Il Governo prova a salvare l’Ilva

Sarà una corsa contro il tempo, se si vorrà salvare l’Ilva. Il Governo ci prova, mobilitandosi ancora una volta già ieri sera. La conferma del Consiglio dei Ministri arriva a tarda sera, però soltantoo due ore dopo l’annuncio della cassa integrazione per altri 1400 dipendenti dell’Ilva:

«Il Consiglio dei ministri ha deciso che il Governo presenterà un emendamento interpretativo al decreto salva-Taranto». Lo ha annunciato martedì a tarda sera una nota del ministero dell’Ambiente. L’ azienda potrà commercializzare quanto prodotto prima del decreto. Con l’emendamento si chiarisce che la facoltà di commercializzazione dei manufatti da parte dell’Ilva, riguarda anche quelli prodotti prima dell’entrata in vigore del decreto salva-Taranto e attualmente sottosequestro. Il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, domani mattina presenterà alla Camera l’emendamento governativo».

Intanto l’Ilva annuncia in una nota:

“In conseguenza del ‘no’ del Gip di Taranto al dissequestro dei prodotti, si fermeranno a catena gli impianti di Novi Ligure, Genova Racconigi e Salerno, dell’Hellenic Steel di Salonicco, della Tunisacier di Tunisi e di diversi stabilimenti presenti in Francia. L’azienda ricorrerà al tribunale del Riesame contro il no del gip di Taranto al dissequestro dei prodotti finiti e semilavorati. Naturalmente l’azienda ricorrerà al Tribunale del Riesame confidando cha la situazione possa essere sbloccata al più presto per evitare oltre al danno derivante dalla mancata consegna dei prodotti già ordinati e non rimpiazzabili in alcun modo, anche il danno relativo all’eventuale smaltimento di tali prodotti che, l’azienda ricorda, sono prodotti deteriorabili”.

Perdono il lavoro altri 1.400 dipendenti Ilva

Arrivano altre brutte notizie da Taranto. In una nota l‘Ilva ha annunciato:

«Da ora e a cascata per le prossime settimane circa 1.400 dipendenti, appartenenti prevalentemente alle aree della laminazione a freddo, tubifici e servizi correlati, rimarranno senza lavoro. La decisione è legata al ‘no’ del Gip al dissequestro dei prodotti giacenti sulle banchine. Il numero di 1.400 dipendenti rimasti senza lavoro si andrà a sommare ai già 1.200 dipendenti attualmente in cassa integrazione per le cause già note, quali la situazione di mercato e le conseguenze del tornado che ha investito lo stabilimento di Taranto lo scorso 28 novembre».

L’Ilva dunque, continua a mandare intere famiglie per strada. E, sulla produzione, i dirigenti aziendali dicono:

«Tutta la produzione giacente in stabilimento, generata prima e dopo la data del 26 luglio 2012 e fino al 2 dicembre 2012, non potrà essere inviata agli altri stabilimenti del Gruppo per le successive lavorazioni o consegnata ai clienti finali. La quantità di prodotti e di semilavorati interessati dal provvedimento di sequestro risulta pari a circa 1 milione e 700mila tonnellate, per un valore economico di circa 1 miliardo di euro. E anche le conseguenze di carattere commerciale, riguardanti, ad esempio il settore tubi e altri settori strategici, saranno gravissime in quanto clienti di rilevanza mondiale, subiranno pesanti ritardi nella loro produzione dovuta alla mancanza di approvvigionamenti».

 

 

Ancora nulla di fatto sul patto Italia-Svizzera

 Il Ministro dell’Economia e delle Finanze Vittorio Grilli ha aggiornato la Camera sugli sviluppi delle trattative tra Italia e Svizzera per quanto riguarda gli accordi fiscali che dovrebbero permettere all’Italia di tassare i capitali che i cittadini portano nelle banche elvetiche.

Sono ormai mesi che le trattative vanno avanti, ma

I tavoli di lavoro tra i due governi sono ancora aperti, ma ancora non c’è una conclusione. C’è un interesse reciproco, ma ribadisco il no a una soluzione a tutti i costi: ciascuno ha i suoi princìpi di trasparenza e sulla reciprocità delle informazioni. Sono cose su cui stiamo lavorando.

Qualche tempo fa sembrava che l’accordo fosse davvero alle porte, ma poi una brusca frenata, dovuta anche alle parole del presidente del consiglio Mario Monti che ribadiva l’esistenza di alcuni ostacoli nelle trattative, come successo anche per la Germania, che ha bloccato le trattative fono a che non si chiarirà la questione dell’anonimato dei correntisti.

Nel suo intervento, infatti, Grilli ribadisce

Lo schema di Rubik (questo il nome che è stato dato all’accordo proposto dalla Svizzera) ha bisogno di qualche piccola revisione, visto che anche la Germania ha avuto qualche ripensamento.

Nuovo record negativo di disoccupazione

 Cresce senza sosta il numero dei disoccupati, sia in Europa che in altri paesi del mondo. Un aumento che prosegue senza interruzioni dal giugno 2011.

Il tasso di disoccupazione nei Paesi dell’Ocse si è attestato all’8% nel mese di ottobre, il che vuol dire un aumento dello 0,1% rispetto a settembre. Nel comunicato rilasciato dall’Ocse si legge, inoltre, che il tasso di disoccupazione nell’Eurozona ha raggiunto il livello record di 11,7%, mentre per l’Unione europea il dato si è attestato al 10,7%.

Il paese che ha registrato il tasso più elevato è la Spagna (26,2%), seguita dalla Grecia (25,4%), dal Portogallo (16,3%) e dall’Irlanda (14,7%). Australia, Austria, Germania, Giappone, Lussemburgo e Messico sono riusciti a mantenere il tasso dei disoccupati sotto al 5,5%. Trasformando le percentuali in numeri, ad ottobre nei Paesi industrializzati i disoccupati erano 48,1 milioni, cioè 400.000 in più rispetto al mese precedente e 13,4 milioni in più rispetto al luglio 2008, mese in cui si viene fatta iniziare la crisi che stiamo tuttora affrontando.

Lieve incremento del numero dei disoccupati anche negli Stati Uniti (0,1%),  che però sembra già essersi abbassato secondo le ultime stime di novembre. I dati dell’Ocse mostrano come in questo periodo le diverse economie stanno reagendo in modo diverso: il Giappone ha lo stesso livello pre-crisi di disoccupati  (4,2%), mentre gli Stati Uniti hanno segnato un miglioramento tendenziale di 2,3 punti.

 

Scandalo Libor, arrivano i primi arresti

 Le indagini che l’Unione Europea ha avviato per 12 banche della zona Euro, sono partite dopo che in Gran Bretagna, paese con non ha aderito alla moneta unica, si è cominciato a parlare, e ad indagare, sul Libor, l’equivalente inglese dell’Euribor.

Se l’Unione è ancora alle prime fasi, il Serious fraud office (Sfo) di Londra è passato all’azione e sono arrivati i primi arresti contro tre operatori che avrebbero manipolato il Libor, che ha la stessa funzione dell’Euribor, ossia la definizione dei tassi di interesse sui mutui e il valore di diversi prodotti finanziari, riuscendo a mettere in piedi una frode per migliaia di dollari.

Il Libor viene fissato da alcune delle banche inglesi che, dopo appositi calcoli, viene trasformato nel London interbank official rate, utilizzato dagli operatori di tutto il mondo. Quindi, una sua manipolazione, avrebbe avuto delle ricadute inimmaginabili e sono già in molti gli enti e i cittadini che stanno iniziando ad intentare delle cause contro gli istituti di credito per ottenere il risarcimento del danno.

La banca più colpita da queste indagini, per ora è la Barclays, che ha dovuto pagare una multa di circa mezzo miliardo di dollari e che ha subito un completo rimaneggiamento della struttura dirigenziale.

 

Ue: banche non in grado di definire l’Euribor

 L’Euribor è una faccenda seria che non può essere lasciata in mano alle banche. Questo è il monito dell’Unione Europea che ha intenzione di toglierne il controllo alla Federazione bancaria europea per affidarlo a una autorità che risponderà direttamente alla Ue e che sarà, almeno in via formale, esterna alle logiche bancarie.

La comunicazione fatta dall’Unione prende avvio dalla situazione poco chiara che si è andata delineando in questi ultimi tempi, soprattutto dopo gli scandali bancari avvenuti in Gran Bretagna e in America.

Le banche tremano: sta arrivando un’accusa pesante, quella cioè di aver creato un cartello per manipolare questo tasso, attraverso il quale si determina il tasso di interesse preso come riferimento per il calcolo delle rate sui mutui e il valore di diversi prodotti finanziari.

Tra le banche che potrebbero essere indagate (almeno secondo quanto riporta il Wall Strett Journal) sono: Credit AgricoleSociété GénéraleHSBC e Deutsche Bank.

Tutti grandi istituti che hanno collaborato per manipolare e concordare il tasso, a discapito dei cittadini, ai quali sarebbero state anche pignorate le case che non sono state in grado di pagare proprio perché il tasso era troppo alto.

Per ora nessun istituto italiano è stato nominato, ma potrebbero anche essere coinvolte le quattro banche italiane che fanno parte della European Banking Federation: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Ubi Banca.


Air France pensa ad Alitalia

 La maxifusione che dovrebbe portare Alitalia sotto il cappello di AirFrance è quasi pronta. Tutto si dovrà decidere entro un mese visto che il 12 gennaio 2013 scade il lock-up, vale a dire il divieto di vendere per i proprietari che quattro anni fa hanno “salvato” l’azienda sotto il vessillo patriottico.

Da allora, però, la situazione è cambiata molto e se prima si poteva ancora gestire il sistema Alitalia, adesso sembra inaccessibile a chiunque, a meno che qualche grande compagnia come AirFrance non decida di fornire ad Alitalia la liquidità di cui ha bisogno e un know-how per ripartire alla grande.

Il colosso aereo francese, in questo momento, non sembra essere intenzionato a comprare Alitalia ma pare sia nelle intenzioni la cosiddetta acquisizione su carta. AirFrance proporrà agli azionisti CAI di scambiare le loro quote dell’azienda con titoli della compagnia francese. Il prezzo dell’operazione non è stato ancora definito ma si sa del coinvolgimento della finanziaria Lazard.

Nonostante l’acquisizione su carta non sia vista di buon occhio, sembra essere anche l’unica strada praticabile, visto che i soci della compagnia CAI difficilmente tireranno fuori altri capitali per la compagnia di bandiera. Quest’anno, infatti, si concluderà con grosse perdite e anche il 2013 è previsto con un bilancio in rosso.

Dimissioni Monti spaventano mercati

Mario Monti si dimetterà dopo l’ok sulla Legge di Stabilità e, come previsto, i mercati reagiscono male. Lo spread tra il Btp e il Bund tedesco riprende vertiginosamente la sua salita,chiude a quota 351 dopo essersi impennato oltre i 360 punti base, mentre Piazza Affari cede il 2,2% dopo essere arrivata a perdere il 4%.

Così, Monti, ci ha provato a tranquillizzare i mercati, con una serie di dichiarazioni, per certi versi sorprendenti:

«Le elezioni daranno all’Italia un governo responsabile».

Durante una conferenza stampa a Oslo, in cui è stato consegnato all’Ue il Nobel per la Pace, Monti ha detto:

«Non bisogna drammatizzare le reazioni dei mercati. Il governo è pienamente in carica, non ha lasciato».

Successivamente, il Premier ha proseguito dicendo:

«I mercati non devono temere un vuoto di decisione. Il governo è in carica in tutte le funzioni. Sarà in carica anche dopo che il capo dello Stato avrà deciso lo scioglimento delle Camere e resterà in carica finché non passerà le consegne al nuovo governo».

Monti si dice fiducioso del futuro che verrà:

«L’Italia avrà un governo responsabile. Sono molto fiducioso sul fatto che le elezioni italiane, quando si svolgeranno, qualunque governo daranno all’Italia, questo sarà altamente responsabile, orientato all’Unione europea: e ciò sarà in linea con gli enormi sforzi perseguiti dall’Italia».

Infine:

«Gli italiani non sono sciocchi, non credono a facili promesse. Niente mistificazioni in campagna elettorale da parte di nessuno sulle terapie attuate dal governo nell’ultimo anno. I mercati non devono temere, gli italiani non sono sciocchi. I cittadini italiani sono maturi e non tanto disposti a credere a facili promesse».

Monti ha poi speso due parole su una sua eventuale candidatura alle prossime elezioni:

«Non sto considerando questa questione. In particolare in questa fase tutti i miei sforzi sono concentrati nel completamento del tempo rimanente, che sembra limitato ma richiede applicazione intensa ed energia anche da parte mia».

 

Aiuti Ue, è derby Spagna-Italia

Quella che sta vivendo l’Italia è la più grande e profonda recessione dal Dopoguerra ad oggi. L’Europa non può non essere preoccupata per l’increscere della crisi. Lo Spread è schizzato oltre i 350 punti e le problematiche di natura politica (Elezioni si? Elezioni no?) spaventano i mercati.

Gli esperti, così, intervengono per fare un punto (nero) della situazione:

“Disoccupazione alle stelle, famiglie sempre più povere, futuro politico incerto, e spread oltre i 350 punti. Il mercato è in stallo e l’economia fatica a crescere: la ripresa, purtroppo, si farà attendere a lungo.Senza contare che il bagno di sangue dello spread tra Btp e Bund tedeschi e il crollo della Borsa di Milano il 10 dicembre, non ha fatto che acuire le preoccupazioni dei leader dell’Unione europea”.

Il Corriere della Sera analizza così la situazione:

“Per adesso, non si tratta di scosse destabilizzanti: secondo Goldman Sachs, ieri ci sono state soprattutto chiusure di posizioni al rialzo prese da hedge funds e grandi fondi sovrani o istituzionali all’estero. Non si è ancora rivista la speculazione al ribasso contro l’Italia”.

Eppure, c’è chi dice che la strada è ancora lunga. Sicuramente è anche sterrata, ovvero difficile e complicata da percorrere. Le conquiste dell’ultimo anno depongono a nostro favore. C’è però da tenere in considerazione che abbiamo un avversario (per una volta non solo calcistico) con il quale fare i conti: la Spagna:

“Basti pensare che il 1 gennaio 2012 l’Italia pagava uno spread sui bond decennali di ben 200 punti base sopra Madrid, mentre anche dopo la catastrofe del 10 dicembre era 75 punti base al di sotto. Ciò significa che durante la stagione Monti, il costo del debito a 10 anni è sceso quasi del 3% rispetto alla Spagna. Ma questi passi avanti, secondo gli operatori di mercato, sono destinati a non durare, azzerando presto lo scarto fra i due Paesi.

E così Madrid teme la crisi partita da Roma, come ha sottolineato il 10 dicembre il ministro delle Finanze Luis de Guindos. Anche la compagnia francese di assicurazioni Axa, in una nota, ha sostenuto l’ipotesi: «Potrebbe essere l’Italia a fornire l’innesco perché la Spagna chieda l’aiuto dell’Esm (il fondo salvataggi, ndr)».

La strategia che Monti opera da mesi potrebbe quindi scoppiargli in mano. Il Professore, infatti, aspettava che fosse il Paese iberico a sperimentare il pacchetto di aiuti Ue. Così da potere scegliere più consapevolmente per l’Italia se il programma si fosse dimostrato utile”.

Nel 2030 la Cina sarà la prima superpotenza mondiale

Si ribalta una delle tendenze che da sempre erano tra le opinioni condivise. Come se in questi giorni venisse riscritta la Bibbia, modificando parte dei suoi endoxa.

Il dominio statunitense, cosa certa da oltre duecento anni, sta per terminare.

Certo, ancora c’è tempo, ma lo Studio”Global Trends 2030: Alternative Worlds” allerta gli States. Ecco l’interpretazione degli esperti:

“Entro il 2030 la Cina strapperà agli Stati Uniti lo status di prima potenza economica nel mondo. E’ quanto emerge dallo studio ‘Global Trends 2030: Alternative Worlds’ del National Intelligence Council, secondo cui le nazioni europee si troveranno a dovere condividere con i Paesi emergenti il titolo di economie più importanti. L’Asia sorpasserà “l’America del Nord e l’Europa messe insieme in termini di potere globale, in base a Pil, dimensione della popolazione, spese militari e investimenti tecnologici” si legge nel rapporto. Stando allo studio, nei prossimi due decenni le economie europea, giapponese e russa dovrebbero continuare un trend di “declini” mentre Cina, India, Brasile e Paesi come Colombia, Indonesia, Nigeria, Sud Africa e Turchia diventeranno particolarmente importanti per l’economia globale. La domanda mondiale di energia è vista in rialzo del 50% in scia alla crescita della popolazione e della classe media ma, riferisce il rapporto, gli Stati Uniti potrebbero diventare energeticamente indipendenti entro il 2030 grazie a nuove scoperte di giacimenti di gas naturale”.