Anticipo dividendi Usa, le aziende temono la supertassa

 Una delle prime preoccupazioni di Barack Obama dopo la sua rielezione è stata quella, ovviamente, di provare a porre un freno alla crisi economica degli Stati Uniti. Tutta, fin dal’inizio, ha ruotato intorno al Fiscal Cliff, e ancora gli Stati Uniti non sono totalmente esenti da questo pericoli, tanto che parecchie aziende americane hanno deciso di iniziare i pagamenti dei dividendi ai loro maggiori azionisti prima che possa aumentare la tassa sui guadagni in conto capitale.

Sono state cinquantanove le imprese quotate nell’indice Russell 3000, che da settembre a novembre hanno annunciato pagamenti extra rispetto a quanto era accaduto nello stesso periodo dell’anno precedente. La paura, condivisa sia dalle aziende che da Wall Street, è che le aliquote sulle rendite finanziarie possano passare, dall’inizio del 2013, dal 15% previsto dalla precedente amministrazione Bush, al circa il 40%.E’ dall’inizio della campagna elettorale che Barack Obama ha annunciato la possibilità di una revisione al rialzo delle aliquote sui dividendi e sui guadagni in conto capitale. Una mossa strategica utilizzata proprio contro il suo diretto avversario. Mitt Romney, infatti, ha potuto accumulare una fortuna equivalente a circa 250 milioni di dollari proprio grazie alle precedenti aliquote di imposta sul reddito.

Se il Congresso degli Stati Uniti n on interverrà in tal senso, la tassa sui guadagni e i profitti in conto capitale potrebbe diventare,  automaticamente, del 39,6 per cento.

 

Fiducia dei consumatori ai minimi storici dal 1996

 I consumatori italiani non esprimono buoni giudizi su questa economia e sul futuro che aspetta i loro risparmi. In questo novembre, secondo i dati dell’Istat, l’indice di fiducia dei consumatori italiani è sceso da 86,2 a 84,8. Si tratta dell’indice più basso mai registrato dal 1996, anno in cui sono iniziate le serie storiche.

A far scendere in picchiata l’indice di fiducia è soprattutto la mancanza di fiducia che gli italiani ripongono nelle futuro, soprattutto riguardo alle prospettive di occupazione. A diminuire, comunque, sono sia la componente riferita al clima economico generale (da 71,5 a 69,4) che quella relativa alla dimensione personale (da 91,0 a 90,9); la fiducia nella situazione corrente ha un lieve miglioramento  (da 91,9 a 92,3), ma si scontra con il peggioramento delle attese per il futuro (da 78,2 a 75,2).

Sono soprattutto le prospettive famigliari a destare maggiore preoccupazione nei consumatori italiani: si abbassa il saldo sui giudizi sul bilancio familiare, anche se il risparmio e le speranze nel futuro registrano un lieve miglioramento. E’ nel mezzogiorno che il clima di fiducia è maggiormente positivo, mentre si abbassa nel resto d’Italia.

Niente accordo Svizzera Germania, a rischio anche trattative con l’Italia

 I socialdemocratici tedeschi voleva infliggere una sconfitta ad Angela Merkel e l’hanno fatto affossando la possibilità di un accordo fiscale con la Svizzera. La proposta di applicare un’imposta liberatoria tra il 21 ed il 41 per cento ai capitali tedeschi in Svizzera garantendo però l’anonimato dei titolari dei conti non è stato accettata, nonostante alla Camera dei Deputati il voto fosse stato favorevole.

La motivazione: la proposta così fatta si configura, per Spd e Verdiche alla camera dei Länder hanno la maggioranza, come un regalo agli evasori.I due governi in causa sperano quindi che la situazione possa risolversi entro il 14 dicembre, giorno in cui si riunirà la commissione di conciliazione, in modo che l’accordo fiscale possa entrare in vigore già dal primo gennaio del 2013.

Se la situazione non dovesse risolversi lo stesso problema si potrebbe presentare anche in Italia, dove la prossima data attesa per giungere ad un risultato è il 21 dicembre. Il governo Monti, per mezzo del ministro dell’economia Grilli, è a buon punto con le trattative ma se la Germania si tira indietro tutto potrebbe rivelarsi più difficile.

Anche in Italia, infatti, nel caso l’accordo dovesse slittare a quando ci sarà un nuovo esecutivo, potrebbero presentarsi le stesse rimostranze.

 

Crisi auto? Ci pensa Volkswagen

Volkswagen non ha paura della crisi dell’auto generata dall’euro e dai problemi economici internazionali. Il colosso di Wolfsburg prepara la contromossa. Come? Lanciando al mercato la sfida più grande. L’azienda tedesca ha pronti sul piatto 50,2 miliardi di euro da investire dilazionati nei prossimi tre anni.

Non solo. In Cina Vw investirà ulteriori 10 miliardi per confermare la sua leadership nel marketing. Una sorta di terapia d’urto che si spera offra i suoi risultati in breve tempo, coadiuvata dai miglioramenti in campo tecnico.

L’obiettivo principale per la casa di Wolfsburg è presto detto: rincorrere, eguagliare e superare due competitor che portano il nome di Toyota e General Motors, entro il 2018.

Entrambi i concorrenti sono due spauracchi, ma Volskwagen non ha paura. Vuole essere il primo marchio per quanto concerne fatturato, auto prodotte e vendute, capitalizzazione, utili. La casa tedesca vuole dominare il mondo delle quattro ruote.

Così, dopo aver investito 63 miliardi di euro durante il 2011, quest’anno Volkswagen raddoppia. Alza la posta e programma un futuro all’insegna del rinnovamento di un intero settore, che ha bisogno di linfa vitale per competere con gli altri segmenti che trainano l’economia.

Certo, il piano è ambizioso e i tempi rispetto a quello precedente (investimenti spalmati su 5 anni) si sono ridotti per portarlo a termine quanto prima. A parlarne è Martin Winterkorn, amministratore delegato di Vw:

“Malgrado le sfide della situazione economica attuale, noi abbiamo deciso di investire più di quanto non abbiamo mai fatto nella nostra storia, per raggiungere i nostri obiettivi di lungo termine”.

Assicurazioni nel mirino dell’Antitrust

 Generali, Ina, Fondiaria SaiUnipol. Questi i nomi delle compagnie assicurative che, secondo l’Antitrust, avrebbero concordato un’intesa restrittiva della concorrenza per le coperture Rc Auto del trasporto pubblico locale di diverse città.

L’istruttoria è iniziata il 14 novembre, dopo che diverse segnalazione e le successive indagini eseguite, hanno mostrato uno strano andamento delle gare per l’attribuzione dei servizi di trasporto pubblico.

Le gare pubbliche continuano ad essere disertate e l’aggiudicazione del servizio, in più di un’occasione, è avvenuto per trattativa privata, sempre alle stesse compagnie e , quindi, con un conseguente aumento, anche piuttosto sostanzioso, del premio annuo. Secondo l’Antitrust questa situazione si ripete, con ciclicità, almeno dal 2005.

Tra le aziende di trasporto pubblico coinvolte nella vicenda ci sono: Amtab Bari, Cstp Salerno, Aps Padova, Autoservizi Irpini Avellino, Società Trasporti Pubblici di Terra d’Otranto, Ctp Napoli, Gtt Torino e Amt Catania.

In totale, si hanno 35 procedure di affidamento disertate e almeno ulteriori 10 affidamenti per i quali l’unica offerta pervenuta proveniva dalla compagnia già erogatrice del servizio. Questo vuol dire che il confronto tra le varie compagnie non è stato assicurato, come prevedono le leggi della concorrenza , e si tratta di elementi che dimostrano un coordinamento tra le quattro società.

L’Argentina rischia un nuovo default

 Inoltre, fino a che il governo argentino non riuscirà assolvere al debito contratto, non potrà neanche pagare gli interessi ai proprietari delle obbligazioni ristrutturate.

A deciderlo è stato Thomas Griesa, giudice distrettuale di Manhattan, che si occupa del caso già da più di dieci anni e che anche in una precedente sentenza aveva imposto all’Argentina di trattare i detentori di bond insolventi allo stesso modo di quelli che avevano accettato la ristrutturazione, decisione a cui Buenos Aires si oppose ricorrendo alla corte d’appello.

L’istanza di ricorso fu rigettata perché

meno tempo avrà l’Argentina per sottrarsi ai suoi doveri, meno probabilità ci saranno che lo faccia.

Gli investitori che si trovano in questa situazione sono coloro che, in seguito al default da 95 miliardi di dollari dell’Argentina, non accettarono la proposta del governo di nuovi bond con uno sconto del 70%, investitori che hanno fatto causa al governo di Buenos Aires.

Griesa ha imposto al paese l’apertura di un fondo di garanzia prima di continuare i rimborsi a coloro che hanno accettato la ristrutturazione dei bond, ma l’Argentina non accetta, nuovamente, la decisione e dichiara che farà ricorso, anche se dovesse trattarsi di arrivare alla  Corte Suprema. Con il paese, tutti coloro che hanno in mano bond ristrutturati e che, se la sentenza del giudice Griesa sarà convalidata, rischiano di perdere i loro soldi.

Bilancio UE: cosa prevede e quali sono gli schieramenti in campo

 Nessun accodo tra i leader riuniti a Bruxelles per l’approvazione del bilancio UE per i prossimi anni. Le posizioni dei paesi sono ancora troppo distanti e la questione dei veti incrociati, lanciata dal premier Cameron, rischia di creare ancora maggiore contrasto tra i paesi.

La bozza del bilancio del presidente UE Van Rompuy non ha cambiato molto quello che era stato già preventivato e la proposta non ha accontentato nessuno.

Il bilancio UE per il 2014/2020 prevede un tetto di spesa massimo di  973 mld (1,01% del pil Ue), un aumento a 8 mld alla politica agricola e di 10,6 mld alla politica di coesione per le regioni più svantaggiate. 20,3 mld sarebbero stanziati per progetti crescita e grandi infrastrutture e per l’azione esterna.

I tagli, rispetto alla proposta della della Commissione Ue sono molto pesanti, ma non sono stati fatti dove si era chiesto. Infatti, gli stipendi di dei funzionari dell’Ue sono stati lasciati invariati, se non per l’aumento delle ore di lavoro a 40 settimanali a busta paga invariata.

Tra i 27 leader in campo si sono create quattro fazioni contrapposte. C’è la Germania, seguita da Olanda, Danimarca, Finlandia e Austria, che non vuole alcun taglio ai fondi per la ricerca e lo sviluppo e sulle politiche agricole.

Poi ci sono Francia e Italia che, insieme a Spagna, Lussemburgo e Belgio, sono favorevoli ai tagli, ma che devono essere moderati e non toccare i fondi per l politiche agricole.

Euroscettici Gran Bretagna e Svezia che si schierano contro i 15 paesi a cui andrebbero i fondi per la coesione (i cosiddetti recipienti netti: Portogallo e Repubblica Ceca, Grecia, Ungheria, Bulgaria, Romania, Irlanda, Cipro, Malta, Lettonia, Lituania, Estonia, Slovenia, Slovacchia e Polonia)

Ulteriore rinvio per il bilancio UE

 I 27 capi di stato e primi ministri riuniti a Bruxelles per l’approvazione del bilancio UE per il 2014/2020 non sono ancora arrivati ad un accordo.

La bozza di bilancio presentata dal presidente Ue Herman Van Rompuy è passata solo di sfuggita tra le mani dei diretti interessati, troppo poco tempo perché si possa approvare un documento di una tale importanza. I leader torneranno a discutere oggi a mezzogiorno, ma la possibilità di un accordo in tempi brevi è molto lontana e c’è chi già parla di un possibile slittamento a febbraio o marzo del prossimo anno.

Per il primo ministro italiano questo slittamento non è un dramma, e assicura che farà tutto ciò che è possibile per evitare delle soluzioni non accettabili per il nostro paese. L’Italia ha il diritto di veto, ma Monti non è ancora giunto a questo passo estremo, più per esigenze diplomatiche, fino ad ora, che per reali motivazioni economiche.

Mario Monti, però, apre anche uno spiraglio: nella bozza di bilancio c’è stata una maggiore attenzione alle esigenze del nostro paese, soprattutto per quel che riguarda i fondi di coesione e quelli per l’agricoltura, ma si tratta di un documento troppo lungo e complesso per essere vagliato in tempi ristretti, soprattutto pensando al passato, quando, dopo l’approvazione del bilancio UE precedente, l’Italia non fu certo tra i paesi che ne uscirono meglio.

Angela Merkel, dal canto suo, è molto meno ottimista del premier italiano: secondo la cancelliera di ferro non si arriverà ad una accordo, in quanto le posizioni dei diversi paesi sono ancora troppo distanti.

Nel lavoro la parità tra uomini e donne è utopia

Emancipazione femminile e diritti? A volte sono solo parole, come nel caso del lavoro. Perché diciamo questo?

Una classifica elaborata dal Global Gender Gap Report 2012, improntata su un’analisi Inps, sottolinea che l’uguaglianza di genere è ancora lontana. Solo un terzo della popolazione femminile è popolata e le retribuzioni sono inferiori a quelle percepite dai colleghi maschi. Ma qualche segnale positivo esiste.

Il Ministro Elsa Fornero ha dichiarato sull’argomento:

“Ho sempre creduto nella parità, ma credo che oggi l’Italia è un Paese nel quale essere donna è un motivo di differenziazione, un ostacolo oggettivo e un motivo per prendersela. Così il ministro del Lavoro, Elsa Fornero, nel corso della registrazione della puntata di Porta a Porta, in onda domani sera su Rai1, ha parlato della condizione disparità di trattamento tra i generi. Lo dico nei riguardi di un Paese civile: il fatto che una persona sia uomo o donna fa una differenza nell’interlocuzione, nei luoghi di lavoro, nell’accesso e nella progressione delle carriere, praticamente in tutti gli ambienti della vita e questo è la radice per cui poi la violenza è quasi una sorta di continuità, rispetto a comportamenti che hanno radici profonde. Credo che ci sia un accanimento nei confronti delle donne”.

Mercato immobiliare in caduta libera

Il mercato immobiliare ha fatto registrare un nuovo crollo nel terzo trimestre del 2012. Un crollo che rappresenta la caduta più forte dall’inizio delle serie storiche, ovvero dal 2004.

Da luglio e settembre 2012, se confrontiamo questi mesi allo stesso periodo del 2011, le compravendite sono scese del 25,8%.

Per quanto concerne il comparto residenziale il crollo è del 26,8%. Se la tendenza dell’ultimo trimestre dell’anno si manterrà come quello degli ultimi tre, allora nel 2012 le compravendite di appartamenti scenderanno sotto quota 500 mila, riportandosi ai livelli di trenta anni fa.

Il direttore centrale dell’Osservatorio immobiliare dell’Agenzia del Territorio, Gianni Guerrieri, ha tal proposito afferma:

“Il calo (repentino e violento) delle compravendite di abitazione oltre a risentire di fattori come l’incremento della tassazione e la difficoltà di accesso al credito” probabilmente è dovuto a qualcosa di più profondo, che interessa i piani di investimento delle famiglie, spiega Guerrieri. I consumi delle famiglie si stanno modificando, non si investe più a lungo termine perché c’è un grado più forte di incertezza sul futuro, che comporta un allungamento delle attese e il ritiro da acquisti importanti come quello per le abitazioni,provando a delineare le cause del crollo”.

Guerrieri sottolinea, inoltre, che l’altro fattore fondamentale è quello del credito:

“I mutui sono sempre più piccoli e sempre più difficili da ottenere. Negli ultimi sei mesi l’erogato ha subìto una nuova contrazione, calando del 4% e fermandosi a 116mila euro, contro i 121mila del maggio scorso. Analizzando le richieste di preventivo di mutuo registrate ad aprile scorso, e confrontandole con quelle di ottobre 2012, si registra un nuovo aumento della differenza tra la somma media richiesta e quella effettivamente erogata. Sei mesi fa era di 6 punti percentuali, a ottobre è diventata dell’11%. Sono questi alcuni dei dati che emergono dall’analisi dell’Ufficio studi di Mutui.it per il semestre maggio-ottobre 2012”.