Troika a Cipro per salvare l’Isola

 Prosegue il lavoro di Fmi, Ue e Bce. Domani la Troika si recherà a Cipro per tentare di salvare il Paese.

Un’operazione che cade nei giorni della rielezione di Barack Obama, nonché nel momento in cui le borse accennano a una risalita. I media ellenici hanno così commentato il primo dei due grandi avvenimenti di questi giorni, ovvero la conferma alla Casa Bianca:

“La rielezione di Barack Obama è senza dubbio una buona notizia per la Grecia e l’Europa in generale dal momento che il presidente americano ha più volte sostenuto il Paese al contrario di Mitt Romney, che non ha perso un’occasione per additare la Grecia come esempio da evitare”.

Fmi, Ue e Bce, intanto, controllano in continuazione i bilanci dell’Eurozona. Domani i rappresentanti della Troika, per effetto di questo piano, saranno a Cipro. Obiettivo: studiare un progetto atto a salvare l’Isola.
Ad annunciare la presenza del team di rappresentanza è lo stesso governo della capitala cipriota, Nicosia, nella persona del suo portavoce governativo Stefanos Stefanou..
”Venerdì ricominceranno i negoziati con l’obiettivo di assicurare un accordo sul programma di aggiustamento fiscale per un prestito a Cipro”.

Comuni in difficoltà economiche, Governo e maggioranza si scontrano

 Governo e maggioranza ancora contro sul decreto per ridurre gli stipendi dei politici negli enti locali.

La Camera propone il cancellamento di alcuni emendamenti che la Commissione Bilancio aveva approvato in assenza di adeguate coperture finanziarie.

Di contro l’assemblea ha optato per il rinvio del decreto. In commissione, però, non vi è stato alcun accordo. Oggi si ritorna in Aula per riparlarne.

Ordine del giorno: la contesa riprenderà con la richiesta della maggioranza all’indirizzo del Governo di giustificare il suo rifiuto con le relazioni della Ragioneria sugli emendamenti in discussione.

Il Governo è pronto a chiedere la fiducia.

Intanto, magra consolazione, Governo e maggioranza sono in sintonia per quanto concerne il salvataggio dei Comuni le cui sorti finanziarie sono fortemente in bilico. Molti sono i sindaci che hanno chiesto e ottenuto tale norma. Uno su tutti? Il “napoletano” Luigi De Magistris. Il capoluogo campano registra un buco di 850 milioni e il suo primo cittadino non sa dove trovarci. Messina, Catania e Parma versano nelle stesse condizioni di difficoltà.

Governo e maggioranza, pertanto, hanno cancellato le normative appena introdotte con i provvedimenti attuativi del federalismo fiscale che prospettavano, per fronteggiare il disagio, l’arrivo di un commissario, incaricato di agevolare il pagamento dei creditori e, in casi estremi, l’arrivo di nuove tasse per i cittadini, nonché l’ineleggibilità degli amministratori ritenuti responsabili.

L’economia è la prima sfida di Obama

Le prime parole del presidente Obama, dopo la schiacciante vittoria di stanotte sullo sfidante repubblicano alla Casa Bianca, sono state il meglio deve ancora venire.

Forse si stava riferendo proprio a se stesso, dato che ora, impossibilitato dalla legge americana a potersi ricandidare, può davvero fare tutte le riforme che non ha potuto affrontare finora per non perdere il suo favore politico. Le prime ed più importanti riforme del presidente Obama riguarderanno l’economia: si parla di fiscal cliff, di tasse, di mercato del lavoro e di energie rinnovabili.

La ricetta economica di Obama è un mix di ingredienti che potrebbero non piacere a molte fasce della popolazione americana, soprattutto quelle più agiate per le quali il presidente ha già previsto una maggiore pressione fiscale su quella fetta di popolazione dal reddito più alto, entrate che serviranno agli Stati Uniti a ridurre il peso del debito che grava sul rilancio della sua economia.

Riforme fiscali previste anche per risanare il mercato del lavoro: la proposta di Obama è quella di mettere in atto incentivi per quelle imprese, soprattutto multinazionali, che riporteranno la produzione all’interno del paese, strumento con il quale il presidente ritiene sia possibile creare un milione di nuovi posti di lavoro nel settore manifatturiero.

 

 

Esodati, dietrofront Fornero: fondi cancellati

 La Commissione Bilancio della Camera  ha bocciato l’emendamento in favore degli esodati, votato all’unanimità dalla Commissione Lavoro. Il Ministro Fornero, nella giornata di ieri, aveva promesso una copertura finanziaria. Oggi le cose sono cambiate.

Tale copertura avrebbe posto fine in maniera positiva al periodo di disagio vissuto da circa 10.000 lavoratori privati di reddito e pensione. La copertura, in verità, era stata trovata pensando a prelevare il 3% dei redditi su oltre i 150mila euro. Pdl e Udc, tuttavia, hanno risposto con un secco “No”.

Di nuovo punto e a capo: la decisione torna in mano al Parlamento. I relatori della Legge di Stabilità chiedono al Governo numeri ufficiali. Così Renato Brunetta:

“Non possiamo fare miracoli. Fornero ci deve dare dati esatti sulla platea. Solo così infatti si possono poi valutare le risorse necessarie”

Torna dunque in auge la diatriba inerente ai lavoratori che si sono licenziati o che avevano accettato di perdere il posto di lavoro facendo affidamento sulle possibilità di andare in pensione offerte dal Governo. Speravano nella riforma della Fornero, la quale non ha però mantenuto le promesse.

La situazione al momento: il Ministro Fornero è tra l’incudine e il martello. Governo e Parlamento sono al centro di un’accesa discussione. Ne viene fuori che Esecutivo e Ministero del Lavoro non hanno intenzione di accettare la proposta parlamentare di restaurare, riproponendole, le vecchie regole pensionistiche. Con tali norme 130.000 esodati erano stati “sistemati”. Di contro, però, il Parlamento non sa come trovare le risorse. L’emendamento, dunque, è attualmente fermo al palo.

 

La soluzione alla crisi è nelle infrastrutture

 Sono tanti i paesi europei in cui è stata data la precedenza alla produzione di energia elettrica attraverso fonti rinnovabili: partendo da questo fatto non si può che convenire sul fatto che, proprio questo settore, potrebbe essere quello che può portare l’Europa fuori dalla crisi.

Il metodo è semplice: basta investire nella ristrutturazione delle attuali reti elettriche per adeguarle al trasporto dell’energia prodotta dalle fonti rinnovabili. All’assemblea del Go 15 si è parlato di investimenti che dovrebbero aggirarsi intorno ai  700 miliardi di dollari da distribuire su 16 paesi, quelli in cui lo sviluppo delle energie rinnovabili è stato più massiccio, e nei quali, quindi, ha più senso intervenire in modo mirato.

Certo, si tratta di cifre piuttosto impegnative, che però possono portare a dei grandi profitti sul lungo termine. Infatti, la ricchezza prodotta attraverso le fonti di energia rinnovabili rischia di essere di spersa perché le attuali infrastrutture non sono adeguate alla sua distribuzione. Esemplare il caso dell’Italia: l’energia elettrica prodotta attraverso il fotovoltaico in larga parte si disperde a causa della rete troppo sovraccarica nei momenti di maggior produzione.

Interessante anche la proposta dell’Unione Europea che prevede, entro il 2020, la creazione di una rete interconnessa di distribuzione dell’energia, in modo da poter sfruttare al meglio la produzione dell’energia derivante dalle specifiche fonti rinnovabili di ogni paese membro.

Tributi erariali: +3,8%

 E’ il Dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia ad annunciare l’aumento delle entrate erariali del periodo gennaio-settembre del 2012, rispetto alle cifre che sono state registrate lo scorso anno, con una percentuale del 3,8%.

In pratica, le entrate da tributi sono passate da 281.899 milioni di euro a 292.526 milioni.

Ad aumentare le imposte dirette (+6.359 milioni di euro), le ritenute dei lavoratori dipendenti pubblici (+0,6%) e dei dipendenti privati (+1,4). Il gettito IRES rimane sostanzialmente invariato (-0,3%).

Anche per le imposte indirette si rileva un sostanziale aumento (+4.268 milioni di euro), a parte per il gettito derivante dall’IVA per il quale si registra una lieve flessione, dovuta in modo particolare al calo delle importazioni e degli scambi nazionali.

Aumentata anche l’imposta di bollo, che registra un incremento record rispetto allo stesso periodo del 2011: un più 136,9%, che si deve alle imposte di bollo introdotte per conti correnti, strumenti di pagamento, titoli e prodotti finanziari a partire dalla seconda metà del 2011 e, soprattutto, all’anticipo dell’acconto sull’imposta, che si è sentito particolarmente sulle attività finanziarie scudate.

A fronte di questi aumenti, va registrata la flessione del gettito sul gas metano (-21,8%), dovuto al calcolo del conguaglio dell’anno precedente, riequilibrato, però, dall’aumento del gettito dell’imposta di fabbricazione sugli oli minerali (+23,5%) e sulle accise, aumenti decisi soprattutto per far fronte all’emergenza terremoto in Emilia Romagna.

Vince Obama e le borse aprono in rialzo

Barack Obama resta saldamente alla guida del suo popolo. Batte Romney e viene confermato per altri quattro anni alla Casa Bianca in virtù dei consensi del popolo statunitense.

La notizia è stata molto apprezzata dalle borse europee che aprono bene successivamente alla rielezione del primo presidente nero nella storia degli Usa.

Nello specifico Milano guadagna lo 0,45%, Parigi guadagna lo 0,90%, Francoforte lo 0,63% e Madrid lo 0,59%.

Angela Merkel ha fatto i suoi personali auguri a Obama, soffermandosi sulle possibilità di crescita e augurandosi un futuro dedito al confronto e al miglioramento:

“Ho apprezzato particolarmente le nostre numerose discussioni, in particolare quelle su come superare la crisi economica e finanziaria mondiale”.

Con l’occasione la cancelliera tedesca ha augurato “forza” e “successo” al presidente, comunicandogli che spera di incontrarlo presto:

“Sarebbe per me una gioia averla di nuovo ospite in Germania e poterla salutare”

Un clima sereno, quello di stamane, che come accennato giova ai mercati economici. Gli effetti sono tutti positivi e gli addetti ai lavori menzionano reazioni alla rielezione quali l’andamento al ribasso dei rendimenti sull’obbligazionario.

Bene anche l’oro, che fa registrare un rialzo delle quotazioni, nonché una minima pressione sul dollaro, che apre in calo nei confronti dell’euro e dello yen.

Il rapporto euro/yen è invece in forte rialzo, dato a 103,27 (102,825).

Grecia: nel frattempo le piazze europee sono concentrate sulle sorti della Grecia. Oggi il parlamento del Vecchio Continente voterà il piano di austerità, il quale è utile a sbloccare l’ulteriore tranche di aiuti, nell’attesa della riunione dell’Eurogruppo del prossimo 12 novembre.

Il Made in Italy non conosce crisi

 Le aziende del lusso e della moda italiano continuano ad avanzare e non risentono della crisi che ha colpito tutti gli altri settori.

E’ la PPR (Pinault-Printemps-Redoute), la multinazionale fondata dall’imprenditore François Pinaul, che sta cercando nuove acquisizioni da fare in Italia per allargare il suo giro di affari. La PPR, che, dopo l’acquisizione del marchio Bottega Veneta, che è riuscita a portare il suo fatturato da 30 milioni a 1 miliardo di euro stimati entro la fine del 2012, vuole acquisire nuove società italiane attraverso azioni mirate sul mercato dei titoli.
L’intenzione è quella di allargare il portafogli di griffe con marchi complementari, che saranno i portabandiera, nel mondo, dell’artigianalità delle produzioni che esiste solo in Italia e non si trova in altri Paesi a cominciare dalla Francia. 
Proprio per questo sono state annunciate delle nuove Ipo previste per il 2013, sicuramente tra i marchi ci saranno Yamamay e Carpisa. Ma anche altre firme importanti del Made in Italy vedono delle ottime prospettive per il futuro.
Per primo il gruppo Peuterey, che intravede grosse prospettive di internazionalizzazione soprattutto verso la Cina, e Moncler che, dopo aver rinunciato alla quotazione in borsa nel 2011, sta intraprendendo la strada della separazione dei marchi interni in altrettante società.

Bankitalia: prospettive nere per le imprese italiane

 I dati del sondaggio congiunturale condotto dalla Banca d’Italia sulle imprese industriali e dei servizi  in questi ultimi mesi ha rilevato una situazione molto pesante per il mondo delle imprese italiane: il 2012 vedrà una impresa su tre chiudere l’anno con i conti in rosso e con notevoli tagli della forza lavoro.

Oltre a questo, il sondaggio ha evidenziato anche una forte contrazione della domanda di credito, data la riduzione del saldo (confrontando i dati con quelli della scorsa primavera), tra le aziende che hanno richiesto un prestito e quelle che, invece, non lo hanno fatto.

Nello specifico il 30,2% delle imprese hanno già annunciato una chiusura in rosso per la fine del 2012, una percentuale nettamente maggiore delle stime dello stesso periodo dello scorso anno, quando le aziende in questa situazione erano il 23,6% del totale. Le aziende che hanno riscontrato maggiori difficoltà negli utili sono quelle del terziario e dei servizi, con un picco per i settori della ristorazione e alberghiero.

Stessa situazione anche per i dati che riguardano l’occupazione: anche in questo caso un terzo delle aziende italiane ha fatto registrare un calo, aziende che si concentrano nella classe dimensionale tra i 20 e 49 addetti.

Questi dati mettono in evidenza una perdita di competitività delle aziende italiane rispetto a quelle straniere e, secondo le voci che arrivano dagli imprenditori stessi, le motivazioni principali di questa situazione risiedono nel costo del lavoro e nella pressione fiscale.

 

Sciopero di 48 ore in Grecia: paese totalmente bloccato

 E’ iniziato questa mattina alla Commissione Finanze del Parlamento ellenico il viaggio del pacchetto austerity richiesto da Ue, Bce e Fmi, che prevede tagli di bilancio per 13,5 miliardi da effettuarsi nel biennio 2013-2014. E’ questo quello che chiedono gli istituti europei e internazionali per concedere alla Grecia una nuova tranche di aiuti, che dovrebbe ammontare a circa 31,5 miliardi di euro.

I sindacati non ci stanno e non hanno intenzione di far passare il disegno di legge e hanno indetto un lungo sciopero (si tratta della quarta volta che in Grecia i sindacati ricorrono a questa forma di protesta) di 48 ore chiedendo a tutte le categorie di lavoratori di incrociare le braccia.

Il paese rischia di paralizzarsi. Sono molte, infatti, le categorie che parteciperanno alla protesta: scuola, sanità, trasporti, banche, ministeri, amministrazioni locali, farmacie, avvocati, magistrati, giornalisti e i controllori di volo degli aeroporti.

Il pacchetto rischia di far saltare anche l’attuale governo di coalizione greco: il Comitato Centrale di Sinistra Democratica (Di.Mar), nonostante le richieste del Comitato Centrale di votare a favore del pacchetto, nel tentativo di risanare la difficile condizione greca, hanno deciso che, nonostante si troveranno in aula non prenderanno parte alla votazione. Allo stesso tempo, però, hanno anche detto che voteranno a favore del bilancio dello stato, che sarà discusso nella giornata dell’11 novembre.