Ocse: crescita ancora debole ma si vedono i primi segni di svolta

Le ultime statistiche relative al CLI (Composite Leading Indicator, il superindice dell’Ocse che ha il compito di rilevare segnali anticipati di svolta del ciclo economico e le fluttuazioni dell’attività economica attorno al suo livello potenziale a lungo termine) del mese di ottobre mostrano, su una base di crescita generale anche se debole, dei percorsi divergenti delle principali economie mondiali.Nello specifico si segnala una “crescita debole” per Francia, Germania e area euro, in Italia e in Cina si parla di “inversione del ciclo” che “cominciano a emergere” e una crescita solida negli Stati Uniti e in Gran Bretagna. Il complesso di queste divergenze, comunque, si traduce in una lieve espansione dell’indice che si assesta, per il quarto mese consecutivo, a 100,2 punti (con una variazione marginale dello 0,02% mensile e dello 0,14% tendenziale).

Il superindice italiano è migliorato dello 0,06% arrivando a 99 punti (-1,54% su base annuale) e quello cinese è cresciuto di 0,03% arrivando così a toccare i 99,6 punti (-0,80%). L’indice dell’Eurozona in ottobre ha segnato una contrazione dello 0,05% a 99,3 punti (-0,88% tendenziale). A livello internazionale il Brasile ha accusato un calo dello 0,11% a 99,3 punti (+0,91%), mentre India, Stati Uniti e Gran Bretagna danno evidenti segni di stabilizzazione.

Tre italiani su dieci a rischio povertà

Piove sul bagnato. Tre italiani su 10 sono a rischio povertà. Alla faccia di chi dice che la Crisi sta passando. L’economia stenta sempre di più e il Paese, risucchiato nel vortice delle future elezioni e dei bisticci tra politici e politicanti, rischia come non mai di crollare a picco.

Impietosa, a tal proposito, è l’analisi dell’Istat:

“Quelli che stanno peggio di tutti sono gli anziani, le famiglie con un solo reddito o quelle con tanti figli. Secondo il rapporto dell’Istat su reddito e condizioni di vita, il 28,4% delle persone residenti in Italia è a rischio di povertà o esclusione sociale. La situazione è peggiorata negli ultimi due anni e vivere in Italia oggi è peggio che stare in qualsiasi altro paese europeo. Nel 2011 l’indicatore è cresciuto di 2,6 punti percentuali rispetto al 2010 a causa dall’aumento della quota di persone a rischio di povertà (dal 18,2% al 19,6%) e di quelle che soffrono di severa deprivazione (dal 6,9% all’11,1%). Dopo l’aumento osservato tra il 2009 e il 2010, sostanzialmente stabile (10,5%) è la quota di persone che vivono in famiglie a bassa intensità di lavoro. Il rischio di povertà o esclusione sociale è più elevato rispetto a quello medio europeo (24,2%), soprattutto per la componente della severa deprivazione (11,1% contro una media dell’8,8%) e del rischio di povertà (19,6% contro 16,9%). Come dire che basta ancora poco per finire nella peggiore delle condizioni possibili.”

Cala del 6,2% la produzione industriale

Ottobre? Un mese nero per l’industria, la cui produzione ha fatto registrare un calo del 6,2%. Ecco i dati Istat:

“Il dato sull’industria fa il paio con i nuovi dati sul Pil, riferiti al terzo trimestre 2012 (luglio-settembre), che è calato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e del 2,4% rispetto a un anno prima. Il dato acquisito per il 2012, da gennaio a settembre, è pari a -1,9%. Il briefing per la presentazione dei dati è stato cancellato per una protesta dei precari dell’istituto”.

Dopo una panoramica generale, l’Istat si sofferma sugli ultimi mesi della produzione industriale:

“Nella media del trimestre agosto-ottobre l’indice della produzione industriale ha registrato una flessione dello 0,5% rispetto al trimestre immediatamente precedente. Nella media dei primi dieci mesi dell’anno la produzione è diminuita del 6,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”.

Come se non bastasse, ecco gli indici del solo mese di ottobre. Disastrosi secondo quanto emerge dall’ennesima analisi ‘in rosso’ realizzata dall’Istat. Così l’Ente di statistiche sul periodo:

“Gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano, a ottobre 2012, variazioni tendenziali negative in tutti i raggruppamenti principali di industrie. La diminuzione più marcata riguarda i beni intermedi (-8,0%), ma cali significativi si registrano anche per i beni strumentali (-5,8%), i beni di consumo (-5,5%) e l’energia (-4,4%)”.

Variazione dell’aliquota IMU

 L’IMU è una delle tasse più odiate dagli italiani che sono rimasti in ansia fino all’ultimo per conoscere se il comune nel quale risiedono ha esteso o meno l’aliquota da applicare all’immobile. Ci si chiede allora quali aliquote dell’IMU potessero modificare i comuni.

A rispondere ci ha pensato l’Agenzia delle Entrate nelle sue FAQ pubblicate sul sito ufficiale. La domanda posta era la seguente:

Per quali immobili il Comune può variare l’aliquota di base dell’Imu?

La risposta è complessa ma di facile comprensione. I Comuni hanno la possibilità di modificare l’aliquota di base dell’IMU e quindi hanno la possibilità di aumentarla o di diminuirla (quanti comuni hanno optato per questa seconda soluzione?) fino ad ottener una variazione di 0,3 punti percentuali.

Secondo l’articolo 13 del Decreto legge numero 201 del 2011, ci sono delle tipologie di immobili per i quali è stata definita un’aliquota agevolata che può essere comunque ulteriormente modificata. Facciamo qualche esempio.

Per le abitazioni principali e per le relative pertinenze, l’aliquota è modificabile di ben 0,2 punti percentuali. Per quanto riguarda i fabbricati rurali strumentali, invece, l’aliquota può essere riducibile di un’aliquota compresa tra lo 0,1 e lo o,2 per cento.

Si può ridurre dello 0,40% l’aliquota degli immobili non produttivi di reddito fondiario e per gli immobili posseduti dai soggetti passivi Ires e degli immobili locati.

 

La crisi politica italiana fa tremare l’Europa

 Mario Monti ha giustificato le sue dimissioni, che arriveranno dopo l’approvazione della legge di stabilità, con la mancanza di quella maggioranza necessaria a sostenerlo elle profonde riforme del sistema italiano che ha tentato di mettere in atto:

Io non sento più intorno a me una maggioranza che, sia pure con riserve e magari a malincuore, sia capace di sostenere con convinzione la linea politica e di programma su cui avevamo concordato, non potevo fare altrimenti. Non sarebbe stato giusto e nemmeno possibile.

Parole molto chiare che ricalcano anche le impressioni dell’Europa su questo scossone politico. l’Unione Europea, infatti,  teme che le dimissioni di Monti possano segnare lo stop delle riforme fin qui attuate e, quindi, il ritorno alle condizioni di partenza. Come la stampa internazionale, l’Europa plaude all’operato del professore.

E’ Joerg Asmussen, membro tedesc0 del board della Banca centrale europea, a parlare:

Mario Monti in poco tempo ha saputo realizzare moltissimo, con lui l’Italia ha riconquistato la fiducia degli investitori, e il suo governo ha portato avanti il processo di consolidamento del Bilancio. Chiunque dopo le elezioni governerà l’Italia, un paese fondatore dell’Europa, dovrà proseguire sulla via del corso politico e di risanamento di monti con la sua stessa serietà.

La paura non è solo della Germania, le cui sorti sono legate a filo doppio con quelle dell’Italia, ma dell’Europa tutta che vede nel possibile ritorno di Berlusconi la perdita delle speranze di un risanamento dell’economia italiana, con tutti i problemi che potrebbero derivarne.

Per la stampa internazionale Monti ha vinto la sua sfida

Una rassegna stampa internazionale così tanto improntata sulle news provenienti dal Governo Italiano non si vede così spesso. La notizia vera è però un’altra: raramente i giornali internazionali parlano bene del Governo Italiano.

Succede oggi, lunedì, in virtù delle dimissioni di Mario Monti, il cui operato è stato commentato in maniera positiva dalle principale testate mondiali. Non succedeva da anni che parole di stima fossero spese per un esecutivo italiano in lingue diverse dalla nostra.

NEW YORK TIMES

“Il primo ministro Mario Monti ha detto che intende dimettersi dopo aver perso l’appoggio del partito dell’ex primo ministro Silvio Berlusconi. Un anno fa, a monti è stato chiesto di formare un governo dopo le dimissioni di Berlusconi, che ha lasciato l’incarico in mezzo a turbolenze personali e politiche. Con l’Italia sull’orlo della dissoluzione finanziaria, il governo tecnico guidato da Monti ha proposto una serie di modifiche strutturali per mettere in sicurezza i conti dell’Italia. Anche se non è riuscito a stimolare la crescita economica, continua il New York Times, il signor Monti ha rimesso in piedi l’Italia riaccreditandola davanti ai mercati finanziari di tutto il mondo”.

WALL STREET JOURNAL

“La decisione del presidente Monti rischi di aprire la strada ad una fase difficile per l’Italia, con le elezioni già a febbraio, un mese prima del previsto”.

WASHINGTON POST

“L’Italia è impantanata nella recessione ma, con Monti al timone, aveva costantemente riacquistato fiducia. Mostrandosi capace di onorare i propri debiti”.

L’euro non è stato un buon affare per la Slovacchia

 Martin Vlachynsky non ha dubbi: l’euro, il sogno del popolo slovacco fino a dieci anni fa, si è trasformato in un incubo. Se il paese, una volta tornata la democrazia, si è impegnato a fondo per riuscire a raggiungere gli standard richiesti per entrare a fare parte di quello che lo stesso economista definisce come il club dei ricchi, ora la situazione è completamente cambiata e l’affare non sembra più così vantaggioso.

L’economia qui nel nuovo est è cambiata a fondo anche grazie a coraggiose riforme economiche e del sistema bancario, la gente ha acquistato fiducia, gli investitori internazionali anche. Noi slovacchi fummo felici di entrare nell’eurozona, polacchi e cèchi ci invidiavano. Adesso non più.

Sono soprattutto gli obblighi nei confronti degli altri paesi a mettere in dubbio la convenienza per l’economia slovacca dell’entrata nell’Euro:

Quando la crisi del debito sovrano è arrivata qui e in tutto l’est è cambiato il mood. Siamo anche noi slovacchi nel Fesf e nello Esm, ci costa. Polacchi e cechi come svedesi o britannici sono liberi da questo problema. Fesf ed Esm da noi sono molto impopolari. Il reddito medio in Grecia è ancora superiore a quello di molti dei nostri paesi, vada a dire alla gente di aiutarli, o di entrare nell’euro. Il salario medio al centro est va dai 900 euro polacchi agli 800 slovacchi o cèchi. Meno in Ungheria. E’ molto impopolare dire sempre sì alla Bce o a Bruxelles. L’euro non piace più come prima.

 

 

Monti: “Non avevo alternative alle dimissioni”

All’indomani della conferma delle sue dimissioni, annunciate in primis al Quirinale sabato alle 21 e 30, Mario Monti ne parla, esordendo con una frase che sembrerebbe strappata a un celebre film di Spike Lee:

«Sono convinto di aver fatto la cosa giusta e in ogni caso non potevo farne a meno, dopo quel che è successo. Ma sono preoccupato naturalmente non per me ma per quel che vedo».

Così il Premier spiega agli italiani le ragioni delle sue dimissioni. Spiegazioni date a chi lo ha contattato per un saluto.

Monti non è confuso, ma nel contempo non conosce il suo futuro al termine dell’esperienza di premierato. C’è chi lo vorrebbe nuovamente lì, alla guida tecnica del Paese. Monti, però, sottolinea:

«Se dovessi candidamente dire il mio sentimento oggi, direi che sono molto preoccupato. E non mi riferisco soltanto a quella parte politica da cui è venuto questo epilogo con le mie dimissioni. La mia preoccupazione è più generale».

La decisione di dare le proprie dimissioni successivamente all’approvazione della Legge di Stabilità, è maturata così:

«Ho maturato la decisione proprio durante il volo da Cannes a Roma, ricordando anche cosa aveva rappresentato per l’Italia Cannes lo scorso anno, con quel G8 all’inizio di novembre in cui il nostro Governo fu messo alle strette. La mia scelta, comunque, non ha avuto bisogno di un confronto politico. Non è vero che mi sono confrontato con gli onorevoli Bersani e Casini prima di andare al Quirinale. Non ne avevo il tempo e in qualche modo potrei dire che non ne ho avvertito la necessità. Nel senso che mi era ben chiaro cosa dovevo fare. Ecco perchè non ne ho parlato nemmeno con esponenti del Governo. Ho voluto confrontarmi solo con il capo dello Stato. Poi a cose fatte ho chiamato Bersani e Casini. E dopo anche l’onorevole Alfano».

Chiare e concise, le conclusioni di Monti:

«Io non sento più intorno a me una maggioranza che, sia pure con riserve e magari a malincuore, sia capace di sostenere con convinzione la linea politica e di programma su cui avevamo concordato. Non potevo fare altrimenti. Non sarebbe stato giusto e nemmeno possibile».

Imu, anche la Chiesa dovrà pagare entro il 17

In qualche modo è una sorpresa. Certo è che Enti No Profit Chiesa dovranno pagare già da quest’anno l’Imposta Municipale Unica e dovranno farlo entro e non oltre il 17 dicembre come tutti gli italiani (25 milioni di proprietari).

A dare la notizia ufficiale è il Dipartimento Delle Finanze, il quale ha fugato ogni dubbio con  la diramazione di una circolare. A scanso di equivoci, qualcuno pensava o voleva pensare che la Chiesa avrebbe iniziato a pagare l’Imu da fine 2013, si paga già da quest’anno per tutti. Entro il 17. Chiesa e No Profit incluse.

Ad inquadrare per bene la situazione e i suoi effetti positivi è il Centro Studi di Confcommercio, il quale conferma anche la stangata fiscale in arrivo sulle tredicesime

“Un ciclone di tasse da quasi 10 miliardi in un mese, tra Imu, auto, canone Rai,  il doppio di un anno fa, con l’imposta sulla casa che traina il nuovo bottino. Al punto tale che  si calcola il gettito finale Imu in una forbice tra 24 e 28 miliardi, ovvero tra 3 e 7 in più delle stime del governo. Un tesoretto andrebbe usato  per scongiurare l’aumento dell’Iva tra sette mesi”.

Il presidente Giorgio Napolitano, nel frattempo, intervenendo al direttivo Anci in Campidoglio, si schiera per un ritorno totale dell’imposta sul territorio:

“C’è poco da fare, voi sindaci avete ragione: l’Imu deve andare ai Comuni e deve rappresentare la base della vostra autonomia”.

Lagarde ammonisce USA: il problema è il Fiscal Cliff, non la crisi europea

 In una intervista alla CNN Christine Lagarde, il numero uno del Fondo Monetario Internazionale, parla con lucidità e chiarezza della situazione economica mondiale e ha invitato gli Stati Uniti a cercare una soluzione al Fiscal Cliff prima che il tempo utile per farlo scada, senza però guardare al problema della crisi dell’Eurozona, perché:

L’economia statunitense è meno vulnerabile a ciò che accade all’esterno, per esempio in Europa o in Cina. Questo non vuol dire che non ci sono conseguenze che arrivano dalla crisi in Europa ma si tratta di conseguenze minori: gli Stati Uniti sono più esposti alle loro stesse difficoltà che a ciò che accade altrove nel mondo.

Nel caso in cui le due parti in causa non riuscissero a trovare un accordo per la riduzione del debito, gli Stati Uniti andrebbero incontro ad un nuovo declassamento, come già accaduto nel 2011 durante le trattative sul tetto del debito, e ad una forte recessione in un momento in cui l’economia americana sembra risollevare la testa. Il capo del FMI invita repubblicani e democratici a cercare

un approccio equilibrato che preveda un aumento delle entrate, alzando le tasse e creando nuove fonti di entrate, e tagli alla spesa pubblica.