Non basta la bolletta dell’elettricità per dimostrare la residenza

 Quando si acquista la “prima casa”, si ottengono una serie di benefici fiscali, ma il patto con l’Erario è che il contribuente, neo proprietario di un immobile, abbia dei requisiti soggettivi ed oggettivi per avere questo sconto in dichiarazione.

► Le imposte immobiliari rimpinguano le casse dello Stato

Secondo la Cassazione, che di recente è intervenuta sulla questione delle agevolazioni sull’acquisto della prima casa, non basta essersi intestati un’utenza per ottenere gli sconti del Fisco. Spieghiamo i fatti e il pronunciamento dei porporati di Piazza Cavour.

Il fatto. Due contribuenti hanno ottenuto un avviso di liquidazione da parte dell’autorità finanziaria, dopo la revoca dei benefici legati alla prima casa, perché, secondo il Fisco, erano decaduti i requisiti utili ad ottenere l’agevolazione, in particolare era stato contestato alla coppia di non aver stabilito la residenza nell’immobile entro i 18 mesi dall’acquisto, previsti dalla legge.

► Troppe tasse scoraggiano acquisto immobili

Il ricorso era stato respinto in primo grado ma poi accolto in appello perché i contribuenti avevano fornito la prova del trasferimento della residenza: l’intestazione della bolletta elettrica e poi una dichiarazione del maresciallo dei Carabinieri.

I giudici della Cassazione hanno di nuovo ribaltato la sentenza spiegando che l’utenza elettrica e una dichiarazione fornita in termini generici non sono sufficienti a provare che sia stato l’effettivo trasferimento della residenza degli acquirenti nel nuovo immobile tanto da ottenerne le agevolazioni come “prima casa”.

Costi e spese dei fondi di investimento comuni

 Quando si sottoscrive un fondo di investimento comune, è necessario fare attenzione anche ai costi che questo ha per la sua gestione, che possono essere suddivisi in due macro-categorie: commissioni una tantum, non previste da tutte le SGR e applicati in sede di acquisto o vendita del fondo, e commissioni ricorrenti, ossia le spese che il risparmiatore deve sostenere per la remunerazione dell’operatore.

► SGR – Società di Gestione del Risparmio

Commissioni una-tantum

Commissioni di sottoscrizione

Pari ad una percentuale dell’investimento e applicati a scaglioni, in cui le percentuali decrescono al crescere dell’investimento.

Commissioni di vendita

Applicate al momento della vendita delle quote. Solitamente sono calcolate con un sistema a tunnel, cioè sono sempre più basse, fino ad arrivare a zero, all’aumentare del tempo di permanenza nel fondo.

Commissioni di switch

Applicate ai trasferimenti di quote da un fondo ad un altro della stessa società (switch). Possono essere delle quote fisse o calcolate in percentuale sulla quota di capitale trasferito.

► A chi affidare i propri risparmi?

Commissioni ricorrenti

Commissioni di gestione

Decurtate direttamente dal patrimonio, le commissioni servono alla retribuzione della SGR.

Commissioni di incentivo

Sorta di premio per le SGR che riescono ad ottenere rendimenti superiori a quelli prestabiliti, ed è quindi calcolato sul rendimento differenziale del fondo rispetto al benchmark di riferimento.

 

Bond spazzatura, rendimenti al 6%

 Si chiamano junk bond e, come dice il titolo stesso, sono dei titoli spazzatura, delle obbligazioni a basso rating ed lato rischio. Attualmente rappresentano una bolla speculativa molto interessante, da studiare che non sembra volersi sgonfiare nell’immediato.

Tutto è stato portato a termine nella settimana in cui i mercati hanno espresso la loro euforia dopo l’accordo raggiunto sul fiscal cliff. Sicuramente si può parlare di performance record, ma record è anche il rendimento dei cosiddetti titoli high yield calcolato dagli indici Barclays, visto che per la prima volta sono scesi sotto la soglia del sei per cento.

Perché si parla tanto di bond spazzatura in questo periodo? Perché siamo di fronte ad uno degli effetti collaterali delle cosiddette politiche anticrisi non convenzionali messe in campo soprattutto dalla FED che ha anticipato di pochissimo le scelte delle altre banche centrali.

Il fatto è che azzerando i tassi d’interesse, mettendo tanta liquidità sul mercato, gli investitori si sono sentiti costretti a cercare nuovi strumenti d’investimento dal rendimento elevato. I bond corporate e i titoli di stato hanno subito la pressione del Quantitative Easing, sono stati oggetto di una “repressione finanziaria”.

Di conseguenza si è moltiplicata l’emissione di titoli spazzatura, particolarmente ricercati dai cacciatori d’investimenti. Nel 2012 ci sono state emissioni pari a 397 miliardi di dollari che sono il 38% in più rispetto al 2011.

Perché conviene investire nelle obbligazioni dei mercati emergenti?

 Secondo i dati riportati dall’indice JP Morgan Global Composite, i mercati obbligazionari dei paesi emergenti hanno evidenziato un aumento del 13% in valuta locale e oltre il 16% in dollari Usa, permettendo a tutti coloro che hanno fatti questo tipo di investimento di ottenere degli ottimi rendimenti. Anche per il prossimo anno gli analisti prospettano delle ottime opportunità di guadagno.

Le principali ragioni per investire nei mercati obbligazionari dei paesi emergenti nel 2013

1. Il mercato obbligazionario ha avuto una completa rivoluzione e i bond dei paesi europei, e di tutti i paesi che hanno una tripla A, non sono più convenienti, in quanto i rendimenti sono generalmente inferiori all’uno per cento nel segmento 5 anni. I bond dei mercati emergenti, pur esponendo l’investitore ad un rischio più alto, hanno dei rendimenti sono molto più interessanti.

2. I rendimenti delle obbligazioni degli emerging market non solo saranno molto elevati in futuro, grazie agli alti tassi di crescita di queste economie, ma, secondo la maggior parte degli esperti, sono anche piuttosto sicuri. Infatti, saranno le banche centrali di questo paesi a mantenere stabili i tassi di riferimento per non scoraggiare gli investimenti dall’estero.

3. Secondo le previsioni economiche per il prossimo anno, i primi mesi del 2013 faranno registrare una buona performance dei mercati europei, che però peggiorerà dalla metà dell’anno in poi. I mercati emergenti si profilano, grazie alla loro bassa volatilità, quelli che offrono un miglior profilo rischio/rendimento.

Iva al 22% sulla gestione individuale del portafogli

 Con l’emendamento fiscale a firma dei relatori Brunetta e Barnetta, a partire dal prossimo anno, i corrispettivi della gestione individuale del portafogli saranno soggetti all’Iva, che potrà potrà essere detratta sui costi concernenti i servizi se si sceglie la contabilità separata. Dal 1° luglio 2013, poi, scatterà anche l’aumento dell’aliquota, che passerà dal 21% al 22%.

L’emendamento mette in atto una sentenza della Corte di giustizia europea del 19 luglio 2012 ( causa C-44/11 della Deutsche Bank) nella quale si legge che la gestione di un portafogli di titoli non può essere esentato dal pagamento dell’Iva se l’istituto che lo gestisce, oltre a fornire la compravendita dei servizi finanziari, fornisce anche analisi e custodia del patrimonio, in quanto si tratta di una attività remunerata.

Secondo l’emendamento dell’articolo 10, primo comma, n. 4) del Dpr 633/1972, viene confermata l’esenzione dell’Iva

per le operazioni relative ad azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e a quote sociali, oltre che a valori mobiliari e a strumenti finanziari diversi dai titoli, incluse le negoziazioni e le opzioni.

Per quanto riguarda la contabilità separata per l’esenzione potrà essere effettuata per

i soggetti che svolgeranno sia il servizio di gestione individuale di portafogli, ovvero prestazioni di mandato, mediazione o intermediazione relative al predetto servizio, sia attività esenti da Iva.

Fondi di investimento con cedole periodiche

 Cambiare la formulazione dei fondi di investimento è stato una buona idea per le società che si occupano di gestione del risparmio. I fondi comuni di investimento che danno anche cedole periodiche, uno dei prodotti più innovativi che si trova sul mercato, sono stati il mezzo migliore per far tornare la fiducia dei risparmiatori nell’investimento.

La convenienza di questa tipologia di fondi è che sono molto semplici nella loro struttura e permettono, oltre al rendimento che arriva allo scadere del contratto, anche di incassare periodicamente le cedole sugli interessi. In pratica questi fondi prima attraversano un periodo di collocamento in cui è possibile sottoscrivere i contratti, la scadenza è solitamente a tre o cinque anni, rari quelli con scadenze più lunghe, termine al quale si ottiene la liquidazione dell’investimento, ma, nel frattempo, come avviene anche per i BTp o i CcT, ogni sei mesi si ha anche l’assegno con l’ammontare degli interessi maturati fino a quel momento.

La maggior parte dei fondi a cedola che sono stati proposti sul mercato nell’ultimo periodo sono contraddistinti da un investimento prevalente in obbligazioni, ma la composizione del portafogli può essere molto diversa: titoli di stato, obbligazioni americane o di società private, in modo da essere compatibili con i più diversi profili di rischio/rendimento.

 

Perché i fondi di investimento comune sono sicuri: la trasparenza

 Poter controllare quello che succede ai propri risparmi, una volta che sono stati investiti  non è faccenda agevole soprattutto per chi non si occupa giornalmente di questioni finanziarie.

La mancanza di informazione è spesso, infatti, tra le principali cause di un basso rendimento di un investimento. Decidendo di affidare i proprio risparmi ad una società di gestione, il rischio di una cattiva performance del portafogli si assottiglia  in quanto i fondi di investimento e i loro gestori sono regolamentati con apposite leggi sulla trasparenza.

In base a questa regolamentazione ogni giorno i singoli investitori possono sapere come stanno andando i loro titoli anche solo leggendo il giornale e controllando i NAV (net asset value) che vengono pubblicati giornalmente sui quotidiani (il NAV che si trova sui giornali è quello del giorno prima, in quanto prima di essere pubblicato deve essere sottoposto a rigidi controlli).

La normativa italiana, inoltre, obbliga le società di gestione a valorizzare il patrimonio con cadenza almeno settimanale e molto spesso le società fanno questa operazione anche con cadenza giornaliera, in modo che gli investitori possano essere sempre al corrente di ciò che accade ai loro soldi.

Tutti i motivi della sicurezza dei fondi di investimento comuni:

Autonomia

Controllo

Diversificazione

 

Perché i fondi di investimento comune sono sicuri: la diversificazione

 La differenza dell’investimento tra un singolo titolo e l’investimento in un fondo comune sta nel fatto che, grazie proprio alla composizione stessa del fondo che distribuisce il capitale su più fronti, nel caso in cui uno dei titoli presenti nel portafogli dovesse andare in perdita questa perdita sarebbe bilanciata dai rendimenti che comunque si continuano ad avere sulle altre attività presenti e che hanno delle buone performance.

Questa possibilità data dall’investimento in un fondo comune si definisce come diversificazione, ossia l’investimento su un numero alto di titoli diversi per capitalizzazione, mercato e settore di appartenenza. Ovviamente non si tratta di una possibilità data solo dai fondi di investimento comune, anche un investitore singolo può creare un portafogli ben diversificato, ma è un’operazione che comporta la necessità di un investimento molto grande per l’acquisto dei diversi strumenti.

Affidando i propri risparmi ad un fondo comune il costo della diversificazione viene spalmato sul capitale di tutti gli investitori.

Inoltre la diversificazione è possibile non solo all’interno di un singolo fondo. Ogni investitore, infatti, può anche decidere di frammentare il suo capitale in più fondi di investimento che, in questo modo, andrebbero a bilanciare la correlazione tra i mercati.

Tutti i motivi della sicurezza dei fondi di investimento comuni:

Autonomia

Controllo

Trasparenza

 

Lo Stato aiuta con 4 miliardi il Monte dei Paschi di Siena

Via libera. Lo Stato fornisce circa quattro milardi per la ricapitalizzazione del Monte dei Paschi di Siena, in modo che il gruppo possa tirare un sospiro di sollievo. Il via libera è stato dato dalla Commissione Unione Europea. Per il gruppo Mps si tratta di una boccata d’aria, in virtù della ricezione di un apporto di capitali freschi, versati sotto forma di strumenti ibridi di capitale.

Quest strumenti andranno a rilevare quegli strumenti ibridi esistenti in precedenza, per un importo di quasi 2 miliardi di euro. Importo che l’Italia aveva sottoscritto nel 2009, a titolo del regime italiano di ricapitalizzazione.

Così facendo la banca risulterà essere in linea con le norme previste dall’Eba (European banking authority). Norme che prevedono una riserva supplementare temporanea per lottare contro l’esposizione al rischio sovrano.

Secondo la Commissione dell’Unione Europea, ricapitalizzare il gruppo Monte dei Paschi di Siena mediante strumenti ibridi di capitale è una mossa necessaria. In ballo c’è l’intero sistema finanziario italiano, il quale va preservato. Una ricapitalizzazione, quella del gruppo Mps, che appare dunque in linea con quanto comunicato dalla Commissione sulle norme in materia di aiuti di Stato alle banche che si trovano in condizioni di crisi finanziaria.

 

Broker non autorizzati: perché non usarli

 Il mercato valutario è caratterizzato dall’alta volatilità, soprattutto alla fine dell’anno e in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo. Le quotazioni di una moneta, infatti, sono ipersensibili alle modifiche strategiche messe in campo dai politici.

Il mercato valutario, tuttavia, è uno dei settori  più remunerativi per chi fa trading online ma il consiglio è quello di affidarsi sempre a broker autorizzati. Quelli non autorizzati non sono illegali, non sono necessariamente una copertura a truffe ben architettate, ma restano molto rischiosi.

Facciamo un esempio per capire. Affidarsi ad un broker non autorizzato vuol dire che si hanno meno garanzie, come nel caso in cui si decidere di chiudere un conto. Non c’è la certezza che il conto sia liquidato in parte o interamente al suo intestatario.

Per scegliere un broker che offra tutele interessanti, quindi, in Italia è bene affidarsi al parare della Consob che sul suo sito internet dedica uno spazio proprio agli intermediari finanziari. Se volete consolidare il vostro giudizio sui broker, potete anche dare uno sguardo a quelli autorizzati dall’FSA, uno degli enti regolatori più esigenti del mondo.

Il consiglio principe, nel caso di dubbio sull’affidabilità del broker, è quello di provare a stabilire un contatto diretto, telefonico o elettronico, per capire chi c’è dietro il sistema d’investimento.