Le imprese italiane ricevono sempre meno credito

Le imprese italiane ricevono sempre meno credito. Durante gli ultimi 4 anni (nel periodo che va da giugno 2011 a marzo 2015) i finanziamenti trasmessi dalle banche agli imprenditori sono scesi del 10,6%.

Confartigianato chiede meno tasse sul lavoro

Meno imposte sul lavoro e impegni soldi al fine di ravvivare la produzione e l’occupazione, dal momento che il mercato interno, malgrado l’entusiasmo provocato dagli ultimi dati Istat sulla ripresa, è ancora fermo.

Il credito alle imprese ha perso altri 50 miliardi nel 2013 secondo Confartigianato

 Nel corso del 2013 la situazione del credito alle imprese è diventata ancora più difficile e ha navigato verso una contrazione che non ha pari negli anni precedenti. A rilevare questa situazione e a tracciare un bilancio di fine anno è stata la Confartigianato, che ha sottolineato come nel corso dei primi 10 mesi dell’anno non è solo diminuito il numero dei prestiti che le banche hanno concesso alle imprese, ma sono anche aumentati i tassi di interesse. 

Il settore dell’edilizia perde oltre il 22% dall’inizio della crisi

 Dall’inizio della crisi economica, nel lontano 2007, l’edilizia ha pagato e continua a pagare il prezzo più alto della crisi. E’ questo il messaggio che arriva dall’ultima indagine compiuta da Confartigianato, che ha lanciato l’allarme sulle condizioni delle imprese artigiane nell’ultimo periodo. 

L’Imu e la Trise annullano le agevolazioni fiscali per Confartigianato

 Non sarà un anno facile il 2014 per tutte le imprese e gli artigiani d’Italia. Nonostante le nuove misure introdotte dalla legge di Stabilità finanziaria, volte alla riduzione della pressione del cuneo fiscale, il nuovo anno porterà in realtà con sé un aggravio delle imposte sulle attività produttive. 

Il settore no profit italiano resiste alla crisi

 La crisi economica che investe l’Italia ormai da diversi mesi ha avuto conseguenze piuttosto devastanti sul mondo del lavoro italiano. A dirlo, e a certificarlo anche attraverso dei dati, è la Confartigianato, l’associazione degli artigiani italiani, che ha rilevato l’esistenza all’incirca di tre milioni di disoccupati e di cinque milioni di lavoratori in difficoltà.

Confartigianato contro la pressione fiscale e la riforma Fornero

 Nel corso della tradizionale assemblea annuale, il presidente di Confartigianato,  Giorgio Meletti, ha lanciato l’ allarme contro i due grandi mali che travagliano la vita delle imprese artigiane italiane, rendendo quasi impossibile la loro esistenza: l’ altissima pressione fiscale e l’ ultima riforma del mercato de lavoro, ovvero la riforma Fornero

Le piccole imprese bocciano la Riforma Fornero

 I numeri che emergono dal sondaggio fatto dalla Ispo-Confartigianato mostrano come la Riforma Fornero, che avrebbe dovuto sistemare il mondo del lavoro in Italia, non sia riuscita nel suo intento, anzi, sembra davvero che abbia peggiorato la situazione.

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Secondo il sondaggio, infatti, dopo l’entrata in vigore ad inizio anno della Riforma, la disoccupazione è aumentata fino a toccare quota 11,7%, percentuale doppia rispetto alla media europea, sono stati persi 1.641 posti di lavoro al giorno e nessun risultato è stato ottenuto per far diminuire la precarietà che attanaglia le giovani generazioni: anche il numero dei contratti atipici continua a scendere trimestre dopo trimestre.

Ovviamente non tutto può essere attribuibile a quanto il ministro Fornero ha deciso di fare: la crisi economica è un fatto che accomuna tutto il mondo, a parte i paesi in via di sviluppo, ma, se anche dopo che è stata varata una riforma che avrebbe dovuto apportare qualche miglioramento, i risultati continuano a peggiorare, è una chiara indicazione che nella riforma stessa c’è qualcosa che non va.

A confermare questa intuizione c’è il sondaggio della Confartagianato, che mette in evidenza come, soprattutto tra le piccole imprese, il malcontento è molto diffuso: il 65%, infatti, ha bocciato in pieno la riforma, dichiarando che ha avuto solo effetti negativi sia sull’occupazione che sulla crescita.

Giorgio Merletti, presidente della Confartigianato, ha così commentato i dati:

Le nostre rilevazioni confermano quanto avevamo temuto e denunciato: la riforma Fornero ha frenato la propensione ad assumere e ad utilizzare contratti flessibili, ha aumentato il costo dell’apprendistato e dei contratti a tempo determinato, senza peraltro alcuna riduzione del costo del lavoro dei cosiddetti contratti standard. Inoltre la confusa formulazione delle norme su partite iva e associazioni in partecipazione, sta determinando un freno anche rispetto al lavoro autonomo genuino e, conseguentemente, al sistema produttivo. Ed ha ulteriormente complicato la normativa sul lavoro. Insomma, tutto il contrario rispetto a ciò che serve.

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La Riforma Fornero aveva tra gli obiettivi primari quello di ridurre la precarietà tra i giovani, introducendo dei disincentivi per i contratti a termine, soprattutto in termini di costo. Anche se secondo i dati rilasciati dal Ministero del Lavoro i contratti a termine sarebbero passati dal 63,1 % al 65,8% dopo la Riforma, gli artigiani intervistati, nel 59% dei casi, dicono il contrario, affermando di non aver intenzione di rinnovare i contratti a termine già attivi.

I dati concordano, invece, per quanto riguarda i contratti a chiamata (chiamati anche a intermittenti o job on call): nel primo semestre di applicazione della riforma si sono ridotti del 37,4 % rispetto al secondo semestre del 2011. Stesso discorso per i contratti parasubordinati: – 15,3 %. In media entrambe le tipologie scendono del 24,4 %.