L’epilogo della cedolare secca

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 La cedolare secca ha fallito. Un’intuizione portata avanti dalle colonne del Sole 24 Ore sembra essere confermata negli ultimi report redatti dalla CGIA di Mestre, sempre molto attenta alle evoluzioni del settore immobiliare e non solo.

La cedolare secca, tanto per riepilogare di cosa si tratta, è un’imposta introdotta nel 2011 che ha come obiettivo quello di sostituire le imposte dovute per gli affitti degli immobili. Si applica in alternativa al regime ordinario, dopo una precisa scelta del locatore. La cedolare secca, come spiega bene l’Agenzia delle Entrate, va a sostituire l’Irpef e le relative addizionali, l’imposta di registro, l’imposta di bollo, l’imposta di registro sulle risoluzioni e le proroghe del contratto di locazione, l’imposta di bollo sulle risoluzioni e le proroghe del contratto, qualora fosse richiesta.

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Secondo la CGIA di Mestre questo strumento non è stato in grado di far uscire allo scoperto il business degli affitti in nero. Questa imposta, che inizialmente si pensava potesse avere molto successo, adesso ha visto la revisione al ribasso delle stime ufficiali.

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Il conto che si va per certificare l’insuccesso della cedolare secca è molto semplice: introdotta nel 2011, doveva lottare contro gli affitti in nero offrendo un regime agevolato ai non evasori. In due anni l’Erario si è trovato per le mani 5 miliardi di euro in meno e deve fare ancora i conti con un milione di contratti d’affitto non registrati.

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