Gas e Luce, bollette sempre più care

Il trend negativo italiano in merito al carovita delle bollette di luce è gas prosegue. L’Italia è prima in Europa per quanto concerne il costo pro-capite dell’energia. La tassazione elevata contribuisce a mettere in scacco aziende e famiglie.

Gli imprenditori italiani, infatti, pagano a un prezzo salato l’elettricità: intorno al 36,4% in più rispetto alla media dell’Ue. Sborsano inoltre 5,8% in più rispetto ai colleghi europei. Le famiglie spendono tra carburanti, luce e gas, il 5,6% rispetto alla media del resto dell’Eurozona.

I dati provengono da Confartigianato. Il costo dell’energia elettrica per uso industriale è cresciuto del 12,7% per gli imprenditori tra l’anno scorso e l’anno in corso. Rispetto ai rincari del 5,2% registrati nell’Eurozona, l’intensità è più che doppia.

Le tariffe energetiche a carico delle imprese hanno subito negli ultimi dodici mesi un aumento del 30,4%. Nella zona dell’Ue, invece, l’aumento si è fermato a 12 punti di percentuale. Per quanto concerne le imprese il rincaro complessivo tra l’ottobre dello scorso anno e quello in corso è del 13,6%. Nel resto d’Europa si è fermato all’otto per cento.

Rileva Confartigianato:

“Nell’ultimo anno, la bolletta dell’elettricità per usi domestici è cresciuta del 15,9% (a fronte di un rincaro del 5,9% nell’Eurozona), il gas utilizzato dalle famiglie è rincarato del 9,1% (+6,4% nella Ue) e i prezzi dei carburanti sono aumentati del 16,1% (+8,7% nell’Eurozona)”.

 

8,5 milioni di italiani in difficoltà

Sono più di otto milioni gli italiani in difficoltà. A dirlo è Unimpresa, la quale afferma che

“Ai semplici disoccupati vanno aggiunte infatti, secondo l’associazione, ampie fasce di lavoratori, ma con condizioni precarie o economicamente deboli che estendono la platea degli italiani in crisi. Si tratta di un’enorme area di disagio viene sottolineato: ai 2,87 milioni di persone disoccupate, bisogna sommare anzitutto i contratti di lavoro a tempo determinato, sia quelli part time (687mila persone) sia quelli a orario pieno (1,76 milioni); vanno poi considerati i lavoratori autonomi part time (766mila) e i contratti a tempo indeterminato part time (2,39 milioni)”.

5,6 milioni di persone, dunque, sono occupate ma hanno il futuro in dubbio in termini di impiego stabile e retribuzione continua nel tempo. Una zona di disagio ampia, che il Centro Studi Unimpresa ha individuato per effetto dei dati Istat e che in totale ammonta a 8,47 milioni di italiani:

“Il deterioramento del mercato del lavoro non ha come conseguenza la sola espulsione degli occupati, ma anche la mancata stabilizzazione dei lavoratori precari e il crescere dei contratti atipici. Di qui l’estendersi del bacino dei ‘deboli’.

Il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, ha dichiarato:

“Sono questi i numeri e gli argomenti su cui ragionare per capire quanto sono profonde la crisi e la recessione nel nostro Paese. Serve maggiore attenzione proprio alla famiglia da parte del Governo, soprattutto per chi dopo il voto del 2013 avrà la responsabilità di guidare il Paese. Vorremmo vedere la parola famiglia in cima a tutti i programmi elettorali, ma non solo come slogan per aumentare il consenso”.

 

Parte il buy back della Grecia

 Dopo il via dell’Unione Europea allo sblocco della terza tranche di aiuti alla Grecia e il sì della Germania, Atene si sta preparando a varare l’offerta di sconto sui titoli di stato per allontanare il default. Un’operazione che dovrebbe risolvere le tensioni tra il Fondo Monetario Internazionale e e la Comunità Europea sulla quantità e la modalità di aiuto alla Grecia.

Stamattina Atene ha confermato l’offerta di riacquisto dei bond di stato per un totale di circa 60 miliardi di euro da investitori privati. Il Ministero del Tesoro avrebbe a disposizione circa 15 miliardi di euro per acquistare un ammontare della sua esposizione pari a circa 45 miliardi.

Dal momento che i bond saranno riacquistati per cifre che saranno comprese tra il 30 e il 40% del valore delle obbligazioni, il governo ellenico prevede un risparmio di circa 30 miliardi di euro.

Non si sa ancora quali saranno i risultati di questa importante operazione, soprattutto perché questa mattina, dopo l’annuncio del buyback greco, i titoli di stati ellenici sono per la prima volta dall’inizio della crisi sotto il 15%. Pochi giorni ancora per coloro che posseggono i bond ellenici: alle 17 del 7 dicembre (orario di Londra) scadranno i termini per decidere quanti bond vendere e a quale prezzo

 

 

Le crisi in Europa e in America

 La crisi economica e finanziaria che stiamo vivendo ha una portata globale. A fronte di tante economie emergenti che stanno tirando fuori le unghie, ci sono tanti colossi economici che stanno venendo meno. In realtà da un continente all’altro la crisi è vissuta in maniera differente.

Chi investe in opzioni binarie e quindi specula anche sulla crisi deve tener conto della diversificazione degli indicatori che possono suggerire in che direzione andrà il mercato. Per esempio, in questo momento la crisi interessa sia l’America che l’Europa ma mentre il Vecchio Continente arranca, gli States sembrano crescere.

La situazione europea. L’Eurozona non riesce a reagire alla crisi, per cui si sono bloccati i consumi e le politiche del lavoro messe in campo dai vari stati, non riescono effettivamente a creare occupazione. Non aiutano le varie politiche di austerity, né la mancanza di un’interpretazione unica della crisi da parte di tutti gli stati membri dell’UE. Molti sono convinti che saranno necessari tantissimi sacrifici prima di vedere la luce, ma altri considerano possibile l’uscita dalla crisi solo a patto di una svalutazione della moneta unica.

La situazione americana. In America c’è crisi e nonostante questo la fiducia dei consumatori è ancora alta, non sono ancora in atto politiche di austerity, mentre si adotta una politica fiscale e monetaria espansiva. In questo modo il PIL resta ad un livello interessante e il rapporto tra il Prodotto Interno Lordo e il debito si è in qualche modo stabilizzato. Sicuramente ci sono prospettive più interessanti rispetto all’Italia.

Cala l’occupazione anche nel settore agricolo

 L’agricoltura è stato l’unico comparto dell’economia in cui i posti di lavoro sono aumentati nella prima parte del 2012, ma il trend positivo si è, purtroppo, arrestato nel terzo trimestre del 2012 con una flessione tendenziale del 4,3 per cento, che corrisponde a 38 mila lavoratori in meno tra luglio e settembre.

Secondo la Cia (Confederazione italiana agricoltori) questo calo sarebbe dovuto all’aumento esponenziale degli oneri fiscali, all’impennata dei costi produttivi che si sommano alle difficoltà del comparto causate dalla siccità che ha bruciato interi raccolti.

Più precisamente, la classe più colpita da questa emorragia di posti di lavoro sono stati gli autonomi (-9,8 per cento), soprattutto nelle zone del centro Italia. La Cia vede il settore agricolo in affanno a causa della mancanza di interventi adeguati che hanno provocato un appesantimento della gestione aziendale, soprattutto a discapito delle piccole imprese.

La situazione dell’agricoltura sta profondamente cambiando: la crisi e le difficoltà legate all’aumento della pressione fiscale rende impossibile la sopravvivenza delle realtà minori che o si trovano costrette a chiudere o si piegano all’assorbimento da parte di aziende più grandi, le quali, quindi, possono assumere manodopera, ma non ai ritmi tenuti nella prima parte dell’anno.

Berlino: sì agli aiuti alla Grecia

 La Camera bassa del parlamento tedesco ha finalmente sciolto le riserve sulla questione greca e con grande soddisfazione da parte dei mercati che ora tirano un sospiro di sollievo, i deputati del Bundestag hanno approvato gli aiuti europei da inviare ad Atene per salvare la Grecia dal default.

I deputati tedeschi non erano stati convinti dalla liceità della terza tranche di aiuti alla Grecia perché avrebbe comportato un ulteriore sforzo economico anche per la Germania che risulta sull’orlo della recessione. Invece, quando si aspettava soltanto il sì della coalizione di governo formata da Cdu-Csu e Fdp, la situazione si è sbloccata con un’approvazione ad ampia maggioranza sostenuta anche da Verdi e Spd.

Il sì di Berlino, come spiega bene il ministro delle finanze Schaeuble, arriva dalla presa di coscienza che il fallimento di Atene porterebbe alle estreme conseguenze la crisi del debito nell’Eurozona. Ecco le sue parole:

I potenziali effetti di un default greco in altri stati potrebbe essere grave, anzi a dire la verità potrebbe aver conseguenze imprevedibili.

La similitudine usata dal ministro tedesco è quella della Grecia come i paesi dell’Europa dell’Est dopo la fine dell’URSS, ma adesso è allo studio un programma con le misure utili a risolvere in tre anni la crisi del debito dell’Eurozona. Tutto in linea con quanto fatto anche da Angela Merkel in questi mesi

Ocse alla Spagna: bene così, ma servono ulteriori garanzie

 Angel Gurria, segretario generale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo Sviluppo Economico (Ocse), ha presentato a Madrid il rapporto pubblicato dall’organizzazione sulla situazione spagnola, in una conferenza congiunta con Luis de Guindos, ministro dell’economia del governo di Mariano Rajoy.

La Spagna sta cercando di riemergere dopo un prolungato periodo di recessione, ma la sua strada è resa più difficoltosa dal fatto che le riforme di Rajoy, nonostante siano state fatte le scelte giuste, come quelle prese per il risanamento delle banche, si muovono in un contesto mondiale che negli ultimi tempi ha continuato a peggiorare.

Anche se la Spagna sta facendo i compiti in maniera esemplare e sta lanciando segnali molto importanti ai mercati, è necessario approfondire il cammino di austerità e completare il risanamento bancario. Se non si risolve il problema del deficit, i mercati non saranno disposti né per la via del credito né per quella degli investimenti a finanziare la crescita futura.

Arriva poi l’appello a tutti gli stati membri dell’Unione Europea che devono dichiarare apertamente il loro appoggio alla Spagna nel caso il governo ritenesse necessario richiedere il salvataggio.

I passi fatti dal governo Rajoy sono stati tanti e impopolari, ma l’OCSE vuole che la Spagna continui nel suo cammino e propone un altro pacchetto di misure urgenti e che, sicuramente, non troveranno il consenso della popolazione. Tra queste un nuovo aumento dell’Iva sui carburanti, una ulteriore diminuzione dei costi di licenziamento, la riduzione delle prestazioni delle pensioni e condizioni più rigide per accedere al sussidio di disoccupazione.

 

Disoccupazione, cifre da record a Ottobre

 Si registra l’ennesimo record negativo per l’Italia. L’Istat rilascia i dati di ottobre per quanto riguarda la disoccupazione. Il tasso attualmente si attesta intorno all’11,1%.

Non succedeva dal 2004. La condizione è ancora più grave se si considera che il 36,5% dei giovani è senza lavoro.

Così siamo sempre più inoccupati e con sempre meno risorse a disposizione. Ottobre lascia un tasso di disoccupazione che ha superato una soglia limite e preoccupa. In aumento di 0,3 punti in percentuale rispetto a settembre. Soprattutto, inoltre, in rialzo di 2,3 punti rispetto allo scorso.

Le rilevazioni sono dell’Ente di Statistiche più noto d’Italia, che afferma che sono ‘solo’ dati stagionali e provvisori è solo una magra consolazione.

L’Istat dichiara che quello sulla disoccupazione attuale è il “tasso più alto da gennaio 2004. Osservando le serie trimestrali si tratta del maggiore tasso dal primo trimestre ’99. In valore assoluto i disoccupati sono 2,87 milioni”

Non differente, anzi ancora peggiore, la condizione dei giovani italiani. Il 36,5% di coloro che sono compresi in questa fascia non ha un lavoro. Tra i 15 e i 24 anni le persone in cerca di lavoro sono 639.000. La speranza è che nei prossimi mesi la crisi diminuisca, lasciando ampio respiro a nuove manovre e nuovi sbocchi. Al momento l’Italia si conferma un Paese che non offre futuro.

 

Lagarde: priorità all’unione bancaria

 Christine Lagarde ha parlato ieri alla conferenza sull’Eurozona promossa dal ministero delle finanze francesi e, anche in accordo con quanto già espresso da Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, dice che la crisi nella zona dell’Euro non è ancora terminata e che tutti i paesi della moneta unica devono ancora lavorare sulle giuste contromisure da mettere in atto, prima tra tutte l’unione bancaria.

Lagarde sostiene anche che ciò che hanno fatto i governi coinvolti fino ad ora ha portato a grandi risultati, ma la strada da percorrere è ancora lunga

La situazione economica nella zona euro resta fragile. La forte recessione nei Paesi periferici della zona euro persiste, e ha causato effetti anche nei Paesi partner, soprattutto in materia di disoccupazione. L’area euro deve dotarsi di politiche economiche “asimmetriche” quando necessario, con i Paesi in surplus che, attraverso l’aumento dei redditi reali, possono sostenere la crescita di quelli in deficit.

L’unione bancaria è quindi una priorità, in quanto si configura come l’unico sistema per evitare che gli shock a livello nazionale diventino sistemici. Il passo successivo è quello della ricapitalizzazione delle banche profittevoli ma sotto capitalizzate, che dovrebbe anche prevedere una stessa supervisione per tutti gli istituti dell’Eurozona.

Non deve avvenire che il processo di unione bancaria sia frammentato: deve esserci chiarezza sul calendario, sulle misure, sulla coerenza del processo. Ciò è necessario per una chiarificazione del paesaggio nell’Eurozona e per spezzare il circolo perverso tra crisi del debito sovrano e crisi bancaria.

Italia pronta per una nuova manovra

 Se siete alla ricerca di qualche rapporto, documento o spunto d’investimento e non avete voglia di andare a ficcare il naso negli affari degli stati extraeuropei come l’Argentina, allora potete divertirvi con le soffiate sulla condizione italiana e sui prossimi passi del Governo Monti. 

L’Italia deve lanciarsi in una nuova manovra economica oppure le rassicurazioni sui conti che ci propinano da mesi, sono effettivamente stabili? Gli economisti non sono granché ottimisti e pensano che sarà necessaria un’altra manovra economica da 20 miliardi di dollari.

Questa speculazione ha lasciato tanti analisti finanziari nel dubbio, fino a quando l’Ocse ha provato a vederci chiaro sui conti tricolore e non ha esitato a lanciare l’allarme. Il nostro Paese, infatti, non vedrà la luce nemmeno nel 2013.

Insomma, l’anno prossimo ci sarà un’altra flessione del Pil che i più generosi limitano ad un calo dell’1 per cento. Le previsioni parlavano di un -0,4 per cento ma visto quel che è accaduto nel 2012, con previsioni di -1,7 del PIL e calo reale del Prodotto Interno Lordo al -2,2 per cento, si teme il peggio.

L’Organizzazione parigina stessa ha spiegato che l’Italia arriverà entro il 2014 all’elaborazione e all’applicazione di una nuova manovra fiscale finalizzata alla riduzione del debito e all’incremento del PIL. I realisti parlano di un piano d’austerity, ma non è la nomenclatura a fare la differenza sulla situazione italiana.