Hong Kong, misteriosi crolli in Borsa

Appare alquanto difficile da spiegare il misterioso crollo presso la borsa di Hong Kong di due società possedute dal miliardario cinese Pan Sutong, che segue a quello altrettanto misterioso di ieri di una società del miliardario cinese Li Hejun.

Hong Kong reagisce bene alla protesta

Venerdì 4 ottobre, a seguito della fine dei festeggiamente per i sessantacinque anni della Repubblica popolare cinese, ad Hong Kong si è tornati alla routine e alla conseguente riapertura della Borsa. Riapertura col botto: malgrado le proteste degli ultimi tempi e le difficoltà sorte prepotentemente in alcuni comparti, i guadagni sono stati infatti ingenti.

Hong Kong tra affari e inquinamento

 Hong Kong è uno dei migliori posti al mondo per fare affari e una delle nuove capitali dell’economia e della finanza internazionali. Un centro della new economy che ha avuto un grande sviluppo. La città ora deve affrontare il problema inquinamento.

L’aria tossica ha provocato 3.279 morti premature l’anno scorso nella città contribuendo a oltre 5,5 milioni di visite mediche nella metropoli, in base a un indice sviluppato dalla University of School of Public Health di Hong Kong.

 

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Un aumento del 35 per cento delle immatricolazioni di auto private negli ultimi dieci anni sta mettendo in crisi i politici, che vogliono un’aria più pulita senza le restrizioni e gli oneri imposti dai centri finanziari rivali di Londra e Singapore. Anche le altre città cinesi come Pechino e Shanghai stanno cercando di eliminare l’inquinamento provando ad arginare i veicoli. Il problema con cui si confronta Hong Kong è quello di conciliare sviluppo e inquinamento dell’aria.

Hong Kong ha sempre attratto i migliori e più brillanti talenti provenienti da tutto il mondo. Oggi, tuttavia, i migliori talenti internazionali devono considerare i rischi per la salute connessi con la cattiva qualità dell’aria. Un elemento che potrebbe intaccare il business della città.

L’inquinamento atmosferico ha contribuito a circa 5,1 miliardi di dollari di costi diretti e indiretti nel 2012, secondo un documento preparato dall’Università di Hong Kong da specialisti di salute pubblica. Tale somma è circa il 2 per cento della sua economia.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha concluso il mese scorso che l’aria viziata è il peggior rischio ambientale sanitario. L’inquinamento ha contribuito a uccidere 7 milioni di persone nel 2012, un caso di mortalità su otto, più del totale dell’Hiv, degli incidenti del diabete combinati. Il quaranta per cento si trova nella regione del Pacifico occidentale dove la Cina è il più grande Paese.

New York è la nuova Capitale della Finanza

Londra non è più la più grande capitale della finanza mondiale. Ha posseduto questo prezioso scettro per anni, impiegando il numero più alto di addetti ai lavori in Borsa e nelle banche. Un numero ineguagliabile fino a poco tempo fa.

Ora, in base alla graduatoria redatta dal Cebr, Centre for Economics and Business Research, il titolo passa a New York, che sorpassa la cittadella londinese.

Attualmente, in termini finanziari, i posti di lavoro nella City sono scesi a quota 249.500 mentre a Wall Street sono saliti a 254 mila. Di conseguenza, New York ha superato, anche se di poco, Londra in questa particolare classifica.

Il Cebr, però, avverte: entro il 2015 il trono sarà appannaggio di Hong Kong. La società di analisi del Regno Unito documenta tempestivamente sul cambio della guardia, asserendo che la ripresa economica americana è stata più forte di quella verificatasi in Europa.

Due parole anche sull’avanzata di Hong Kong, e di Singapore che segue a ruota.L’asse del potere economico globale è mutato e gira a favore dell’Asia, come indica il rapporto, per cui quello di New York è un primato destinato a rimanere provvisorio.

NEL 2015: Il Cebr stima che nel 2015 saranno 237mila i lavoratori londinesi nel settore della finanza. New York sarà ancora per poco in testa con 249.700 posti di lavoro nella Grande Mela. Hong Kong è in agguato con 247.900 impiegati nel business e nella finanza. Pensare che dieci anni fa le cifre asiatiche in questo segmento finanziario erano la metà di quelle attuali.