Calcio, soggette a Irap le plusvalenze su cessioni milionarie

Cento milioni di Irap. Il mondo del calcio deve pagare. Il tormentone riguardante tassazione o la non tassazione dell’Imposta regionale concernente le attività produttive delle plusvalenze sulle cessioni di calciatori, fa si che l’agenzia delle Entrate si presenti in campo pericolosamente come con un tackle scivolato.

Il Consiglio di Stato ha suggerito al Fisco che eventuali plusvalenze realizzate in occasione della cessione dei contratti di prestazioni sportive dei calciatori siano da prendere in considerazione al momento di determinare la base imponibile Irap.

Quello tra calcio e plusvalenze ottenute con la cessione è un equilibrio fondamentale e ormai più che stabile.

Non parliamo solo delle cessioni dei giocatori più rappresentativi di questo sport. Parliamo anche delle plusvalenze realizzate con le cessioni di talenti giovanissimi, spesso sconosciuti ai più.

Ogni qual volta una società cede un giocatore, registra una grossa plusvalenza di bilancio (chi vende realizza la plusvalenza nell’immediato, mentre chi compra spalma la cifra spesa in cinque anni, in virtù dei regolamenti sulla durata degli accordi contrattuali dei calciatori).

Il fisco, pertanto, ha deciso di indagare su queste diverse centinaia di milioni, concentrando la propria attenzione in due diversi momenti: in primo luogo avviando un’azione di accertamento mirata e successivamente perorando la propria pretesa impositiva nei diversi gradi di giudizio

 

Grillo critica l’agenda-Monti

Beppe Grillo presenta la sua Agenda anti-Monti. Lo fa come di consueto sul suo blog. Il leader del M5S ha pubblicato un programma di sedici punti, in netta contrapposizione rispetto a quello del ‘Professore’.

Grillo si dice preoccupato. Fa gli scongiuri, perché altri cinque anni di Esecutivo Monti porterebbero l’Italia al fallimento economico. Nel contempo elogia, portanto acqua al proprio mulino, la sua agenda.

Sedici punti programmatici. Dalla Legge contro la corruzione all’accesso gratuito a internet. Poi una serie di proposte di natura sociale: tra queste il reddito di cittadinanza, le misure anti-casta (quali ad esempio l’eliminazione dei fondi stanziati ai partiti, l’introduzione di un indice che misuri gli arricchimenti ingiustificati e illeciti dei politici). Per finire con il limite di soli due mandati parlamentari. Una mossa per non far sentire i politici come dei scesi in parlamento.

Grillo contro Monti, nonché contro la politica italiana basata sull’economia. Il fondatore del Movimento a cinque stelle vuole anche un referendum per la permanenza dell’euro, nonché uno stop per le grandi opere “Inutili”. Una su tutte? La Tav.

Così, l’Agenda Anti-Monti diventa un pretesto per realizzare in maniera effettiva la democrazia in un Italia sistematicamente gabbata dai ricchi e dai potenti.

Il programma del leader del Movimento cinque stelle contempla infatti l’ introduzione del referendum propositivo e l’obbligo di discutere in parlamento le leggi nate da un’idea del popolo.

Il veglione 2012 costerà 2 miliardi di euro

 Appena terminate le stime per la spesa natalizia degli italiani, sono iniziate le previsioni sulle spese di Capodanno. Un sondaggio effettuato dalla Confesercenti-SWG fotografa un veglione ancora dai toni dimessi, ma che fa ben sperare in una ritrovata fiducia degli italiani nella loro economia.

Per un milione di famiglie non parteciperà a nessun festeggiamento, diminuisce, rispetto allo scorso anno, la percentuale di coloro che passeranno il Capodanno in casa (82% nel 2012 contro l’86% del 2011). Cresce la percentuale di coloro che, invece, potranno festeggiare in vacanza o in un locale:

per un 6% di intervistati la parola d’ordine sarà Capodanno a cena fuori al ristorante, una quota in crescita di quattro punti rispetto al 2% del 2011 e che ritorna al livello degli anni pre-crisi.

Nel complesso la spesa sarà di circa due miliardi di euro, circa tre punti percentuali in meno rispetto alla spesa media per il veglione.

Secondo i dati che sono stati riportati dalla Federconsumatori, però, la cena tradizionale arriverà a costare il 4% in più rispetto al 2011, che ha creato due diversi tipi di menù: quello economico, che si aggirerà intorno ai 24,65 euro a persona, e quello classico, per il quale la spesa sarà di 38,7 euro a persona.

Germania: la crescita sarà lenta, ma ci sarà anche nel 2013

 E’ questo ciò che prevede Hans Heinrich Driftmann, presidente dell’Associazione delle Camere di Industria e Commercio (Dihk), alla ‘Frankfurter Allgemeine Zeitung’ (Faz). Secondo Driftmann, infatti, il 2013 la crescita dell’economia tedesca sarà dello 0,7%. Una crescita lenta, ma pur sempre una crescita che eviterà al paese lo spauracchio della recessione.

La Germania, quindi, continua a dimostrare di essere il paese dall’economia più solida in questa parte di Europa, un paese in cui la crisi è arrivata ma che ha avuto tutte le carte in regola per evitare i danni peggiori, soprattutto quelli che la recessione porta al mercato del lavoro, che in Germani resterà solido e che, anzi, prevede tra i 150mila e 200mila nuovi posti di lavoro, soprattutto nel settore dei servizi.

Non è in discussione l’uscita dell’euro. Nonostante negli ultimi tempi si siano levate molti voci, soprattutto a livello internazionale, che vedono nell’abbandono della moneta unica la vera soluzione per uscire dalla crisi, Driftmann parla di un ritorno al marco come di un passo indietro nella costruzione del mercato unico e della libera circolazione delle merci, soprattutto per l’economia tedesca dove le esportazioni sono una buona fetta del Pil.

 

In Spagna aumentano i salari minimi, ma anche i pignoramenti e gli sfratti

 La Spagna sta attraversando un momento davvero complicato. La sua situazione economica è sull’orlo del baratro e, nonostante gli aiuti che giungeranno dall’Unione Europea, il paese è ancora in una situazione di stallo che non prevede miglioramenti nel breve termine.

Per questo il governo spagnolo è tornato sulle sue decisioni e ha proposto un aumento dei salari minimi dello 0,6% a partire dal primo gennaio 2013. I salari base, infatti, erano stati congelati per tutto il 2012 (l’ultimo aumento risale al 2011 quando al governo c’era Zapatero), ma ora, per dare modo alla popolazione di resistere in qualche modo alla crisi, saranno portati dagli attuali 641,40 euro a 645,30, per tentare di recuperare, almeno in parte, la perdita del potere d’acquisto sceso del 4,6% dal 2010.

Ma lo stipendio non è l’unica preoccupazione della Spagna: su base annua è stata evidenziato un aumento degli sfratti (+15,9%) e dei pignoramenti (+18,3%) delle case e delle aziende agricole locali: la crisi non permette più alle famiglie e ai piccoli imprenditori di far fronte ai debiti contratti per l’acquisto delle abitazioni. Stando a quanto riportato dalle autorità giudiziarie iberiche, solo nei primi tre mesi del 2012 sono state predisposte 49.702 procedure di sfratto e 67.537 per il pignoramento.

Aumento dei carburanti in occasione del Capodanno

 Ieri la benzina ha visto lievitare il suo prezzo nelle piazze internazionali (+37 dollari/ton per la benzina che torna a “quota 1.000” e +11,75 per il diesel), salendo da 550 a 569 euro ogni mille litri (si tratta del 3,5% in più). Un grande salto, quindi, che, come sempre accade, porterà ad una revisione al rialzo del prezzo dei carburanti da parte delle maggiori compagnie petrolifere.

A contentere il prezzo del petrolio solo il cambio favorevole tra euro e dollaro.

Così, dopo i salassi delle tasse e i vari aumenti previsti per il prossimo anno, gli italiani dovranno sborsare di più anche per gli spostamenti. In questo momento i prezzi medi nazionali si assestano, per la benzina verde a 1,811 euro/litro e a 1,754 per il diesel. Solo il prezzo del GPL è rimasto quasi immutato, salendo di un solo centesimo per ogni litro (0,878 euro).

Nel dettaglio, parlando sempre di prezzi per la modalità servito,

si va dall’1,800 euro/litro di Eni all’1,811 di Tamoil (no-logo in  leggera salita a 1,692). Per il diesel si passa dall’1,741 euro/litro  di Esso all’1,754 di Shell e Tamoil (no-logo a 1,621). Il gpl infine è tra 0,864 euro/litro di Esso e 0,878 di Q8 (no-logo a 0,827)

Nuovo incontro sul Fiscal Cliff

 L’incontro tra democratici e repubblicani era previsto per il 30 dicembre, ma Obama ha ritenuto opportuno accorciare i tempi e già questa sera ci sarà un primo incontro con i rappresentanti del Congresso. Il tema è sempre lo stesso: trovare un accordo per ridurre il debito del paese e riuscire così ad evitare che scattino automaticamente, a decorrere dal I gennaio 2013, i tagli alla spesa pubblica che metterebbero in serio pericolo la sopravvivenza della classe media a stelle e strisce.

Infatti, proprio ieri è arrivato il monito del Tesoro degli Stati Uniti che avverte che il tetto del debito pubblico sarà raggiunto già prima del 31 dicembre, e non durante il corso del prossimo anno come previsto nel 2011 dall’accordo fatto tra le due fazioni opposte, che però prevedeva anche che entro la stessa data venissero approvate nuove misure per ridurre il deficit (ora è all’8%) e il debito (arrivato ad oltre il 70% del Pil).

Se tutto questo non avverrà, verranno tagliati circa 600 miliardi di dollari al welfare (tra sussidi di disoccupazione, taglia i trasporti e riduzione del personale di sicurezza) e saranno aumentate le tasse sui salari del 2%. Questo vuol dire che l’economia del paese potrebbe perdere 3 punti di Pil, ma vuol dire anche che il deficit della nazione si ridurrebbe al fino al 2% nel 2016: niente recessione, quindi, ma il costo sociale di un mancato accordo sarebbe davvero troppo alto.

Il peggior Natale degli ultimi 10 anni

 

 L’ultima stima sui consumi per il Natale del 2012 era stata fatta dalla Coldiretti, che aveva preventivato una spesa totale di 2,5 miliardi di euro che si sarebbero concentrati soprattutto nel settore dell’alimentazione, con una preferenza netta verso i prodotti del Made in Italy. E così è stato.

La Codacons nel suo ultimo monitoraggio sui consumi degli italiani ha rilevato un calo della spesa per abbigliamento, calzature e arredi pari al 20%. Salvo, come previsto, solo il settore alimentare. Secondo la Codacons le famiglie hanno dovuto tirare la cinghia: i regali sono stati di meno e meno costosi, gli alberi e le case sono state addobbate con ciò che si aveva dagli anni precedenti ma al gusto della buona tavola non si è rinunciato. La spesa per i pranzi e le cene di Natale, infatti, è aumentata del 5%.

Male anche le vendite per i settori della ristorazione, della cultura e del turismo, mentre hanno resistito piuttosto bene il settore giocattoli, e quello dell’informatica e dell’hitech.

Archiviata la pratica del Natale – con tutti d’accordo nel descriverlo come il peggiore degli ultimi 10 anni – la Codacons rivolge l’attenzione al prossimo anno e

In assenza di una inversione di tendenza, il 2013 si candida ad essere come ‘l’annus horribilis’ sul fronte dei consumi, con pesanti ripercussioni per il settore del commercio e per milioni di attività.

Tutti i rincari del 2013

 Legge di Stabilità, riforma del lavoro, riforma delle pensioni. Tutto cambia nel 2013, l’Italia cercherà di rimettersi in sesto dopo il terremoto economico di questi ultimi tempi e, per rimpolpare le casse dello Stato che ha bisogno di fondi per mettere in atto le sue riforme, si ricorre, nuovamente, alle tasche dei cittadini che ancora non si sono ripresi dagli ultimi salassi.

Vediamo nel dettaglio tutti i rincari previsti nel 2013.

Aumento del canone Rai

Il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico ha deciso un aumento di 1,5 euro per il canone della televisione pubblica, che così arriverà a toccare quote 113,50 euro, che potranno essere pagati in un’unica soluzione entro il 31 gennaio 2013, oppure due rate o quattro rate. Nel caso di due rate semestrali (importo euro 57.92) le scadenze sono il 31 gennaio e il 31 luglio, se si decide di farne quattro l’importo sarà di 30,16 euro ognuna da versare entro il 31 gennaio, il 30 aprile, il 31 luglio e il 31 ottobre.

Aumento delle tariffe postali

L’aumento delle tariffe postali è stato approvato con la delibera 640 dell’Agcom “Approvazione della manovra tariffaria di Poste Italiane”. Dal primo gennaio 2013 la spedizione di una cartolina aumenterà del 15% (da 60 centesimi a 70), quella di una lettera del 35% (da 1,40 a 1,90 euro) e la spedizione di una raccomandata passera dagli attuali 3,30 euro ai 3,60.

Dal primo gennaio 2013 spedire una cartolina costerà il 15% in più (da 60 centesimi a 70), una lettera media standard il 35% (da 1,40 a 1,90 euro), mentre la raccomandata passa a 3,60 euro da 3,30. Previsti aumenti anche per i bonifici.

Ma non solo le spedizioni saranno più costose. Poste Italiane ha previsto anche un aumento per i titolari di conto corrente postali. Il canone del Banco Posta+ passerà, infatti, da 30,99 euro a 48 euro.

Aumento per i depositi e i conti correnti

Questo aumento riguarda solo le società e aziende, che, per avere un conto corrente, dovranno pagare 26,2 euro. Il canone del servizio passa infatti dagli attuali 73,8 euro ai  100. Rincari anche su titoli,  i buoni fruttiferi postali e strumenti finanziari, per i quali l’imposta aumenterà dello 0,05%, dallo 0,10 allo 0,15%.

Aumento delle multe

Gli automobilisti dovranno fare particolare attenzione alla guida, per non incorrere in sanzioni molto salate. Dal 2013, infatti, sono previsti rincari per la maggior parte delle sanzioni: il divieto di sosta passerà da 39 a 41 euro, l’eccesso di velocità (fra i 10 e i 40 km/h oltre il limite) da 159 a 168 euro, chi sarà trovato senza cintura di sicurezza dovrà sborsare 80 euro invece che 76 e, infine, l’uso del cellulare senza auricolare costerà 161 euro al posto degli attuali 152.

Aumento dei pedaggi autostradali

Ancora una bella stangata per gli automobilisti. Oltre al rincaro delle multe, anche i pedaggi autostradali saranno più costosi. In particolare saranno interessate le tratte di Mestre (+17%), la A4 tra Venezia e Trieste, la A23 (Palmanova-Udine Sud), la tangenziale di Mestre e la A28 (Portogruaro-Pordenone-Conegliano) che costeranno dall’11 al 13% in più.

La quantificazione degli aumenti

A questi rincari, secondo Adusbef e Federconsumatori, si devono aggiungere le nuove tasse (vedi Imu e Tares) e altri aumenti (biglietti dei treni, rc auto, bollette) che sono conseguenza diretta degli aumenti precedentemente analizzati, che toglieranno altri 1500 euro dalle tasche dei cittadini. Andando oltre le percentuali, le due associazioni hanno quantificato il reale ammontare dei rincari del 2013, che saranno:

+299 euro per l’alimentazione
+83 euro per treni e servizi locali
+118 euro per servizi bancari, mutui, bolli, tasse
+132 euro su carburanti
+115 euro per tutti i derivati del petrolio
+61 euro per rc auto
+38 euro per le tariffe autostradali
+31 euro per le tariffe aeroportuali
+39 euro per il gas
+11 euro per l’elettricità
+26 euro per l’acqua
+64 euro per i rifiuti
+44 euro per i riscaldamenti
+163 euro di addizionali territoriali
+94 euro per la scuola
+114 euro per le tariffe dei professionisti
+58 euro per il canone Rai

per un totale di 1.490 euro.

Il brand cede il passo al private label

 Il 2012 è stato, per l’Italia ma non solo, l’anno della grande crisi. E se non ci sono più soldi disponibili per i soliti acquisti, si prova a non rinunciare alla qualità, cercando delle alternative ai prodotti di marca. Soprattutto in questi ultimi mesi dell’anno si è evidenziato un nuovo trend nella spesa degli italiani, che abbandonano i grandi marchi in favore dei prodotti private label, ossia quei prodotti che vengono immessi nel mercato con il marchio del distributore.

E’ quanto emerge da uno studio dell’Associazione Distribuzione Moderna, che mostra come la quota di mercato dei private label sia cresciuta del 17% in questo ultimo anno, anche se con delle grandi differenze territoriali. Infatti, i prodotti private label – Coop Italia, Esselunga, Pam – al nord della penisola hanno raggiunto il 35,7% delle vendite totali, mentre al sud si è avuta una crescita molto meno accentuata, lontana dagli standard europei (40% in Gran Bretagna, 34% in Francia).

Il brand, quindi, rimane un lusso che in pochi possono continuare a permettersi. Ciò che conta nelle scelte di acquisto, è il prezzo del prodotto, situazione che mette in pericolo soprattutto la sopravvivenza di quei marchi, garanzia del Made in Italy, che sempre più spesso sono offuscati dalle offerte e dagli sconti che solo le grandi catene di distribuzione possono permettersi di fare.