che cura gli adempimenti di “sostituzione tributaria”.

Tutta la procedura è ben spiegata nella risoluzione 98/E.

Per calcolare l’importo dell’imposta occorre avera a disposizione il valore delle polizze a decorrere dal primo gennaio del 2011 e il pagamento deve essere ottemperato entro il 16 novembre 2012. Le polizze totalmente liquidate nel corso del 2012, invece, non sono sottoposte al pagamento dell’imposta sostitutiva.

Il nome del codice, che va inserito nella sezione Erario, presente nella guida dell’Agenzia delle Entrate è “Imposta sul valore dei contratti di assicurazione – art. 1, c. 2-sexies, d.l. n. 209/2002.

Pronti i codici dell’imposta sui giochi

 Con la Risoluzione 99/E del 12 novembre, l’Agenzia delle Entrate ha definito i nuovi codici tributo con i quali effettuare il pagamento dell’imposta unica sui giochi.

Il modello da usare per il versamento è sempre un F24, nel dettaglio l’F24 Accise ma l’Agenzia delle Entrate, prima di definire tutti i codici riepiloga i riferimenti normativi da tenere a mente. Il primo è sicuramente un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 18 luglio 2003 che ha stabilito la riscossione delle entrate tributarie ed extratributarie, di pertinenza dei monopoli di Stato secondo l’articolo 17 del Decreto Legislativo n. 241 del 9 luglio 1997.

Il secondo riferimento normativo è l’articolo 24 del decreto legge n. 98 del 6 luglio 2011 convertito nella legge n. 111 del 15 luglio 2011 che approfondisce le norme relative al gioco. In particolare spiega:

Avvalendosi di procedure automatizzate, l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato procede alla liquidazione dell’imposta unica dovuta di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1998, n. 504, ed al controllo della tempestivita’ e della rispondenza rispetto ai versamenti effettuati dai concessionari abilitati alla raccolta dei giochi (…)

Definite le imposte da pagare, l’Agenzia delle Entrate passa alla definizione dei codici tributo che consentono il versamento delle somme tramite il modello F24 Accise. L’elenco è disponibile sia sul sito di Fiscooggi, ma si può leggere anche nel .pdf della Risoluzione.

Come funziona il regime di vantaggio

 Il regime di vantaggio è un’opportunità fiscale che l’Erario offre ai giovani imprenditori, ai disoccupati e a coloro che sono iscritti alle liste di mobilità e vogliono iniziare una nuova attività.

Per tutte queste persone è stato studiato un regime fiscale di vantaggio che, sostanzialmente, consiste in un’imposta sostitutiva dell’Irpef e di tutti gli addizionali connessi pari al 5 per cento. C’è chiaramente un limite all’ingresso in questo regime: si deve aver iniziato l’attività dopo il 31 dicembre 2007.

L’Agenzia delle Entrate è chiara su un punto: quando di parla di inizio dell’attività non si parla certo di apertura della partita IVA ma l’inizio dello svolgimento dell’attività stessa. Sono esclusi dal regime di vantaggio anche coloro che si avvalgono già di un regime speciale IVA, per esempio agenzie di viaggio e turismo, vendita di sali e tabacchi e via dicendo; sono esclusi i non residenti e coloro che in via esclusiva o prevalente si occupato di cessioni di immobili e di mezzi di trasporto nuovi; sono infine esclusi tutti coloro che partecipano a società di persone, associazioni professionali o Srl  e hanno optato per la cosiddetta trasparenza fiscale.

Il regime di vantaggio dura cinque anni a partire dal periodo d’imposta di inizio dell’attività e se qualcuno decide di uscire, magari perché vengono meno i requisiti, non può più rientrarvi.

Niente agevolazioni senza la residenza

 Una volta acquistata una casa e fatto il rogito davanti al notaio, ci sono 18 mesi per stabilire la residenza nella casa stessa se si vogliono ottenere le agevolazioni sull’acquisto. In caso di mancato spostamento della residenza, si può perdere il diritto alle agevolazioni.

A stabilire questa procedura è stata la Cassazione con la sentenza n. 17597 del 12 ottobre. In pratica è stato stabilito che le lungaggini burocratiche, oppure l’aver stabilito nella casa acquistata la sede dell’attività professionale, non sono elementi che possono impedire il trasferimento della residenza per la fruizione delle agevolazioni.

Come ogni sentenza, anche in questo caso c’è stato un fatto all’origine del pronunciamento. Un contribuente aveva acquistato una casa e aveva usufruito delle agevolazioni “prima casa”. Nell’immobile svolgeva già la sua attività professionale ma per una serie di lungaggini burocratiche legate al fatto che è un cittadino extracomunitario, non è riuscito a trasferire la residenza nell’immobile nei 18 mesi seguenti al rogito. 

L’Agenzia delle Entrate, quindi, ha provveduto a recuperare l’agevolazione fiscale sull’imposta di registro spettante per l’acquisto della prima casa e le imposte ipotecaria e catastale, facendo ricorso all’articolo 1 della tariffa, parte I, allegata al Dpr 131/1986.

La Commissione tributaria provinciale ha rigettato il ricorso e l’esito della sentenza è stato confermato anche in appello dove il giudice ha spiegato che al momento dell’acquisto l’acquirente non aveva ancora iniziato a svolgere la sua attività nell’immobile e il trasferimento dell’alloggio non può essere considerato uguale al trasferimento della residenza anagrafica.

Lombardia: si cerca di evitare gli errori

 In queste ultime settimane, la Direzione provinciale I di Milano ha inviato agli intermediari abilitati alla compilazione e trasmissione delle dichiarazioni dei redditi, una lettera esortandoli a non commettere più gli stessi errori.

In pratica relativamente alle dichiarazioni del 2010, la Direzione provinciale I di Milano, ha dovuto prendere atto che c’è un rapporto molto alto tra le comunicazioni di irregolarità e le dichiarazioni trasmesse.  Adesso è necessario evitare che si commettano nuovi errori.

Per farlo è importante avviare una stagione di dialogo e collaborazione che si traduce in un vantaggio reale per i contribuenti che non si trovano a dover pagare lo scotto di una dichiarazione dei redditi compilata in modo sbagliato.

L’esigenza è nata dall’analisi delle dichiarazioni trasmesse per il 2010 dagli intermediari lombardi. I dati parlano chiaro:  ci sono state più di 544 mila comunicazioni di irregolarità su 4,4 milioni di dichiarazioni inviate. Se si considera che gli intermediari sono 10.227 vuol dire che l’incidenza dell’errore è del 12 per cento.

Sono stati individuati da questo studio anche 2.567 intermediari per cui più di un quarto delle dichiarazioni ha ricevuto una comunicazione di irregolarità. Tra questi intermediari l’incidenza dell’errore è al 33 per cento visto che si parla di 516 mila dichiarazioni trasmesse e 171 mila comunicazioni di irregolarità.

Il recupero dei benefici illegittimi sulla prima casa

 Chi compra una “prima casa” ha diritto al pagamento di un’imposta agevolata a patto che si tratti dell’acquisto di una casa “normale” e non di un edificio di lusso. In passato però anche l’acquisto di case di lusso aveva beneficiato dell’imposta agevolata in modo illegittimo. L’Erario è pronto al recupero.

Se si acquista una prima casa “normale” si ha diritto a pagare un’aliquota al 4 per cento ma se si compra un’abitazione di lusso, l’imposta da corrispondere sale al 20 per cento.

L’ufficio delle Entrate, a questo punto, deve emettere l’avviso di liquidazione della maggiore imposta. Questo è stato stabilito da una recente sentenza della Corte di Cassazione, la numero 18378 del 26 ottobre.

Per inviare l’avviso di liquidazione è preliminare l’accertamento della caratteristica “di lusso” dell’immobile, secondo quanto stabilito dal decreto ministeriale del 2 agosto del 1969. La revoca delle agevolazioni sulla prima casa, secondo alcuni contribuenti che avevano ricevuto l’avviso della maggiore imposta da corrispondere, doveva essere commutata ai venditori, responsabili verso l’amministrazione finanziaria.

La Commissione tributaria provinciale, invece ha rigettato il ricorso e in Appello è stata confermata questa linea interpretativa. L’Erario, dunque, constato il pagamento scorretto dell’aliquota provvede al recupero dell’Iva non versata, maggiorata di una sanzione del 30% sulla differenza d’imposta dovuta per l’immobile “di lusso”.

Abbonamento RAI: guida per gli enti pensionistici

 I pensionati che non superano i 18 mila euro di reddito annui possono chiedere il frazionamento dell’abbonamento RAI per l’anno prossimo ma devono inviare la richiesta al loro ente pensionistico entro il 15 novembre. A quel punto, l’ente che riceve la domanda, che deve fare?

Una volta ricevuta la richiesta di frazionamento dell’abbonamento RAI l’ente pensionistico deve valutare che il richiedente abbia effettivamente tutti i requisiti per inoltrare la domanda. Entro il 15 gennaio deve essere comunicata l’accettazione o il rifiuto della domanda.

In caso di accettazione è necessario predisporre la rateizzazione del pagamento dell’abbonamento RAI senza applicare gli interessi, con 11 rate da gennaio fino alla fine del mese di novembre.

Il pagamento del canone, poi, dovrà essere comunicato al pensionato tramite l’invio del CUD. Se la richiesta invece è respinta dall’ente, il pensionato deve pagare l’abbonamento RAI secondo i modi e i tempi previsti per tutti i cittadini.

Un caso particolare enunciato dall’Erario è quello del pensionato che dopo aver richiesto il frazionamento dell’abbonamento RAI, si veda sospeso il pagamento della pensione. In quel caso è l’ente pensionistico che comunica al pensionato oppure ai suoi eredi quali rate sono state già pagate e quante devono ancora essere corrisposte. Se la pensione non basta al pagamento delle rate, allora  l’importo deve essere suddiviso ma tutto deve essere pagato entro novembre.