In Europa bisogna monitorare l’inflazione

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 Con tutti i discorsi che si stanno affrontando, per l’ennesima volta, sull’eccessiva forza della moneta unica europea e su quanto dovrebbe fare la BCE per combattere, in maniera indiretta, questo fenomeno, oggi cominceremo la settimana con la pubblicazione dei dati sull’ inflazione europea, sperando di non dover assistere inermi ad un ulteriore peggioramento.

Gli ultimi dati non lasciano spazio all’immaginazione: 0.8% di variazione nella pressione sui prezzi, molto lontani da quel 2% che la Banca Centrale Europea dovrebbe in qualche modo salvaguardare. Il problema è strutturale, in quanto le asimmetrie di diversa natura economico-finanziaria-sociale-organizzativa-politica stanno sempre più venendo a galla.

Per Draghi la politica monetaria rimane uguale e pronta a contrastare la bassa inflazione

Dal punto di vista dell’inattività da parte della BCE essa continua a rifugiarsi dietro la giustificazione che le aspettative di medio periodo sull’inflazione rimangono saldamente ancorate, ma la vera motivazione per evitare di tagliare i tassi di interesse ulteriormente sta dietro al fatto che tale mossa sarebbe inutile e soprattutto inefficace (cosa che molto probabilmente sarà anche il livello attuale dei tassi di interesse, spiega Matteo Paganini di DailyFx, portati in quest’area con estremo ritardo rispetto a quando essi avrebbero potuto mostrare effetti concreti) senza l’implementazione di un Quantitative Easing vero e proprio.

Negli Stati Uniti prezzi all’ingrosso scesi a sorpresa e inflazione bassa

Non si tratta soltanto di andare a voler riallineare gli squilibri tra Paesi del sud e Paesi del nord, siamo arrivati ad un pericoloso punto di non ritorno, dove anche tassi negativi sui depositi con un’inflazione così bassa potrebbero divenire pericolosi

 

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